giovedì 14 novembre 2024

Accadeva il 14/15 novembre 1972 al Piper di Roma.


Accadeva il 14/15 novembre 1972 al Piper di Roma.

Qualcuno era già conosciuto, per molti un vero "talent" anti litteram.

Chissà che fine avranno fatto i "Porco Cane"!

Wazza

P.S.: Dice Guido Bellachioma: "I Porco Cane erano i Flea On The Honey, con Elio Volpini al basso come nuovo elemento. Quindi Agostino e Antonio Marangolo e Carlo Pennisi. La Fonit Cetra li costrinse a cambiare il nome in Flea.





mercoledì 13 novembre 2024

QuBa Libre - “W Ousitanio!” - Di Andrea Pintelli


 

QuBa Libre - “W Ousitanio!”

Di Andrea Pintelli

 

Nel 2016 politicanti francesi hanno circoscritto l’Occitania in una regione posta a sud del paese, in quelli che fino ad allora erano i territori della Linguadoca e dei Midi-Pirerei. Una mera operazione amministrativa. La vera Occitania è tanto, ma tanto di più: prima di tutto è la più grande nazione senza stato d’Europa, che va dalle vallate alpine italiane cuneesi, e in parte torinesi e imperiesi, fino alla valle d’Aran (entro i confini spagnoli), attraverso tutta la parte centro-meridionale francese. Notoriamente si individua una nazione dal linguaggio che la propria gente parla: quindi, per proseguire, Occitania significa passato, presente e futuro, dove si utilizza quotidianamente la lingua d’Oc, che i potenti cercarono in ogni modo di cancellare (talvolta anche ricorrendo alla violenza, esempio negli istituti scolastici), fra il XIX e il XX secolo, per imporre la lingua d’Oil (anticamente in uso fra i nobili), che altro non è che la lingua francese ufficialmente riconosciuta. Però la storia non la si cancella, nemmeno insabbiandola, così come la cultura millenaria con cui il popolo occitano si è sempre distinto, alzando e rialzando la testa. Orgoglio sempre, tantissimo orgoglio sommato a un infinito spirito d’appartenenza e al rispetto delle proprie radici. Nell’Italia attuale, più precisamente da vari luoghi delle vallate d’Oc, il gruppo musicale che ha dato il vero via al riconoscimento del patrimonio tradizionale occitano, facendo riavvicinare le sue genti (dopo alcuni anni di stanca) alle proprie fondamenta intellettuali e morali, sono i Lou Dalfin, del suo carismatico e istrionico leader Sergio Berardo, attivi discograficamente dal 1982. Tramite l’attualizzazione dell’immenso carnet di canzoni e canti occitani, sono arrivati al cuore della questione, per cui ben oltre alla musica, andando a toccare il cuore e le coscienze di tantissime persone. La tradizione la si uccide riproponendola sempre in maniera filologica e fine a sé stessa; di contro, la si fa vivere, la si nutre, andando ad arricchirla, di fatto riarrangiandola, apportando novità stilistiche derivanti da diversi ambiti. Dopo di loro diversi artisti hanno seguito questa rotta; musicisti, scrittori, giornalisti, pittori, registi si sono prodigati per far sentire la loro voce con sapienza e talento, basta andare ad informarsi su questo mondo e si rimarrà stupiti da cotanta vivissima prosperità. Fra questi spiccano i QuBa Libre, il cui nome è frutto in realtà di un semplice gioco di parole: le sillabe iniziali dei cognomi dei due leader formano QuBa, che non poteva che essere Libre (in occitano libre significa libero, in questo caso libero di interpretare e reinventare la tradizione a modo proprio).

Nati nel 2010 come duo, sono guidati dai talentuosi polistrumentisti Simonetta Baudino (ghironda, organetto diatonico, cornamusa), già allieva proprio di Sergio Berardo, e Giuseppe Quattromini (fisarmonica, chitarra, flauto dolce, armonica a bocca). Hanno inserito successivamente nelle loro fila altri due elementi, ossia Paola Lombardo alla voce e Antea Bongiovanni alle percussioni e hanno fin qui rilasciato due dischi: “L’Indian Joli” del 2018 e “Rei e Pastres” del 2023. Il primo è composto da 12 brani, di cui 9 di loro composizione e 3 tradizionali rielaborati nelle strutture e ritmi; inciso quando i QuBa Libre erano ancora un duo, si avvale della collaborazione di diversi musicisti, ovviamente di area occitana, quali Riccardo Serra e Dino Tron dei Lou Dalfin, Simone Lombado, Paolo Brizio e Simona Colonna. Fra i pezzi spiccano, secondo chi scrive, la mazurka Al Buio e la Seguida de boarées a due tempi composta da Solelh e QuBa Libre. Il secondo è composto da 20 brani, dedicato al repertorio dei nouvé, ossia i canti natalizi della tradizione occitana. Rilasciato come trio, vede la partecipazione di Gigi Biolcati alle percussioni, prima che Bongiovanni entrasse in pianta stabile nella formazione. Visto il livello alto delle composizioni, che vede un’evoluzione nello stilo compositivo dei nostri, si rende difficoltosa una cernita dei migliori brani (anche per il concept progettuale in sé dell’opera), ma in ogni caso vorrei segnalare lo scottish Lo Viatjaire e la bourée La Vioula. Due ottimi dischi che brillano per freschezza, inventiva, esuberanza e poesia.

