martedì 31 marzo 2015

Fonetica-"Eppure", di Giani Sapia


Da Treccani.it: fonetica: nella vecchia nomenclatura delle parti della linguistica, ramo della scienza linguistica che studia i suoni, o fonemi, articolati dall’apparato di fonazione umano allo scopo di significare. Allo scopo di significare. Proprio così, lo scopo è significare, ovvero esprimere pensieri, sentimenti, idee mediante il linguaggio. Ma anche mediante la musica, unico linguaggio universale. Il rock fa ballare il mondo. Almeno il piede per tenere il tempo, almeno quello, lo muovono tutti! E mentre muovo il piede stavolta ascolto anche le parole e mentre ascolto le parole penso, per colpa di quelle parole, o per merito. Parole che si avvinghiano come edera alla musica, si fondono insieme. Una da gusto alle altre, come la Coca e il rhum, le trofie e il pesto, whisky e cohiba. E se le parole accendono il fuoco del pensiero, il vento della musica lo alimenta fino a dar vita all’incendio del sogno. Mi viene in mente Adolfo Celi quando dice a Gastone Moschin, nel capolavoro di Monicelli: “è una catena di affetti, che né io né lei, possiamo spezzare”. Questo fanno i Fonetica, legano musica e parole con una catena di affetti, che né io né lei… Fonetica appunto! E il loro album, Eppure. Ve li presento: CLAUDIO MARTINOLLI chitarra solista - DOUGLAS D'ESTE batteria, percussioni - MASSIMILIANO CADAMURO basso, flauto traverso, canto - FABIO BELLO chitarre, armonica, voci. testi e musiche - RICCARDO GALLUCCI tastiere, canto e l’incantevole per voce e fattezze SILVIA SIEGA canto e cori. Eppure è un disco rock dalle solide fondamenta di basso e batteria che si articola nelle svariate sfumature progressive di tastiere, flauto e chitarre e nelle liriche di Fabio Bello, che trattano argomenti sociali di estrema attualità. Già il primo pezzo, Santa Pace, col fiabesco flauto introduttivo e l’escalation musicale che segue, ci fa capire la trama dell’album. Rock in progressione appunto. L’argomento trattato è la pace, ma non mi soffermerò più di tanto sui testi, proprio perché tutte le canzoni del disco non sono né ovvie né banali e quando le parole sono spesse, credo sia opportuno che ognuno ne tragga il proprio insegnamento, o la propria ispirazione, senza che io debba metterci becco. Un pezzo potente, che canta la pace senza essere pacifico. La Strada del Sole continua sulla via aperta dal brano precedente. Il ritmo incalza e la “gioia di fare” dei cinque musicisti veneti e proprio lì, davanti agli occhi. È un dialogo tra batteria e basso che apre La Legge del Branco, col solletico di una chitarra impertinente, protagonista del finale del pezzo. Ne La Scuola è Morta, si respira intenso l’odore del progressive anni ’70. Un pezzo d’atmosfera, malinconico, che dipinge la cruda realtà della scuola italiana, mettendone in risalto anche gli odori. Armonica e fisarmonica fanno sì che la tristezza non prenda il sopravvento sulla malinconia. Un equilibrio difficile da mantenere, ma i Fonetica reggono per tutto il pezzo. Con una tastiera d’oriente si apre La Nuova Guerra, il cui ritmo, così come il titolo, non lascia dubbi sull’argomento trattato. Quasi una marcia, colorata però da basso e tastiera. Inno (Canzone Politica) è il sesto brano dell’album. Non poteva mancare una canzone politica, sulla politica, il cui testo, malgrado l’asprezza dell’argomento trattato (per me la politica è aspra…), è adagiato sulla musica forse più melodiosa di tutto il disco. Canzone numero sette, Le Parole. Bella chitarra iniziale dal retrogusto blues, bella l’atmosfera di tutto il pezzo, incalzante, aggettivo che ho già usato e che forse userò ancora, perché se dovessi definire la musica dei Fonetica, bè, la definirei proprio incalzante. Goduriosa la tromba finale. Sarà per il flauto, i ricami e le sottolineature chitarristiche, l’atmosfera delle tastiere, ma Pianeta Blu, pezzo strumentale, scorre che è una meraviglia. Siamo al numero nove, Aspettare, ballata interpretata magistralmente da Sivia Siega che aspetta, come tutti noi, quello che non ci aspettiamo. Ancora profumo di buon vecchio progressive nell’inizio di Posto in Affitto, che vira poi verso il folk, verso la ballata rock, per poi tornare con una sterzata di chitarra verso la strada intrapresa inizialmente. Gli ultimi brani di Eppure, rivelano forse la parte più intimista e folk del gruppo e non fa eccezione in questo contesto Pioggia Pioggia, seppur animata da un ritmo più… più… lo dico? Vabbè, lo dico: incalzante. Ecco, l’ho detto. Soprattutto il finale, il finale incalza di brutto! Dell’ultimo brano, Eppure, che dà il titolo all’album, va detto che il testo è una poesia di Igle Saragoza musicata dal sempre ottimo Fabio Bello. Una canzone di sofferenza e atrocità, che finisce con la speranza, la stessa speranza che aleggia nell’ultimo Eppure dei Fonetica: “eppure credo che l’uomo vorrà la pace”.



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