lunedì 22 luglio 2024

PORRETTA PROG LEGACY 2024: commento di Evandro Piantelli

 


PORRETTA PROG LEGACY 2024

12 – 14 LUGLIO

Di Evandro Piantelli

 

Nell’Appennino Tosco-Emiliano c’è una cittadina, Porretta Terme (facente parte del Comune di Alto Reno Terme in provincia di Bologna) che, storicamente, è sede di uno dei più famosi festival di musica soul in Italia (si tratta del Porretta Soul Festival, che quest’anno festeggia i 30 anni). Tuttavia, da qualche anno nella stessa località un gruppo di appassionati sta cercando di portare avanti un festival prog di buon livello che, nel 2024, è diventato il Porretta Prog Legacy. E adesso vi racconto come è andata.

Il festival nasce dagli sforzi di un’associazione bolognese, l’Alchemica, che nel capoluogo emiliano gestisce una scuola di musica (con sala prove e studio di registrazione) e un club che propone molti eventi musicali, anche di livello internazionale, con la la collaborazione del Comune di Alto Reno Terme ed altri soggetti pubblici e privati. Il Rufus Thomas Park, situato nel centro di Porretta, è un bel anfiteatro con un’ottima acustica ed è stato la sede delle tre serate di musica dove, dalle 19.30 fino alla mezzanotte, sono salite sul palco un totale di dodici band di progressive rock o comunque parenti di questo genere.

Venerdì hanno aperto il Festival i LINING REDOX, gruppo proveniente da Padova che propone un prog-metal gradevole. La formazione è composta da due chitarre, basso (a sei corde), batteria, tastiere e voce e nel corso della performance ha presentato il nuovo singolo appena pubblicato “The point of no return”. Il cantante Matteo Mancini ha dato una prova convincente, anche se devo dire che si trova decisamente meglio sulle tonalità alte. Numerosi cambi di tempo e brani di largo respiro con begli assoli di chitarra. Direi che questa giovane band (che ha in preparazione un album che uscirà nel 2025) ha rappresentato un buon inizio per il Festival. 

Subito dopo sono saliti sul palco i genovesi IL SEGNO DEL COMANDO. La band, capitanata dal bassista Diego Banchero, ha proposto alcuni brani dal disco “Il domenicano bianco” (2023) ed alcuni classici, tra i quali La taverna dell’angelo, con il quale ha chiuso la propria esibizione. Dietro la batteria del “Segno” per la prima volta si esibiva dal vivo il nuovo membro della formazione Paolo Serboli, che ha dato un’ottima prova di sé, alternando forza e delicatezza, quando necessario. Ottima prova anche per il cantante Riccardo Morello, a suo agio in tutte le situazioni, ma, in generale, per tutti i membri della band che, a mio avviso, propone un genere unico dove metal e progressive si mescolano armoniosamente (e tiene alta la bandiera della Liguria). 

Anche la band successiva proveniva da Genova, LA MASCHERA DI CERA. Questo gruppo storico del prog genovese ha subito negli anni numerosi cambiamenti di formazione fino ad arrivare all’attuale: Martin Grice (flauto e sax), Matteo Nahum (tastiere), Alessandro Corvaglia (voce e chitarra), Andrea Orlando (batteria) e Fabio Zuffanti (basso e voce). La band ha aperto in concerto con uno dei suoi cavalli di battaglia, Fino all’aurora, proseguendo con pezzi tratti da “Le porte del domani” (disco del dove la band ha voluto creare una continuazione ideale del capolavoro delle Orme “Felona e Sorona”) e dall’ultimo album in studio pubblicato, cioè “S.E.I.” (2022). Performance molto convincente dove la Maschera ha dimostrato bravura tecnica e grande affiatamento. Una menzione particolare per Martin Grice, che con i suoi fiati ha saputo dare ulteriore carattere ed armoniosità al suono del quintetto.