Ora un po’ di racconti circa le vite dei loro componenti. Simonetta Baudino nasce nel 1981 a Cuneo e passa la sua infanzia e la sua giovinezza a Elva, un piccolo paese della valle Maira (una delle splendide vallate piemontesi di lingua occitana). A 12 anni inizia a suonare l’organetto e a 15 la ghironda, sotto la guida del maestro Sergio Berardo. Successivamente entra a far parte assai presto di alcune formazioni musicali, i “Sonaires de la Val Maira” prima e gli Aire d’Oc e l’Aiguio Niero in seguito. Nel 2005 inizia a tenere corsi di organetto e ghironda, attività che via via si espande fino a diventare il suo unico mestiere, parallelamente a quello di concertista. Attualmente fa parte di diversi gruppi con cui suona musica occitana da ballo e da ascolto (Occitanas, Lo Truc, QuBa Libre) e si esibisce in feste di paese, sagre, festival di musica popolare nel territorio occitano e non. Nel corso degli anni incide vari cd: Ai fach un sumi (1999), L’aura (2009), Mascharias (2012), Teramar (2013), Occitanas (2016), Ostau Zaragoza (2020), oltre ai già citati dei QuBa Libre.  All’Uvernada 2015 è stata premiata con la targa Mestre (maestro, in lingua d’Oc), un riconoscimento dato a personalità che si sono distinte per il lavoro di promozione e valorizzazione della cultura occitana. Giuseppe Quattromini nasce a Cuneo nel 1972 da genitori di origini pugliesi. La sua esperienza musicale comincia nell’infanzia, quando scopre il flauto dolce. A quindici anni inizia a suonare la chitarra e l’armonica a bocca ed esplora il repertorio dei grandi cantautori italiani e, in seguito, la bossa nova e la musica popolare brasiliana. A 20 anni si avvicina alla fisarmonica, entusiasmato dal sound dei Lou Dalfin che lo introducono nel mondo occitano. Successivamente si interessa al repertorio sudamericano e al tango argentino. Durante il suo percorso musicale studia con i maestri Roberto Taufic e Luca Allievi (chitarra), Alberto Fantino e Roberto Avena (fisarmonica). Negli anni crea e prende parte a numerosi progetti musicali che lo portano ad esibirsi in diverse formazioni e situazioni, dal duo al quartetto, dal concerto in teatro al concerto a ballo: Samba per Vinicius (reading musicale - bossa nova); Amara Terra Mia – canti d’amore e di lotta (spettacolo teatrale di impegno civile); Duo acustico GiuE’ (musica pop); Ramà (musica occitana d’autore); Chalendas di paures (canti natalizi della tradizione occitana); Duo Abuelo (tango); QuBa Libre (musica occitana da ascolto e da ballo). Laureato in Lettere, concilia i suoi impegni musicali con l’attività di insegnamento presso il Liceo Artistico e Musicale di Cuneo. Paola Lombardo è una cantante di origini occitane, inizia il suo percorso nel 1997 entrando in contatto e collaborando con musicisti e artisti che sostengono e valorizzano la musica popolare (Maurizio Martinotti, Moni Ovadia, Corou de Berra, Donata Pinti). Negli anni prende parte a progetti di vocalità tradizionale occitana e piemontese. Nel 2005 fonda le Trobairitz d'oc insieme alla cantante Valeria Benigni. Da questo sodalizio nascono due cd, prodotti rispettivamente da Chambra d'oc e Felmay, che si aggiudicano due bollini Bravos della rivista francese Trad Magazine. Parallelamente collabora con numerose formazioni etniche, fra cui i Tri muzike (musica del mediterraneo) con cui registra 3 dischi e partecipa a numerose trasmissioni radiofoniche (Rai Radio 3, Radio Popolare). Dal 2011 si dedica anche al teatro fisico e, dopo una formazione presso l'atelier di Philip Radice di Torino, inizia a creare spettacoli musicali comici con la regia di Luisella Tamietto e la consulenza artistica di Nicola Muntoni. Da questa collaborazione, nel 2016, nasce lo spettacolo comico Concert jouet (con Paola Torsi al violoncello) che ottiene un ampio riscontro di pubblico e di critica. Attualmente la sua attività si dipana fra la musica popolare e il teatro musicale comico di matrice fisica. Antea Bongiovanni nasce a Cuneo nel 2006. Sin da piccola si appassiona alla musica iniziando a studiare all'età di sette anni flauto dolce e, successivamente, flauto traverso con la Prof. Barbara Martinetto. Due anni dopo scopre il mondo delle percussioni e della batteria, iniziando lo studio con il Maestro Daniele Danzi. Attualmente frequenta il Liceo Musicale Ego Bianchi a Cuneo dove studia flauto traverso e percussioni. È Iscritta al conservatorio nella classe di flauto traverso con la Prof. Francesca Landoni; da anni partecipa alla Grande Orchestra Occitana fondata da Sergio Berardo e ha suonato in alcune formazioni di musica occitana/popolare tra cui: Lou Sitour, Occitanas, Folkestra & Folkoro. Attualmente è percussionista de Lhi Destartavelà e flautista e percussionista de Le Randoline. Ha partecipato al concorso nazionale Scuole in musica nelle categorie di flauto e percussioni ottenendo in entrambe il secondo posto. Ha approfondito lo studio della batteria jazz con il maestro Ruben Bellavia e batteria pop-rock/sperimentale con il maestro Andrea Peracchia.

Il repertorio dei QuBa Libre è un viaggio in musica attraverso tutta la nazione occitana e comprende, come scritto poc’anzi, melodie tradizionali e di propria composizione. Musiche da ballo quali curente, mazurke, scottish, rigodon, danze basche, bourées, circoli, chapelloise, e molto altro ancora. Alla fine. tutti insieme a cantare Se Chanto, l’inno occitano (posto anche come ultima traccia del loro secondo album).

