DAGMA SOGNA - “Interno 11”
Di Athos Enrile
Conosco i miei concittadini Dagma Sogna sin dall’inizio della loro attività
e, nel tempo, ho avuto l’occasione di ascoltare la loro proposta, live e in studio.
È quindi con piacere che traccio un
commento del loro nuovissimo “Interno 11”, un ritorno discografico in un momento complicato,
la cui drammaticità diventa ispirazione e innesca la creatività, una sorta di atto
di liberazione, un urlo che riesce a far coincidere denuncia e speranza,
prerogativa concessa agli artisti.
Per necessità di chiarezza ho posto
loro alcune domande da cui emergono i contorni entro cui nasce il nuovo
progetto, mentre l’evoluzione della band viene raccontata nelle linee guida,
tra storia pregressa e visione del futuro, passando per il coinvolgimento di
chi ha avuto ruolo in questo ultimo capitolo musicale.
Arriva sempre il momento, tipicamente
alla fine della disamina di un nuovo lavoro, in cui ci si sofferma sull’artwork,
o almeno su qualche immagine, se ritenuta interessante.
In questo caso parto proprio dalla
copertina perché mi ha permesso di entrare in un modus interattivo prima ancora
di ascoltare i singoli brani, una condizione di gradimento - almeno credo - per
un generico artista che, attraverso la sua arte, mette a disposizione un pensiero
che viene reinterpretato e che quindi può assumere diversificati significati
che forniscono tante sfumature al “prodotto” di base. Insomma, l’azione
stimolatrice dovrebbe essere un obiettivo per ogni musicista.
Una porta semiaperta, un forte contrasto tra colori sfumati, una denominazione precisa, il conosciuto e l’ignoto separati da una linea facile da superare, anche se serve il coraggio e l’occasione giusta:
E se fosse un confine? Una linea di
demarcazione? Una divisione tra bene e male?
Una soglia tra dolore e felicità? Un
passaggio verso un mondo diverso?
E se dopo quella porta priva di vita
ci fosse un’altra porta... un’altra porta... un’altra porta?
E se rappresentasse la nostra vita, e
la porta fosse solo uno dei tanti ostacoli senza fine?
E se fossimo coscienti di tutto ciò …
faresti bene ad incitarmi a spingermi …
oltre la porta?
Non me ne vogliano i Dagma Sogna per
questa citazione, catturata da un mio scritto di qualche anno fa, quando fui
colpito da una fotografia molto simile alla cover di “Interno 11”.
Ma possiamo entrare in quel luogo circoscritto,
chiudere la porta alle nostre spalle e aumentare il volume, dando lo start ad
un album costituito da nove episodi definiti dalla band di "pop-rock".
È questo l’ambito in cui si muovono i
DS, quello confortevole in cui si utilizzano gli stilemi del rock per
raccontare storie personali, intime, attuali, e all’interno di quella stanza in
cui tutti si sono dovuti drammaticamente rinchiudere, i momenti di riflessione
si sono elevati ad una potenza non bene definita e definibile… perché in quello
spazio siamo idealmente ancora rinchiusi.
Il DNA è molto preciso e l’album è
marchiato indelebilmente da una matrice "dura" che propone una sezione ritmica
incalzante e puntuale su cui si innesta un incessante gioco chitarristico e una
voce modulabile al servizio delle variazioni richieste dai singoli episodi.
L’unica concessione ad un certo
intimismo acustico arriva al crepuscolo del disco, con il brano conclusivo “Killer”.
Ci sono poi alcune canzoni (“Rosa
d’autunno”, “Inverno” e “Nel sole”) in cui si privilegia la
melodia e dove l’approccio appare “moderato”, ma è palese la voglia di
evidenziare il proprio credo ritmico/sonoro che emerge quasi subito come
necessità espressiva.
“Coraggio liquido”, “In un
attimo”, “Supereroi”, “Cambierò direzione” e “Occhi di
Giada”, svelano lo stato d’animo del gruppo e la visione del momento, rimarcando
ossessività ritmica e la propensione a creare musica per il cervello e per l’allenamento
muscolare, inventando canzoni che, tutte quante, dovrebbero trovare spazio in
una normale rotazione radiofonica, perché, oltre alla gradevolezza sonora che
si può trovare “oltre la porta”, c’è molto di più: una musica “contemporanea”
che dovrebbe essere alimento per i giovani che, in un mondo normale, vanno alla
ricerca del compendio tra cibo per la mente e per il corpo.
Un bel capitolo per i Dagma Sogna che,
si spera, potranno al più presto presentarsi al pubblico passando per un palco
carico di strumenti”.
Intervista al chitarrista Daniele Ferro
Prima di affrontare le novità mi pare
necessario riannodare i fili del tempo e trovare il fil rouge che unisce i
Dagma Sogna più antichi e quelli attuali: che cosa vi è accaduto da quel gelido
17 dicembre 2017, cioè l’ultima volta che vi ho visto dal vivo davanti alla
Campanassa?
