mercoledì 17 giugno 2015

I significati del RAP, di Niccolò Enrile


I significati del RAP
di Niccolò Enrile
Introduzione di Athos Enrile
Articolo apparso sul numero di giugno di MAT2020

Ho provato a gettare tra le mura di casa il seme della musica, quella che mi pare degna di nota, ed i miei figli hanno imparato presto chi erano i Jethro Tull, i Beatles e gli YES.
Elisa ha visto il suo primo concerto a 12 anni, la PFM.
Niccolò, a 10 anni, era tra i 4-5 bambini italiani che hanno avuto la possibilità  di vedere gli WHO, che in 50 anni di storia hanno suonato solo 2 volte nel nostro paese.
Nonostante la mia influenza, più o meno volontaria e pressante, hanno assimilato gusti completamente diversi, come è giusto che sia, ma è da poco tempo che ho scoperto la nascita dell’amore di Nico per il RAP. Ore e ore con quelle cuffiette in testa e un’attenzione maniacale per i testi, cosa che per gli adolescenti degli anni ’70 -è quello il mio periodo- non era certo una priorità, imbevuti come eravamo di canzoni straniere di cui non capivano una parola.
A questo punto l’unica cosa che potevo fare era chiedere, informarmi, capire cosa pensa della musica, di certa musica, un diciassettenne, nel 2015.
Niccolò, dimmi, che cos’è il RAP?

Incomincio dicendo che il rap è un genere musicale nato come parte di un movimento culturale più grande chiamato "hip hop", cresciuto negli Stati Uniti verso la fine degli anni sessanta, e diventato progressivamente elemento di spicco della cultura moderna; consiste essenzialmente nel parlare cercando di andare a tempo con una base.
Non tutti lo apprezzano, forse perché non ne viene colto il vero significato; non è semplicemente una tendenza, c’è molto di più di ciò che appare alle persone che non conoscono lo stile; è un modo per esprimere le proprie opinioni, i propri sentimenti, raccontare la propria vita, dare sfogo all’irrequietezza.
Il rap si può differenziare in “underground” e “commerciale”, due rami che non sono per niente compatibili: nel primo gli artisti propongono temi diversi rispetto al circuito commerciale, più legati a vicende personali e a relazioni sociali, ma anche politica e filosofia di vita. Tuttavia l'underground hip hop ha il suo lato battagliero e fortemente provocatorio nei cosiddetti freestyle battle.
Il secondo invece, a mio parere, non ha molte pretese; ha uno stile più semplice, argomenti meno validi e rime più accessibile a tutto il pubblico, per poter vendere più CD possibili.
Sicuramente in Italia il secondo ha più successo, ma solo perché il rap underground è nato come protesta, non si svende, non cambia per il pubblico.
I primi artisti che hanno presentato il genere nel nostro paese, negli anni ’80, sono stati Jovanotti, Bassi Maestro e Sangue Misto; poi negli anni ’90 si sono fatti largo nella scena musicale con prepotenza gli Articolo 31, e secondo me sono loro i primi che sono riusciti ad arrivare a tutte le generazione in modo moderno, e ancora oggi molte delle loro vecchie canzoni sono delle hit.
Poi, nel corso degli anni, si sono cimentati in quest’arte molti altri, come Caparezza -chi non ricorda la sua famosa traccia “Sono fuori dal tunnel”!-, Kaos One, Neffa, Inoki e soprattutto due che all’epoca hanno fatto la fortuna di questo stile: Fabri Fibra e Mondo Marcio; in particolare il primo è riuscito a far cantare milioni di ragazzini con “Applausi per Fibra”.
Nella scena musicale del luogo in cui vivo, Savona, troviamo i Dsa Commando, che hanno messo in luce il nome cittadino, facendosi conoscere ovunque.
Per far capire la differenza tra i due generi presento due esempi di canzoni, nel tentativo di rafforzare il concetto definito prima:

1)per l’underground, “Le brigate della morte” dei DSA COMMANDO

2) per il commerciale: “Che confusione”, di Moreno.


Spero che i mei filmati siano stati d’aiuto per far un po’ di chiarezza su quella che io chiamo l’arte del RAP, una musica in grado di far esprimere moltitudini di ragazzi -spesso alla ricerca di uno scopo di vita- fornendo loro una possibilità, una speranza, ed è questo l’aspetto più importante.
I gusti sono vari ed è giusto non criticare chi la pensa in modo diverso, perché ciò che conta è la passione che accomuna e mai divide, e alla fine l’unica cosa importante, qualunque sia lo stile musicale che amiamo, è quella di non dimenticare mai un paio di cuffie, ovunque ci si trovi… a volte una canzone può salvare un’esistenza!

-“Senza la musica per decorarlo, il tempo sarebbe solo una noiosa sequela di scadenze produttive e di date in cui pagare le bollette.”
(Frank Zappa)

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