martedì 11 marzo 2014

Headless-"Growing Apart", di Gianni Sapia


Io mi ricordo. Non tanto e non tutto a dire la verità, ma mi ricordo. Poco. Anche meno. Se ci penso bene, alla fine, non mi ricordo quasi niente. Sono uno che tende a dimenticare. La mia memoria ha il fiato corto, ha continuamente il fiatone, arranca in salita. È una memoria stanca, sempre. Ma poi un odore, un suono, o una frase, un gesto e la memoria riprende fiato. In questo caso un suono, musica. Avevo un amico metallaro al liceo. Lui aveva già le idee chiare per quanto riguarda la musica, mentre io sceglievo ancora la musica che mi piaceva in base a quella che piaceva alla lei di turno. Seguivo alla lettera i dettami del venerabile Fonzie: se vuoi uscire con una ragazza allora ti piace quello che piace a lei, guardi i film che guarda lei, leggi i libri che legge lei e, naturalmente, ascolti la musica che ascolta lei. Quando saltavamo scuola lui, il mio amico metallaro, e il suo walkman, mi coinvolgevano immancabilmente nell’ascolto di cassette pesanti di metal, piene di quella musica così… così… così tanta! Ed è il viso tondo e rossiccio incorniciato in lunghi capelli biondi di quel mio amico che mi è venuto in mente, quando ho iniziato ad ascoltare Growing Apart degli Headless.



God of Sorrow and Grief, il brano di apertura, con quella sua apparente aria da metal anni ’80, ha buttato giù dal letto la mia memoria. Un pezzo che poi diventa decisamente più complesso ed articolato di quelli che mi ricordavo io. Un pezzo che, pur mantenendo forti caratteristiche metal, cammina lungo i suoi 4 minuti e 45 secondi attraverso strade che lambiscono il progressive. Un principio ben vivo. Si passa poi senza indugio a Primetime, brano più catalogabile del precedente, fatto di irrefrenabile ritmica e assoli di chitarra ottimi e abbondanti, caratteristiche queste, che accompagneranno tutto l’album. Batteria e chitarra dal gusto di AC/DC introducono Nero Fantasies, che mantiene le promesse fatte dai due brani precedenti, dimenandosi con sagacia tra Hard Rock e Havy Metal. Un’ “annunciatrice” apre la strada a Calf Love, dove le sonorità diventano più morbide, più melodiche e lasciano poi spazio ai rumori temporaleschi di blacksabbathiana memoria, che introducono The Blackstabbers Around Us, dove si torna a riff decisamente più metallici, anche se, dall’assolo in poi, non manca un diverso sapore sonoro. Superata la metà dell’album, sono di nuovo batteria e chitarra a renderci parte del galoppo di Be Myself dove, oltre alla consueta bravura dei musicisti, balza all’attenzione l’eclettismo vocale del cantante. Il cantante, già. E il batterista, i chitarristi. Preso dall’ascolto sono arrivato oltre metà album e non ho ancora presentato la band. Rimedio subito. Gli Headless sono un progetto portato avanti dai chitarristi e fondatori del gruppo Walter Cianciusi e Dario Parente supportati qui dalla voce di Goran Edman e dalla classe dello “scuotipelli” Scott Rockenfield, già batterista dei Queensrÿche.


Musicisti coi controca… bravi, tutti davvero bravi. La title track, brano numero sette, mi riporta alla musica dopo le dovute presentazioni. Un brano interlocutorio, che mantiene vive le caratteristiche proprie dell’album, così come la seguente Sink Deep in a Fairytale, impreziosita da un notevole assolo di chitarra. D’altra parte la tecnica dei ragazzi non è mai stata in discussione. Si arriva a No Happy Ending, per me il pezzo più bello di tutto il lavoro. La parte strumentale è fantasiosa e imprevedibile. Le chitarre sembrano dialogare tra loro come vecchi amici, sorrette da un’impalcatura ritmica che il buon Scott non fa mai mancare e poi Goran Edman e la sua voce. Cantante dalle infinite possibilità, mi viene da scrivere, qui accostabile a tratti alla suadenza vocale di David Bowie. Bel pezzo per finire, il più bello! Ma non è ancora finita. C’è ancora il tempo di omaggiare gli amorevoli Rolling Stones con una toccante versione di As Tears Go By che un vecchio cuore rollingstoniano come il mio non può che apprezzare. L’ho già sentita tre volte mentre scrivo e vado per la quarta. Growing Apart degli Headless quindi, un album che non deluderà gli appassionati del genere. Corposo, ricco, potente, a tratti roboante. Un lavoro fatto bene, dall’inizio alla fine, fine che diventa dolce, commovente, come lacrime che scendono.


Track List:
God Of Sorrow And Grief
Primetime
Nero Fantasies
Calf Love
The Backstabbers Around Us
Be Myself
Growing Apart
Sink Deep In A Fairy Tale
No Happy Ending
As Tears Go By

Musicians:
Göran Edman (Vocals)
Walter Cianciusi (Guitars)
Dario Parente (Guitars)

Special Guest:
Scott Rockenfield (Drums)

Production credits:
Mixed by Walter Cianciusi and Dario Parente
Mastered at Universal Music Studios, California (USA) by Peter Doell
official website http://www.headless.it




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