martedì 30 ottobre 2018

Fotografie mai viste!

 ENRICO MONTESANO-LE ORME-RINO FIUMARA- A MONTELANICO NEL 1970

Dall'archivio di Rino Fiumara (manager)... foto mai viste!
Wazza
  I CAMALEONTI--RINO FIUMARA-1970

 FIUMARA-CLAUDIO SIMONETTI

 FORMULA TRE--FIUMARA

 FIUMARA - BRIAN AUGER (1970)

Il compleanno di Fabio Pignatelli


Compie gli anni oggi, 30 ottobre, Fabio Pignatelli, bassista, compositore, produttore...
Deve la sua popalarità ai Goblin di "Profondo Rosso".

Da anni colonna portante della band di Antonello Venditti e musicista molto richiesto in sala di incisione… ha suonato con Claudio Baglioni, Nada, Goran Kuzminiac, Giorgia, Enzo Carella...
Happy Birthday Fabio!
Wazza

Keith Emerson insieme ai Goblin (Napoli, 1982)

Fabio Pignatelli è nato a Roma nel '53 e si è subito specializzato in basso, chitarra, arrangiamenti e programmazione di tastiere e computers. Entrato a far parte dei Goblin dopo Cherry Five, ovvero l'anticamera dei Folletti, formati nel '74 da Claudio Simonetti, Carlo Bordini, Massimo Morante e Tony Tartarini, artefici di uno degli album più rappresentativi dell'era progressive tanto in voga negli anni '70.
Come dice Agostino Marangolo in uno dei loro celebri concerti live, è lui l'inventore del famoso arpeggio iniziale di Profondo Rosso che riempi le casse della Cinevox... In Suspiria, l'anno dopo, una vera rivoluzione per le caratteristiche dei Goblin e per questo l'album più amato dai singoli componenti, Pignatelli si appropriò di alcune percussioni africane tra cui il Tabla indiano per la celebre title track del film.
Nel '78, inoltre, sono stati adattati alcuni brani originali del gruppo da Stelvio Cipriani per la colonna sonora Solamente Nero di Antonio Bido.

Il suono del suo basso inconfondibile, lo troveremo in tutte le produzioni dei Goblin, anche quelle meno conosciute, mentre in colonne sonore come La Chiesa, Non ho sonno e l'ultimo Back to the Goblin, che è stato realizzato proprio nel suo studio a Roma ( Pignatelli Studio) ci ha deliziato molto con i suoi lavori alle tastiere. Ovviamente ha altre attività anche al di fuori dei Goblin; la più importante è la lunga collaborazione con Antonello Venditti dal vivo, ma non solo; ultimamente con degli ex Goblin, come Marco Rinalduzzi e Derek Wilson con cui realizzò Volo, ha formato una cover band, i Beatles for sale, in cui omaggiano il quartetto di Liverpool. Attualmente è il bassista dei Goblin Rebirth.

I Goblin


1979 in studio (RCA) con i Goblin per la registrazione di “Barbara” e Enzo Carella

lunedì 29 ottobre 2018

C'era una volta la musicassetta demo... di Daniele Badursi


I formati che ci hanno permesso di usufruire della musica - e qui le passioni specifiche non c’entrano - partono dal vinile per arrivare all’attuale musica liquida, passando essenzialmente per la musicassetta e il CD.
L’evoluzione tecnologia ci ha portato verso il miglioramento della qualità, ma sono molte le correnti di pensiero che riescono a trovare lati positivi in ognuna delle vie percorse, anche quelle molto antiche.
E’ sotto gli occhi di tutti il massiccio ritorno al vinile, quell’oggetto che ha fatto sognare il popolo dei seventies - forse un po’ scomodo rispetto agli attuali standard di utilizzo -, sparito per molto tempo dalla circolazione e venerato, ieri come oggi, come fosse un feticcio.
La musicassetta è rimasta un po’ nell’ombra, ma non ho dubbi che presto verrà posta all’attenzione del vecchio pubblico e di quello che, per motivi anagrafici, non l’ha mai utilizzata, ed è abbastanza frequente trovare oggigiorno nuovi album che, tra le tante possibilità inseriscono la loro proposta su “cassetta” che, è bene ricordarlo, arriva in massa sul mercato a metà anni ’60 per poi scemare negli anni ’90… un lungo e felice periodo di vita!
Meglio l’analogico o il digitale?

