giovedì 3 settembre 2015

Il prog italiano, di Giuseppe Scaravilli


Le band italiane degli anni ‘70 (solo successivamente ricondotte nell’alveo del cosiddetto “rock progressivo”) vedevano tra le loro fila gruppi di successo anche internazionale, quali Premiata Forneria Marconi e Banco Del Mutuo Soccorso. Ma anche innumerevoli altri gruppi di grande qualità, che incidevano dischi (a volte uno solo, in seguito “oggetto di culto” per appassionati e collezionisti), quali Biglietto Per L’Inferno (che, a dispetto del nome, avrebbe visto il suo istrionico cantante, Claudio Canali, diventare in seguito frate cappuccino), Trip, New Trolls, Delirium (con Ivano Fossati sul disco d’esordio). E ancora Quella Vecchia Locanda, Acqua Fragile, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno (si, andavano di moda i nomi corti), Balletto Di Bronzo, Rovescio Della Medaglia, Metamorfosi e tanti altri. Oltre ai già citati Osanna e Le Orme.
I Semiramis avevano in formazione un giovanissimo Michele Zarrillo, in seguito cantante di successo in ambito di musica leggera. Ed anche Giampiero Artegiani, che avrebbe poi scritto il testo di “Perdere l’amore” per Massimo Ranieri. Buoni ultimi, ma solo in ordine di tempo, i componenti de “La Locanda Delle Fate”, che, con il loro “Forse Le Lucciole Non Si Amano Più, 1977) avrebbero di fatto chiuso la stagione di questo genere musicale (prima della sua rinascita ). Anche il primo Alan Sorrenti era parte di questo “movimento” (non solo musicale), al pari del Franco Battiato dei dischi più sperimentali.
Michele Zarrillo partecipò ai vari festival dell’epoca coi Semiramis, con il loro unico album, “Dedicato a Frazz” (nome composto dalle iniziali dei cognomi dei singoli componenti): aveva solo 15 anni, ma sembrava  più grande della sua età: alto, con la sua Gibson SG ed una gran massa di capelli ricci. Fece anche in tempo a diventare il cantante del “Rovescio della Medaglia”, prima che questa formazione si sciogliesse.
Il Biglietto Per L’Inferno pubblicò l’album omonimo nel 1973, caratterizzandosi per gli accenti più hard rock, la voce e la presenza scenica del sopracitato Claudio Canali (anche al flauto e al flicorno), ed il discreto successo del brano “Confessione” (“Non posso salvarti dal fuoco eterno, hai solo un biglietto per l’inferno”).
Registrarono anche un secondo disco, prima del definitivo scioglimento del 1975. Era “Il Tempo Della Semina”, che però vide la luce solo nel 1992, pubblicato dalla Mellow Records (l’etichetta di gran parte dei dischi dei Malibran) in una versione che non era quello che avrebbe dovuto rappresentare il prodotto definitivo, con suono e missaggio non all’altezza. Un lavoro comunque apprezzabile, anche se inferiore al primo. Non esistono filmati d’epoca del “Biglietto”: erano stati ripresi dalla TV svizzera, ma non è stato possibile recuperare quel documento. Una registrazione dal vivo (solo audio) è però riemersa qualche tempo fa, mentre si esibivano nella loro città natale (Lecco), di spalla agli UFO.
Un episodio divertente vide Claudio Canali prendersi un grande spavento quando, risvegliatosi in macchina al posto del passeggero, vide il suo collega di band dormire beatamente al volante: terrorizzato, gli urlò di svegliarsi subito, ma non si era accorto che la loro auto, avendo subito un guasto mentre lui dormiva, giaceva sopra un carro-attrezzi  che procedeva tranquillamente sulla strada!
