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martedì 25 luglio 2023
YES-" Yes", guida all'ascolto, di Damiano Premutico
lunedì 24 luglio 2023
ALESSANDRA GAROSI / ADAM SIMMONS / DAVID JONES: “ZODIAC – THE MUSIC OF DAMIANO SANTINI”-Commento di Andrea Pintelli
ALESSANDRA
GAROSI / ADAM SIMMONS /
DAVID
JONES
–
“ZODIAC – THE MUSIC OF DAMIANO SANTINI”
Commento di Andrea Pintelli
Il 28 luglio 2023 uscirà “Zodiac”, un viaggio interstellare più che un semplice disco, che riguarderà l’opera del compositore Damiano Santini. Prodotto e pubblicato dalla benemerita Dark Companion Records di Max Marchini, ha il pregio di portare alla luce lo straordinario stile di questo musicista, tramite la mirabile interpretazione di Alessandra Garosi, David Jones e Adam Simmons.
Presentiamoli: David Jones (Malmsbury) è uno dei batteristi più innovativi e musicali del mondo; un vero virtuoso. Si è esibito con artisti come James Morrison, John Farnham, Stevie Wonder, Tommy Emmanuel e innumerevoli altri. Alessandra Garosi (Toscana) è una pianista eccezionale di levatura internazionale; notabile il suo lavoro con Harmonia Ensemble, noto per le versioni da camera della musica di Frank Zappa, Nino Rota, Roger Eno e molti altri progetti internazionali. Anch’essa ha un rapporto di lunga data con l'Australia, come allieva di Sonya Hanke e lavorando con compositori come Peter Sculthorpe, May Howlett e Robert Davidson. Adam Simmons (Melbourne) è molto attivo sia nella musica classica contemporanea, sia nel jazz. I suoi progetti includono il suo trio, Origami, e l'acclamato "The Usefulness of Art" serie di concerti con Michael Kieran Harvey, Arcko Symphonic Ensemble, Ray Pereira e Wang Zheng-Ting. È anche l'editore della rivista Dingo. Alessandra e Adam si sono incontrati per la prima volta nel 2009 come colleghi artisti all'Alternative Praga Festival. Dopo aver condiviso un vorticoso tour della città, prima che Harmonie Ensemble partisse per l'Italia, avevano ben presto pianificato concerti in Australia e Sicilia nell'anno successivo. Da allora hanno condiviso molte avventure musicali, esibendosi regolarmente in Toscana, Sicilia e Australia, pubblicando due album in duo. L'incontro di David e Alessandra è avvenuto grazie ad Adam, che li ha riuniti per "Quiddity" della Federation Bells del 2014, eseguito nel foyer MRC. Come trio, il loro album del 2016 "Zappa in Recital" è stato registrato dal vivo al Salon Melbourne Recital Centre (data sold out), e rivisto per Mona Foma 2018 dove erano artisti resident. Questo progetto successivo, Zodiac di Santini, è stato registrato a Melbourne nel 2019.
Recita il libretto interno di “Zodiac”: “Le stelle, misteriose creature dell'Universo, sono sempre state affascinanti all'essere umano e al suo pensiero. Karlheinz Stockhausen, a metà anni '70, scrisse un famosissimo componimento sull'argomento. Damiano Santini, vent'anni dopo, ha dato vita alle sue profonde ispirazioni di questo tema partendo dal disegno della costellazione stessa creando una successione di suoni utilizzati per la costruzione di tutti i 12 pezzi per pianoforte. Ogni canzone ha la caratteristica di avere un nome aggiuntivo che ne descrive l'essenza. Sebbene siano scritti per pianoforte, c'è una libera interpretazione della strumentazione, ma il sistema rimane piuttosto delineato sia nella composizione musicale e nella dinamica, e le indicazioni sono molto dettagliate. Damiano Santini, nato in Toscana nel 1961, ha lavorato a “Zodiac” tra il 1990 e il 2019. La Luna, le stelle e i pianeti hanno ispirato molti poeti e compositori, ma troviamo pochissime opere musicali ispirate alle costellazioni dello Zodiaco come tema principale. Egli ha composto il suo gigantesco ciclo Zodiac per pianoforte su tre decenni - iniziando con Ariete nel 1989 e terminando con Pesci nel 2019 - completato appena prima del tour australiano della pianista Alessandra Garosi, avvenuto nel 2019, comprese esibizioni con collaboratori abituali e maestri musicisti, appunto Adam Simmons e David Jones. Il trio ha creato e registrato gli arrangiamenti speciali dell'intero ciclo di 12 pezzi a Melbourne, basandosi sul rapporto del loro precedente programma “Zappa in Recital”. Questi piani erano stati attuati per presentare in anteprima la versione trio e lanciare il cd nel 2020 Australia e Italia, che ovviamente sono state ostacolate dalla pandemia. Zodiac di Karlheinz Stockhausen è stato originariamente scritto per carillon, ma poi edito in tante diverse versioni con strumenti acustici. La prima parte sarà anche unita alle due composizioni, in una sorta di melting pot tra le due opere dei due compositori.”