Ciao Athos, intanto grazie a te e a
Mat2020 per lo spazio e l’attenzione al nostro progetto. Di cose ne sono
cambiate molte, perché portare avanti un progetto che è diventato negli anni
sempre più ambizioso richiede sempre più sforzo in termini di tempo dedicato.
Da quel lontano giorno di dicembre ci sono stati un album “Tratti di matita”,
un EP “Grattacieli di carta” che ha segnato un po’ un cambio di rotta su
coordinate più rock, numerose date di promozione nel centro e nord Italia e ora
siamo qui a festeggiare l’uscita di “Interno 11”.
La formazione nel tempo ha subito
modifiche… mi racconti?
Come dicevo prima, pur essendo
davvero grati a tutti i musicisti che si sono avvicendati nella nostra line up
va detto che, in primo luogo, il tempo e le energie richieste da questo
progetto sono una discriminante, alla luce anche del fatto che purtroppo non
costituisce, al momento, la nostra fonte di reddito. In secondo luogo, nel
tempo alcuni elementi hanno preferito farsi da parte per decisioni personali,
spero sempre nel massimo del rispetto di tutti ovviamente. Allo stato attuale
la formazione è a 4 invece che a 5 elementi, con Davide Crisafulli alla voce,
con il suo timbro di matrice rock e la grande esperienza di palco maturata
negli anni, Marco Pendola, insegnante e nome noto in tutta la Liguria alla
batteria e i 2 membri fondatori, io e Matteo Marsella al basso. Matteo di fatto
era uscito per un breve periodo per ragioni lavorative ma è presente in tutte
le pubblicazioni della band fatto salvo “Tratti di matita” ed è un elemento
imprescindibile anche in fase di arrangiamento, la classica persona che magari
parla poco, ma dice sempre la cosa giusta.
Possiamo sintetizzare la vostra
discografia e le maggiori gratificazioni che avete ricevuto, tra commenti e
performance live?
Siamo partiti ormai un po’ di anni fa
con “Frammenti di identità”, un disco a cui sono ancora molto legato adesso, e
che ci ha fatto muovere il primo passo come Dagma. I suoi tratti cantautorali,
specie nei testi, hanno avuto come naturale conseguenza “Tratti di matita” che
è il disco più intimo della band. L’ingresso di Davide, come detto prima, ha
permesso di esplorare soluzioni più aggressive, assecondate dalla sua timbrica
ed estensione. È nato così, non senza dimenticare un certo modo di scrivere i
testi, “Grattacieli di Carta”, che ci ha dato grande visibilità e che abbiamo
promosso con energia intensificando, rispetto a prima, l’attività live in
maniera considerevole.
E arriviamo al nuovo album, “Interno
11”: da dove scaturisce il titolo e che tipo di messaggio circola nei i vari
brani?
Giunti ad oggi “Interno 11” segna, a
nostro avviso, un ulteriore passo in avanti rispetto a quanto intrapreso con
“Grattacieli”, le tinte si sono fatte ancora più aggressive, ma traspare una
nuova serenità di fondo, come se nella tematica del dolore umano, della paura e
della solitudine, alla fine prevalga sempre la speranza di essere felici e
diventare persone migliori. Abbiamo immaginato “Interno 11” come un
appartamento (non a caso il titolo è il numero civico di 2 elementi della band
su 4) e arredato le singole stanze con un occhio alla visione di insieme, in
modo che l’ascoltatore possa avere la sensazione di “passeggiare” attraverso
stati d’animo e situazioni comuni. Alcuni frammenti sono stati lasciati
volutamente più criptici, riteniamo che l’ascoltatore possa completare
autonomamente il “pezzo mancante del puzzle” e giungere magari ancora più
distante di dove avremmo potuto condurlo solo con le nostre forze, restituendo
così anche a noi un punto di vista differente.
L’immobilità forzata legata al covid
è stato elemento fortemente condizionante e fonte di ispirazione?
Credo che per tutti il lockdown abbia
significato un’esperienza tragica, completamente nuova e a cui non eravamo
minimamente preparati. Sicuramente ha complicato il lavoro di tutti, non solo
nel settore musicale che, tuttavia, ne è uscito martoriato e dimenticato.
Tornando ai Dagma, sicuramente le emozioni forti si tramutano spesso in spunti
per le canzoni, la lontananza e la solitudine che ci ha accomunato è risultata,
senza che lo prefissassimo come obbiettivo, un po’ il tema centrale del disco.
Il rock è caratteristica della vostra
“forma canzone” e la definizione di “pop-rock” è quella che denunciate
ufficialmente: come nascono i brani di “Interno 11”, e mi riferisco ad un iter
pratico, esecutivo, oltre le idee basiche.