Un altro episodio esilarante riguardò i Metamorfosi: con il loro ottimo album “Inferno” avevano trasposto in musica episodi dalla “Divina Commedia”, “aggiornando” i dannati descritti da Dante in più moderni spacciatori di droga, politicanti, ecc. Alla fine della rappresentazione  il cantante  Jimmy Spitaleri (ancora oggi con gli stessi capelli lunghi, lisci e biondi che sfoggiava all’epoca) doveva finire sulla sedia elettrica: ma in un’occasione, quando scese sotto il palco ( per poi ricomparire sulla sedia elettrica) si smarrì in un meandro di corridoi, non trovando più la strada per tornare in scena: e così l’esecuzione avvenne senza di lui! A parte questo piccolo “infortunio” quel disco era molto valido, guidato dalla voce possente e minacciosa dello stesso Spitaleri, e da lugubri e maestosi suoni d’organo, senza che si sentisse affatto la mancanza della chitarra elettrica. Anche la copertina, con le figure dolenti dei dannati disseminate non nel fuoco, bensì in un paesaggio ghiacciato, è molto bella, indovinata e ricercatissima dai collezionisti.
Come molti gruppi del rock progressivo italiano degli anni ’70, anche i Metamorfosi si sono riformati, e coi Malibran eravamo allo stesso festival di Andria nel 2006. Tra le “vecchie glorie c’erano anche gli Osanna, il Balletto di Bronzo ed il Banco Del Mutuo Soccorso. Jimmy Spitaleri, tra l’altro, sarebbe diventato (ma solo per qualche anno) il cantante de Le Orme. Anche La Locanda Delle Fate è tornata sulla scena, realizzando nel 2010 il suo DVD ufficiale al Bloom di Mezzago (Milano), dove coi Malibran io stesso ero stato nel 2003. Ed anche il Museo Rosenbach si è riunito, sempre con Giancarlo Golzi (dei Matia Bazar) alla batteria.
I Goblin conobbero il successo soprattutto grazie alle colonne sonore che resero ancora più tenebrosi i film di Dario Argento (“Profondo Rosso”in primis). Insomma, tante di quelle band degli anni ‘70 sono tornate, mentre alcune non si sono mai sciolte. C’è però da chiedersi se siano ancora sufficientemente credibili Le Orme senza la voce ed il basso di Aldo Tagliapietra, il Banco senza la voce ed il volto di Francesco di Giacomo o la PFM senza Franco Mussida. Figure troppo “identificative” perché la loro assenza (avvenuta per ragioni diverse) possa non lasciare un segno. E questo, beninteso, senza nulla togliere al rispetto dovuto alla voglia di continuare e di rimettersi in gioco di tutti questi storici gruppi.
Del 1973 è anche il terzo album del Banco, “Io Sono Nato Libero” (il primo con Rodolfo Maltese alla chitarra, seppure in veste di ospite), ispirato, nel suo splendido “Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico”, al golpe militare avvenuto quello stesso anno in Cile. Ma ricordato soprattutto per il successo della più accessibile (ma pur sempre bellissima) “Non Mi Rompete”.
Fuori dal coro, non possiamo dimenticare gli incredibili (e non facilmente etichettabili) Area, guidati dalla stupefacente voce di Demetrio Stratos (purtroppo spentasi per sempre nel 1979). E, in ambito più accostabile al jazz rock, gruppi quali Il Perigeo (che i Weather Report non vollero più come gruppo spalla, perché ritenuti troppo bravi!), Il Baricentro e Napoli Centrale (con il sax di James Senese, che avrebbe introdotto nella band un giovane Pino Daniele come bassista, per poi seguirlo a sua volta negli anni del grande successo di quest’ultimo).
Tornando per un attimo a Demetrio Stratos (già ne “I Ribelli” all’epoca del “beat” anni ‘60), quando si ammalò e venne ricoverato a New York nel 1979, all’Arena Civica di Milano si tenne un concerto (poi divenuto anche un disco) che riuniva una moltitudine di artisti per raccogliere fondi al fine di pagare le cure mediche necessarie. Quando però la notizia della morte di Stratos (a sentire Mauro Pagani, Demetrio era il cognome e Stratos il nome, contrariamente a quanto si potrebbe pensare) quel concerto si trasformò in una raccolta fondi per la vedova. Anche in quell’occasione non mancarono né il Banco, né la PFM.

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