Intro – Libra, apertura dal ritmo vorticoso e
ossessivo, in un andirivieni di sicura presa. Scorpio – Il più antico
sfoggia la linea dettata dal clarino contralto, coadiuvato da percussioni
libere nel loro incedere, quasi vogliano cercare l’incontro con lo strumento a
fiato, molto più docile sebbene mai banale. Sagittarius – L’unificazione del
corpo e dell’anima, a base pianistica, da ritmica si fa attraversare dalla
melodia wyrd del sax e diviene entità univoca di pregevole fattura. La sua
seconda parte pare una pioggia lieve di luci dal cielo tutto; un incanto. Capricorn
– La porta celeste, o il giro strano delle stelle? A tratti sembra uscita
dalla fervida mente di Darius Milhaud, anche se ovviamente è Damiano Santini a
crearne ogni fattezza. Il ruolo della batteria è qui determinante per ottenere
l’accesso ad un ambito straniante che dominerà l’ascoltatore. Aquarius – Il
portatore dello spirito è trattata su registri più gravi, con andamento
obliquo a trattenerne il respiro. Arriva al punto, successivamente, di
trasformare sé stessa in esplosivo per anime, per tornare ai lidi calmi
d’inizio composizione. Pisces – La forza opposta, ha percussioni che
parlano, donando dialogo ai corpi celesti; grandissimi passaggi a suggellarne
l’arte totale. Il pianoforte di Alessandra ha sinistre ossessioni, che portano
a nuovi orizzonti futuristici. Aires – La forte goccia: misteri e ombre
sfuggevoli ai più, rivelazioni e luccicanze agli eletti. Sensibilità, che crea
fastidio agli sbadati e superficiali, che dona ricchezza e sapere alle mosche
bianche (a volte trattasi di persone). Taurus – Il cuore che pulsa, tra
cui il mio, originale fino al midollo, trae linfa dall’avanzare parallelo degli
strumenti, a creare un gioco iniziatico come centro della vita stessa. Da
(positivi) brividi. Gemini – Lo specchio ondeggia fra i meandri della
psiche, nascondendosi senza mai rivelarsi appieno. Il suo contagocce rilascia
poesia poco per volta, divenendo poi un mare interiore. Cancer – L’abitatore
delle acque primordiali vede i fiati come protagonisti circolari, col piano
a inventare un tappeto sonoro su cui giostrare le proprie idee incombenti e mai
dome. Nessuno sovrasta nessuno, con grande gioia dell’armonia di gruppo. Leo
– Il sole invincibile, probabilmente il segno più impavido, è qui
rappresentato dalla traccia più folle e complicata dell’intera opera. Nulla di
scandaloso quando a parlare è Santini, ma la metrica e il messaggio sono di
meravigliosamente complicata adesione. Virgo – La madre è un grembo sostanzialmente
rifugio, dove crescere, ripararsi, vivere, distanti dalla noia del quotidiano.
É in ognuno di noi, basta scoprirlo. O scoprirsi. Lieve e trasognante, calorosa
e nobile. Libra – Colui che cerca, chiude questo Interstellar Overdrive
contemporaneo riprendendo ritmo dal furore iniziale. Si chiude un cerchio per
aprirsene un altro. E si va avanti. Sempre e per sempre, dove nulla è mai
iniziato e nulla mai finirà.