Il folk parla e profuma di vita e, in fondo, è la vita stessa. Teniamocelo stretto e rispettiamolo nel profondo. I QuBa Libre vi aiuteranno in tal senso con la loro proposta gioiosa, che viene da lontano per avvicinare gli uni agli altri, in una sorta di sabba laico-festoso che farà la felicità di coloro che non si accontentano di subire, ma vogliono scegliere. L’Occitania, in questo caso, ma non solo. Abbracci diffusi.

Un po' della loro musica... 


www.qubalibre.it





Il 13 novembre del 1973 usciva "Io sono nato libero", del BMS



Usciva il 13 novembre 1973 "Io sono nato Libero", terzo album del Banco del Mutuo Soccorso.
A mio modesto avviso il capolavoro del gruppo, l'album della crescita artistica e sonora, uno dei punti più alti del progressive mondiale!
Il lavoro, ispirato alla sanguinosa dittatura di Pinochet in Cile e al dramma dei rifugiati politici, segna il passaggio di consegne tra il chitarrista Marcello Todaro e Rodolfo Maltese, e fu registrato a Milano nell'ottobre 1973, sotto la guida dell'esperto Gaetano Ria.
A distanza di 43 anni viene ripubblicato, in un lussuoso booklet di 2CD, con il secondo intitolato "La libertà difficile", praticamente il seguito di questa continua ricerca della libertà dei popoli e del singolo individuo.
Se ami il prog, non puoi non avere questo disco!
Wazza




martedì 12 novembre 2024

Commento all'album "All’improvviso-Canzoni lievi", di Vincenzo Greco

All’improvviso-Canzoni lievi 

 Vincenzo Greco

(Dialettica Label-Tunecore-La Stanza Nascosta Records).

 

Sempre più spesso si abusa, nelle recensioni dei romanzi, degli album, delle opere d’arte in generale, del termine “necessario”. A proposito di “All’improvviso-Canzoni lievi” di Vincenzo Greco (cantautore, artista multimediale, scrittore) l’aggettivo “necessario” ci sembra di gran lunga quello più calzante. In un periodo di spaesamento e malessere generalizzato, l’album del cantautore di Vibo Valentia sembra essere un balsamo salvifico, si ascoltino in particolare “Salvami” (qui in una nuova versione) e “Raccontami di te”, che nel testo sembra avere degli echi di Battiato, autore molto caro a Greco.

La voce inserita all’inizio del brano “…tornerà la luce” è tratta da una intervista a Vittorio Gassman, che racconta come sia uscito dalla depressione; estremamente suggestivo e di grande impatto è il finale cantato, techno, che suona quasi come un mantra. Particolarmente apprezzabili sono i momenti essenzialmente strumentali, i tre intermezzi e il finale aperto.

Le due riletture (“Sidùn” di De André e “Parigi” di Enzo carella) sono entrambe eccelse: e non è cosa da poco riuscire a “toccare” De André senza essere tacciati di iconoclastia. Apprezzabile anche la scelta di “Parigi”, tributo a un cantautore troppo a lungo dimenticato e ultimamente (finalmente! Si veda anche lo spettacolo Avincola canta Carella) oggetto di riscoperta.

In definitiva, con “All’improvviso- canzoni lievi” Vincenzo Greco sembra dirci con Novalis, che «Ogni malattia è un problema musicale; ogni cura è una soluzione musicale».

E sembra dircelo con un album new-wave, prezioso nei testi e nelle musiche. Scusate se è poco.


TRACKIST 

Di lunedì

Diario di bordo

Intermezzo n. 1

All’improvviso…

Salvami

Intermezzo n. 2

Parigi

Sidun

Intermezzo n. 3

Raccontami di te

…tornerà la luce

Finale aperto




 

Compie gli anni Neil Young...



Compie gli anni oggi, 12 novembre, Neil Young, songwriter, chitarrista, cantante, colonna del rock country americano, leggenda vivente del grande movimento rock degli anni ‘70, ancora oggi punto di riferimento per le nuove generazioni di musicisti, non a caso è considerato il padrino del "grunge".

Buffalo Springfield, C.S.N.&Y. e Crazy Horse, sono alcune delle band con cui ha inciso capolavori come "Harvest", "Zuma", "After the Goldrush"…

Grande appassionato di trenini elettrici...
Happy Birthday "old man" Neil!
Wazza







lunedì 11 novembre 2024

Jethro Tull on November 10 and 11, 1991

 Receiving KEY TO THE CITY at Rhode Island, NY. With Ian Anderson and Jethro Tull


On November 10 and 11, 1991, during the American Catfish Rising Tour, Jethro Tull held two concerts in New York, at the Paramount Theater.

Chrissy Steele, a Canadian rock singer, also from the Chrysalis stable, opens their concerts.

Before the concert, at the offices in Rhode Island, Ian Anderson is given the keys to the city.

Of all a Pop...

Wazza










LETHE: Il cavaliere inesistente-Ma.Ra.Cash Records-Commento di Valentino Butti

 


LETHE: Il cavaliere inesistente

Ma.ra.cash records

    2024  ITA

di Valentino Butti


Ben ritrovati!

Dopo più di trent’anni dall’esordio, pubblicato dalla Mellow Records nel 1993 (“Nimphae”), i Lethe riescono finalmente a coronare il loro sogno e quello del loro membro fondatore e cantante, Stefano Fornaroli, venuto a mancare proprio nel settembre del 1994, a cui l’album è dedicato. Le tematiche del concept e le liriche erano state, infatti, già elaborate da Stefano nei primi anni ’90 e la band aveva già proposto, seppur con diversi arrangiamenti, l’intera storia dal vivo.

