sabato 15 luglio 2023

Mauro Costa racconta il "suo" LILITH FESTIVAL

 


LILITH FESTIVAL – GENOVA VILLA BOMBRINI 12-13-14-15 LUGLIO 2023 

Mercoledì 12 luglio 

Black Sea Dahu (Svizzera)

Daniela Pes (Sardegna)

Layla El Abiri (Genova)

 

In concert!

Innanzitutto, non preoccupatevi più di tanto. Non vi tedierò con altri resoconti chilometrici del Lilith festival nelle date a venire, semplicemente non m'interessano gli artisti in programma per cui passerò oltre.

bracciale/biglietto


Però questo post tanto breve non è, mi rimetto al vostro buon cuore se volete andare avanti con la lettura.

Arrivato nella splendida Villa Bombrini 15 minuti prima del concerto apripista di una fantomatica Leyla El Abiri, giovane cantautrice genovese che si dice stia facendo apprezzare per il suo “cantautorato pop astratto” sostenuto da una solida band.

Bene ascoltiamola.

Poi sarà la volta di Daniela Pes, il vero motivo per cui sono qui a Villa Bombrini, oasi verde nel cuore di Genova ed infine i Black Sea Dahu, ovvero la svizzera Janine Cathrein e la sua super band di sette elementi, con annessa almeno una sorella e un fratello, dal sound orchestrale, tempestoso, imprevedibile, in Italia per presentare il secondo album intitolato I Am My Mother.

Bene vedremo e sentiremo.

Intanto ci sono ben poche anime ad attendere (una ventina di persone?) e sono comodamente seduto in prima fila, posto che più centrale non si può clamorosamente libero perché immagino che tutti pensino che una fila di sedie così magnificamente posizionata sia in realtà prenotata da qualche autorità e quindi se ne stanno alla larga.

(adoro questa discrezione mista a timidezza del popolo genovese)

...ah, ci sono anche le sedie (le altre volte non c'erano).

...ah! ho comprato vinile della Pes praticamente introvabile, vedrò di farmelo autografare a concerti finiti.

Augh si va a incominciare!

Primo concerto con quaranta minuti di ritardo sulla tabella di marcia di Leyla El Abiri... deludente.

La cosa peggiore è stata la resa sonora distorta in maniera così enorme che mi sono alzato dalla mia sedia in prima fila, tanto per i motivi di cui sopra non me la fregava nessuno, per andare al mixer e chiedere spiegazione a chi stava dietro la console.

Risposta sconsolata: "non è colpa mia è l'impianto audio che fa schifo".

Ritorno in prima fila tanto anche dietro dal mixer si sente di merda (un po' meglio ma sempre di merda).

Spero che l'impianto di Daniela Pes sia un altro (fortunatamente lo sarà), altrimenti il concerto è rovinato in partenza.

Acustica atroce a parte la performance di Leyla non è stata neanche molto interessante... lei molto giovane e piuttosto timida, su sei brani che esegue ne presenta uno solo, l'ultimo in scaletta, Bigiotteria, perché è quello a cui tiene di più. Sul palco con un chitarrista/bassista e un batterista e con i suoni sparati a palla, direi meglio con distorsioni e feedback alla 'Metal machine music' che, volando libere, perforavano le orecchie dei presenti.

Voce praticamente inudibile o quasi.

Testi abbastanza interessanti per quel poco che si poteva intendere, musica greve e non molto di mio gradimento.

Per descriverla meglio Leyla è un po' come una Carmen Consoli degli esordi dei primi due album, dove la temerarietà delle proposizioni sfidava ogni possibile giudizio formale.

Mi auguro che Leyla si migliori, ma non cambi indirizzo artistico (come invece ha fatto la Consoli).

Ascoltata poi stamani in streaming con il suo mini-album d'esordio, perché temevo che il mio giudizio fosse fortemente penalizzato da fattori esterni, è risultata decisamente più convincente che dal vivo e quindi molto, moltissimo, è dipeso dall'osceno impianto sonoro che aveva in dotazione.

Mi spiace.

Quando avranno finito di smontare e rimontare il palco arriverà Daniela Pes.