Accantoniamo il dilemma e leggiamo il pensiero di Daniele Badursi, che regala al popolo del web immagini emozionanti!
Un ricordo di Daniele Badursi
C'era una volta la musicassetta demo... 

Un nuovo regalo vintage è disponile per gli appassionati di musica.
Direttamente dall'archivio di Raw Art Fanzine, ovvero dalla collezione privata del fondatore lucano
Daniele Badursi, è ora consultabile gratuitamente online un catalogo/documentazione delle produzioni analogiche su audiocassette di bands italiane underground del passato. Parliamo di 20 anni fa.
Una vera e propria chicca vintage online che puoi sfogliare liberamente QUI:
L'edizione digitale su Issuu fotografa la scena musicale più underground e autoprodotta in Italia nella seconda metà degli anni '90.
Non è un caso trovare band emergenti metal, rock, punk, grunge, dark, hc, indie e altri generi musicali che hanno accompagnato e spesso creato lo stile e la cultura giovanile di quel periodo. L'insieme di tutte le copertine di musicassette, messe in fila con la suddivisione delle regioni italiane, fanno immaginare di trovarsi a una mostra in formato digitale revival vintage.
L'operazione di digitalizzazione su Issuu continua a essere sempre rigorosamente gratis e senza scopo di lucro. L'idea di restauro e recupero artistico/culturale degli archivi di Raw Art, da parte del fondatore Daniele Badursi, è una donazione al web sempre indirizzata a omaggiare la scena musicale per lasciare una traccia storica dell'ingegno artistico della generazione di quel periodo.
Si tratta di ben 200+ copertine di nastri di gruppi italiani e stranieri che sono stati ricevuti e recensiti dalla storica fanzine Raw Art con base operativa in Basilicata. Un dato storico importante. La raccolta di audiocassette rallenta alla fine del '90 e si ferma negli anni successivi per via dell'iniziale diffusione del masterizzatore cd, fino a continuare nell'evoluzione tecnologica con il passaggio definitivo al supporto digitale e alla musica liquida tra cd, mp3, streaming, download, Youtube, Bandcamp, etc.
In questa raccolta, pubblicata in forma di libro digitale, puoi sfogliare online le copertine di oltre 200 musicassette demo di 200 band, cioè un'interessante parte delle audiocassette autoprodotte che erano in circolazione intorno al periodo 1995-2000.
Oltre ad essere un regalo per i fan, questo aggiornamento rappresenta sicuramente un giusto omaggio dedicato anche a tutte le band che hanno contribuito all'esistenza della scena musicale underground italiana nella seconda metà degli anni '90.
Sicuramente molti fan e componenti delle band presenti sul libro apriranno con grande emozione i cancelli dei ricordi rivedendo le copertine delle musicassette di gruppi conosciuti tanti anni fa nella provincia o anche fuori regione.
Rassegne di gruppi con canzoni originali (non cover band); incontri nei numerosi negozi di dischi che diventavano luoghi sacri e punti di aggregazione giovanile; negozi di strumenti musicali in cui si fissavano quasi tutti i giorni gli strumenti desiderati in vetrina; ore trascorse davanti al vecchio stereo per ascoltare musica e registrare cassette da scambiare; pacchetti da spedire con colla sui francobolli; sogni di diventare famosi; pellegrinaggi in edicola per leggere le novità dei propri gruppi preferiti sulle riviste specializzate; speranze di vivere di musica e chi ce l'ha fatta davvero. Insomma, ci sono un bel pò di ricordi emozionanti da risvegliare."
Allora buon viaggio!

