“Attraverso la musica
lavoro su me stesso”
Intervista a Samuele Nucifora, in arte: Yes ain’t Laurent. Dall’amore per il rap americano a un viaggio nella musica elettronica come ricerca interiore
di Alberto Sgarlato
Dai primi di luglio del 2024 è
reperibile, sulle varie piattaforme digitali, “Nightlove”,
ottimo album di esordio di Yes ain’t Laurent.
Dietro questo pseudonimo si cela in realtà Samuele Nucifora, giovanissimo sperimentatore
elettronico nato e cresciuto nel Ponente Savonese, che fin dai suoi primi
approcci con la musica ha scelto di esplorare sempre nuove sonorità.
E, nelle 16 tracce che compongono l’album, i
cui titoli sono spesso incentrati sul tema dell’amore ma anche sull’apertura
mentale e delle proprie prospettive, di sonorità nuove se ne possono assaporare
tante. Ritmiche grintose si affiancano ad armonie e tappeti impalpabili,
creando così chiaroscuri inaspettati a livello emozionale. C’è l’eleganza del
mondo chillout e la lievità dell’ambient, ci sono echi old-school in certi
pianoforti da house anni ‘80/’90 e ci sono tappeti tutti nuovi, corposi ed
ammalianti. Samuele Nucifora ha idee e gusto in fatto di produzione e
arrangiamento, sa il fatto suo e i risultati si sentono.
Lo abbiamo contattato per chiedergli qualcosa sulla genesi non soltanto di “Nightlove”, ma del suo intero percorso musicale.
Ciao Samuele, partiamo dagli esordi: da
quanto tempo hai iniziato a fare musica e quale è stato il momento in cui hai
capito che volevi che la musica facesse parte della tua vita?
“Il mio approccio con la musica è iniziato quando ho cominciato a dire le mie prime parole. Per intenderci, quando stavo ancora sul seggiolone canticchiavo o facevo il suono degli strumenti musicali con la bocca. La passione ha messo le radici quando mio padre mi ha fatto vedere un software per fare musica, avevo all’incirca 11 anni, e tutt’ora uso ancora quello. Uno o due anni dopo era arrivato il momento in cui stavano spopolando Skrillex, Martin Garrix e Marshmellow e mi piacevano molto i loro lavori. Grazie a questo fatto mi sono avvicinato maggiormente all’idea di creare musica con l’intento di emulare quegli artisti. Verso i 13 anni scopro un genere a cui darò tutte le mie attenzioni per i 4 anni successivi. Dai video di due youtuber (Matt e Bise), avevo sentito una musichetta, che mi piaceva, quella che mettevano per fare gli scherzi, da “thug life” (così dicevano) e in quel momento mi era entrata la pulce nell’orecchio, oltretutto, di un genere di musica che, in realtà, neanche sapevo come classificare. Era del tutto un mistero, per me, fino a quando ho shazammato la musica del finale del film “Il dittatore” (spettacolo di film, ignorantissimo) così scoprendo che quella musica si chiamava “The next episode” di Dr. Dre e Snoop Dogg (due dei principali esponenti del rap anni 2000 americano). Era incominciato il periodo rap che poi casualmente si era trasformato nel periodo trap americano, dopo aver cliccato sulla canzone consigliata da YouTube, “Mask Off” di Future. Da qui inizio a conoscere molti degli altri artisti di questo genere e mi viene la voglia di creare le basi musicali per i trapper, senza la mira di far soldi ma solo per il gusto di saperle fare. Nel 2023 inizia a cambiare la visione della musica. Inizio ad ascoltare altri generi oltre il rap/trap. Sempre nello stesso anno, mentre andavo ancora a scuola, a 18 anni, ero andato a fare il concorso per il militare e all’ultimo esame (dallo psicologo) mi avevano rifiutato, dicendo che non ero ancora abbastanza maturo. Uscito dall’ufficio dell’esaminatore, da un discorso con gli altri esaminati, mi viene in mente la musica. Tra le varie paure che avevo di andare a militare, c’era anche quella di non aver più tempo per far musica. In quel momento avevo capito quanto fossi legato a quella passione. Verso inizio 2024 parlandone con mio padre mi consiglia di provare a fare qualcosa di techno/dance. L’idea mi era piaciuta e da quel momento avevo iniziato a impegnarmi per muovermi verso quel genere. Il momento definitivo arriva il 10 maggio 2024. Mi viene la febbre e rimango a casa per 2 giorni. Faccio 4 musiche in stile techno/dance/ambient e nasce il progetto “Nightlove”. Quest’ultimo periodo musicale mi ha sbloccato un po’ di più, in confronto a prima, da qualsiasi legame fisso con un unico genere di musica, permettendomi di spaziare con la creatività ed esprimermi diversamente che con il genere trap/rap. Ciò nonostante, si può crescere ancora di più e punto a quello”.
Se tu dovessi descrivere le tue coordinate
musicali, quali sono i tuoi artisti di riferimento, le tue maggiori influenze
stilistiche e entro quali generi potresti collocarti?