Nel frattempo, arriva una graziosa ragazza, Federica, che vedendo una sedia libera vicino alla mia e non essendo genovese mi chiede: “È libera?” “Certo!”

Ottimo grazie!” In grembo ha il nuovo album della Pes che anche io avevo acquistato al banchetto preposto prima di entrare nell'arena del concerto e ne approfitta: “Sai sono appena arrivata adesso da Torino per vederla (meno male, pensai, che è il concerto è slittato di 40 minuti) e ho acquistato l'ultimo lp dei dieci che avevano originariamente a disposizione nel banchetto”.

In effetti l'album, appena uscito ed immediatamente esaurito in prenotazioni ancor prima di apparire sul mercato, è già raro da trovarsi dato l'esiguo numero di copie stampate (600) e data la piccola notorietà della vittoria ottenuta una settimana fa, al Premio Tenco, come migliore opera prima del 2023.

Per i concerti la casa discografica ne ha salvato qualche copia (meno male!) da proporre in vendita.

Insomma, bando alle ciance, l'arena si è clamorosamente riempita di gente, buio sul palco, si va a incominciare.

Entra per prima colei che dividerà il palco con Daniela l'ottima Maru Barucco, siciliana, con un passato prossimo di dignitosa cantautrice e dà il via alle danze con la costruzione di quello che sarà il “sound” dell'intero concerto armeggiando, con disarmante disinvoltura, una pletora di diavolerie elettroniche.

Dopo un paio di minuti entra lei, Daniela Pes, in atteggiamento volutamente divistico. Ha 23 anni ed una presenza scenica notevole mista a una sicurezza assolutamente fuori dal comune.

Si legge nel testo di presentazione:

"Tra elegante e oscura elettronica dai beat a tratti galoppanti e ambient dal respiro cosmico, sette tracce avvolte dal canto di un'artista dal talento multiforme, votata alla destrutturazione della forma canzone e alla decostruzione della lingua per creare un mondo sonoro esoterico in cui l'arcaico, il contemporaneo e il futuribile si avviluppano l'un l'altro come nella danza gravitazionale di due galassie in procinto di fondersi",

Nulla di più vero, ma si va anche oltre perché la lingua che deriva dall'antico dialetto gallurese è completamente inventata, vi ricordate il koobaiano dei Magma? Solo che le radici sono reali e non ricercate su un pianeta del tutto fittizio come fecero i francesi qualche decina di anni fa.

La percezione di vedere un concerto di Jacopo Incani (Iosonouncane) virato al femminile è fortissima e non può non essere menzionata. Stessa presenza scenica, stessa sicurezza, stesso modo di affrontare il pubblico ribaltandolo con trovate sonore ai confini della realtà.

L'impressione è quella di assistere ad un concerto quasi apocalittico, post- atomico con le ataviche origini umane che faticosamente vogliono riprendere possesso della nostra esistenza distrutta. Il suo album 'Spira' che propone in concerto è un paziente in coma che si sveglia e 'Re(spira)' nuova ed antica aria annullando il mio ossimoro, ma soprattutto valicando l'odore stantio di muffa dei nostri tempi.

Dura appena 40/45 minuti, per motivi di tempo dovrà fare a meno di presentare due brani, ma alla fine, complice anche una serata afosa, ci si ritrova sudati e totalmente soddisfatti. Come Jacopo Incani, suo produttore e pigmalione, Daniela Pes non concede nessun bis e si accomiata da tutti noi non profferendo verbo ma inchinandosi un paio di volte al delirio di applausi e di consensi. Senza un sorriso.

Magnifica!

A questo punto la graziosa ragazza torines - poi saprò che si chiama Federica - si rivolge a me e commenta: “Brava eh per carità, ma accidenti come è impostata, seriosa, non si lascia scappare nemmeno un sorriso. La adoro, mi piace però insomma empatia zero”.

La osservo poi le dico che non sono d'accordo con la sua valutazione e che a mio parere era il modo giusto per impostare quel tipo di spettacolo, perché gli artisti sono anche attori sul palco per rendere al meglio le sensazioni che vogliono trasmettere e le sensazioni di Daniela non paiono così improntate su una diffusione empatica atta a creare un “contatto” col pubblico in questo senso.

