lunedì 16 marzo 2015

Federico Bagnasco-"Le Trame del Legno": intervista di Edmondo Romano


Intervista di Edmondo Romano a Federico Bagnasco sul suo primo lavoro discografico:
“Le trame del legno”

Collaboro con Federico Bagnasco da molti anni, assieme abbiamo suonato in molti concerti con numerosi artisti, realizzato dischi, creato musica per teatro e registrata musica per il cinema ed è quindi con grande piacere che gli rivolgo queste brevi e semplici domande inerenti al suo primo lavoro discografico, “Le trame del legno”, lavoro che ho ascoltato molte volte e che ho apprezzato davvero a pieno solo dopo numerosi approfonditi ascolti, perché la sua musica richiede conoscenza diretta, intima.

Cosa significa per te "Le trame del legno".

Il titolo del disco è successivo al disco stesso, e lo stesso vale anche per buona parte dei singoli brani. Inizialmente ero orientato verso "Massa critica", poi ho scoperto che Dave Holland anni fa ha pubblicato "Critical Mass", e francamente non mi è sembrato il caso (peraltro oggi "Massa critica" non mi convince più, sono ben contento di aver cambiato).
In entrambi i casi mi affascinava l'uso di un titolo che potesse essere fortemente ambiguo, che aprisse più strade interpretative.
Le trame del legno sono i rilievi e i disegni che si sviluppano su una superficie legnosa (che lasciano immaginare percorsi tortuosi interni al legno e propri del legno), sempre diversi e imprevedibili, nell'andamento e nelle sfumature; e le trame sono anche le storie che possono essere intraviste in questi labirinti, piccole sceneggiature di forme e colori; il legno diventa la scenografia per tutto questo, e vuole essere il richiamo all'uso esclusivo del contrabbasso in tutto il lavoro, che rimanda a quel suono che gli è proprio anche quando l'elettronica lo modifica radicalmente (alla radice, appunto, del legno). E inoltre mi piace il suono che hanno le due parole, "trame" e "legno".
Credo di poter racchiudere il mio significato di questo titolo (o forse addirittura di questo lavoro), l'aspetto propriamente più semantico insomma, in questo rapporto con il suono (in questo caso il suono delle parole) e con le molteplici suggestioni che questo suono (o parola) si porta dietro.

Quali sono i musicisti e i compositori che hanno guidato il tuo cammino e quali sono le opere che ritieni essere fondamentali nella storia della musica.

Una risposta soddisfacente a questa domanda metterebbe in seria difficoltà il lettore curioso davanti a un elenco tanto enorme quanto inevitabilmente non esaustivo. In maniera più diretta, una guida importante, casuale o desiderata, è costituita dai tanti musicisti (e compositori) con cui ho avuto il piacere di collaborare (guardacaso, fra gli altri, anche il mio intervistatore attuale), gli amici musici con cui sono cresciuto, i maestri che mi hanno supportato e sopportato. Né oserei stilare classifiche sulle opere fondamentali (per pigrizia innanzitutto): fondamentale, per me, è stata sicuramente la curiosità di scoprire sempre cose nuove e differenti, cercare sempre qualcosa di insolito o un sentiero non ancora battuto: dalla musica antica a quella più moderna, da musiche di diverse parti del mondo, da contesti più dichiaratamente d'intrattenimento a contesti decisamente più "intellettuali", dai riti collettivi alle ricerche più personali, insomma sentire, non solo nel senso più fisico-acustico, un po' di tutto, compatibilmente con le esigenze e i limiti spazio-temporali che la vita mi concede.

Non nascondo che un piccolo elenco mi avrebbe fatto piacere… pura curiosità. Suoni acustici ed elettronici coesistono nel tuo lavoro. Perchè questa scelta? In che modo ha influenzato la parte compositiva? In cosa secondo te “Le trame del legno” è innovativo?