Tracklist:
01. Intro Libra -
02. Scorpio “Il più antico”
03. Sagittarius “L’unificazione del corpo e dell’anima”
04. Capricorn “La Porta Celeste”
05. Aquarius “Il Portatore dello Spirito”
06. Pisces “La Forza Opposta”
07. Aries “La Forte Goccia”
08. Taurus “Il Cuore che Pulsa”
09. Gemini “Lo Specchio”
10. Cancer “L’abitatore delle acque primordiali”
11. Leo “Il Sole Invincibile”
12. Virgo “La Madre”
13. Libra “Colui che cerca”
ZODIAC line-up:
Adam Simmons tenor and soprano saxophones, contra alto clarinet
David Jones drums kit and percussion
Alessandra
Garosi piano
Damiano
Santini
Recorded 1st November 2019
by Myles
Mumford @ Rolling Stock Recording Studio, Melbourne Victoria (Australia)
Edited and
mixed in November 2023 by Luca Frigo
Mastered by Alberto Callegari @ Elfo Studio, Tavernago (PC), June
2023
Produced by Max Marchini
venerdì 21 luglio 2023
DeaR-"Dear Me!", commento di Fabio Rossi
Commento di Fabio Rossi
Artista: DeaR
Album: Dear Me!
Genere: Sperimentale
Anno: 2023
Casa discografica: Music Force
Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)
1.Eight seconds of fame
2. The art of decluttering
3. Planetesimals
4. Axis Mundi
5. Sequeri
6. Wind
7. DeaR Me! (Sweet Philly)
8. The Skyline
9. Life after life
10. Whales weep not!
11. Cockles of my heart
12. Otherness
13. Song to Grace
14. Shadows: my soul
15. To Bacharach
16. I’m older than I (With no younger of the two)
17. Crickets (for Klaus)
Line Up
Davide Riccio: vocals & all instruments
Lo stakanovista, polistrumentista e scrittore Davide Riccio (aka DeaR)
continua a sorprenderci, sciorinando album di spessore e dopo l’eccellente Mon
Turin, che peraltro ho personalmente recensito (http://mat2020.blogspot.com/2023/02/dear-mon-turin-commento-di-fabio-rossi.html), è già l’ora di approfondire la sua nuova
fatica discografica: Dear Me!.
Il titolo riprende il suo pseudonimo, ma più
specificatamente è un’affermazione inglese che sta per “ahimè” o “povero me”.
Il lavoro comprende diciassette tracce di cui
tre strumentali - Whales weep not!, To Bacharach e Crickets
(for Klaus) -, incise nello studio di registrazione di Davide, il quale si
è occupato di ogni aspetto senza alcun aiuto esterno.
Riccio stavolta compone liberamente, scevro da
visioni preconcette o tematiche univoche. Dear Me!, quindi, non è
assolutamente un concept. L’artista vaga senza meta, fatto che rende ogni suo
pezzo una piccola gemma da ascoltare e riascoltare, plasmando un universo
sonoro costantemente caratterizzato dall’eterogeneità e, quindi, mai
ripetitivo. Davide usa egregiamente l’idioma inglese e si concede addirittura
un incipit in latino in Cockles of my heart, dove canta anche in
italiano.
La prima metà del disco comprende brani di
nuova concezione concepiti mettendo insieme alcune idee dell’autore fino al
risultato finale. Riccio, per sua stessa ammissione, si è ispirato come
metodologia compositiva all’ipotesi planetesimale di Viktor Safronov, secondo
la quale i pianeti si formerebbero da granelli di polvere che collidono e si
aggregano per formare corpi sempre maggiori. La seconda metà, invece, è stata
assemblata ripescando brani che risalgono agli anni Ottanta, estrapolati
dall’archivio di Riccio per essere messi a disposizione di tutti. Non c’è nulla
di scontato in Dear Me! e, seppure non sia un album eccessivamente complesso,
è una specie di miracolo che si staglia tra le tante nefandezze che, purtroppo,
ci propinano in continuazione. La voce profonda di Davide domina l’intera multiforme
opera, districandosi magistralmente tra le sue armonie, sublime espressività di
arte che, a poco a poco, ti conquista il cuore. Eccellente.
mercoledì 19 luglio 2023
Bill Bruford: accadeva il 19 luglio del 1972
Il 19 luglio del 1972 Bill Bruford entrava nei King Crimson…
Bruford emerse sulla scena musicale nel 1967, come primo
batterista degli Yes; con loro incise alcuni dei più importanti album del
gruppo: The Yes Album (1971), Fragile (1971), e Close to the Edge (1972).