domenica 28 ottobre 2018

Nathan: intervista di Max Rock Polis




Nathan, “Era”. È tempo di andare avanti
Trascrizione dell’intervista radiofonica realizzata da Max Rock Polis


In Liguria non si fa Prog solo a Genova. I savonesi Nathan rappresentano un altro esempio di gruppi italiani che si sono rinnovati seguendo le correnti di un Progressive rinato in Italia, che continua a modo proprio a contaminare le tradizioni musicali che ci appartengono. Il titolo semplicissimo “Era” nasconde una varietà di significati e sonorità che ci facciamo spiegare da due di loro.



Eccoci qua con gli amici dei Nathan: Bruno Lugaro e Piergiorgio Abba. Ciao ragazzi!
P: “Ciao! Sono il tastierista, l'autore, il colpevole delle parti musicali [ride. ndr], mentre quell'altro colpevole è qua con me.”
B: “Ciao a tutti, buon pomeriggio. Sì sono il cantante, nonché autore dei testi.”

Allora ragazzi, è uscito questo album: “Era”. Contiene brani come “Esistono ore perfette  e “Figli di cane”. Che effetto fa essere ritornati a far uscire un bel lavoro come questo?
B: “Beh siamo ovviamente soddisfatti di questo lavoro, lo riteniamo superiore al precedente. È maturato anche in tempi più rapidi rispetto al primo, evidentemente avevamo bisogno di sfogarci, essendo stati sempre una band che faceva pezzi di altri gruppi. Il primo disco, “Nebulosa”, ci abbiamo messo un pò di tempo a realizzarlo, questo secondo diciamo che in un anno lo abbiamo fatto.”
P: “Proprio dal 2016, quando “Nebulosa” uscì nel mese di aprile - praticamente due anni fa - eravamo già al lavoro, perché  Era” era già pronto da qualche mese, e quindi eravamo al lavoro sui pezzi nuovi: la gestazione è stata molto più rapida.”
B: ”In certi versi abbiamo avuto proprio la sensazione come se i brani fossero già scritti, è una sensazione strana. Ce li avevamo già dentro: sono usciti in modo spontaneo, non tutti ma due o tre sicuramente.”

Bello, anche perché non sono pezzi da poco, sono ben fatti e ci avete messo poco tempo.
P: “Diciamo un annetto, ecco, magari musicalmente per gruppi come noi che si occupano di Progressive effettivamente non è tantissimo. Le registrazioni dei pezzi, che sono lunghi, richiedono un pò di cura.“
B: “E poi anche per i testi è un lavoro molto particolare. Scrivere delle cose sensate non è una cosa semplice [ride, ndr].”
P: “Senza il paracadute dell'inglese, oltretutto [ride, ndr].”

Vero, questo è un album in italiano e fare dei testi che calzino dentro la musica Progressive non è facile.
P: “Sì senza citare le storielle classiche, insomma, che hanno sempre il loro fascino.”
B: “Però l'italiano è veramente stimolante, penso che non sarebbe stata la stessa cosa dal punto di vista compositivo scriverli in inglese. Non sarebbe stata la stessa soddisfazione, perché l'italiano ovviamente lo maneggi, hai confidenza ed è bello scrivere testi nella tua lingua.”

Sì sì, vero: avendo in mente canzoni con la stessa musica e testi nelle due lingue, a me piacciono di più quelle in italiano. Rendono tutto più fluido.
B: “Bravo.”
P: “Ti dirò una cosa che suonerà sacrilega, ma io ho sentito una versione di “Jesus Christ superstar” in italiano e non dico che mi sia piaciuta più di quella inglese, ma quantomeno alla pari [ride, ndr].”