La dolorosa perdita dell’amico unitamente a vicende personali, non hanno consentito al gruppo di completare l’opera se non in questo 2024. La perseveranza degli altri quattro membri storici, Lorenzo Gervasi (tastiere), Valerio Vado (chitarre), Pietro Paganelli (batteria) e Fabio Massimo Sanzo (basso), unitamente al cantante Giacomo Balzarotti (nel gruppo dal 1999) ed alla flautista Serena Bruni (nella line up dal 1996), ha permesso la pubblicazione de “Il cavaliere inesistente”, liberamente tratto dal romanzo di Italo Calvino.

Ospiti del progetto, alle voci, Alessandro Corvaglia ed Eleonora Mosca. Molto curato il libretto allegato, con la necessaria sinossi (in italiano ed in inglese) e le liriche (pure queste presenti nelle due lingue). La storia si sviluppa attraverso dodici brani per quasi settanta minuti di durata. Notevole, senza dubbio, lo sforzo intellettuale per elaborare testi adeguati alla (complicata) trama e notevoli pure le atmosfere che il gruppo ha saputo creare malgrado, a mio avviso, qualche pecca nella scelta dei suoni, soprattutto della batteria. Un progressive “classico”, impregnato di suggestioni anni Settanta, ma con un piglio moderno che dovrebbe accontentare sia gli inguaribili nostalgici sia coloro che prediligono un sound più attuale. Un album di piacevole ascolto, magari leggendone attentamente le liriche per farci trasportare nel mondo di Agilulfo, di Rambaldo, di Bradamante. Tra i brani segnaliamo l’iniziale “Mura di fuoco” (Carlo Magno passa in rassegna le sue truppe pronte alla battaglia) con flauto, tastiere e chitarra che si prendono, a turno, la scena; la drammatica “Animali cristiani” (la cruenta battaglia tra Mori e Cristiani ha lasciato sul campo il sangue dei numerosi morti) con lo splendido cameo alla voce di Eleonora Mosca (forse avrebbe “meritato” maggior spazio…); la malinconica “Bradamante” raffinato strumentale guidato dal flauto di Serena Bruni; l’enfatica e dal buon punch “L’elmo d’oro” (si narra, qui, della sconfitta dei cavalieri del Graal grazie, anche, all’aiuto che Torrismondo offre ai contadini). “Il cavaliere inesistente”, come ogni concept che si rispetti, va, però, assaporato nella sua interezza per poterne cogliere le sfumature ed apprezzarne appieno le liriche, davvero di alto livello.

Nel complesso l’album ci ha ben impressionato: le melodie sono ben fatte, gli interventi “solisti”, mirati e di qualità. Ci spiace rimarcare (ma non conosciamo a fondo le motivazioni…) che alcune scelte in fase di registrazione e missaggio non convincono completamente e non rendono completa giustizia alle numerose buone idee proposte.






Yes: era il novembre del 1970


Dopo essere stato pubblicato in UK a luglio, usciva a novembre del 1970 negli stati Uniti “Time and Word”, secondo album degli Yes.

Fu l’ultimo con la formazione originale comprendente il chitarrista Peter Banks, e anche l’ultimo dove erano incluse anche delle “cover” di brani di altri artisti.

Di tutto un Pop…

Wazza





Yes - 1970 (Left to right: Peter Banks, Tony Kaye, Bill Bruford, Chris Squire, Jon Anderson)






domenica 10 novembre 2024

Ricordando Greg Lake, nato il 10 novembre...

Avrebbe compiuto gli anni oggi, 10 novembre, Greg Lake, che forse ora sta suonando con l’amico Keith!

Happy Birthday Greg!

Wazza

Ricordiamo che... Greg Lake è stato un cantante, bassista, chitarrista e produttore discografico britannico.

Famoso per essere stato membro e cofondatore dei King Crimson ed Emerson, Lake & Palmer, è tra i musicisti più influenti del panorama del progressive degli anni Settanta.

Si è spento il 7 dicembre 2016, dopo una battaglia contro una malattia incurabile. 




 

venerdì 8 novembre 2024

SAMURAI OF PROG: The time machine-Commento di Valentino Butti

 


SAMURAI OF PROG: The time machine
Seacrest Oy-2024-Multinazionale

Di Valentino Butti

 

Il viaggio nel tempo ha affascinato non solo scrittori di fantascienza ma anche musicisti che, in singoli brani o in album interi, hanno affrontato questo argomento. Dopo essersi dedicati ai racconti di Grimm, ai viaggi di Gulliver, a Robinson Crusoe, alla maschera di ferro ed altro ancora, i Samurai of Prog si confrontano pure loro con questo tema con “The time machine”. Per la seconda volta, dopo “A quiet town” (sempre uscito nel 2024), i due fondatori del progetto, Kimmo Pörsti e Marco Bernard, “consegnano” le chiavi di musica e testi a Marco Grieco, promosso ormai a membro fisso della band.

