Il 29 gennaio del 2009, a soli 61
anni, se ne andava John Martyn, un
artista che ho amato molto e che continuo ad ammirare. Un caposcuola.
La prima canzone sua che ascoltai è
la versione di Eric Clapton di “May you never”, contenuta nell'album “Slow Hand”.
Una bella canzone che mi piaceva
canticchiare ma nulla più. (Sentite la versione dell'ultimo John Martyn
piuttosto).
Più tardi ho scoperto tutte le altre
cose che aveva fatto.
Partendo dal folk revival britannico,
movimento che aveva come precursori artisti come John Renbourn e Davey Graham,
fino ad arrivare a Nick Drake del quale John era intimo amico ed al quale
dedicherà Solid Air.
John era arrivato ad un suo
linguaggio di sintesi che univa la tradizione folk con il blues e il soul.
L'album “Solid Air” per me è un
capolavoro.
Il suo utilizzo dell'effettistica e
degli echi in epoca preistorica, credo abbia influenzato in qualche modo anche
chitarristi come The Edge nelle sue tessiture ritmico armoniche.
John Martyn aveva una voce pazzesca.
E anche nella seconda fase della sua
carriera artistica (quella del declino dovuto alla malattia ed alle
vicissitudini personali), la sua voce aveva acquisito una magia ancora più
intensa, in grado ancora oggi di darmi i brividi lungo la schiena.
Un po' di ascolti...
John
Martyn - Small Hours (1978)
John
Martyn Documentary - Johnny Too Bad
John
Martyn - Solid Air (1978)
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