Io ho lasciato il mistero su cosa vorrà dire e come si pronuncerà “Era”, questa parola così semplice, però non è semplice per nulla.
B: “Guarda può essere letta in vari modi, abbiamo giocato un pò sull'equivoco e abbiamo scelto una parola semplice di tre lettere che fosse facilmente pronunciabile anche all'estero, perché era puoi pronunciarlo all'inglese, ma più di così non vai. Non è difficile pronunciarla per un qualsiasi disc jokey, quindi abbiamo scelto una parola di tre lettere per questo. Poi Era può essere la dea moglie di Zeus, può essere l'era geologica o l'imperfetto di essere, quindi ognuno dà un po' l'interpretazione che vuole.”
P: “Giocare con i titoli, come faceva Peter Gabriel [ride, ndr].”

Come progster vi divertite a fare queste cose e in effetti lo è, divertente, e poi è anche bello e artistico.
P: “Sì, si.”
B: “E poi sembrava incisivo, ci sembrava una cosa evocativa e nello stesso tempo incisiva, ecco.”

Salutiamo e nominiamo tutti gli altri membri del gruppo, oltre a voi due.
P: “Sì allora, le tastiere le ho suonate io, Piergiorgio Abba. Bruno Lugaro si è occupato dei testi e delle melodie delle parti vocali, dopodiché le parti di basso le ha sfornate Mauro Brunzu, un bassista di Genova, quindi siamo non vicinissimi, abbiamo dialogato via internet con le potenzialità di questi mezzi. Le parti di batteria le ha fatte il nostro batterista storico che è Fabio Sanfilippo di Savona anche lui, il chitarrista Daniele Ferro è un savonese diciamo della nuova leva, non è un metallaro ma ha nelle corde un suono un pò più metal, un po' più duro dei chitarristi Prog canonici, ecco.”


Tutti liguri siete. Salutiamo Athos Enrile che ci ha messi in contatto e lo ringrazio di questo.
P: “Bisogna veramente ringraziarlo, sì.”

Oggi è uscito “Era” e va celebrato: andate sul Facebook dei Nathan a dar loro il like e a vedere quale sarà la loro prossima attività.
B: “Intanto una sorpresa ci sarà tra qualche giorno: l'uscita del video di “Esistono ore perfette”, perché per ora è uscito solo il teaser del disco, ma abbiamo realizzato un video sempre con gli stessi ragazzi che ci hanno aiutato a fare il teaser . “Esistono ore perfette” è molto bello a nostro avviso, uscirà tra qualche giorno.”
P: “Loro sono Stefano Baldini e Andrea Vescovi.”
B. “Sono due studenti che si occupano di queste cose, ma hanno ottime idee e ottime potenzialità.”
P: “Il video è non dico atipico, però è descrittivo, cioè noi elementi del gruppo compariamo proprio in pochi fotogrammi. Senza dare troppe anticipazioni è basato su un protagonista, è un personaggio che racconta la storia del brano a cui è legato.”

Ma vi posso fare una domanda scomoda? Com'è che avete scelto questo nome per il gruppo?
B: “Mah, ce lo chiedono tutti. Pier non c'era ancora quando l'abbiamo scelto, diciamo che l'ho scelto io. Mi piaceva il suono Nathan [ride, ndr], non c'è un motivo preciso. Non avevamo altre alternative sottomano, e nel 1998, diciamo in modo un po’ sbrigativo, abbiamo scelto questo nome.”

È un nome che si ricorda, che ha un certo impatto.
B: “Sì, poi non so se hai notato che se lo leggi da una parte e dall'altra lo leggi allo stesso modo. Ha questa particolarità un pò magica.”

È quasi palindromo.
B: “Sì esatto, quasi palindromo. C'è la acca però è quasi palindromo.”

