venerdì 15 novembre 2013

Cumino-Just Melt, di Gianni Sapia


È un po’ come tornare a scuola. Mi ricordo la mia prima lezione di latino. Latino! A cosa serve, pensavo, non lo parlano nemmeno più in chiesa! Ma col tempo ho capito. Ho capito che quella lingua morta, morta non lo è affatto. Non l’ho mai imparato, lo ammetto, odio le versioni di latino, ma mi ha insegnato a costruire il senso di una frase, mi ha insegnato a ragionare sulle parole, sul loro significato, sulla loro natura. Mi ha insegnato a capire che ogni cosa può avere un senso, dipende solo dalla prospettiva con cui la si guarda. Mi ha insegnato che le sfumature sono importanti, che una semplice desinenza può cambiare l’intero significato di un pensiero. Mi ha insegnato a ragionare, per quanto possa il mio cervello. La sua vitalità non sta nel parlarlo, ma negli spazi che può aprire nella mente, nel correlare letteratura e formule matematiche, nell’interazione tra sentimento e tecnica. Come tornare a scuola quindi e più in particolare al liceo, dove tutto il nuovo che mi si presentava veniva da me etichettato come inutile, perché allora pensavo di saperne già più degli altri, pensavo di avere già capito tutto. Naturalmente non era così, la realtà era che non capivo e se non capivo allora era inutile e spalleggiato in questo da un indomabile pigrizia, non facevo il minimo sforzo per crescere, accontentandomi di leccare solo la parte esterna della vita, senza mai addentarne il ripieno. Come a scuola, così mi comportavo con la musica. Pop di nascita e rockettaro per innata evoluzione, consideravo il rimanente mondo musicale inutile, per il solito perché, perché non capivo. Solo il tempo, con la sua pazienza e a volte coi suoi schiaffi, è riuscito a farmi capire che non esiste un solo uno, ma tanti uno, che non esiste giusto o sbagliato, ma entrambi, né bello o brutto, ma diverso, in un mondo dove il mio cervello fugge sempre più velocemente dal moderno normale. Ed è così che arrivo ad ascoltare il nuovo EP dei Cumino, Just Melt, con la nuova curiosità che il tempo mi ha insegnato, spogliato dai pregiudizi della mia adolescenziale superbia. È qualcosa di diverso per me, quindi sarà bello. Play allora e stai pronto ad imparare. If This Turns Green apre il disco e inizia il percorso tra i sentieri di un bosco autunnale, dove l’unico rumore è quello della natura e delle foglie secche che scricchiolano sotto i piedi, dove i mille colori a cui l’estate lascia spazio mitragliano gli occhi di meraviglia e la musica avvolge tutto questo in un atmosfera inevitabilmente introspettiva. Ogni suono ha la dolcezza di un bel ricordo. Evocativa. Come un tuffo in quiete acque lacustri, ci si immerge quindi in Your Local Ocean. Il mondo ovattato della vita sotto il livello dell’acqua, il rallentamento delle funzioni vitali e la dolcezza dell’ossessività della chitarra hanno un effetto lisergico sulle sensazioni catturate dal cervello e magnifiche visioni diventano padrone del gioco. Atlantidea. Riflessioni sull’interiorità dell’uomo sembrano muovere le mani sul manico della chitarra in Everest, accompagnate da sapienti spruzzi d’elettronica, che ne fanno un brano aperto, pieno di possibilità. Immaginifico. We Just Melt chiude il disco e, come vuole il titolo, fonde inesorabilmente l’ascoltatore con la natura che lo circonda, fino a farlo diventare parte di essa. Conglobante. Il disco è finito, e il silenzio che ne consegue non fa altro che amplificarne la bellezza. Un disco pieno d’atmosfera, ambient music si potrebbe dire, o sperimentale, per quanto le definizioni tendano ad essere riduttive in musica. Certamente Just Melt è un disco pieno di natura, ricco di immagini evocative, colonna sonora del documentario, non a caso naturalistico, Fontanili di Rozzoni e Leoni. Un disco che Luca Vicenzi e Hellzapop, ovvero i Cumino, hanno realizzato mettendo in campo tutta la loro sensibilità artistica, che ne fa senza dubbio dei grandi evocatori d’immagini, di atmosfere. Just Melt è un esaltatore di emozioni e stati d’animo diversi, spezia dell’anima, dove, per citare Vicenzi in un’intervista rilasciata per il loro lavoro precedente Tomorrow in the battle think of me, ma che trovo calzante anche per questo, ci sono “meno note”, ma “più spazio tra gli strumenti, più spazio tra le armonie”. Un disco riflessivo che amalgama nuovamente l’uomo con la natura. Un disco insieme spirituale e mondano, a tratti epico. Un disco che, in latino, avrebbe potuto intitolarsi De Rerum Natura.


Tracks:

01. If This turns Green
02. Your Local Ocean
03. Everest

04. We Just Melt

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