La prima serata è stata conclusa dal BALLETTO DI BRONZO, una band nata nel 1969 che ha visto nel 1971 l’ingresso del virtuoso tastierista e cantante Gianni Leone che oggi, unico membro storico della band, porta avanti il nome e, soprattutto, la musica del Balletto. Con lui sul palco ci sono due validissimi musicisti che forniscono il dovuto apporto ritmico e cioè il granitico Ivano Salvatori (basso) ed il funambolico Riccardo Spilli (batteria). Nella prima parte del concerto è stato eseguito “Lemures”, primo disco di inediti della band da oltre cinquant’anni, pubblicato nel 2023 ed accolto molto bene dalla critica e dal pubblico. Brani complessi e articolati, dove Leone oltre ad essere il grande tastierista che conosciamo, si dimostra anche ottimo cantante. È seguita poi l’esecuzione integrale di “Ys” disco storico del Balletto pubblicato nel 1972, in una versione più hard ed elettrica che lo ha reso più attuale. Un altro paio di brani e il trio ha concluso il suo concerto tra gli applausi entusiastici di un pubblico accorso da diverse parti d’Italia. Che dire, Gianni Leone è un personaggio unico: provocante, eccessivo, ma un grande musicista.

La seconda giornata del Festival è stata aperta dai MERGING BEATS, un gruppo milanese formato da giovanissimi musicisti che ci ha proposto un rock fortemente influenzato dal funk, con testi sia in inglese che in italiano. La band è composta da un chitarrista, un batterista, un cantante (Andrea Caggiula, notevoli le sue doti vocali) ed una bassista/cantante ha eseguito il suo set con grande entusiasmo ed energia proponendo pezzi tratti dai due EP pubblicati (solo su Spotify) “Non avere paura” ed “Easy play”. 

Si prosegue con i SINTESI DEL VIAGGIO DI ES, una band che fonda le propie radici addirittura nei tardi anni ‘80/90 del secolo scorso, in quanto tre dei suoi membri facevano parte dei SITHONIA, un gruppo che ci ha regalato ottime prove quali “Lungo il sentiero di pietra” (1989) e “Spettacolo annullato” (1992). La band ha al suo attivo “Il sole alle spalle” (2017) e Gli alberi di Stavropol (2022), ma sta già lavorando alla preparazione di un nuovo album che uscirà nel 2025. Brani piuttosto dilatati nella migliore tradizione prog con in evidenza la voce del cantante Marco Giovannini ed il flauto di Eleonora Montenegro.


LA CRUNA DEL LAGO è stato il gruppo seguente ed ha eseguito principalmente pezzi tratti da quello che, finora, è l’unico lavoro pubblicato, cioè “Schiere di sudditi” del 2022. La musica di questa band toscana si caratterizza per un suono robusto, classico e moderno allo stesso tempo, che si regge su due chitarre, basso, batteria e tastiere. I testi, cantati in italiano, sono di grande attualità e sono incentrati sulla condizione dell’uomo moderno, oppresso dal potere che lo ha ridotto, appunto, ad un mero suddito. Il gruppo (due chitarre, basso, batteria e tastiere) ha eseguito anche una struggente versione di una delle più belle canzoni di Franco Battiato, “Il re del mondo”. Era la terza volta che vedevo questa band e devo dire che è sempre in grado di emozionarmi.

La conclusione della serata è stata affidata ad un gruppo che ha fatto la storia del prog italiano, cioè il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO. Sappiamo che della formazione originaria, dopo la scomparsa di Francesco di Giacomo e Rodolfo Maltese è rimasto solo il grande tastierista, cantante e compositore Vittorio Nocenzi che però, fra mille vicissitudini, è riuscito a mettere insieme un gruppo di musicisti di grande valore che formano la lineup attuale del “Banco”. Si tratta di Filippo Marcheggiani (chitarre), Tony D’Alessio (voce), Marco Capozi (basso) e i due acquisti più recenti, cioè Michelangelo Nocenzi (tastiere) e Dario Esposito (batteria). Prima del concerto ho potuto scambiare qualche battuta con tutti i componenti della band. Con Vittorio Nocenzi abbiamo parlato dell’ultimo lavoro (Orlando – Le forme dell’amore del 2022), che lui ha composto col figlio Michelangelo e del quale è particolarmente orgoglioso, mentre gli altri musicisti mi hanno confermato che il nuovo album è già in fase di lavorazione. Il nuovo batterista (che è stato allievo di Pier Luigi Calderoni) mi ha raccontato delle sue precedenti esperienze musicali, che spaziano veramente a 360 gradi. Ma veniamo al concerto del Banco. La band ha suonato per due ore proponendo brani provenienti da tutti i periodi della sua lunga carriera, ogni volta con una breve presentazione da parte di Vittorio. Ecco la scaletta: Metamorfosi, Il ragno, Lontano da, Eterna Transiberiana, Cento mani e cento occhi, Il giardino del mago, R.I.P., Non mi spaventa più l’amore, Canto di primavera, Paolo Pa, Moby Dick, Traccia e l’immancabile Non mi rompete, che ha concluso un concerto stupendo.