Ricordiamo l'etichetta e come possiamo avere il CD?
B: “Sì, l'etichetta è la AMS Records di Milano e l’album sarà nei negozi di dischi, ma ritengo che si troverà anche molto presto, almeno con “Nebulosa” era successo così, su Youtube, quindi uno può scaricarselo tranquillamente. Io sono per la musica libera, pur di far circolare il nome e la nostra musica, non lo facciamo per denaro, ecco.”
P: “Sì. Lo facciamo per soddisfazione personale.”

Ascoltatelo, ma se vi piace perché non dare un contributo ai ragazzi dei Nathan che hanno fatto un ottimo prodotto? Sosteniamo i gruppi che ci piacciono.
P: “Sul CD c'è poi il libretto, ci sono le foto, che non è che siamo gran che [ride, ndr] e i testi, quindi ne vale la pena seguire. Come quando noi seguivamo il Prog da studenti, io perdevo del tempo a leggere i testi dei gruppi di allora. È interessante anche da quel punto di vista lì, poi vabbè il costo di un CD è relativo, si può affrontare. Oppure in digitale.”

Io con questo vi devo salutare. Un abbraccio a voi e agli altri e break a leg per il video.
B: “Grazie dell'attenzione. Saluti a tutti.”
P: “Di progster ce ne sono ma ce ne dovrebbero essere ancora di più [ride, ndr]. Alla prossima!”




sabato 27 ottobre 2018

Spaghetti Southern: il ritorno di Riccardo Ceres



RICCARDO CERES  
SPAGHETTI SOUTHERN 
SoundFly/distribuzione Self
10 tracce - 45 minuti 

Uno splendido quarto lavoro per il "cantautore pulp" campano,
tra blues, jazz, canzone d'autore, classic rock e cinema .

Un omaggio al sud nel quarto album del musicista campano, pubblicato da Soundfly. Dieci canzoni che svelano un percorso notturno e misterioso all'insegna del blues, "per respirare a ritmo del respiro del mondo"  


Spaghetti Southern: il ritorno di Riccardo Ceres  
  
«Se i film sono degli spaghetti western, il mio disco è uno spaghetti southernSpaghetti Southern racconta del mio sud e forse anche del vostro, perché il sud è di tutti. Sud del cuore, sud del basilico e dei pomodori, degli stereotipati luoghi comuni, del mare infinito, dello stringere i denti. Il sud del volersi bene, delle donne necessarie e del darsi una mano. Tutte queste cose a mio modo di vedere sono l’Italia migliore, quella che si vede nel momento dell’estrema difficoltà, quella ad un passo del punto di non ritorno. Qui al sud tutto questo è quotidianità, perciò consiglierei a tutti di partire da sud, anche perchè partendo dal basso non si può fare altro che salire in alto».

Per il suo quarto album, quello che considera il più importante della sua vicenda artistica, Riccardo Ceres punta a sud. Al suo Sud, al sud di ogni ascoltatore, alla verità di un sud che lotta contro gli stereotipi, al sud in senso allegorico, ideale punto di ripartenza verso l'alto. Spaghetti Southern è il perfetto compendio di una storia significativa, quella di un eclettico e imprevedibile "cantautore pulp" - così è stato definito dalla stampa - attivo dal 1999, che si è scoperto anche prolifico compositore per il cinemaSpaghetti Southern è un lavoro di notevole maturazione, nel quale le storie in musica di Ceres trovano perfetta sintesi tra blues, jazz, roots, psichedelia, rock e canzone d'autore: «Quando scrivo canzoni immagino una storia, quando scrivo storie lo faccio ascoltando musica, in genere sempre lo stesso brano in genere jazz old school, Coltrane/Davis e i loro blues. Per dirla in maniera semplice “mi faccio i film” con la mia musica e le mie sceneggiature, i miei film».

