martedì 8 ottobre 2024

Il grande ritorno degli ALPHATAURUS commentato da Alberto Sgarlato

 


Alphataurus – “2084: viaggio nel nulla”

AMS Records | BTF Vinyl Magic

(6 tracce | 41 min.)

AMS Records pubblica il nuovo album di una delle leggendarie band del rock progressivo italiano. Un affascinante prog-concept distopico e fantascientifico in cd papersleeve e vinile gatefold, dedicato alla memoria di tre membri fondatori scomparsi. 

Formati:

LP Vinile nero 180gr. / Inserto 60x30cm / Copertina gatefold a tre ante

CD / Copertina mini-LP papersleeve a tre ante / Libretto di 16 pagine

Commento di Alberto Sgarlato


Chi ha vissuto con sincera passione la Grande Epopea del rock progressivo italiano sta assistendo con dolore, in questo nuovo millennio, a un vero e proprio Götterdämmerung, un “crepuscolo degli idoli”; le band più leggendarie, infatti, hanno accusato una serie di lutti che ne hanno segnato la storia recente.

Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco, Joe Vescovi e Wegg Andersen dei Trip, Maurizio Zarrillo e Giampiero Artegiani dei Semiramis, Alberto Gaviglio della Locanda delle Fate, Frate Claudio Canali (ex-frontman del Biglietto per l’Inferno, poi ritiratosi a vita monastica), Bruno Govone del Cerchio d’Oro, Sergio Lattuada dei Maxophone, Danilo Rustici degli Osanna, Vittorio De Scalzi dei New Trolls, Antonio Lorandi dei Phoenix Again… Solo per citare alcuni “nomi storici”, nel pieno rispetto e con sentite scuse per chi eventualmente fosse stato dimenticato e non menzionato ma che ha comunque giocato un ruolo di primo piano in questa scena musicale meravigliosa e indimenticabile chiamata rock progressivo italiano.

In questo scenario, i lombardi Alphataurus sono stati nei decenni tra le band più ambite e ricercate dai collezionisti, più attese e desiderate nel loro ritorno sulle scene e, purtroppo, anche più colpite da tutta una serie di gravi perdite. Guido Wassermann (chitarre e tastiere), Alfonso Oliva (basso) e Michele Bavaro (voce solista) sono purtroppo scomparsi nell’arco di poco tempo. Per questo motivo il nuovo album, dal titolo “2084: viaggio nel nulla” assume un ancor più forte significato per i fans.

Della formazione storica, il tastierista Pietro Pellegrini è ancora impegnato a tenere alto il nome; Wassermann ha fatto in tempo a prendere parte alle registrazioni del disco. La line-up è completata da Franco Giaffreda (voce, chitarre e flauto), Andrea Guizzetti (pianoforte, sintetizzatori e cori), Tony Alemanno (basso) e Diego Mariani (batteria, glockenspiel, cori).

Mariani è anche autore di una splendida copertina che nulla ha di meno rispetto alle grafiche dei capolavori progressivi italiani degli anni ‘70 e che ha la sua massima valorizzazione nell’edizione apribile a tre ante concepita per il vinile. Ovviamente l’album è disponibile anche in CD, anch’esso arricchito da una confezione elegante e curata.

Ma veniamo all’aspetto più importante, cioè la musica: ci troviamo di fronte a un’inquietante e tenebroso concept-album fantascientifico nel quale l’umanità deve confrontarsi con nuovi scenari apocalittici.

I 9 minuti di “Pista 6”, che apre il disco, si aprono con un “mood” vicino al new-prog dei Marillion del periodo “Misplaced Childhood” o “Clutching at straws”, per via delle chitarre arpeggiate molto riverberate e pulite, sorrette da tappeti di synth dai suoni cupi e da poche note del pianoforte. Su tutto svetta una splendida interpretazione vocale. Ma dopo la breve intro, il groove del basso e il calore dell’Hammond ci portano su territori più jazzati. L’umanità sta sfuggendo a un pianeta ormai privo di atmosfera e invivibile a causa di un mix di inquinamento e catastrofi nucleari, alla ricerca di nuovi pianeti da colonizzare. Il brano cresce via via verso sonorità sempre più sinfoniche, con percussioni maestose, tra timpani e campanelli, tastiere che simulano ottoni e l’impagabile, insostituibile tappeto di archi del Mellotron, verso un finale nel quale chitarra ed Hammond duettano creando sapori quasi floydiani.

Viaggio nel nulla”, con i suoi cinque minuti, è la traccia più stringata tra le sei che compongono l’album. E dopo una partenza affidata al Moog, diventa anche uno dei momenti più hard-rock del disco, tra massicci riff di chitarra e di Hammond ed eccellenti armonie vocali, il tutto condito da emozionanti aperture sinfoniche affidate ancora al Moog.

Flashback (Apocalisse) nelle atmosfere è la traccia più vicina al classico dark-prog italiano; stacchi nervosi di chitarre e di tastiere fanno da sublime contraltare a un testo interpretato con enfasi nel quale viene descritto il mondo nel 2073, tra riscaldamento globale, oceani inquinati, permafrost che si scioglie e altre mostruosità. La band, solida e compatta, offre una prova di straordinaria perizia strumentale passando con disinvoltura dall’hard al jazz-rock sempre con classe ed eleganza. Gli inserti recitati esprimono impietosa denuncia verso chi ha rovinato il Pianeta. E purtroppo non è fantascienza, ma tragica quotidianità.

Wormhole” è una vera e propria suite che supera i 10 minuti di durata e nella quale la formazione esprime un vero e proprio compendio delle proprie capacità, tra rock progressivo moderno ad alto tasso di elettronica, arpeggiatori tumultuosi, un pianismo percussivo figlio della lezione di Emerson e del Banco, chitarre ora più aggressive, ora impegnate in delicati arpeggi acustici e una sempre sanguigna sezione ritmica sulla quale svetta, ancora una volta, un cantato intenso e convincente, fino a un finale al profumo di bolero, dominato dal flauto e dal Mellotron. L’alternarsi di momenti hard, sinfonici e intimisti fa di questo brano, forse, il picco qualitativo in un album di per sé tutto ottimo.

La barocca “Metà e metà” è giocata su un grandissimo lavoro di tastiere, con Hammond, Clavinet e Moog in primo piano, ma con la chitarra mai relegata al ruolo di condimento, semmai di co-protagonista.

E arriviamo al finale con “E= mc2”, commovente, struggente ballad orchestrale alla quale è affidata la degna chiosa di un album tanto emozionante e coinvolgente. Si conclude l’ascolto con qualche inevitabile, inesorabile lacrima che scende.

Tanta gioia si ha nell’assaporare un lavoro così bello, tanta amarezza si prova al pensiero che Wassermann, Oliva e Bavaro non sono più tra noi. A loro è dedicato questo ottimo album che la band ha consegnato alle stampe. E anche questa recensione.


Guido Wassermann: chitarre elettriche e acustiche, synth, campionatore e cori

Pietro Pellegrini: organo Hammond, synth e campionatore

Franco Giaffreda: voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, flauto

Andrea Guizzetti: pianoforte, synth, cori

Diego Mariani: batteria, glockenspiel, cori

Tony Alemanno: basso

 





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