The time machine” si sviluppa su otto tracce e, come da precisa scelta, prevede innumerevoli musicisti ospiti, tra i quali spiccano, per l’occasione, Roine Stolt (chitarra solista in “Apes”) e Christina Booth (voce in “Future”).
Attraverso la macchina del tempo il protagonista “vive” periodi fondamentali della storia dell’umanità: dal “nostro” essere “scimmioni” (senza ragione?) passando per gli orrori della guerra con gli occhi di un legionario romano o, ancora, incontrando la genialità di Leonardo da Vinci oppure di Albert Einstein. Senza dimenticare l’epocale sbarco sulla Luna, le battaglie di Nelson Mandela e, per finire, uno sguardo speranzoso, di una donna in dolce attesa, rivolto al futuro. L’album, il cui ricavato dalle vendite sarà destinato ai bambini ucraini, si apra con i dieci minuti della title track. Ben interpretata dal cantante ucraino Serge Tiagniryadno, è un bel pezzo sinfonico ingentilito dal flauto di Giovanni Mazzotti e dal violino di Maria Kovalenko (altra artista ucraina). “Apes” si contraddistingue per la chitarra di Stolt e per il refrain di facile presa, vede protagonista le tastiere di Marco Grieco, sia quando lavoro di cesello, quasi sottotraccia, sia quando si lascia andare ad un funambolico “solo” che fa molto new- prog. “The last legionary” (con cambio di cantante, ora il microfono è affidato a Bo- Anders Sandström), oltre al notevole “solo” di synth, propone un’aria “marziale” conferita dalla tromba e dal corno francese a ricordare proprio una battaglia campale. L’incontro con Leonardo in “Painting Monna Lisa” è in pieno stile rinascimentale o, meglio, “rock rinascimentale”, con tanto di accenno della “Bourrée” di J.S. Bach. Un balzo in avanti di cinque secoli ed è la volta di “E=mc2” ed incontro con Einstein. Alla voce, questa volta, è Clive Nolan, autore di una performance molto sentita e sofferta. Seguono due brani strumentali: “Moon” e “Madiba’s life”. Notevole il crescendo emotivo del primo, tra timore, ansia, speranza ed infine appagamento. Un bell’esercizio per solo pianoforte il secondo.
Christina Booth dona la sua voce nella conclusiva “Future”. Saliscendi sonori che assecondano il cantato ed un finale veramente emozionante con le tastiere di Grieco in grande spolvero unitamente alla chitarra elettrica di Tony Riveryman. Si chiude qui, dopo quasi un’ora, questo “the time machine” che va annoverato tra le migliori produzioni dei “Samurai” degli ultimi anni.

Nell’attesa, che non sarà certamente lunga, di un nuovo interessante capitolo. 





Usciva l’8 novembre 1971 “Led Zeppelin IV

1971 promo poster

Usciva l’8 novembre 1971Led Zeppelin IV”, quarto album della band. Il disco vendette un’enormità di copie: tra i brani inclusi l’intramontabile “Stairway to Heaven”.

Di tutto un Pop…

Wazza

L'8 novembre del 1971 i LED ZEPPELIN pubblicano il loro quarto album, comunemente denominato "Led Zeppelin IV". Sin dalla sua pubblicazione è risultato essere uno degli album di maggior successo della storia, con oltre 23 milioni di copie vendute nei soli Stati Uniti, dove ha totalizzato 260 settimane in classifica. È stato stimato che nel mondo l'album abbia venduto circa 35 milioni di copie.


Il materiale, già abbozzato nel dicembre del 1970 presso gli Island Studios di Basing Streets, fu perfezionato quando il gruppo si spostò nella villa vittoriana di Headley Grange, come avvenuto già per le registrazioni di "Led Zeppelin III": questa volta, però, venne usato lo studio mobile dei Rolling Stones. L’album si apre con l’urlo selvaggio di Plant nella celebre “Black Dog”: un brano giocato sulla discontinuità, un continuo botta e risposta tra la voce e il giro di Page, impreziosito da imprevedibili variazioni ritmiche e da sonorità fortemente blues. L’intro di Bonham apre “Rock and Roll”, il secondo pezzo, destinato a diventare uno dei più rappresentativi della band, che nasce quasi per caso da una improvvisazione in studio. Un giorno, mentre Bonham stava suonando la ritmica di “Good Golly Miss Molly”, Page ci costruì sopra la base del pezzo, a cui poi sarebbero stati aggiunti la voce di Plant e il piano di Ian Stewart. 


Con “The Battle Of Evermore” si inizia a navigare in acque diverse, veleggiando verso sonorità uniche. Vero e proprio capolavoro del folk, la ballata è caratterizzata dalla splendida voce di Plant che, in un intersecarsi di violini e chitarre, per la prima ed unica volta duetta con un artista esterno al gruppo, Sandy Denny, che impreziosisce ulteriormente un brano da brividi. Ma è la quarta traccia il capolavoro, vero e proprio monumento, del gruppo: “Stairway To Heaven”. 


Dal silenzio emerge quell’arpeggio di chitarra, da manuale di storia della musica, che trasporta subito in un mondo enigmatico e mistico, seguito dai fiati che danno un tocco di magia. Ed ecco la voce malinconica di Plant cantare parole di una poesia indiscussa, alternandosi a sezioni di sola chitarra e fiati fino all’entrata di Bonham che, sicuro e deciso, fa riscendere il pezzo sulla scala del Rock. Ed è proprio quando il brano sembra aver dato già tutto che arriva il solo di Page: con le dita sulla tastiera della Telecaster, donatagli da Jeff Beck, tratteggia un solo quasi cantato che rappresenta l’apice emotivo del pezzo, e dà il via al correre della voce di Plant fino alla conclusione della canzone.


Il dipinto a olio rustico del XIX secolo sulla parte anteriore dell'album è stato acquistato da Robert Plant da un negozio di antiquariato a Reading, Berkshire, in Inghilterra. Il palazzone urbano del XX secolo sul retro della copertina apribile dell'LP è Butterfield Court a Eves Hill, Dudley, Inghilterra.







giovedì 7 novembre 2024

Compie gli anni Joni Mitchell


 IMMAGINI FORNITE DA WAZZA


Compie gli anni Joni Mitchell, cantautrice, musicista e pittrice canadese-americana. È ampiamente considerata una delle cantautrici più influenti di tutti i tempi. Le sue canzoni sono note per i testi personali e le composizioni non convenzionali, che spesso incorporano elementi di jazz e musica del mondo.