Agli inizi 1972, sorprendendo i fan, abbandonò gli Yes al culmine del loro successo accettando l'invito di Robert Fripp e unendosi ai King Crimson, in cui suonò dal 1972 (epoca di Larks' Tongues in Aspic pubblicato l'anno seguente), e con cui avrebbe continuato a collaborare negli anni '80 (nel periodo di Discipline, al quale dette un contributo importante sviluppando un approccio allo strumento e uno stile innovativi) fino al periodo del "double trio" affiancato alla batteria da Pat Mastellotto (1994-1996) e del ProjeKct One (1997).
Ciò che contraddistingue il suo drumming è lo stile e
l'approccio allo strumento e ai suoi suoni. L'estrema variabilità del suo kit,
dagli inizi sino a ora, testimonia il suo interesse a sperimentare. Ha spesso
integrato il set di base con percussioni elettroniche Simmons, octoban, rototom
e altri effetti percussivi.
Quando Mauro Costa incontrò in sogno Alan Sorrenti!
Sogno di una notte di mezza estate.
Il vento che soffiava da sud est, caldo e secco qui da noi acquistava umidità; era sicuramente vento di Scirocco e ci scioglieva anima e pensieri.
È una strada tortuosa ed in salita quella che sto percorrendo a passo spedito finché non mi appare una figura che dinanzi a me percorre il medesimo cammino, solo a passo “un poco più piano”.
"Ciao
Alan!"
Il tipo si volta, non
avevo dubbi; non ha più barba e capelli fluenti, ma lo riconosco, non sono
passati poi molti anni.
È Alan Sorrenti che un tempo, dopo essersi ripetutamente nutrito di Tim Buckley, usava la sua voce come strumento su arditi tappeti sonori, mentre oggi, non affrancatosi completamente dal suo amore per 'Starsailor', ricorda comunque agli imberbi discotecari che in fondo siamo tutti “figli delle stelle, eroi di un sogno”.
Già, “eroi di un sogno”.
Ah, sì, non vi ho detto che siamo anche nel 1977, anche se le mani sul fuoco non le metterei.
"Ciao, mi fa
piacere incontrare qualcuno!" risponde sereno
"Sto camminando
da un po' e il pulmino che mi aspetta con il resto del gruppo e tutta
l'attrezzatura pare ancora piuttosto distante. Vai anche tu da quella
parte?"
"Sì", gli rispondo "possiamo fare un po' di strada insieme".
Parliamo dei suoi
esordi, delle ispirazioni, delle aspirazioni e relative delusioni, di
cambiamenti e di concerti imminenti.
Il vento non accenna
a placarsi mi pare anche di notare molto in lontananza dei diavoli di sabbia
che si sollevano dalla terra.
Mi piacerebbe in
realtà sapere dove mi trovo, e soprattutto perché sto passeggiando e
amabilmente conversando con Alan Sorrenti, poi improvvisamente tutto mi è
chiaro.
Non sono lì per caso e lui non è lì per caso.
Finalmente trovo il
coraggio a quattro mani e cambio discorso..."Alan posso farti la
madre di tutte le domande?"
"Spara pure tanto, se è imbarazzante, resterà tra noi, giusto?" "Giusto! Dunque, Alan è da quando ho l'età della ragione che prendendo in mano il tuo secondo Lp, dalla magnifica copertina fustellata, leggo il titolo 'Come un Vecchio Incensiere all'alba di un villaggio deserto...'"