Bellissima domanda, credo la
preferita di molti musicisti. Noi siamo abituati a lavorare così, partiamo da
uno spunto iniziale personale, solitamente mio o di Davide, ma poi portandolo
in saletta l’intervento di tutti agisce sulla struttura della canzone, modifica
testi, suggerisce cambiamenti e contribuisce a tessere il vestito giusto per il
brano. È la parte più gratificante anche per un autore assistere alla
condivisione e sviluppo di qualcosa che, in principio, era solo suo. In fondo è
uno dei motivi per cui penso che fare musica avvicini così tanto le persone.
Il momento contingente crea disagio a
moltissime categorie ma è certo che il musicista, e tutto ciò che a ruota a lui
intorno, vede in questi giorni appesantire lo stereotipo che idealizza come
l’arte sia qualcosa da relegare al tempo libero, e quindi un “gruppo minore” a
cui dedicare scarsa attenzione: come vivi… come vivete le difficoltà attuali?
Con la speranza che passi al più
presto, poi le sensazioni in merito alla tua domanda variano un po’ di giorno
in giorno, rassegnazione, rabbia a tratti, tristezza spesso. Purtroppo, l’arte
in Italia ha perso il ruolo che dovrebbe avere in una società evoluta molto
prima del Covid. Un settore in ginocchio economicamente sicuramente soffre di
più, ma il rispetto di fondo per chi sacrifica ore a fare una cosa che ama con
la speranza di condividerlo veniva visto anche prima come un vezzo egocentrico.
Insomma, domanda la cui risposta esauriente sarebbe complicata oltre che molto
soggettiva.
Mi parli delle persone che hanno
collaborato alla realizzazione del vostro album?
Volentieri, anche perché è stato
davvero uno staff di primissima scelta. Partiamo in ordine di tempo con il
primo salito a bordo, Simone Campete, tastierista che ha collaborato con nomi
del calibro di Rudess e di Thomas Lang. Simone ha curato le tastiere del disco
innovando non poco le sonorità ed ha svolto un lavoro davvero eccellente. Le
registrazioni sono state curate da Mattia Cominotto nei suoi Green Fog studio,
diventato riferimento per la scena alternativa italiana. Questo ha permesso di
avere una ottima supervisione dei takes ed ha dato un taglio di lavoro più
“raw” rispetto a quanto espresso prima, che calzava a pennello sul disco. Il mix
lo ha curato Ale Bavo, che di certo non necessita di presentazioni essendo uno
dei produttori più influenti sulla scena. Basti pensare al suo lavoro con
Samuel o con altri nomi di primo piano per far capire che è stato un privilegio
per noi. Il suo mix ha permesso ai brani un ulteriore passo in avanti. Il
mastering è stato affidato, posso dire come da tradizione, a Giovanni Nebbia,
che oltre ad essere un grandissimo professionista di quella delicata fase di
lavoro, è un caro amico della band.
Cosa mi racconti della magnifica
copertina, che si presta a innumerevoli pensieri e commenti?
La copertina di “Interno 11”, come
del singolo di lancio “Nel Sole”, è frutto delle intuizioni di Samuele Gay di
Linea 11 comunicazione. Samu è amico della band da anni e con lui abbiamo
sviluppato una collaborazione davvero proficua e in continua crescita. Siamo
orgogliosi del reparto grafico di questa uscita e siamo oltremodo felici che
stia piacendo molto, grazie anche a quell’alone di mistero che emana, al
contrasto con i colori primari che, facilmente, possono rappresentare le due
entità principali coinvolte, quello che si trova dentro la stanza e ciò che vi
è fuori, il contenuto e chi è invitato a scoprirlo, la musica e l’ascoltatore.
Nella speranza che l’emergenza
sanitaria finisca presto, cosa hanno pianificato (o sognato) i Dagma Sogna per
pubblicizzare il disco, tra live e presentazioni?
Nella speranza che tutto si risolva
per il meglio non siamo certo stati a guardare, al momento il nostro agente è
in trattativa per delle date di promozione live in primavera che non mancheremo
di pubblicizzare sui nostri canali social. Inoltre, siamo al lavoro su due
videoclip che, zona arancione permettendo, vedranno la luce quanto prima.
Un’ultima cosa: come è possibile
ascoltare/acquistare “Interno 11”?
Ringraziandoti ancora per lo spazio e
salutando il pubblico di mat2020 vi ricordiamo che il nostro album lo potete
trovare su tutte le piattaforme digitali di streaming (Spotify, Deezer, etc.) e
acquistare su iTunes, Apple Music, Amazon, etc.
In attesa del video ufficiale ecco i
dettagli oggettivi contenuti nel comunicato stampa:
https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2021/02/e-in-arrivo-interno-11-il-nuovo-album.html
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