La distanza tra un suono acustico e un suono elettronico è più labile di quanto normalmente si pensi: di fatto già la registrazione è un operazione "elettronica" (tanto più con l'uso della registrazione digitale); ma soprattutto quando si analizza il suono "acustico", il suono "reale", potremmo dire, dello strumento, evidenziandone alcuni parametri, anche solo lavorando con le distanze di un microfono dallo strumento si entra subito in un tipo di sonorità che facilmente identifichiamo come "elettronica". Di fatto in questo lavoro non c'è nulla di elettronica pura, con generatori di onde, di sintesi ecc.; tutto è fatto unicamente con il suono "acustico" di un contrabbasso: viene manipolato, filtrato, tagliato, cucito, rallentato, polverizzato... ma gli ingredienti sono sempre "naturali". Un prodotto bio praticamente! Non so quanto questa mia operazione rappresenti una novità, io me la sono inventata così e così mi è uscita.



So che a breve realizzerai dei concerti dove presenterai il tuo lavoro, come si sviluppa la trasposizione di "Le trame del legno" dal vivo?

Questo è stato un bel dilemma ed è costato un bel po' di lavoro!
Dal vivo lavoro in trio con Alessandro Paolini (con cui peraltro ho realizzato il cd) e con Emilio Pozzolini. Io ho solo il mio contrabbasso e loro due si occupano del Live Electronics: in pratica, da dietro una scrivania, con mixer, computer, controller e aggeggi tecnologici vari, manipolano il mio suono in tempo reale, lavorando con filtri, riverberi, volumi, ritardi, spazializzazioni tra i canali (dove possibile infatti, il concerto sfrutta uno spazio quadrifonico), e altre diavolerie tecnologiche, e spesso registrano il contrabbasso e lo ripropongono per creare tessuti polifonici o vere e proprie interazioni tra strumento e elettronica. La difficoltà è che ogni brano ha la sua patch specifica, ogni volta uno strumento nuovo, con nuovi comandi, da imparare a manovrare. Inoltre Alessandro per metà concerto suona anche un secondo contrabbasso che agevola il mio lavoro e l'insieme. In queste due prossime date per me molto importanti avrò anche un supporto "visivo" al concerto: a Torino, giovedì 19 Marzo, presso il Superbudda, uno spazio molto particolare e affascinante, saremo accompagnati da Stefano Giorgi al live-painting, un bravissimo artista che usa delle tecniche molto particolari (tra pochissimo pubblicherò un videoclip che Stefano ha fatto per me); a Genova, venerdì 20 Marzo, alla Claque (Teatro della Tosse) saremo invece accompagnati da Luca Serra che ci darà una mano alle luci e con due supporti video "elettronici" per due miei brani (anche Luca mi ha preparato un video che tra poco sarà reso pubblico).
La formazione è insolita (d'altra parte mi sembra lo sia anche il progetto), ma secondo me funziona assai bene.

Secondo te la musica "colta"(chiamiamola così per comprensione) e per colta intendo quella orchestrale, contemporanea, di ricerca, di confine... si sta evolvendo negli ultimi anni? Come pensi si svilupperà il panorama musicale futuro?

Così su due piedi mi viene da rispondere affermativamente. Qualche difficoltà ad argomentare la risposta è legata alla quantità e varietà di proposte compositive, inversamente proporzionale alla loro diffusione (qui faccio riferimento in particolare all'Italia). Sono innanzitutto consapevole di avere un po' di limiti conoscitivi per avere un panorama chiaro della situazione. Sto conoscendo in questo ultimo periodo molta musica recente grazie al lavoro con l'Eutopia Ensemble, questo gruppo di musica contemporanea di cui faccio parte da due anni, anche per via di un confronto continuo sulle scelte da portare avanti, e per quel classico paradosso del sapere, più si conosce più ci si rende conto che non si conosce abbastanza. Mi sembra abbastanza evidente in genere che la musica scritta, di matrice "colta", si sia decisamente ampliata in diverse direzione (tanto da mettere spesso in discussione i termini, cosa è colto e cosa non lo è), contaminandosi con le diverse "musiche" in cui viviamo, e allo stesso tempo sia sempre meno autoreferenziale, si ponga cioè un problema di tipo "comunicativo", senza complessità fine a sé stessa. E posso immaginare che questa direzione, già presente da venti o trent'anni almeno, sarà sempre più evidentemente intrapresa.
Alla stessa maniera l'approccio "colto" già da tempo è evidente in contesti musicali precedentemente più settoriali (il jazz, il rock, il folk... per parlare usando categorie da negozi di dischi). Credo che enormi differenze ci saranno da paese a paese, come d'altra parte così già è.

