venerdì 22 novembre 2024

M.E.N. - “Spillover”, di Alberto Sgarlato

 


M.E.N. - “Spillover” (2024) 

Ma.Ra.Cash. Records

di Alberto Sgarlato


I M.E.N. sono, più che una vera e propria band, una sorta di “collettivo”, dal momento che i tre componenti che ne fanno parte non sono assegnati a ruoli rigidi ma si alternano tutti alla voce e a molteplici strumenti.

Questo loro album, intitolato “Spillover”, è una critica alla società attuale, travolta da una serie di situazioni (dal consumismo ai social network) che l’uomo non è evidentemente pronto a gestire.

Mettiamo un attimo da parte la musica e facciamo un excursus di valore storico, scientifico e sociale: il termine “Spillover” è stato adottato in primis nel mondo dell’epidemiologia e indica quello che in italiano viene chiamato “il salto di specie”. Non è proprio così facile da spiegare, ma facciamo un esempio immediatamente comprensibile a tutti: il Coronavirus si dice che sia stato passato dal pipistrello all’uomo: in quel momento è avvenuto un “salto di specie” che ha scombussolato (e non di poco) le nostre abitudini e la nostra quotidianità.

Lo “Spillover” dei M.E.N. è più “metaforico” e parla di abitudini e quotidianità continuamente scosse da mutamenti sociali, tecnologici, politici ai quali non siamo preparati.


Marco Grieco a.k.a. MaCRoMaRCo

Vincenzo "Enzo" Lardo a.k.a. 240bpm

Nicola "Nick" Cruciani a.k.a. Flavour

Per rendere al meglio questa sensazione di alienazione e di caos, i tre musicisti sono ricorsi a tecniche di registrazione molto complesse, che valorizzassero ogni sfumatura, ogni ampiezza ambientale, ogni suono che attraversa lo spettro. E, in effetti, ascoltando l’album rigorosamente in formato WAV, senza compressioni e senza perdite di dati, passando attraverso una scheda audio semiprofessionale e delle cuffie che ripropongono un ascolto neutro, senza eccessive frequenze basse (come è tristemente di moda oggi), tutti accorgimenti che il sottoscritto ha avuto, si rimane colpiti dalla qualità dell’incisione e della produzione.

Difficile, ovviamente, etichettare, il mondo sonoro dei M.E.N.: l’elettronica è elemento-cardine, ma è filtrata attraverso una forte sensibilità dei musicisti, che con interventi chitarristici che potremmo definire “gilmouriani” e lunghi tappeti tastieristici di stampo romantico, portano le coordinate verso un rock di gusto più classico.

Alla fine, elettronica, down-tempo, trip-hop, tanta neopsichedelia (ricordate i Porcupine Tree di “Up the downstair”, per esempio?) e certo new-prog sinfonico, convivono in questo prodotto sicuramente elegante e ben confezionato.

L’opening affidata a “World wide weird”, con un sottile gioco di parole, descrive le insidie del web e le trasmette sotto forma di un grande e coinvolgente “circo sonoro” all’ascoltatore; “Everything” è un riuscito connubio tra alternative-rock e interpretazione vocale tra recitato, enfasi teatrale e rap, seppur con armonie vocali debitrici della più classica psichedelia; “Human eclipse” è una delle tracce più cupe e più giocate su atmosfere rarefatte dell’intero lotto; atmosfere che sembrano quasi capovolgersi totalmente nel dream-pop lo-fi di “Present days”; “Mouths” riporta all’effettistica della opening e all’alt-rock della successiva “Everything”, ma con un ancor maggiore afflato orchestrale; in mezzo a tanta pienezza di suono, risulta spiazzante una ballad come “Keeping safe”, dal sapore quasi barrettiano, una ninna nanna stralunata, un po’ dolce e un po’ angosciante; tutto ovviamente cambia di colpo con “Broken kite”, che invece è uno dei brani più hard dell’intero lotto, con una forte presenza chitarristica in primo piano. “Mother earth” è una sorta di “raga del XXI secolo”, ipnotico e psichedelico, con un sitar che detta le regole dell’intera traccia; altra ballad surreale, stralunata, alienante è “Past days”, retta da chitarra acustica e Mellotron ma impreziosita da campionamenti disseminati qui e là.

Il discorso si fa un po’ più complesso con la “Interchange station”, quella che la band chiama la “stazione di interscambio”, attraverso la quale, come in uno svincolo ferroviario, l’ascoltatore deve scegliere quali saranno gli umani destini attraverso una decisione variabile tra tre potenziali tracce conclusive, intitolate “Hell”, “Purgatory” ed “Heaven”. Il primo di questi tre brani, in ordine come li abbiamo menzionati, è più “serrato” come ritmiche, il secondo è più sinfonico e dominato da grandi evoluzioni chitarristiche, l’ultimo sembra quasi rappresentare un po’ una somma dello stile della band.


M.E.N.

Marco Grieco a.k.a. MaCRoMaRCo

Vincenzo "Enzo" Lardo a.k.a. 240bpm

Nicola "Nick" Cruciani a.k.a. Flavour

Marco Grieco: vocals, piano, keyboards, bass, drums, electric and acoustic guitars, sitar, orchestral arrangements, vocoder, choirs, sounscapes;

Vincenzo Lardo: vocals, electric and acoustic guitars, keyboards, programming, choirs;

Nicola Cruciani: vocals, electric guitars, lap steel guitars, loops, choirs.






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