Devoto a Piero Ciampi, Paolo Conte e Tom Waits, all'epoca d'oro del jazz e del blues, alla Beat Generation, sin dal primo album Puro Stile Italiano (2001) Riccardo Ceres ha cercato un proprio stile musicale e letterario. Nel 2009 con il secondo Lp Riccardo Ceres in James Kunisada Carpante e nel 2012 con E il mondo non c’è più si è avvicinato a un obiettivo che finalmente ha raggiunto con Spaghetti Southern: un incontro tra motivazioni artistiche e individuali, storiche e privatedieci canzoni intorno alla misteriosa linea-guida del blues. Il blues è una scelta, ma anche un percorso inevitabile per Ceres, che sente, pensa, scrive e vive questa musica come una confessione, un rituale: «Credo che il blues sia la miglior colonna sonora per raccontare se stessi. Sono “solo” tre accordi, quelli indispensabili da raccontare e per raccontare. In varie forme lo si ritrova in tutti i sud del mondo. Per me è una sorta di cerimoniale religioso. In tutte le culture del sud del mondo le religioni più ortodosse sono costellate da riti pagani. Soprattutto nelle zone rurali la musica di queste cerimonie è composta dallo stesso giro armonico che si ripete ancora e ancora, fino allo sfinimento. Per raggiungere l’estasi mistica, per sentire e vedere quello che non si riesce a sentire e vedere nella vita reale. Per respirare a ritmo del respiro del mondo».

E' in ottima compagnia Riccardo Ceres, che ha attraversato le note di Spaghetti Southern con un gruppo di eccellenti musicisti come Fabio Tommasone (Rhodes piano, Hammond), Raffaele Natale (batteria), Vincenzo Lamagna (contrabasso), Ciro Riccardi (tromba, flicorno), Andrea Russo (fisarmonica), Artan Tauzi (violoncello) e Rebecca Dos Santos (percussioni), con la fidata presenza di Giuseppe Polito in studio e la produzione di Bruno Savino per SoundFly, con un eccellente risultato anche dal punto di vista della ricerca dei suoni. Dalla sala si passerà al palco, con il primo concerto di presentazione di Spaghetti Southern, proprio la sera della sua uscita: venerdì 26 ottobre ai Magazzini Fermi di Aversa (CE).


UNA CONVERSAZIONE CON RICCARDO CERES

Spaghetti Southern, partiamo dal titolo.
Dicci tutto…

Se i film sono degli spaghetti western, il mio disco è uno spaghetti southern.
Il sud è la “nuova” terra di frontiera, troppo spesso trascurato, deriso e lasciato a se stesso. In balia di bande organizzate che ne fanno quello che vogliono, con diligenza. Non è mai troppo tardi per cambiare le cose, bisogna cominciare farsi giustizia personalmente ed armarsi sempre più: di cultura, passione e tolleranza.

Questo quarto album è una naturale evoluzione nella tua discografia o ci sono elementi nuovi che magari hanno sorpreso anche te?

In realtà avevo deciso di smettere con la musica, un po’ di problemi personali mi hanno tenuto lontano dal palco per qualche anno. Credo che più che un’evoluzione musicale sia stata proprio un’evoluzione personale a spingermi a mettere nuovamente la penna su foglio e le dita sulla chitarra. All’inizio sembrava tutto confuso, ma poi lo spirito del disco è uscito fuori e mi ha fatto capire che quelle parole avevano un senso e che c’era una direzione in cui camminare.

“Non si conosce l’Italia se non la si guarda da Sud” è l’incipit del disco: di cosa parla Spaghetti Southern?

Spaghetti Southern più che parlare racconta, racconta del mio sud e forse anche del vostro, perché il sud è di tutti. Sud del cuore, sud del basilico e dei pomodori, degli stereotipati luoghi comuni, del mare infinito, dello stringere i denti. Il sud del volersi bene, delle donne necessarie e del darsi una mano. Tutte queste cose a mio modo di vedere sono l’Italia migliore, quella che si vede nel momento dell’estrema difficoltà, quella ad un passo del punto di non ritorno. Qui al sud tutto questo è quotidianità, perciò consiglierei a tutti di partire da sud, anche perchè partendo dal basso non si può fare altro che salire in alto.

