venerdì 21 ottobre 2016

Franceso Di Giacomo: il ricordo mensile di Wazza e la testimonianza di Filippo Marcheggiani




21 Ottobre

"Coi capelli sciolti al vento
io dirigo il tempo
il mio tempo
là negli spazi dove morte non ha domini
dove l'amore varca i confini..."


Ci sarai sempre, buon viaggio Capitano…
Wazza

Ricordo di Filippo Marcheggiani

Un vestito semplice. Filippo Marcheggiani racconta Francesco Di Giacomo

Filippo Marcheggiani, chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso dal 1994, ci racconta il poeta e la persona che Francesco Di Giacomo era. Gli chiedo di iniziare la nostra chiacchierata su Francesco con qualche aneddoto, sapendo che ne conosce moltissimi, e Filippo mi racconta un episodio avvenuto lo scorso anno, durante le prove per lultima tournée estiva del Banco: “Mi ricordo una cosa che Francesco mi ha detto durante il primo giorno di prove: «mi sa che ti devo dire una cosa che in ventanni che suoniamo insieme non ti ho mai detto, che sei proprio un gran chitarrista». Francesco era così. Questo per far capire che, al di là del peso del leader, dell’artista, della persona che si può sempre far cadere dallalto, lui aveva comunque una grande umanità.

Luomo, il poeta

Filippo continua a parlare. “Gli aneddoti su Francesco sono molto particolari; una volta avemmo un problema a una macchina a Torino, lui fece una telefonata allACI e si arrabbiò con il tipo dellACI che non capiva il suo nome, ma in un modo che non si può raccontare, facendo uno spelling un pò particolare del suo nome, utilizzando delle parole abbastanza forti! È stata una scena di una comicità tale che siamo rimasti senza fiato dal ridere.
Francesco Di Giacomo era un antidivo: cera una coerenza incredibile tra lartista, che aveva avuto un successo nazionale e internazionale non da poco, e luomo amante di una vita semplice, trascorsa a Zagarolo insieme alla sua compagna di vita: Lui stava lì a Zagarolo, conosceva tutto il paese, era una persona che faceva una vita normale, gli piaceva fare una vita normale. Magari gli sarà costato qualcosa in termini di notorietà, di successo nel senso di numeri, ma gli ha permesso di vivere una vita il più possibile appagante e completa”.
La forte carica umana del personaggio si rifletteva sicuramente nel rapporto quasi paterno che aveva con i membri giovani del Banco, lo stesso Filippo Marcheggiani veniva spesso apostrofato affettuosamente da Francesco come «er fijo scemo che non ho mai avuto». Questa caratteristica era percepibile anche nel rapporto con i suoi ammiratori, sempre molto diretto: “Aveva un carisma incredibile, ma non era un divo, non lo voleva essere: laffetto dei fan ha sempre premiato questo approccio che, daltra parte, è una caratteristica di tutti i membri del Banco”.
Non sempre il successo fine a se stesso è il vero successo. Il successo è fatto anche di altre componenti. Mi viene da citare una canzone del Banco, scritta da Francesco, che dice «c’è chi ti grida in mezzo al traffico e grida forte che bella musica che fai», unimmagine fantastica che a noi è capitata spesso.
Questa disponibilità a stare tra le persone, oltre alla qualità della musica, ha fatto del Banco un gruppo dal successo duraturo e intergenerazionale: Vedevamo gente di sessantanni, miei coetanei, e ragazzetti minorenni che venivano, sentivano il Banco e lo vivevano con la stessa passione e lo stesso trasporto. Basti pensare che la pagina Facebook dedicata al Banco è curata da un ragazzo neanche ventenne.
Il rapporto diretto con le persone era una componente essenziale della creatività di Francesco Di Giacomo, che sapeva catturare le emozioni in un modo unico ed arrivare al cuore attraverso i suoi testi: Toccava le corde della vita e dellumanità e lo faceva con una grande poeticità e una grande immediatezza. Lesempio più fulgido di questa cosa è Darwin, il disco più importante del Banco, che è un concept album sullevoluzione delluomo: i testi di quel disco li può apprezzare una persona che non ha né una cultura specifica sullargomento, né una cultura generale così elevata; un testo come 750.000 anni fa lamore, una storia damore tra un primate che guarda un altro primate donna che beve in un pozzo con il suo branco, è una storia in cui percepisci tutto lamore e la paura del confronto con lamata. Lui entrava nellemozione e la descriveva con grande talento”.

