venerdì 3 novembre 2023

Gleemen - “Dove vanno le stelle quando viene giorno?”-Commento di Alberto Sgarlato

 


Gleemen - “Dove vanno le stelle quando viene giorno?” 

di Alberto Sgarlato


Questo è proprio uno di quei casi in cui vale la pena fare un po’ di storia. Sì, perché negli anni ‘60 non era come oggi, che un artista mette un brano nuovo su una qualsiasi piattaforma di streaming e in tempo reale, in quel preciso istante, può ascoltarlo tutto il Mondo. 50 o 60 anni fa le comunicazioni viaggiavano in modo ben diverso e molto più lento, visto che il Web non esisteva.

Eppure, eppure… Eppure, l’Italia è sempre stata all’avanguardia nel fare sue e interpretare con il proprio gusto e il proprio stile le tendenze musicali di altre nazioni.

E in questo scenario tricolore, una menzione speciale la merita la Liguria. Sarà perché è sempre stata terra di marinai, di mercanti, di esploratori e di navigatori, sta di fatto che fin dagli anni ‘60, e poi nei ‘70, negli ‘80 si sono moltiplicate innumerevoli band (non staremo a ripetere per l’ennesima volta i nomi, noti a tutti), particolarmente attente agli scenari d’Oltremanica o d’Oltreoceano. Dal beat alla psichedelia, dalle varie forme di musica nera, come il blues, il soul e l’r’n’b, dall’hard rock al prog, fino al jazz-rock e negli anni ‘80 anche al metal, non c’è stato genere musicale straniero che non sia stato esplorato con tempestività da una band ligure.

In questo vero e proprio esercito di pionieri, una menzione d’onore la meritano i genovesi Gleemen: furono infatti fondati addirittura attorno (secondo la maggior parte delle fonti) al 1965 da “Bambi Fossati, chitarrista inizialmente figlio del beat e del blues ma letteralmente folgorato, pochi anni dopo, dal sound del mancino di Seattle, tanto da diventare uno dei primi, se non il primo chitarrista della nostra nazione a conquistarsi l’appellativo di “Hendrix italiano”.

Fossati esplorerà nel corso della sua vita tanti territori musicali, dall’hard-blues alla psichedelia, al prog, con i suoi progetti Garybaldi, Bambibanda & Melodie, Acustico Mediterraneo, fino a nuove incarnazioni a nome Bambi Fossati & Garybaldi.

Ormai sono purtroppo quasi dieci anni che Bambi non è più tra noi. Ci ha lasciati nel 2014. Ma il nome Gleemen è ancora vivo e attivo: in questo nuovo album, intitolato “Dove vanno le stelle quando viene giorno? il timone, infatti, è ben saldo nelle mani di un musicista presente fin dalle prime formazioni di Gleemen e Garybaldi: il batterista e cantante Maurizio Cassinelli.

Al basso e ai cori troviamo Alessandro Paolini, mentre un vero e proprio esercito di chitarristi si avvicenda nelle varie tracce per non far rimpiangere l’amato “Bambi”: la formazione è infatti completata dal chitarrista e compositore Mauro Culotta, già nei Gens, che come autore ha scritto per Mia Martini, Ivano Fossati, Ornella Vanoni e numerosi altri; da Marco Zoccheddu, chitarrista già facente parte di una delle prime formazioni dei Gleemen, ma che ha suonato anche in alcuni tra i principali gruppi del prog italiano, come Osage Tribe, Duello Madre e La Nuova Idea; e poi ancora da Giampaolo Casu, dall’ospite Santiago Fracassi e talvolta in veste di chitarrista anche lo stesso già citato Paolini. Il parco tastiere è suddiviso tra i sintetizzatori e gli effetti elettronici dell’indispensabile e poliedrico Paolini e l’organo Hammond di Zoccheddu; infine menzioniamo le “ospitate” di Matteo Robolini alla batteria e al darabooka in un paio di tracce.

Quasi a chiudere un cerchio con tutto quanto detto finora, “Dove vanno le stelle quando viene giorno?” è un album del catalogo Black Widow Records, etichetta apprezzata da oltre 30 anni a livello internazionale per il suo encomiabile lavoro di tutela del rock progressivo di ieri e di oggi (e non solo del prog ma di tanti altri generi, dalla psichedelia all’hard rock e dintorni).

Perché si chiude un cerchio? Perché abbiamo parlato dell’importanza della Liguria nella scena musicale italiana e la Black Widow è nata e cresciuta proprio in quella via del Campo, nel centro storico di Genova, cantata da De Andrè.

 

Ma veniamo ora al disco: la quasi totalità dei brani è firmata Cassinelli/Paolini, tranne “Le tue dita al buio”, che vede il contributo di Fracassi, “La mia chitarra”, firmata insieme a Pier Niccolò “Bambi” Fossati quando era ancora tra noi e due brani che non è eccessivo definire “leggendari” del repertorio beatlesiano: “Tomorrow never knows” (Lennon/McCartney) e “Within you, without you” (Harrison). Proprio alle due tracce dei Beatles è affidato il compito di aprire il disco e di chiuderne il lato A della versione in vinile.

Tomorrow never knows” è molto fedele all’originale, seppur appena lievemente indurita nei suoni e poco dilatata, dai 3 minuti della versione dei quattro di Liverpool a 4 minuti, grazie a qualche inserto chitarristico. Così più o meno si può dire anche del brano di Harrison.

Certo, tutto l’album è intriso di una profonda malinconia per la perdita di “Bambi”. E questo traspare in diversi brani, come “Le tue dita al buio”, prima soft ballad che si incontra tra le varie tracce, che ben trasmette quel senso di vuoto e di amarezza, sia col testo sia con la musica.

I sanguigni riff di gusto tipicamente fossatiano sono invece immediatamente riconoscibili in “La mia chitarra”, brano decisamente energico che trasuda tutta la potenza del compianto “Hendrix italiano”.

Il disco scorre rivelando una straordinaria varietà stilistica, pur nella sua perfetta coerenza: dal groove quasi funk-psichedelico di “What I want to say”, altro brano con un testo a dir poco doloroso come un pugno, agli arpeggi acustici progressive-folk di “Sulla collina” (una delle vette in un album complessivamente eccelso), all’incedere roccioso di “Intolerance”, uno degli episodi più hard e più dark, in netto contrasto con la ballad precedente, un quasi-strumentale (il testo dice una sola parola) che oscilla tra hard-rock e jazz-rock; alla delicata, rarefatta e surreale “Diario di un dromedario”, che alterna momenti più ipnotici a riff più distorti, alla conclusiva “Dove vanno le stelle?”, il brano più vicino al progressive rock di stampo canonico in virtù di un massiccio uso dell’elettronica.

Il vinile termina qui. La versione in CD ospita ancora due tracce: “Facili illusioni”, brano dal riff che cattura fin dalle prime note, e “Ragazze di giorno, ragazze di sera”, ballad psichedelica di gusto beatlesiano ma anche fresca come le melodie del beat italiano.

Concludendo: per i giovani che non conoscevano l’arte di Pier Niccolò “Bambi” Fossati, la sua grinta, il suo estro, sarà l’occasione per riscoprirne la storia grazie all’encomiabile lavoro di un gruppo di grandi musicisti che ne omaggia la memoria. Per chi ha amato quelle band dalle quali questi musicisti provengono… sarà il momento di versare ben più di una lacrimuccia di commozione.

Un album intenso, riuscito; regala tanta malinconia pensando a chi non c’è più ma anche tanta gioia ascoltando chi resta e continua a scrivere ottima musica.



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