Ogni cantautore ha il suo modus operandi, la sua ispirazione, il suo orizzonte: i brani di Spaghetti Southern hanno una matrice comune o ognuno ha una storia a sé?

Non so quale sia la mia, io scrivo e basta. In realtà è come se un demone si impossessasse di me, spesso mi rendo conto di quello che ho scritto quando ho finito di scrivere. Più che un metodo, o un modus operandi, è una necessità. Ogni disco è lo specchio di un periodo della mia vita, semmai un po’ romanzato ma sincero ed inevitabile.

Spaghetti Southern è un disco blues. Perchè scegli il blues?

Credo che il blues sia la miglior colonna sonora per raccontare se stessi.
Sono “solo” tre accordi, quelli indispensabili da raccontare e per raccontare.
In varie forme lo si ritrova in tutti i sud del mondo. Per me è una sorta di  cerimoniale religioso. In tutte le culture del sud del mondo le religioni più ortodosse sono costellate da riti pagani. Soprattutto nelle zone rurali la musica di queste cerimonie è composta dallo stesso giro armonico che si ripete ancora e ancora, fino allo sfinimento. Per raggiungere l’estasi mistica, per sentire e vedere quello che non si riesce a sentire e vedere nella vita reale. Per respirare a ritmo del respiro del mondo.

Spaghetti Southern è stato prodotto da Bruno Savino (SoundFly), come è nato questo rapporto?

Ci siamo incontrati per caso ad un concerto di un altro artista della sua etichetta. Dopo qualche chiacchiera ci siamo presentati e lui ha detto di conoscere il mio lavoro, che gli piaceva e che se avessi avuto dei brani da fargli ascoltare ne sarebbe stato molto contento. Avevo qualche provino: pare sia andata bene. Dopo un po’ di mesi è nato Spaghetti Southern, interamente prodotto da SoundFly, come si faceva quando la gente comprava i dischi.
A mio parere Bruno è l’ennesimo eroe del sud, che coraggio.

Cantautore, compositore e scrittore: come vivono queste anime?
Sono la stessa anima. Quando scrivo canzoni immagino una storia, quando scrivo storie lo faccio ascoltando musica, in genere sempre lo stesso brano in genere jazz old school, Coltrane/Davis e i loro blues. Per dirla in maniera semplice «mi faccio i film» con la mia musica e le mie sceneggiature, i miei film. Ma in generale cerco di non pensare, cerco di scrivere e suonare e basta.
Riccardo Ceres si esprime meglio in studio o in concerto?

Sono due realtà totalmente diverse. In studio ascolto quello che ho fatto in fase di composizione, mi aiuta molto a capire se un brano funziona o è da scartare. Con l’apporto dei musicisti che eseguono con il loro stile quello che io ho pensato le cose si trasformano, spesso diventano ancora più belle quando le mie e le loro idee si sintonizzano sulla stessa frequenza. Il live è spettacolo, è condivisione, è le facce delle persone che ti comunicano la loro versione dei tuoi brani. È divertimento, è sudore, è chilometri, è cercare di far dimenticare per qualche minuto la propria vita a chi ti sta ascoltando. Anche a te stesso. È medicina.
Dal vivo saremo in trio, una formazione che definirei un po’ Doorsiana, chitarra e voce, piano elettrico e batteria. Il mio pianista sarà anche bassista, utilizzando un altro piano synth.

Dal 2003 lavori come autore di colonne sonore, cosa hai imparato nel comporre per immagini?

Scrivere musica per i film non è poi completamente diverso da scrivere canzoni, anche sulle mie cose lavoro per immagini. Ma mentre nelle mie canzoni sono io il regista, nei film devo interpretare le idee di qualcun altro. A volte non è il massimo, avere paletti non è sempre motivante, a volte rende tutto molto più semplice, leggero, rilassante e divertente.

