venerdì 24 aprile 2020

David Bowie: Il 24 aprile del '74 usciva Diamond Dogs


Il 24 aprile 1974, usciva l'album "Diamond Dogs", di David Bowie, ispirato al romanzo di George Orwell "1984"...
Di tutto un pop…
Wazza


Diamond Dogs è un concept album, realizzato dopo i fasti di Ziggy Sturdust. David Bowie narra di un mondo dove i cani diamante controllano il mondo seminando terrore e morte. L’album è ispirato al romanzo di Orwell “1984”, e anche se Bowie non ricevette i diritti per la pubblicazione sono stati conservati riferimenti evidenti sia nei testi che e nei titoli dei brani.



La trama del romanzo si intreccia ad una visione futuristica apocalittica in cui il personaggio principale questa volta è un gatto che vive nella città Hunger City. Il soggetto cambia, ma il modo di narrare la sceneggiatura è ormai quella tipica di Bowie che costruisce un’ambientazione ricca di particolari e personalissima in cui far vivere i suoi personaggi. Si evince subito dalla copertina di Guy Peelaert che il regista e l’attore principale è lo stesso di Ziggy, ma questa volta il glam viene sostituito da un diffuso senso d'inquietudine. Ciò che cambia è anche la band che lo accompagna, non ci sono più gli spiders from mars ma lo spirito con cui l’artista ci proietta nel suo mondo è lo stesso.


Future Legend è un breve prologo che introduce la title track Diamond Dogs: una rockeggiante ballata che narra della venuta dei cani diamante. Da essi non si può scappare e l’unico rimedio per sottrarsi alla fine imminente sembra essere trovata nel brano successivo Sweet Thing che si costruisce sulla poliedrica voce di Bowie e sulla indimenticabile trama melodica che crea quell’atmosfera “dark” che segnerà il disco.


L’album Diamond Dogs si può reputare, sia per il tema trattato che per la crudezza dei testi con cui viene narrato e per le sue atmosfere cupe, uno dei lavori tra i precursori del movimento punk e addirittura di quello dark che lo seguirà dopo qualche anno.

Sweet Thing evidenzia egregiamente il paesaggio apocalittico in cui si muovono i personaggi di questa nuova opera di Bowie ed è talmente bella che viene ripresa dopo Candidate: intramezzo che crea una sequenza di tre brani che segnano l'album e il primo lato. Il ritmo si fa incalzante, i testi diventano più crudi e amari. Ecco introdotta, da un prodigioso pianoforte e da una chitarra stridente, la batteria veloce ed ansiosa ed il basso che segna il ritmo, che ci lasciano immaginare i cani diamante che corrono per sbranare. Rebel Rebel è l'hit di Diamond Dogs, “Tu tu du du du, du du du” il ritornello trascinante che chiude il primo lato.


La seconda facciata si apre con una bella ballata bowniana Rock 'N' Roll With Me. Una canzone utile a mettere in risalto le strabilianti corde vocali dell’autore. Toccante, altro che commerciale. La cadenza si trasforma, diventa lenta, grave. We are the Dead è riflessiva e la voce di Bowie è come al solito magnifica. 1984 è anche titolo del romanzo di Orwell a cui l’intero soggetto del disco si ispira, ed inizia con un piano che da vita al ritornello sul quale si basa, ma più di una volta la canzone cambia traiettoria per poi riproporsi sulle stesse trame. Il ritmo incalzante esprime al meglio il senso d'ignoto che si deve trasmettere all’ascoltatore che, attraverso le atmosfere di fiati ed archi create da Bowie e Visconti, viene proiettato nella terra dei cani diamante in cui c’è un grande fratello che ci osserva ed a cui non si può disobbedire.

Grande Fratello di cui molti, purtroppo, ne cantano le lodi: “someone to claim us, someone to follow, someone to shame us, some brave Apollo, someone to fool us, someone like you” è l'intramontabile ritornello che segna il secondo lato del dell'album. Big Brother è un altro brano che la critica ha accusato di essere commerciale, di essere banale, ma bisogna prendere atto che ascoltato a tutto volume non può non stregare l'ascoltatore. Il disco si chiude con un ritmo frenetico, veloce, il ripetitivo: " Bro bro bro bro bro bro". Idea soprafina che lascia stupefatti e che quasi non fa rendere conto che il disco è terminato, che invoglia a ricominciare da capo, per capire cosa è successo e riprovare le stesse sensazioni.

Bowie spiazzò la critica attribuendosi, in quest’album per la prima volta, il ruolo di primo chitarrista che era di Mick Ronson. L’album segna, inoltre, un nuovo e fondamentale tassello nella discografia di Bowie, in quanto lo condusse all’incontro con Tony Visconti, che avrebbe prodotto quasi tutti i suoi lavori per il resto della decade.

La critica, come accennato, accoglierà l’album in maniera molto disomogenea. Una parte lo accoglierà come l’ennesimo grande album del nostro, ma la gran parte accuserà l’autore di una volutamente ed esageratamente fastosa e pretenziosa produzione musicale, cercando di ripetere e ripercorrere i recenti fasti di Ziggy che venne da Marte. Il fatto è che ciò è proprio quello che Bowie desiderava fare, e che alla gente, al suo pubblico, l’album piacque tantissimo (no. 1 in Inghilterra). Diamond Dogs è l’ulteriore reincarnazione dell’artista che nonostante passino gli anni si traveste e si reincarna in un nuovo personaggio, per fare follie e suonare a modo suo il rock & roll che più gli piace. Riascoltandolo oggi Diamond Dogs è un saggio della potenza espressiva di Bowie che azzecca un brano dietro l’altro, che anche se non ricercati nell’estetica musicale esprimono una carica fortissima.

Tutto il lavoro sarà ispirato dalla droga, come egli stesso ci confiderà dopo qualche anno, e non è paragonabile all’innovazione e allo stato di grazia di Ziggy, ma tuttavia risulta per la sua espressività del tutto eccezionale. Molti dei brani sono semplici ma indimenticabili e alla fine l’ascoltatore si immedesima in questo mondo e si sente parte della scena fatta da creature mezz’umane, rimanendo colpito, a volte scioccato.

L’ascolto di Diamond Dogs ci sorprende ancora oggi a differenza di tanti capolavori che con il tempo sono stati smussati ed hanno perso vigore, tempra, piacere nell’ascolto. Molti dischi che un tempo furono considerati pietre miliari oggi sono dei fiori appassiti, quasi dimenticati, questo invece rimane freschissimo e più passa il tempo più diviene un mito per coloro ai quali è piaciuto già trent’anni fa. Il risultato è ottimo, altro che passo falso, altro che banale.

di Michele Alberobello

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