domenica 31 maggio 2020

Lo sfogo di Claudio Bellato, musicista indipendente!


Mi chiamo Claudio Bellato e sono un musicista indipendente.
Che cos’è un musicista indipendente?
Iniziamo a dire che cosa non è un musicista indipendente.

Un musicista indipendente non è un dipendente di ente pubblico (quindi non è un insegnante di conservatorio o scuola pubblica, né tanto meno è un musicista esecutore o compositore che dipende da tali apparati).
Un musicista indipendente è un tizio che grazie alla propria credibilità viene chiamato da scuole di musica pubbliche o private, per contratti a lungo o medio termine.
È un signore che scrive, compone, arrangia, realizza i propri progetti musicali e li sottopone a locali, direttori artistici, comuni, festival enti ed associazioni).

Bella la vita bohemien? Sempre in giro? Lo sai solo te quanto guadagni, lavoratori in nero...
E così che molti ci vedono... come dei… cazzoni!

Questo è un lavoro dove molti come me hanno passato trent’anni attaccati ad uno strumento, e in cambio non hanno cassa mutua, ammortizzatori sociali: i soldi che si versano su di una fattura finiscono all’INPS? lo domando a voi perché io non ne sono poi così sicuro (altrimenti non si spiegherebbe come mai amici che hanno fatto musica sulle navi e nei locali tutta la loro vita, per colpa di pasticci burocratici non attribuibili a loro, si ritrovino a vivere con la pensione sociale, soli e molto malati dopo una vita di contributi).

Vorrei dire una volta per tutte che questo è un lavoro debole ed è un lavoro socialmente importante (questo è quello che io e molti come me credono).

Esattamente come i lavori usuranti, i lavori precari ecc... questo è un lavoro debole.
Chiunque può proporre ad una scuola un progetto didattico o un concerto ad un assessorato alla cultura, anche se nella vita percepisce uno o più stipendi da altri lavori e relativi contributi previdenziali.

Questa è una delle mille cause che hanno contribuito a distruggere questo lavoro anche in epoca pre-covid 19.

Non c’è nulla di male nel fare musica e didattica a pagamento.
Tutti possono salire su di un palco e venire ricompensati di questo, altrimenti il nostro lavoro didattico nei confronti dei ragazzi e di proposta di valori alternativi al pattume che c’è là fuori non avrebbe alcun senso… forse avrebbe senso fare in modo che le tasse sulla fatturazione pagate da chi fa il musicista in maniera straordinaria finiscano veramente a favore di chi lo fa come unico lavoro.

Ma ogni qual volta che io faccio fare l’impianto elettrico o i lavori di muratura a qualcuno che di primo lavoro fa il messo comunale, il ferroviere, l’impiegato delle poste, io lascio a casa un elettricista che è iscritto all’albo, paga i contributi, le certificazioni, le attrezzature, e i contributi ad uno o più dipendenti.
Lui resta a casa a rigirarsi i pollici, mentre qualcuno si guadagna il secondo o terzo stipendio, oppure quel mese non mette mano alla sua pensione.
Io non credo che questa sia una cosa giusta

Qualcuno a questo punto dirà: “Se uno è un bravo professionista o no la gente se ne accorge!
Vedete… il punto non è questo… io potrei essere Jimi Hendrix, o più semplicemente Claudio Bellato, ma il punto è il seguente: io non faccio il lavoro di un altro.
Nel rispetto e nella tutela del lavoro di un altro, del suo unico lavoro (debole e precario).

Perché io credo che questo lavoro abbia una valenza sociale?
Cerco di spiegarlo…
Siamo noi che diamo il nostro piccolo contributo per far si che molti dei vostri figli non diventino degli autistici digitali (come qualcuno li ha definiti), facendoli aggregare nei saggi e nei corsi di musica di insieme... grazie alla musica.
E una piccola cosa, ma buona, come direbbe Raymond Carter.

Io credo che l’impossibilità di fare un’azione sociale come musicisti dipenda dalla mancanza di una coesione tra di noi, da quello che un tempo si chiamava “coscienza di classe”.

C’è un bellissimo film di Elio Petri: “La classe operaia va in paradiso”.
In quel film i crumiri sono contro gli operai, gli operai sono contro i crumiri, gli studenti vengono visti male dagli operai, e i sindacalisti vengono visti male da tutti.
Nessuno di loro è veramente cosciente del suo essere sulla stessa barca dell’altro, tutto preso dalle proprie invidie personali. E soprattutto ci sono i padroni che si fregano le mani e condannano tutti ad una vita in fabbrica.
Seguendo l’antico ricatto: Se non lavori... non mangi…

Nel mondo della musica le cose non vanno diversamente
Si invidia l’orto dell’altro senza pensare all’interesse comune che in questo momento più di ogni altro sarebbe necessario.
Le cose non cambieranno senza una coesione tra i musicisti.