Francesco e il Banco, il Banco senza Francesco

Francesco Di Giacomo è entrato nel gruppo alcuni anni dopo che Vittorio Nocenzi lo ebbe fondato, presentato dal batterista storico della band, Pierluigi Calderoni. Anche in questo caso, la storia è del tutto singolare: Vittorio (Nocenzi, NdR) disse che ci voleva un frontman bello, uno di quelli proprio belli, al che Calderoni un giorno si presentò con Francesco, che arrivò con la sua stazza, la salopette di jeans, mangiando pane e formaggio! Poi però Vittorio fu ammaliato dalla grande voce, dalla grande personalità. Un artista dallimmagine non convenzionale, che componeva e si esibiva non per vanità, ma soprattutto per lanciare un messaggio in maniera poetica e di forte impatto, anche quando si trattava di un contenuto indigesto.
Francesco era una persona davvero al di sopra della normalità: un artista straordinario, un comunicatore straordinario, e un uomo straordinario, la sua immagine divenne subito limmagine del gruppo. Oggi molti fan si chiedono cosa ne sarà del Banco; poco dopo la scomparsa è circolato un falso comunicato secondo il quale la band sarebbe già in cerca di un sostituto. Chiedo a Filippo cosa ne pensa: ”Il Banco senza Francesco in questo momento è impensabile. Sicuramente nei prossimi mesi qualcosa succederà, ma è una domanda a cui è molto difficile rispondere. Personalmente, questo dolore mi ha dato una grande forza, quella di continuare con il mio progetto, Effemme, che Francesco aveva sposato per affetto quasi paterno.
Il mio destino è stato legato al Banco in varie tappe della mia vita, mi dice Filippo quando gli domando come è iniziata la sua carriera con il gruppo: Mia madre e mio padre mi portarono a vedere il Banco quando ero ancora in carrozzina, nellottobre del 76ho avuto limprinting! Da adolescente conoscevo i figli di Rodolfo, che allepoca viveva a Marino. Il Banco era un modello per noi musicisti marinesi, ci dava fiducia. Quasi per caso, Filippo entrò in contatto con Vittorio Nocenzi e, cogliendo al volo lopportunità di suonare per il gruppo di cui era un fan appassionato, riuscì a ottenere unaudizione. Dal 1 novembre 1994, il Banco del Mutuo Soccorso aveva un secondo chitarrista poco più che diciottenne. Proprio quellanno uscì Il 13, album che conteneva un pezzo a cui Francesco era molto legato: Tirami una rete.

Fu proprio Francesco a dare a Filippo il soprannome che ancora porta: “I primi anni viaggiavamo a ritmi allucinanti, loro erano abituati a rientrare di notte anche dalla Calabria, piuttosto che dal Veneto. Io poi sono un pessimo compagno di viaggio, perché di notte in macchina dormo. Mi ricordo che facemmo questo viaggio di ritorno in piena estate, loro mi accompagnarono a casa, io li feci entrare con la macchina fino al garage dove avevo lascensore che mi portava fino a casa e dissi «lasciatemi qui che sto na crema». Mi hanno raccontato pochi giorni fa che lui non disse niente e quando scesi dalla macchina commentò:  «mi sa che questo ragazzo deve capire qualche cosa!». Da lì mi misero questo soprannome, Er crema, e me lo sono tenuto.

I lavori al di fuori del Banco

La carriera di Francesco Di Giacomo è legata indissolubilmente al Banco del Mutuo Soccorso, ma conta anche molti altri progetti: dalle tre collaborazioni cinematografiche con Fellini, alle decine di progetti musicali con altri artisti. Per citare qualche esempio, Angelo Branduardi, ma anche Eugenio Finardi e Marco Poeta, con i quali ha realizzato un disco (O Fado) cantato in portoghese, e i Têtes de bois di Andrea Satta, collaboratore e amico molto stretto di Francesco. Ha anche realizzato delle collaborazioni con altri membri del Banco al di fuori del contesto del gruppo, tra cui lo stesso Filippo Marcheggiani: i due hanno scritto un pezzo a quattro mani che uscirà nel prossimo disco di Effemme.
Tuttavia, di produzioni soliste ce ne sono state poche nei quarantanni di carriera con il Banco: “Le cose veramente extra-Banco sono le ultime, realizzate negli ultimi tre o quattro anni insieme a Paolo Sentinelli. Di recente, si stava dedicando a progetti di natura differente: Anche lartista ha unevoluzione come uomo, questo ti porta ad un cambiamento. Stava lavorando con Emergency, che era presente al funerale per raccogliere le donazioni che volessero essere fatte per onorare la memoria di Francesco: “Sarà una grande sorpresa per tutti scoprirlo, Francesco, perché, a parte Cenerentola, questo spettacolo teatrale e musicale che ha portato in scena lanno scorso allAuditorium, non c’è stata una grande diffusione, non ci sono stati dischi, non ci sono state cose di cui si trova una grossa traccia.
Cenerentola - La parte mancante, realizzato insieme a Paolo Sentinelli, era la cosa che lo vestiva meglio in questo momento. In Cenerentola si ritrova Francesco in tutta la sua dimensione: iconoclasta, paradossale, ironico, molto attaccato alla visceralità della vita. Lo spettacolo riprende la favola e ne presenta la metà umana e più reale: non la principessa e moglie appagata, ma la donna normale, invecchiata e imbruttita, che si ribella perché non vuole più essere una favola. 

Francesco Di Giacomo ci ha lasciati il 21 febbraio in un incidente stradale causato da un malore. Ai funerali, laici, svoltisi a Palazzo Rospigliosi (Zagarolo) il 27 febbraio, è seguita la cremazione. Il giorno dellincidente aveva scritto una frase quasi profetica, una grande verità raccontata con lincredibile naturalezza che lo contraddistingueva: La libertà, quando arriverà, avrà un vestito semplice.

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