giovedì 15 gennaio 2015

UNREAL CITY - IL PAESE DEL TRAMONTO, di Claudio Ramponi


UNREAL CITY - IL PAESE DEL TRAMONTO
di Claudio Ramponi

A venti mesi di distanza dal precedente "La crudeltà di Aprile" esce il nuovo album di Unreal City, "Il Paese del Tramonto".
Fin dall'Ouverture strumentale si capisce che i ragazzi sono cresciuti, grazie anche all'innesto di Dario Pessina al basso che ha rimpiazzato Francesco Orefice, conferendo più solidità al sound del gruppo. Anche il drumming di Federico Bedostri beneficia notevolmente di questo innesto e la ritmica ne guadagna in sicurezza, precisione e vigore, mettendo Il tastierista e vocalist Emanuele Tarasconi e la chitarrista Francesca Zanetta nelle migliori condizioni per tessere le loro trame armoniche e melodiche.
Il secondo brano Oniromanzia è uno di quelli che ti fanno saltare sulla sedia e ti riporta, senza fartele rimpiangere, alle cose migliori di gruppi storici del genere prog, quali Trip, Orme, PFM e mostri sacri stranieri come Atomic Rooster, Quatermass ed i primi Uriah Heep, senza però ricalcarne i temi, dimostrando anzi una certa originalità ed evoluzione rispetto a questi modelli. Molto fluidi e repentini i cambi di ritmo e di situazione, introdotti da riffs intelligenti ed efficaci. Emanuele sa giostrare con destrezza nel suo parco tastiere passando agevolmente dall'organo Hammond al synth, al Mellotron quindi al piano, ricoprendo anche il ruolo di vocalist, interpretando con una voce interessante e ben impostata parti mai banali, con melodie ed intervalli non alla portata di chiunque, ma rese in maniera semplice e naturale.
Caligari è il terzo brano e si ispira al film espressionista di Robert Wiene "Il gabinetto del Dottor Caligari" (1920). Atmosfere dark introdotte da un riff di chitarra su di un pattern ritmico di 4/4 + 5/4. Segue la prima parte cantata, quasi una ballata folk in stile Jethro Tull, interrotta da uno stacco di chitarra e basso, quindi un ensemble con assolo di piano su tempo di 5/4. Poi tutto rallenta, tornano le atmosfere cupe con tre pesanti accordi di pianoforte su cui si intrecciano vocalizzi e cori in contrappunto in un crescendo che sfocia in un interludio dove la chitarra di Francesca Zanetta assume il ruolo di protagonista all'insegna del Dark Metal, passando quindi al tempo di 6/8 per poi riprendere coralmente il riff iniziale su cui Emanuele canta le strofe finali che chiudono il brano con uno stacco secco.


La meccanica dell'ombra è uno dei brani più divertenti dell'album per un amante del Prog, sicuramente si sarà divertito un mondo Emanuele a sbizzarrirsi con le sue tastiere su di una base ritmica solida ed allo stesso tempo agile nell'assecondarlo nei molteplici cambi ritmici, sempre in maniera fluida e molto precisa. Pregevole anche l'intermezzo con gli ospiti Rossano “Rox” Villa al trombone ed alla fisarmonica e Fabio Biale al violino.
In nome di lei forse il brano meno convincente dell'album, cade un pò nella parte centrale cantata ed inframezzata da un solo di chitarra piuttosto insipido. Forse il tutto andava metabolizzato meglio prima di entrare in studio di registrazione, sicuramente acquisirà spessore dopo un adeguato rodaggio dal vivo.
Lo schermo di pietra è un altro di quei brani che ti fanno saltare sulla sedia e non a caso è stato scelto come anteprima dell'album. Ritroviamo infatti tutti i punti di forza già accennati nei brani precedenti espressi al meglio, il tutto condito con un tiro pazzesco: ritmica impeccabile, precisa ed incalzante, cambi fluidi, sonorità energiche, mai un calo di tensione nemmeno quando il ritmo si ferma per un attimo per dare respiro al brano. Notevole la performance vocale.
Chiude l'album la Suite Ex tenebrae lux, suddivisa in quattro movimenti:
- Gelidae mortis imago, introdotto da organo e synth, con un crescendo sui cui si inseriscono batteria, percussioni e basso per lasciare repentinamente da solo il piano prima di sfociare in un pieno dove s'impone pesantemente la chitarra di Francesca e quindi virare ad un funky con un divertente intreccio di batteria, basso e clavinet che mette addosso la voglia di ballare e fa da ponte verso un interludio in 12/8, dove si ascolta un breve, ma pregevole solo di violino suonato dall'ospite Fabio Biale che introduce...
- Ciò che disse il tuono, dove il cantato di Emanuele viene sottolineato dai cambi di accento e di ritmo ed inframezzato con brevi riffs senza mai perdere fluidità, mantenendo sempre alta la tensione e la soglia d'attenzione dell'ascoltatore. Poi un riff di basso lancia un dialogo tra tastiere e chitarra che si scambiano alternativamente quattro misure a testa, quindi il basso sfuma per lasciare spazio al solo pianoforte che introduce il seguente movimento.
- Processo secondario, caratterizzato dal recitato di Dario Pessina, la cui voce viene trattata con l'harmonizer, su di un riff di pianoforte, basso e batteria che ricorda vagamente “Infinite space” di Emerson Lake & Palmer
- Ab aeterno, quarto movimento della Suite, chiude in bellezza l'album, un ottimo lavoro che non esito a definire degno di essere affiancato a capolavori storici quali “Felona e Sorona” delle Orme o “Atlantide” dei Trip, consentendo al gruppo di entrare di diritto nell'Olimpo del Prog italiano.
Consiglio vivamente anche l'ascolto del precedente album, La Crudeltà di Aprile, per rendersi conto del gran salto di qualità compiuto dal gruppo e, se tanto mi dà tanto, mi aspetto un ulteriore balzo in avanti con il prossimo lavoro.
Purtroppo verso la fine di settembre il batterista Federico Bedostri ha dovuto  abbandonare il gruppo per problemi personali ed è stato rimpiazzato da Andrea Gardani che compare nel video Lo schermo di pietra e nelle nuove foto ufficiali del gruppo.

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