Se domani riaprissero le gabbie ci sarebbe una fila oceanica di musicisti pronti a leccare il culo all’assessore di turno, a vendere un concerto in cambia di una campagna elettorale, ad associarsi a questa o quella associazione culturale che fa lavorare sé stessa ed i propri protetti, in cambio di scambi di concerti.
Gli altri diverrebbero presidenti di associazioni culturali, cioè imprenditori, parola che ci insegna il buon Silvano Agosti rivela la propria natura cancellando le prime due sillabe.
Quel che resta è prenditori.

Io non farò l’imprenditore.
Sono un musicista, so scrivere arrangiare, so cantare so fare musica.
Quello che i musicisti non hanno capito è che le gabbie non riapriranno e se riapriranno avranno ancora meno diritti di prima.
Non lo dico nel mio interesse, io ho quasi 50 anni... dove vado?
Probabilmente la danza per me finisce qui.
Ma a tutti quei giovani che credono o sperano che questo sia un lavoro che cosa gli raccontate?
In mezzo a loro c’è qualche mio giovane allievo molto promettente e creativo
A loro cosa racconteremo? Che fare il musicista in Italia non è possibile perché non è considerato un lavoro?
Anziché cercare il nemico fra di noi vogliamo farci delle domande?

Da chi è stata rappresentata la nostra categoria nel corso del tempo?
Vogliamo parlare della SIAE? oppure vogliamo parlare dell’INPS?

Una delle poche cose che ho capito utilizzando internet per il mio lavoro è che in Italia e nel resto del mondo ci sono cose delle quali non si può parlare (pena, la censura e l’oblio).

Io questo l’ho toccato con mano e visto in realtà ben più gravi della mia.
Le poche volte che mi sono ritrovato con l’account chiuso in vita mia è stato perché mi ero permesso, con linguaggio equilibrato e sereno, di parlare di problemi sociali.

Le inchieste di Milena Gabanelli sulla Siae o sulle multinazionali in rete non sono più presenti per presunti diritti RAI.
Mariano Giustino (equilibratissimo e moderato giornalista di Radio Radicale) sta svelando orrori senza fine in Turchia, cose che la stampa nazionale non fa arrivare a noi, e ha denunciato che ha tutti gli account social chiusi.

In compenso sul web si può trovare ogni genere di cosa: pedopornografia, insulti razziali e sessisti nel mondo dello sport, dettagliatissimi filmati di esecuzioni capitali, e torture animali, e molto altro ancora.

Che cosa imparo io da questa esperienza?

Imparo che sul web ci si può interessare di qualsiasi argomento, compreso il più ignobile, ma non si può e non si deve parlare dei poteri forti.

Se io dicessi che il presidente della SIAE, il signor Gino Paoli è stato accusato dal fisco di evasione per una cifra pari a due milioni di euro - altri riportano 800.000 - reato caduto in prescrizione grazie ai suoi potenti avvocati… mi bloccate nuovamente l’account?

In caso positivo, provvedete a bloccare l’account o a denunciare per diffamazione tutti quelle testate che si sono occupate di questo fatto (Stampa, Corriere della Sera ecc., le ho qui con me).
Dirigente SIAE indagato per false fatturazioni in una vicenda inerente alle bigliettazioni del gran premio (fonti Monza Today).

La grande famiglia dei dipendenti SIAE (quattro su 10 legati da parentela) con stipendi fino a 64.000 euro e bonus lavanderia (fonti il Corriere della Sera).

Perché mi arrabbio?

Perché questa gente avrebbe dovuto rappresentare la mia classe lavoratrice attraverso la legge sul diritto d’autore. E invece mandano comunicati stampa patetici dove si impegnano a recuperare i denari del diritto d’autore da multinazionali come Google e Youtube… si limitassero a pagare i soldi del diritto d’autore!
A me da tre anni non arriva nulla (mi si dice perché i borderaux cartacei sono stati depennati dalla ripartizione sul diritto d’autore) ed i miei brani sono stati pubblicamente eseguiti in club, festival internazionali, rassegne, teatri.
Caro Giulio Rapetti, mandami i miei soldi, sono Claudio Bellato, numero di, matricola 117252! Autore.  

La questione previdenziale l’ho già spiegata, e aggiungo che se andate in 10 sedi Inps o cooperative musicali riceverete 10 versioni diverse inerenti alla vostra situazione contributiva e alle legislazioni che vi riguardano.
Ci sono contributi Enpals che non sono stati accorpati ad altri tipi di contributi e sono finiti (nelle tasche di qualcuno).
I professionisti a partita Iva hanno ricevuto (l’elemosina dei 600 euro).
Gli iscritti al fondo pensionistico dello spettacolo mediante cooperativa, se non hanno versato trenta contributi nel 2019 non hanno diritto a nulla (io sono uno di quelli).