M'interrompe con
stampato in faccia un sorriso d'approvazione "Sono contento che ti
piaccia anche la copertina, ci abbiamo studiato tanto, sono molto orgoglioso di
quel lavoro".
Faccio finta di non ascoltarlo per non lasciarmi distrarre altrimenti poi finisce che non glielo chiedo più...
Poi di getto: "Alan,
leggendo e rileggendo quel titolo sto fantasticando di tutto e di più. Cosa
rappresenta l'incensiere in mezzo al villaggio deserto?"
Avevo appena rivisto
per l'ennesima volta il capolavoro di Kubrick “2001 Odissea nello spazio”, e
immaginavo quell'incensiere forse testimonianza aliena, come un monolito nero
pece alla ricerca di una spiegazione esistenziale, oppure simbolo di un
orientamento religioso che partiva dal cristianesimo e si perpetrava ai giorni
nostri, oppure...
"Insomma Alan che ci fa quel turibolo di prima mattina in mezzo al villaggio deserto?"
Mi guarda stupito.
Per un attimo sembra
non comprendere "Turibolo? Quale turibolo?"
"Come quale turibolo? L'hai scritto tu, mica io! L'incensiere no? Quello del titolo, quello che "da il La" a tutto il tuo "concept" album"…
Il vento adesso è
sferzante e quasi mi ferisce in volto, ma osservo Alan senza abbassare lo
sguardo.
"No guarda,
forse c'è un malinteso perché io non volevo indicare nessun turibolo in mezzo
al villaggio deserto..." fa una pausa e smettiamo di camminare.
Lui si volta e mi
guarda dritto negli occhi, io reggo lo sguardo come fossimo piombati nella
scena madre di un western di Sergio Leone.
"Spiegati meglio" gli dico fissandolo con due occhi ridotti a fessura.
Alan raccoglie le
idee per qualche secondo e poi spiega.
"L'incensiere
è quel tizio che arriva con un carrettino pieno di boccette di vetro con dentro
acqua di fiume e, una volta in mezzo alla gente, comincia a imbonire i presenti
adulando la loro intelligenza per reclamare un concreto interesse ai propri
unguenti finto miracolosi e chiedendo sonante denaro in cambio.
Uno che incensando
falsamente le persone le manipola "costringendole" a comperare la sua
mercanzia affinché dimostrino il loro giudizio, altrimenti si sentirebbero
stupidi per non averne approfittato.
Arriva in questo villaggio appena spunta il sole ma lo trova deserto, e questo mancato incontro con la gente rappresenta il fallimento di un adulatore, di un imbonitore... di un incensiere"…
"Alan vorresti dire che il titolo del tuo disco dovrebbe intendersi 'Come un vecchio incensatore (nel senso di dispensatore servile e seriale di lodi “pro domo sua”) all'alba di un villaggio deserto'?"
"Ah, si dice incensatore? Ma sai che ero un pochino indeciso... si dice incensatore dunque, buono a sapersi, ma guarda che scherzi che fa la lingua italiana; amico mio, la prossima volta prometto di stare più attento, magari in una futura ristampa modifico il titolo."
Mi sveglio di colpo!
Ma chi me lo ha fatto fare di accendere il ventilatore prima di coricarmi? In
fondo siamo appena a inizio luglio.
Premo il tasto "off" e finalmente il vento si placa. Almeno quello.
Mi alzo un poco
intontito e ben presto raggiungo la sala dove, sul tavolino di fronte allo
stereo, c'è in bella mostra il secondo album di Alan Sorrenti, quello dalla
copertina fustellata, quello che ho ascoltato per ultimo ieri notte prima di
decidere che forse era arrivata l'ora di riposare un po'.
martedì 18 luglio 2023
Pink Floyd - Hyde Park - luglio 1970
lunedì 17 luglio 2023
Area: accadeva il Il 17 luglio 1974
Il 17 luglio 1974 gli Area sono in concerto ad Imperia: grazie alle formidabili foto di Giorgio Lagomarsini, possiamo rivivere quei momenti…
Era il tour di "Caution Radiation Area"
Di tutto un pop…
Wazza
Creedence Clearwater Revival: il 17 luglio 1970 usciva “Cosmo’s Factory”
Usciva il 17 luglio 1970 “Cosmo’s Factory”, quinto album dei Creedence Clearwater Revival, quello che li ha consacrati al successo mondiale.