Cosa leggi, ascolti, guardi e mangi?

Leggo per lo più romanzi e poesie, li scelgo con cura, cerco di non farmi “contaminare” da alcuni stili di linguaggio che mi allontanerebbero dalla mia forma di scrittura. Ascolto molto jazz, blues, musica d’autore italiana (‘50/ ‘60/ ‘70), dell’americana preferisco Doors e Waits, ma anche cose più moderne. Adoro il funk e la musica cubana. Film ne guardo a iosa, cerco chiaramente cose di qualità ma non mi dispiacciono le commedie, ogni tanto fa bene un po’ di leggerezza. Più che mangiare cucino, per gli amici, per le donne, credo sia uno dei modi migliori di dimostrare affetto e con cui prendersi cura di una persona. Al sud facciamo così.


“Non c'è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo”

Una biografia di Riccardo Ceres

Compositore e scrittore campano, cantautore eclettico e dissacrante, Riccardo Ceres è stato definito dalla stampa «Cantautore Pulp».
Si rifà alla poetica dei vari Piero Ciampi, Paolo Conte, Tom Waits con uno stile letterario personale, che ammicca alla Beat Generation.

Nel 1999 debutta con l’EP I figli della signora 44. Nel 2001 esce il suo primo Lp Puro Stile Italiano. Nel 2003 si trasferisce a Roma e incontra il cinema; inaugura un percorso come compositore di musiche per film, corti e mediometraggi come Quanta donna Vuoi, La Merendina Tropicale (Premio internazionale Efebo d’oro 2005), Mistero e passione di Gino Pacino (Premio internazionale Non solo Barocco 2007, premio della giuria al Kustendorf Film Festival 2008), Mozzarella Stories (2010 - Bavaria/Rai/Emir Kusturica) e Come prima, più di prima mi amerò (RCcinema/RaiInternational). Nel 2014/15 firma la musica di Perez (per cui riceve la candidatura al Globo d’oro come migliore colonna sonora), nel 2016 quella di Permesso di soggiorno.
                                                               
Nel 2008 vince il Rock Contest di Radio Popolare Firenze, l’anno seguente pubblica Riccardo Ceres in James Kunisada Carpante, che riceve ottime critiche dal pubblico e dalla stampa e arriva alle fasi finali del Premio Sanremo Tenco. Il terzo disco E il mondo non c’è più (2012) dà il via al tour Se non si parte non si riparte, settantatre date tra 2012 e 2013 che lo portano in giro in tutta Italia.

Il 26 ottobre 2018 SoundFly (distribuzione Self) ha pubblicato Spaghetti Southern, il suo quarto album, il più importante della sua storia.

In conclusione Riccardo Ceres afferma: «…e comunque i curriculum non servono a niente. Se dico che so fare il pane, invitatemi a fare il pane, poi ne parliamo».

Info:

Riccardo Ceres:


Soundfly:


SPAGHETTI SOUTHERN streaming:

YouTube:

Soundcloud (via Rockerilla):

Spotify:


SPAGHETTI SOUTHERN Credits

Riccardo Ceres: voce, chitarre, banjo, armonica, bendir, Elektra piano
Fabio Tommasone: Rhodes piano, Hammond
Raffaele Natale: batteria
Vincenzo Lamagna: contrabasso
Ciro Riccardi: tromba, flicorno
Andrea Russo: fisarmonica
Artan Tauzi: violoncello
Rebecca Dos Santos: percussioni

Parole, musiche e arrangiamenti di Riccardo Ceres.
Prodotto da Bruno Savino per SoundFly.
Registrato e mixato da Giuseppe Polito presso: Kammermuzak Studio
(NA), Starlight Studio (NA), One Beard Studio (NA).

Progetto grafico e copertina: Andrea Klainguti.

Riccardo Ceres:

Soundfly: 

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