Domenica, ultima serata del Festival. Salgono sul palco gli EVELYN ROGER, un gruppo di giovanissimi di Roma che propongono un buon hard/prog con testi in italiano ed una buona presenza scenica. La musica del gruppo è interessante (forse solo un po’acerba) e contiene numerosi cambi di tempo e begli assoli di chitarra. I testi sono a mio parere il punto di forza del gruppo perché trattano temi di estrema attualità (malattia, femminicidio, alcolismo) in modo non superficiale, con un risultato veramente interessante. La band (due chitarre, basso e batteria) ha pubblicato finora un EP su Spotify ed è sicuramente da tenere d’occhio.



I METHODICA sono invece la classica band metal (chitarra, basso, batteria, voce) che propone pezzi piuttosto tirati, cantati in inglese e con l’utilizzo di basi che sostituiscono i tappeti di tastiere. Il gruppo, attivo da una quindicina di anni è composto da Marco Piccoli (batteria), Alessandro Lanza (basso), Mirco Ciscato (chitarre) e Masimo Piubelli (voce) ed ha finora pubblicato quattro album (tra i quali “Hypocricity” del 2024) e numerosi EP. 



Gli INNER VITRIOL possono essere definiti il “gruppo di casa”, considerato che alcuni membri della formazione fanno parte dell’Alchemica, cioè gli organizzatori del Festival. La band dichiara di suonare una musica “dark prog metal” dove si incontrano rock melodico, hard, funk con qualche sprizzata di prog, con un risultato piuttosto interessante. Inoltre, il gruppo ha una bella presenza scenica con una completa padronanza del palco che ha coinvolto tutti i presenti, soprattutto i più giovani. Gabriele Gozzi (voce), Michele Di Lauro (chitarre), Francesco Lombardo (basso) e Michele Panepinto (batteria) hanno pubblicato finora “Into the silence I sink” (2023) e “Live in Moscow” (anche DVD).  




La conclusione del festival è stata affidata ad una band straniera di altissimo livello e cioè i polacchi RIVERSIDE. Il gruppo si è formato nel 2001 proponendo un genere dove metal e prog si sposano perfettamente, raggiungendo nel giro di pochi anni la fama mondiale. L’attuale formazione della band comprende Mariusz Duda (voce e basso), Michal Lapaj (tastiere), Piotr Kozieradzki (batteria) e Maciej Meller (il più recente acquisto della band, entrato dopo la scomparsa del chitarrista storico della band, Piotr Grudzinski, avvenuta nel 2016). Il gruppo polacco ha alternato brani provenienti dalla produzione storica con altri contenuti nell’ultimo lavoro “IDEntity” del 2023, accolto dalla critica come uno dei lavori più riusciti della band. Musicisti veramente in gamba che sul palco non si sono risparmiati ed hanno concluso il festival con una lunga versione di Conceiving you, uno dei pezzi più amati dai fans.



Tirando le somme del Porretta Prog Legacy 2024 possiamo tracciare un bilancio decisamente positivo: una bella location, un ottimo auditorium che ha permesso a tutti gli spettatori di ascoltare e vedere in modo ottimale, una bella proposta musicale che ha soddisfatto i fan della vecchia guardia e gli spettatori più giovani (numerosissimi, una volta tanto). Tutto perfetto? Quasi. L’unico cosa che non mi è piaciuta è stata la mancanza di un presentatore. Ma questo è un unico piccolo neo in un festival altrimenti riuscitissimo. Attendiamo con ansia l’edizione 2025!

 

1 commento:

  1. Ottimo resoconto.Solo un paio di inesattezze.Il festival Soul è alla sua 36esima edizione e alle tastiere della Maschera di Cera c'è Agostino Macor.

    RispondiElimina