Disco senza tempo, miscela di rock,
blues, country, cantato dalla superba voce di John Fogerty.
Sei brani di questo album entrarono nella Top 5 della classifica dei singoli in USA.
Di tutto un Pop…
Wazza
Dalla rete – Giacomo Messina
Parlando dei Creedence Clearwater
Revival, si corre il rischio di scivolare nelle più banali frasi fatte: “La
quintessenza dell’american sound”, “L’abbecedario del rock n’roll” e via
discorrendo. Si tratta però di un rischio inevitabile, perchè i Creedence sono
stati anche questo: miscelando influenze di vario tipo (dal soul al country,
dal blues al rock n’roll) sono stati capaci di creare un sound inconfondibile,
spontaneo ed eccitante, condito da una “mitologia” a base di swamp e bayou che
evoca la Louisiana; cosa alquanto singolare, tenuto conto che i nostri sono
californiani. Ma nel panorama californiano di fine anni Sessanta diviso tra
Jefferson Airplane, Grateful Dead, CSN, tra sballi psichedelici e contestazione
politica, i Creedence erano a dir poco dei pesci fuor d’acqua; paradossalmente
questo loro essere out of fashion e out of time ha rappresentato il loro punto
di forza, e ha reso le loro canzoni impermeabili al trascorrere del tempo e al
susseguirsi delle mode, tanto da diventare fonte di ispirazione per numerose
band e artisti.
Cosmo’s Factory è il quinto album
della band (formata dai fratelli Fogerty, John alla chitarra e voce e Tom alla
chitarra; nonchè da Stu Cook al basso e Doug Clifford alla batteria.) e viene
realizzato nel 1970; l’anno precedente, il 1969, era stato per la band un vero
e prorio annus memorabilis , in quanto vide la luce una trilogia a dir poco
irripetibile: Bayou Country, Green River, Willie And The Poorboys. Cosmo’s
Factory rappresenta l’apice della carriera della band, summa e sintesi della
loro arte, della loro capacità di pescare a piene mani nella tradizione del
passato per creare qualcosa di nuovo. Tra tutti i dischi dei Creedence Cosmo’s
Factory è probabilmente il più vario, quello più “enciclopedico” nello svelare tutte
le varie influenze della band, un meraviglioso contenitore nel quale trovano
posto rock n’roll anfetaminici alla Chuck Berry come Travelin’ Band,blues da
roadhouse come Before You Accuse Me, ballate country (Lookin’ Out My Back
Door), galoppate a ritmo di psychobilly (la straordinaria Ramble Tamble, cioè
Gun Clubbefore Gun Club) folk ballad dal sapore byrdsiano (Who’ll Stop The
Rain), senza dimenticare Up Around The Bend, brano dal riff micidiale, che
anticipa molto del power pop di lì a venire.
Come nei precedenti dischi non mancano le cover, da Ooby Dooby di Roy Orbison a My Baby Left Me di Arthur Crudup (interpretata anche da Elvis Presley), alla già citata Before You Accuse Me (di Bo Diddley) fino ad arrivare al capolavoro di Marvin Gaye I Heard It Through The Grapevine che diventa uno stravolto e stravolgente tour de force di circa 11 minuti. Ma la palma di capolavoro assoluto del disco è indubbiamente la conosciutissima Run Through The Jungle, probabilmente uno dei pezzi più coverizzati di sempre (dai Gun Club a Lydia Lunch, passando per i Killdozer), archetipo dello swamp blues tipico dei Creedence: distorsioni “apocalittiche” di chitarra, ritmo “paludoso” e un testo che parla della guerra in Vietnam vista dai soldati.
Dopo questo capolavoro, i CCR daranno
alle stampe altri due dischi, Pendulum e Mardi Gras, nei quali non mancano
buoni spunti (Pagan baby per esempio), ma si riveleranno troppo incostanti,
nonchè privi (soprattutto il secondo, senza Tom Fogerty) della “magia” che
invece possedevano i dischi precedenti.