Creare un primo lavoro discografico è sempre un qualcosa  di importante per un artista, l’inizio di un percorso che spesso non si ferma nel tempo ma si evolve. Bisogno importante e basilare diventa poi la diffusione della musica creata, l’artista ha una innata spinta verso la divulgazione della propria arte. Negli ultimissimi tempi il mondo della comunicazione e della distribuzione musicale è drasticamente cambiato perché è cambiato l’utilizzo del mezzo di promozione e divulgazione. Cosa ne pensi dei vari Spotify, Napster, MySpace Music...?

Penso innanzitutto che siano una cosa con cui fare i conti, per chi vuole lavorare con la musica, e penso che siano descrittivi di come è cambiato e sta cambiando il rapporto che si ha con la musica. Mi colpisce molto che i miei allievi adolescenti sono ben distanti dall'acquistare musica, non semplicemente per non spendere, ma proprio non viene loro neanche in mente, non hanno quel brivido o quel desiderio che molti della mia età provavano relativamente ai "prodotti musicali"; è un mondo diverso. Parlandone dal punti di vista del fruitore attuale Spotify o altre simili realtà sono qualcosa di incredibilmente meraviglioso, un archivio pazzesco a disposizione, con dischi magari non facilmente recuperabili, e gratuitamente! (seppur pagando pegno con quelle odiose pubblicità, sempre a un volume più alto della musica scelta). Il primo danno, sociale, è la perdita di una qualità dell'ascolto: non penso solo alla compressione dell'mp3, ma al fatto che spesso l'ascolto su queste piattaforme avviene tramite casse di computer per lo più scadenti, e al fatto che l'ascolto è sempre più superficiale, schiavo del visivo, interludio tra le chat di un social, sfondo di approcci multitasking.
E poi c'è l'aspetto visto da chi la musica la produce e qui casca veramente l'asino, perché, seppur la cosa sia regolare, il guadagno effettivo è praticamente nullo (salvo rari casi da hit parade), quindi deve essere contento di avere una potenziale visibilità (ascoltabilità?). Nessuno acquista più musica, pur usufruendo del lavoro che qualcuno ha svolto. Non ho un'opinione precisa su quanto ciò sia buono o demoniaco per l'arte...

Credo comunque che tutto questa mancanza di "passione" sia collegata anche alla nuova tendenza dei gruppi ad essere sempre meno duraturi nel tempo (tendenza globale da qualche anno) e al fatto di vivere la musica sempre più come un hobby o divertimento. Oggi per un giovane musicista conta più l'apparire del creare, quindi meglio essere visti da più persone possibili tramite una cover band che un lento e costruttivo percorso.
Ultima domanda, scontata ma a mio avviso importante per conoscere meglio un “nuovo” musicista, qual'è il tuo percorso futuro?


Adesso vorrei riuscire a rinforzarmi un po' in queste veste di musicista con un proprio progetto, a proprio nome; da lì mi piacerebbe che si sviluppassero magari collaborazioni di qualche tipo, perché ritengo fondamentale questa fase "in solo" per crescere, ma i progetti condivisi possono essere più divertenti e stimolanti (oltre che di minor responsabilità, più leggeri). Professionalmente voglio semplicemente riuscire a fare con più agio quello che già faccio, cioè insegnare (contrabbasso al liceo musicale) e lavorare come freelance; e accanto a ciò mi interessa coltivare un mio percorso individuale, ma che non ha in realtà un obiettivo preciso, sotto un profilo di "progettualità estetica". Vorrei tentare diverse strade e fare un po' di esperimenti e di giochi: così sono nate Le Trame del Legno, e così forse potranno nascere altri progetti. Vedremo!



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