Nata Roberta Joan Anderson il 7 novembre 1943 a Fort Macleod, Alberta, Canada, Mitchell ha iniziato a cantare e suonare la chitarra nei suoi primi anni dell'adolescenza. Si è trasferita a Toronto all'inizio degli anni '60 per intraprendere una carriera musicale e ha rapidamente acquisito la reputazione di talentuosa performer e autrice. Il suo album di debutto, “Song to a Seagull”, è stato pubblicato nel 1968 ed è stato un successo di critica e commerciale.

Negli anni successivi, Mitchell ha pubblicato una serie di album classici, tra cui Clouds (1969), Ladies of the Canyon (1970), Blue (1971), For the Roses (1972), Court and Spark (1974) e The Hissing of Summer Lawns (1975), tutti lavori che l'hanno consacrata come una delle voci più importanti e innovative della musica popolare.


Nella seconda metà degli anni '70, Mitchell ha iniziato a sperimentare con diversi stili musicali, incorporando elementi di jazz, rock e musica del mondo nel suo lavoro. Ha iniziato a concentrarsi anche sulla sua carriera di pittrice. Nonostante la ridotta produzione musicale negli anni '80 e '90, Mitchell è rimasta un'artista acclamata dalla critica.


Nel 2002, Mitchell ha subito un aneurisma cerebrale che le ha impedito di suonare la chitarra o cantare. Tuttavia, ha fatto una ripresa straordinaria e, negli ultimi anni, è tornata alla vita pubblica. Nel 2023, celebra il suo 80esimo compleanno con l'uscita di un nuovo album live, “Joni Mitchell Archives - Volume 9: Live at the Canterbury House, 1967”.

Joni Mitchell è una delle artiste più celebrate e influenti della sua generazione. La sua musica ha ispirato innumerevoli altri artisti e le sue canzoni continuano a risuonare con il pubblico di tutto il mondo.

In particolare, Mitchell è nota per le sue canzoni intime e autobiografiche, che spesso trattano temi come l'amore, la perdita, la natura e la politica. I suoi testi sono caratterizzati da un uso poetico del linguaggio e da una profonda introspezione. La sua musica, invece, è spesso sperimentale e innovativa, incorporando elementi di diversi stili musicali.

Joni Mitchell è stata insignita di numerosi premi, tra cui nove Grammy Award, un premio Oscar per la migliore canzone originale e un premio Juno.

È stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1997.










mercoledì 6 novembre 2024

Prog Exhibition- Roma, 5-6 novembre 2010...14 anni fa!

Ebbene sì… sono passati quattordici anni dal “fantastico” evento chiamato Prog Exhibition

Un dovere ricordarlo, con le recensioni di allora…


Prog Exhibition - Roma 5-6 novembre 2010

Hello boys and girls,

era dagli antichi fasti degli anni '70 che non si teneva un festival, raduno, così importante, per qualità e partecipazione di artisti.

Tutto questo ha un nome, "Prog Exhibition", che si tenne a Roma il 5-6 novembre 2010, grazie all'intuito e professionalità di Iaia De Capitani, organizzatrice, e Franz Di Cioccio, direttore artistico.

A Roma, in due giorni, si celebrarono i 40 anni del pop-progressive italiano, con la partecipazione di tutti i musicisti che hanno fatto la storia del prog nostrano, più nuove proposte. La grande trovata fu quella di accoppiare un "big" straniero ai gruppi italiani, quasi un interscambio tra le varie culture e stili musicali.

Per la gioia dei 2000 fans accorsi a serata da tutta Italia, e molti stranieri, si esibirono sul palco accoppiate del tipo Premiata Forneria Marconi + Ian Anderson, Banco Del Mutuo Soccorso + John Wetton, Osanna + David Jackson, Nuova Raccomadata + Thijs Van Leer, Tagliapietra, Pagliuca, Marton+David Cross.

Furono due serate eccezionali, sia dal punto musicale che da quello della condivisone, tre generazioni che convivevano perfettamente sotto lo stesso tendone, c'erano i "reduci" di Villa Pamphili, di Caracalla, del Parco Lambro, giovanissimi che non avevano mai visto tanta "grazia di Dio", tutti assieme, emozioni indescrivibili per due giorni.

Purtroppo, le edizioni che sono seguite non hanno avuto lo stesso successo, non per la qualità dei musicisti, ma per il disinteressamento del popolo prog (!!??): in Italia possiamo avere il "Grande Fratello" 20° edizione, ma non siamo preparati, per cose, culturalmente più complesse!

Buona la prima...

Personalmente ho un bellissimo ricordo di tutto il periodo festival (prima-durante-dopo), uno degli eventi musicali più belli che abbia mai visto.

Ancora tanto di cappello a Iaia per questi concerti, che saranno sempre nella mente e nella storia di chi ha partecipato

Wazza

Commento di Alberto Sgarlato

Nel 1970, anno di grandi fermenti musicali internazionali, mentre sull’Isola di Wight si contendevano (letteralmente, come rivelano gli aneddoti narrati dagli stessi musicisti) il palco   Hendrix, Jethro Tull, Miles Davis, i neo-costituiti  Emerson Lake   and  Palmer e tanti altri grandi, in Italia, a Roma, per la precisione, si avvicendava sul palco di Caracalla tutta la crème di quel movimento che all’epoca fu semplicemente battezzato “nuovo pop italiano”, e che negli anni conquistò una planetaria popolarità, dal Giappone al Sud America, con il nome di Italian Progressive Rock.

