lunedì 20 febbraio 2023

DeaR-"Mon Turin", commento di Fabio Rossi

Commento di Fabio Rossi

 

Artista: DeaR

Album: Mon Turin

Genere: Sperimentale/Progressive/Musica Classica

Anno: 2022

Casa discografica: Music Force

 

Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

01. Ouverture: baroque and roll, buongiornosignora maschera

02. Notturno: nocturnal, a walk under porches

03. Jazz: un treno per Torino con la valigiadi cartone

04. Pavana: cit Turin il piccolo Parigi

05. Valzer: camminavo ogni giorno per Torino

06. Rondò: le giostre in piazza vittorio

07. Passacaglia: l'oltreuomo a Torino

08. Berceuse: la capra nella neve, la tragediadello statuto

09. Moresca: assalto all'angelo azzurro

10. Tema e contrasto per Alfredo Casella

11. Blues per il comandante diavolo

12. Marcia dei 40000 colletti bianchi

13. Bagatella: pensieri sulla tomba di Isa Bluette

14. Elegia: la fontana angelica

15. Habanera: come tu non mi vuoi

16. Lied: locutions des Pierrots

17. Silent lights bejewel the night

18. Letters from Turin

19. Da Quarto a Torino

20. Quando il bambino era bambino

 

Line Up

Davide Riccio: pianoforte e altri strumenti.

 


Ci chiediamo, ormai da troppo tempo, se la musica abbia un futuro. Non è questa la sede per trattare un argomento così delicato e complicato, certo è che la smaterializzazione dei supporti fisici e l’oggettiva mancanza d’innovazione rende tutto complicato (mi viene in mente Carlo Verdone nel film Viaggio di Nozze quando dice “Se semo rapati, si semo tajati, si semo fatti ricresce, si semo tinti, si semo bruciati, si semo lavati”… vabbè, parlava di capelli, ma poteva riferirsi anche all’arte delle sette note e il discorso sarebbe stato il medesimo). Poi, però, t’imbatti in un disco come Mon Turin, e ti rendi conto che non occorre essere Bach per produrre ottima musica, non serve comporre come nessuno ha mai fatto prima cercando a tutti i costi di essere unico, ciò che serve è passione che Davide Riccio (DeaR è il suo aka), compositore, polistrumentista, educatore, scrittore, poeta e giornalista, dimostra di possedere in quantità industriale. Il suo amore per la città di Torino, le sue strade, le sue piazze, la sua magia, è talmente forte da avergli dedicato un intero album, un’imponente suite come si usava fare negli anni Settanta.

Sarebbe riduttivo soffermarsi solo su tale aspetto, perché Davide nella sua opera mette a nudo sè stesso, i suoi sentimenti, le sue incertezze, la sua nostalgia del passato che appaiono palesi quando lui stesso afferma che Mon Turin è stato plasmato a poco a poco in un lungo, lunghissimo arco temporale. I dubbi lo assalivano, macerato dall’ansia di non essere all’altezza delle aspettative. Se le sue paure erano inerenti al fatto di non essere adeguato al confronto con i musicisti di professione, ebbene affermo che si sbagliava di grosso. Il disco, infatti, è complesso e colmo di un sound che abbraccia taluni intriganti aspetti che spaziano dallo sperimentalismo, al progressive, alla classica, finanche al jazz. L’ascoltatore attento e preparato potrà trovare riferimenti che vanno da Debussy a Harry Partch, da Bartòk a Syd Barrett, tanto per citare alcuni esempi.

Venti le composizioni proposte, nate per pianoforte, sviluppate e arricchite utilizzando altra strumentazione al fine di approcciare alla musica orchestrale. Un caleidoscopio sonoro in cui Davide si districa con maestria, dimostrando che non occorre essere per forza usciti dal Conservatorio per fare bene, ma basta metterci il cuore e superare ogni ostacolo. Non sarai “un pianista degno di questo nome” come tu stesso affermi, ma non sono sordo e per me sei molto più bravo di tanti strombazzati esperti del mestiere. Alcune parti vocali sono state curate da Claudio Milano, uno dei migliori sperimentatori vocali che abbiamo in Italia.

Continua così, sei sulla strada giusta vista le qualità di Mon Turin e anche quella del precedente album Out of Africa del 2021… l’età anagrafica non conta nulla (sono anch’io degli anni Sessanta e sto ancora in prima linea!).




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