Lei lascia parlare la musica, la sua lingua inventata, la sua presenza eterea e quindi giocoforza distante da chi la guarda. In parole povere, attraverso il sostentamento di un personaggio si riesce assai meglio a divulgare la propria arte. Mi viene in mente Bowie e i suoi molteplici alter ego.

Federica ribadisce poco convinta: “ok ma alla fine dello spettacolo un sorriso, oltre agli inchini poteva dispensarlo, no?”

A questa sua ulteriore osservazione non seppi ribattere con niente che convincesse prima di tutto anche me.

In attesa del nuovo cambio di strumentazione sul palco m'intrattenni quindi amabilmente a chiacchierare con Federica che presenta una trasmissione su una web radio Tristeza (se ho capito bene) e mi omaggia di un adesivo con su scritto: “Sad music makes me happy”, poi mi parla del gruppo che verrà, gli svizzeri 'Black Sea Dahu' che aveva visto precedentemente a Lipsia ( o forse era Lione?) terminando con le seguenti parole: “...bravi, mi piacciono anche se dopo un po' che li senti  'spaccano leggermente i maroni'

Andiamo bene! Daniela Pes ha dovuto rinunciare a due brani alla fine del concerto per mancanza di tempo e adesso arriva un gruppo che dopo un po' spaccherebbe... ehm... risulterebbe un filino ripetitivo?

Invece il concerto la smentisce clamorosamente e anche Federica sembra sorpresa. Forse sarà il clima estivo italico in cui sembrano trovarsi a perfetto agio, o la serata afosa, insomma costoro si presentano sul palco tutti a piedi nudi e con camicie e pantaloni larghissimi, meno il batterista che, non avendo a disposizione un abito fresco (?), indossa una “mise” super colorata appartenente una delle due sorelle Cathrein ostentando una disinvoltura notevole fino a quando non viene smascherato dall'altra sorella al microfono provocando l'ilarità generale.

Sono divertentissimi, di provenienza svizzera tedesca e conoscono, stranamente, malissimo l'italiano ed allora una delle due sorelle con in mano lo smartphone e Google translator si lancia, con pronuncia stentata e simpaticissima, nella lettura della traduzione atta ad elencare le borsette di tela e in generale il merchandising in vendita nel loro banchetto che, tiene a sottolineare più volte, è tutto made in Svizzera!

Sì, ma la musica direte voi?

Sono bravissimi lo dico subito a scanso di equivoci. Fanno una sorta di “indie” folk (mi piace il termine “indie” ci si mette dentro tutto quello che non si è in grado di catalogare) con una presenza scenica on stage allo stato dell'arte.

Avete presente quando rimirate qualcosa per la prima volta, che so un oggetto, e pensate “...beh buffa sta roba e che ci faccio? Non vale niente!” e poi cominciate ad usarlo e la trovate utile, funzionale fino ad essere indispensabile?

Ecco spero di aver reso l'idea di come mi ha fatto sentire questo gruppo non appena salito sul palco e durante la loro performance.

Mai giudicare dalle apparenze!

Alla fine, è stato un triplice concerto che mi ha davvero soddisfatto, mi congedo dalla mia amica Federica che doveva saltare sulla macchina per tornare a Torino e mi metto, invano, alla ricerca di Daniela Pes per l'autografo.

Niente, sparita dopo il suo concerto, nessuna concessione al “greet and meet” probabilmente fa parte del suo personaggio.

Però mi rimane una punta di amarezza ripensando anche alle parole di Federica.

Prima di uscire m'imbatto invece nel banchetto dei 'Black Sea Dahu', dove il gruppo svizzero si è rifugiato che invece è un tripudio di gente chiassosa, colori e calore, strette di mano e pacche sulle spalle.

Mi fermo, faccio loro i miei complimenti e li ringrazio per l'esibizione.

Sorridono e mi ringraziano a loro volta, persi in uno sciame di gente che li gratifica e li corrobora.


VIDEO RIFERITO AL CONCERTO DEL 21 GIUGNO 2023 AL

TEATRO SOCIALE DI GUALTIERI





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