sabato 3 dicembre 2016

TREWA – BEWARE THE SELVADIC, di Evandro Piantelli


TREWA – BEWARE THE SELVADIC (2016)
di Evandro Piantelli

I Trewa sono un gruppo di giovani musicisti provenienti dalla zona di Como, giunti al terzo lavoro discografico. Ma se con il loro primo disco (At the firelight) si muovevano in ambito folk e col secondo (Many meetings on a blythe journey) viravano verso il folk-rock, col terzo lavoro – Beware The Selvadic - tentano un esperimento ancor più coraggioso, cioè amalgamare, come farebbe un alchimista, ben tre generi musicali: il folk, il progressive ed il metal.
Sia chiaro, i Trewa non sono i primi e non saranno neanche gli ultimi che si avventurano su questa strada (penso soprattutto ad alcune band del Nord Europa); tuttavia mi sembra che in Italia questo esperimento non sia stato proposto molto di frequente.
La band comasca è formata da cinque elementi: Luca Briccola (Chitarre, tastiere, flauti, fisarmonica, banjo, percussioni e cori), Lucia Amelia Emmanueli (Voce, flauti e clarinetto), Claudio Galetti (Voce), Joseph Galvan (Basso), Filippo Pedretti (Violino, glockenspiel e cori) e Mirko Soncini (Batteria e percussioni). Inoltre nel disco sono presenti alcuni ospiti, impegnati soprattutto agli strumenti della tradizione folk (cornamusa, arpa, bodhran, whistle, ecc.).
Il lavoro svolto dall'ensemble lariano per la realizzazione del disco è consistito soprattutto nel prendere brani folk (provenienti dalle varie tradizioni: celtica, klezmer, mediorientale, ecc.) e rielaborarli in chiave metalprog, con testi in inglese cantati alternativamente o insieme dai due singer del gruppo.
Dopo ripetuti ascolti posso dire che il lavoro è interessante e si ascolta volentieri, rivelandoci molte più luci che ombre. Ma vediamo nel dettaglio.
Il disco inizia con Skaldic Kin, che riprende una dolce melodia medioevale di flauto, successivamente arricchita da basso, batteria, tastiere, violino e chitarra elettrica. Dopo poco entrano le voci dei due cantanti. Il risultato è interessante, ma lo schema (melodia folk che, dopo poco vira al metalprog) si ripeterà forse qualche volta di troppo nel corso dell'ascolto.
Il brano successivo Where The Eagles Wait Ready non fa eccezione: un tema celtico si sposta rapidamente verso tempi più veloci segnati da una batteria potente. Nella parte centrale c'è un bel  dialogo tra tastiere e flauto che da spessore al brano, con un la chitarra che domina il finale.
The Soldier's Scars è introdotto dalla fisarmonica (che riprende il tema anche in seguito) ed è il primo brano che potremmo definire solamente folk, senza altri aggettivi. Certo il basso è sempre ben presente, ma la mancanza della batteria rende il brano leggero e gradevole. Bello il ritornello cantato insieme da Lucia e Claudio.
Awakening (Nemus Cibeles) è un brano potente, col violino che si inserisce spesso nella trama e ricorda a tratti i Kansas, mentre The Woodwose è un altro esempio di ballata celtica arrangiata in chiave metalprog.
White Sails, invece, è basato su una famosa melodia mediorientale, ma le variazioni sono numerose e il cantato impreziosisce il brano.
Sublime Selvadic è il brano più folk dell'intero disco, caratterizzato da un introduzione recitata in inglese e dall'utilizzo esclusivo di strumenti acustici, avvicinandosi molto al primo lavoro del gruppo.
The Quiet Lady è un brano dolce in stile Fairport Convention cantato da Lucia, mentre Olaf The Stoner è un'altra aria medioevaleggiante riarrangiata in chiave metalprog.
A Shimmering Sword è introdotto da una cornamusa e contiene un bell'arpeggio di chitarra acustica che mi ricorda gli Steeleye Span.
A Toasto To Prague è un breve intermezzo che introduce la successiva Clayton. Questo brano è in realtà un pezzo famosissimo della tradizione Klezmer (la musica degli ebrei askenaziti dell'Europa centrale) dal titolo “Odessa Bulgar”, di cui esistono tante interpretazioni. Qui il brano inizia nella versione canonica, ma vira rapidamente dalle parti dei Dream Theater e, a mio parere, questo è il pezzo dove il lavoro dell'alchimista di cui vi parlavo all'inizio è riuscito al meglio e sono sicuro che sarà uno dei loro brani più apprezzati ai concerti.
Horizons, che chiude l'album, è un country rock che odora di palude della Louisiana e ci mostra un altro lato del gruppo (e che, forse ci fa intravedere qualche scenario futuro …).
Il bilancio finale dell'ascolto di Beware The Salvadic è complessivamente positivo. Il disco è suonato molto bene da un gruppo di giovani e capaci musicisti con un solido background. Il cantato in lingua inglese dà al lavoro uno spessore internazionale che potrebbe portare al gruppo ad avere apprezzamenti anche fuori dalla Patria di Dante. Con un piccolo sforzo per evitare una certa ripetitività negli schemi credo che ci potrannio riuscire.

Per finire una comunicazione di servizio.

I Trewa presenteranno il loro ultimo lavoro il prossimo 16 dicembre al Centrale Rock Pub di Erba (CO). Una buona occasione per vederli dal vivo!


Trewa:
Luca Briccola (Chitarre, tastiere, flauti, fisarmonica, banjo, percussioni e cori)
Lucia Amelia Emmanueli (Voce, flauti e clarinetto)
Claudio Galetti (Voce)
Joseph Galvan (Basso)
Filippo Pedretti (Violino, glockenspiel e cori)
Mirko Soncini (Bateria e percussioni)



Special Guests:
Irina Solinas (Violoncello in “Skaldic Kin”, “The Quiet Lady” e “Olaf The Stoner”)
Massimo Volonté (Whistles in “Where The Hawks Wait Ready”)
Riccardo Tabbì (Bodhran in “Where The Hawks Wait Ready”, “Sublime Selvadic” e “A Shimmering Sword”)
Richard George Allen (Voce in “Sublime Selvadic” e “A Toast To Prague”)
Rossana Monico (Arpa in “Sublime Selvadic”)
Melissa Milani (Cornamusa in “A Shimmering Sword”)
Prodotto e mixato da Luca Briccola.

L’album è stato registrato al Mentalchemy Sound Dungeon (Como) tra 2014 and 2016.
Violini registrati al Everybody On The Shore Recording Studio (Milano) da Giulio Farinelli.
Grafica di Mattia Zoanni.
Foto di Teo Teuz Musazzi www.matteomusazzi.com




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