Venerdì 5 e sabato 6 novembre 2010, le   Edizioni Musicali Aereostella di Iaia De Capitani hanno voluto commemorare il quarantennale di quello straordinario evento con una due-giorni di progressive rock presso il Teatro Tendastrisce di Roma, la Roma ProgExhibition Festival. Tra il foltissimo pubblico accorso, anche delegazioni, con bandiere e striscioni, dagli USA, dal Messico, dalla Costarica, dal Giappone e da quasi tutte le nazioni europee.

5 novembre

L’arduo compito di rompere il ghiaccio è affidato ai   Synesthesia, in rappresentanza di quel recente filone che fonde certe atmosfere del prog con la violenza del power-metal. Il connubio esalta i più giovani tra i presenti ma fa un pò storcere il naso ai vecchi puristi.

Dopo di loro salgono sul palco i genovesi   La Maschera di Cera, band nata all’inizio di questo decennio ma con l’intento di riproporre in maniera fedele nelle proprie originali composizioni le sonorità (e persino la grafica e il packaging) dei grandi concept album prog dell’epoca. La loro performance è potente e grintosa, in particolar modo da parte del front-man Alessandro Corvaglia, che si scatena con grande teatralità, ma purtroppo la band è in assoluto quella più penalizzata in termini di suoni. Soprattutto le tastiere di Agostino Macor, sempre molto attento nel ricreare timbriche vintage, sono soffocate quando invece meriterebbero di emergere con vigore.

Iniziano le band storiche: i primi sono The Trip, che propongono materiale dai due loro album più famosi, cioè Caronte” e Atlantide”. Sul palco ritroviamo il tastierista Joe Vescovi, il cantante (e originariamente bassista, ma oggi purtroppo vittima di problemi articolari)  Wegg Andersen  e il  drummer  Furio Chirico  (anche degli   Arti & Mestieri), oltre a due giovani comprimari alla chitarra e al basso, rispettivamente   Fabrizio Chiarelli  e   Angelo Perini. 

L’esibizione, seppur penalizzata da qualche inconveniente tecnico iniziale (inevitabile nei festival, quando molte band devono condividere una stessa strumentazione sul palco), è talmente emozionante da far sgorgare più di una lacrima tra chi, nel pubblico, li aveva amati in gioventù e da lasciare a bocca aperta i più giovani. Serpeggia, però, un pò di delusione, per non aver visto chiamare sul palco dalla band, neanche per un saluto, il primo drummer   Pino Sinnone, che pure era presente tra il pubblico.

Dopo i Trip salgono sul palco Tony Pagliuca (tastiere), Aldo Tagliapietra (voce, basso, chitarra 12 corde) e Tolo Marton (chitarra) che, pur essendo tutti membri storici de   Le Orme, non possono esibirsi con questo nome per una questione di diritti (probabilmente dovuta a qualche attrito con il batterista   Michi Dei Rossi, che detiene il nome e lo utilizza con un’altra line-up). Anche in questo caso il materiale eseguito è quello degli album più amati ma, soprattutto, più progressivi nelle sonorità, come Collage e Felona & Sorona". Proprio nei momenti finali di   Felona & Sorona i musicisti vengono affiancati sul palco da   David Cross, violinista elettrico dei   King Crimson, che dà un ulteriore valore aggiunto in termini di sonorità magiche a una già ottima esibizione. 

"Le Orme" (concedeteci di chiamarle così), dal canto loro, ricambiano il favore eseguendo   Exiles insieme a Cross. La calda, corposa voce di Tagliapietra, assai simile a tratti a quella dei vari cantanti avvicendatisi nella band guidata da   Robert Fripp, è davvero assai a suo agio nel repertorio crimsoniano, ed il risultato non lascia adito a perplessità.


Chiude la prima serata la Premiata Forneria Marconi. All’inizio i musicisti sono visibilmente indispettiti da alcuni inconvenienti tecnici, in particolare all’ampli del basso, ma come abbiamo già detto in un festival fa tutto parte del gioco. 

Di Cioccio salta e corre su e giù per il palco come un ragazzino ma, diversamente a molti show recenti, siede più spesso alla batteria (che condivide con l’ottimo   Pietro Monterisi) e lascia a   Franco Mussida  la maggior parte delle parti cantate, riservandosi piccoli e delicati momenti intimisti come Harlequin, Out of the Roudabout e la blueseggiante   Maestro della Voce, dedicata al compianto Demetrio Stratos  che, nell’intro affidata al basso, viene anche ricordato da   Patrick Djivas  con una citazione da   Luglio Agosto Settembre (nero).

Ma il momento sicuramente più emozionante per i fans, che si alzano in una standing ovation, è quando la PFM divide il palco con Ian Anderson, dei Jethro Tull. Il flautista/cantante/chitarrista inglese fa il suo tradizionale ingresso sul palco in posa da fauno (con la gamba destra alzata e appoggiata al ginocchio sinistro) e manda in visibilio la platea. Tutti sono emozionati, a cominciare dallo stesso Mussida che, con voce rotta dalla commozione, ricorda: “Avevo 22 anni quando saltai sulla sedia esattamente come voi, vedendoli per la prima volta dal vivo. Immaginate come mi sento in questo istante”. Con Ian la PFM esegue una irrinunciabile Bourée, poi My God (dall’album “Aqualung”) ma, soprattutto, una spettacolare versione della   Carrozza di Hans nella quale Anderson al flauto non si risparmia. Un momento indimenticabile per tutto il pubblico presente.