Ora vorrei stabilire una volta per tutte che il musicista indipendente non è un nemico delle fatture (sulle quali si ricarica L’IVA e l’Inps).
Ma il “nero è l’unica modalità lavorativa consentita dal 90 % del nostro lavoro.
Scuole, club, scuole private ecc… giustificano i nostri compensi attraverso l’associazionismo, il rimborso spese, ecc.
Solo festival, comuni, assessorati alla cultura, Teatri, Fondazioni mi permettono di emettere fattura, ma questi committenti rappresentano solo il 10/15% del mio lavoro.
L’alternativa tra accettare questa condizione o restare a casa, è quella di cambiare lavoro (condizione inquietante a 50 anni re-inserirsi nel mercato del lavoro, la sto vivendo e non ve la consiglio).
E noi tutti (o quasi) ci siamo adattati a questa situazione.
Stiamo provando a parlare dell’aspetto fiscale a molte scuole o club, ma la cosa è impossibile... occorrono leggi, occorre un intervento deciso da parte delle istituzioni.

Non mi sono mai interessato di ammortizzatori sociali, non li ho mai cercati.
Ora che avrebbero rappresentato una piccola boccata di ossigeno in attesa della fine di un incubo ho scoperto mio malgrado che avere una casa ed un’automobile significa essere dei latifondisti per questo stato.
Ho scoperto mio malgrado che il reddito di cittadinanza da 700 euro è stato assegnato a gente che non ha mai lavorato, mentre invalidi gravissimi (come un caro amico) ne percepiscono 300.

Ecco, mi piacerebbe conoscere il criterio di assegnazione di questi ammortizzatori.

Lo stato non vede di buon occhio il mio possesso di un bene immobile perché sono ricco e non avente diritto ad amortizzatori, ma se io non pago i lavori e il riscaldamento e le tasse sull’immobile la legge mi manda un decreto ingiuntivo.

A 50 anni ho capito che possedere qualcosa è più dispendioso che vivere in affitto, e se non pago ogni anno cifre esorbitanti di spese condominiali nebulose e improbabili mi arriva una bella lettera dell’avvocato

L’attuale amministratrice del mio condominio è allo stesso tempo l’assessore alle politiche sociali al comune di Savona, amministratrice di un numero imprecisato di immobili, ed un ex dipendente del ministero della pubblica istruzione.
A fronte di chi percepisce tre stipendi e tre pensioni e vive in uno stato che gli permette (alla faccia del conflitto di interesse) di occuparsi della cosa pubblica e di fare il libero professionista.

C’è gente come noi che ha dedicato una vita alla musica e la pensione non la vedrà mai, così come non vedrà mai nessuna forma di ammortizzatore sociale.

Per lo stato siamo portafogli su due gambe.

L’attività musicale muove una mole di danaro pari a 3,5 miliardi di euro.
Queste sono le notizie giunte da varie dirette di you jazz e note legali dove hanno parlato avvocati, direttori SIAE, esperti di diritto del lavoro:

431 milioni di redditi Inps
1,5 miliardi di Volume di affari nei Live
 1 miliardo Volume di affari dati Siae.
535 milioni volume di affari dei live

Fonti SIAE, Symbola e Agis.

Questo è il volume di affari della musica dal vivo realizzata da noi indipendenti insieme alla cultura, in questa cifra ci sono parecchi denari che non ritorneranno mai nelle tasche dei musicisti sotto forma di diritto, pensione, ammortizzatore sociale.

Un tempo qualcuno ci elogiavano dicendo “il futuro è dei creativi, artisti, artigiani, contadini e tutti quelli che non avendo voluto indossare una divisa o entrare nello stato mediante concorso avevano deciso di vivere della propria creatività, della propria impresa”.
Ci dicevate “Il futuro è vostro! La pacchia dello stato è finita!”.

Si sbagliava.
Le stanze del potere e della Siae sono ancora piene di inamovibili gerontocrati, mentre noi siamo nella merda, ma... tant’è... quando dai semi di zucca nasceranno manzi allora le cose
cambieranno diceva Sgalambro.

Caro Pasquale Tridico presidente dell’inps
Caro Dario Franceschini, ministro per i beni culturali
Caro Presidente del consiglio Giuseppe Conte
Caro Presidente della SIAE: Gaetano Blandini

A nome di una categoria che rischia l’estinzione vi ringrazio di tutto.
Del resto, come aveva tuonato un vostro illustre predecessore…
Con l’arte non si mangia

Claudio Bellato





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