“I miei artisti di riferimento vengono principalmente dal mondo trap e pop americano. Quelli dai quali sono maggiormente influenzato sono Gunna, Travis Scott, Drake, Major Lazer. Il primo ha in molte delle sue canzoni atmosfere spaziali, psichedeliche. L’uso di sonorità lontane e bassi avvolgenti, creano un’ambientazione pericolosa e affascinante come la criminalità dei posti da dove arriva l’artista. Travis Scott mi influenza molto sull’uso di armonie fatte con il basso per creare un ambiente completamente diverso, per staccare da tutto il resto e poi immergersi nella musica vera e propria oppure entrare in un altro periodo del brano. Mi vengono in mente i lavori di Drake, per quanto riguarda il suo repertorio come “Club Paradise”, “Passionfruit”, “One dance”, “Hot uptown” (in featuring), quando devo fare i bassi con un po’ di vitalità e sensualità. Così come se devo aggiungere una voce soave penso al suo stile di cantare in queste canzoni. Per la creazione delle melodie specialmente nel genere techno dance penso a Major Lazer. Se devo fare qualcosa di attivo e positivo: “Lean on”, “Light it up”, mi ispirano molto. Attualmente, posso dire, in maniera generale, che quelli a cui mi ispiro di più sono questi artisti. Non nascondo il fatto che poi quando sono a fare musica me ne vengono altri in mente magari per altri aspetti specifici di quel momento. Nonostante l’ispirazione sia importantissima quanto un maestro a cui far riferimento, sto cercando di prendere un mio orientamento e diventare il maestro di me stesso, in modo da esprimermi nella maniera più aderente possibile alla mia personalità”.
Come avviene la tua fase di produzione e
arrangiamento? Preferisci il calore analogico delle vecchie macchine oppure,
oggi che assistiamo a un boom dei VST, adoperi soltanto synth virtuali? O un
insieme delle due cose, con strumenti vecchi e nuovi?
“La mia produzione può essere paragonata a un bisogno fisiologico. Come sento di dover mangiare, sento il bisogno di far musica, se non faccio musica non mi sento in pace con me stesso. Aspetto di cui non vado completamente fiero perché lo ritengo come un'influenza eccessiva che mi impedisce di stare bene con me stesso. Quando arrivo dal computer uso i Vst e anche molto i sample, che con cura modifico per creare il suono che voglio: accorcio, allungo, riverberi, cori, taglio frequenze. L'attrezzatura analogica non la uso, perché è molto più comodo e veloce il computer. Non avendo sempre a disposizione tutta la giornata, se non ci fosse il computer che mi offre un sistema organizzato in 5 secondi molte volte non incomincerei nemmeno a fare musica perché c’è poco tempo. Non nego il fatto che qualche volta suono il pianoforte (01w della Korg) per il piacere di suonare, senza il fine, però, di creare alcuna musica”.
Veniamo al tuo pseudonimo, Yes ain’t Laurent.
Chiaramente un ironico e spiritoso gioco di parole che fa riferimento a una
celebre casa di moda. Come è nata questa idea? Ha un significato particolare
per te?
“Il mio nome è nato nell’estate del 2023. Mi
ero appena svegliato e leggendo il nome del profumo Yves Saint Laurent, sul
mobiletto del bagno, mi viene in mente la storpiatura che è diventata il mio
nome. Inoltre, si addice a me perché effettivamente io non mi chiamo Laurent.
In più quando penso al nome che ho scelto mi viene in mente:
● mia madre, perché è per lei che ho comprato
quel profumo
● una etichetta discografica di trap americano, di cui fa parte Gunna, che si chiama Young Stoner Life e l’acronimo è YSL come il prestigioso marchio”.
Per ascoltare il tuo materiale, oggi su quale
piattaforma di streaming ti troviamo? Prevedi prima o poi di pubblicare anche
dei supporti fisici? E soprattutto: per artisti giovani come quelli della tua
generazione, l’oggetto come CD, vinile o cassetta ha ancora un suo significato?
“Attualmente la mia musica si trova su tutte le principali piattaforme di streaming musicale: Spotify, Apple Music, YouTube e le altre. Per quanto riguarda a CD o vinili, sono a conoscenza di cosa rappresentano ma essendo nato in un’epoca in cui sono strumenti passati d’uso, non sento un forte desiderio in quella direzione per cui attualmente non prevedo di pubblicare nulla su dispositivi fisici”.
E naturalmente, concludiamo con i tuoi
progetti futuri: a che cosa stai lavorando in questo momento?
“Attualmente vorrei fare un’altra raccolta più variegata e meno monotematica di musiche e canzoni con la mia voce. Il punto chiave è come la forza stia nella differenza. Rimane sempre il desiderio di produrre una raccolta di canzoni di spessore che mi permettano di esprimere le mie considerazioni su alcuni aspetti della vita. Un progetto che attualmente vedo distante ma comunque non voglio perdere di vista. Sto lavorando sì sulla mia musica ma, prima di tutto, sto lavorando su me stesso e questo è un lavoro infinito”.
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