6 novembre

L’apertura è affidata ai Periferia del Mondo, band molto giovane ma che può già vantare collaborazioni illustri (da Mauro Pagani a Rodolfo Maltese, e molti altri) nei propri album. Il loro sound   è una riuscita contaminazione tra prog-rock dalle forti aperture romantiche, jazz-rock e influenze etniche arabeggianti e mediorientali, con in primo piano i molti fiati (sax alto, tenore e soprano, clarinetto, flauto) del cantante   Alessandro Papotto. Il pubblico mostra di apprezzare la solida e rodata band come merita.

Dopo di loro, salgono sul palco gli   Abash, che danno una ulteriore sterzata al sound della serata verso atmosfere multietniche, con    forti influenze anche della musica popolare del Sud Italia. Purtroppo, anche nel loro caso tante finezze a livello di sonorità, come certi piccoli tocchi di percussioni sapientemente posti a colorare qua e là, si perdono un pò’ nell’impasto generale dei suoni, ma il loro show è comunque trascinante e coinvolgente.

È la volta di una band che nel 1972 lasciò una traccia tangibile, con l’album Per un mondo di cristallo, nella scena prog romana: la (Nuova) Raccomandata con Ricevuta di Ritorno. La voce del cantante nonché ‘pittore volante’ (come recita il titolo del nuovo album) Luciano Regoli è ancora più potente, alta, brillante e versatile che negli anni ’70, frutto di un lungo periodo di studio e di esercizio. Con lui sul palco, della vecchia formazione, troviamo Nanni Civitenga, che all’epoca del primo album era il chitarrista e oggi è invece un bassista dalle quotazioni molto elevate (ha lavorato, tra gli altri, con Ennio Morricone). 

Il loro ospite sul palco è Thijs Van Leer, flautista e organista dei   Focus, con il quale eseguono   The house of the King, di certo il brano più famoso della band olandese (fu usato anche dalla Rai come sigla) e   Palco di Marionette, dall’album dei RRR “Per un mondo di cristallo. Ma oltre a Van Leer un altro ospite, totalmente a sorpresa e ingiustamente non citato sui manifesti, divide il palco con la Raccomandata: è   Claudio Simonetti, dei   Goblin, che delizia il pubblico con un’introduzione pianistica  d’alta scuola, in cui cita anche alcuni dei suoi temi più famosi ( Profondo Rosso  su tutti), prima di porsi totalmente al servizio della band con risultati notevoli, anche nelle interazioni con il mattacchione Van Leer, che intervalla le sue performances ad alto livello tecnico con bizzarre gag ironiche.

Salgono sul palco gli   Osanna e, senza nulla voler togliere a nessuna delle straordinarie band avvicendatesi nel corso del festival, sono forse il miglior live-act di prog-rock italiano di sempre: potenti, trascinanti, travolgenti, energici come un fiume in piena, precisi e perfetti come una macchina, un ben oliato macchinario in cui ogni suono è al suo posto e non può essere che lì.  


Gli Osanna, poi, hanno un ulteriore valore aggiunto: i due straordinari ospiti che li affiancano sul palco, David Jackson  dei  Van Der Graaf Generator  (sax sopranino, soprano, alto, tenore, flauto e tin whistle) e  Gianni Leone  del Balletto di Bronzo  (all’organo Hammond) non sono due star di passaggio che si sono preparati un paio di pezzi, sono ormai da parecchio tempo due membri effettivi della band e sanno interagire con gli altri musicisti in ogni dettaglio. E il pubblico dà prova di apprezzare tutto ciò con un’ovazione tra le più esplosive di questi due giorni.

Chiude la rassegna il   Banco del Mutuo Soccorso, con la formazione rinforzata da Papotto, dei Periferia del Mondo, che integra perfettamente   le sue parti di fiati con gli arrangiamenti storici della band. Il Banco, però, come è spesso nello stile di questa formazione dal vivo, sceglie di chiudere il festival con una punta di malinconia, che traspare dagli amari monologhi di   Di Giacomo e di   Nocenzi sul tema   Come eravamo, chi siamo, cosa saremo.

Francesco‘Big Di Giacomo denuncia apertamente alcuni problemi vocali, ma ciononostante la sua performance è egregia. Il repertorio, come da tradizione, è soprattutto quello dei primi tre album, con poche incursioni leggermente più recenti, come   Il Ragno (dall’Lp   Come in un’ultima cena”), mentre in generale è Darwin l’album più saccheggiato. 

L’ospite speciale del Banco è John Wetton, bassista-cantante che ha militato in alcune tra le più grandi formazioni degli anni ’70: King Crimson, Family, Uriah Heep, Uk, Roxy Music, Asia e collaborazioni con diversi artisti, da Phil Manzanera, a Martin Orford, a Peter Banks, e non solo. Con Wetton il BMS esegue Leave me alone (edizione inglese della famosa Non mi rompete, dall’album   "Io sono nato libero”) e   Starless dei King Crimson.

Conclusioni

Non una semplice rassegna di concerti, ma un evento con qualcosa di unico che resterà nel cuore di ogni vero amante del rock progressivo italiano e mondiale. Meravigliosa l’atmosfera che si respirava non soltanto sul palco, ma anche prima e dopo le due serate, grazie anche alla straordinaria disponibilità verso i fan dimostrata dalla maggior parte degli artisti italiani e internazionali coinvolti.

Ottima, infine, l’idea di alleviare i tempi morti del cambio palco con interviste e presentazioni di libri, condotte dal giornalista Donato Zoppo o dalla stessa   Iaia De Capitani. Molte e interessanti le opere letterarie citate, tra cui il bel giallo “Com’era nero il vinile", di Glauco Cartocci, il volume antologico a molteplici firme  Prog 40, dedicato ai quarant’anni di storia di questo genere musicale in ogni sua accezione e sfumatura, e un’autobiografia di  Bill Brudford.