mercoledì 28 maggio 2014

Discussioni prog, tra Italia e resto del mondo: oggi tocca agli Unreal City, articolo di Athos Enrile



Le righe a seguire sono il racconto di una giornata di gloria, di musica, e di grandi soddisfazioni.
Non è per scrivere un articolo su gli Unreal City - giovani ragazzi a cui voglio bene e che stimo - che ho chiesto a Emanuele Tarasconi, uno dei fondatori della band, di raccontare l’andamento di una domenica anomala, trascorsa in Canada, su di un palco sorprendentemente “amico”.
Nello spazio di tre giorni gli U.C. hanno toccato il cielo con un dito, passando dal FIM di Genova al Terra Incognita Progfest, in Canada, precedendo la band di Fabio Zuffanti. Da perdere la testa, se si pensa alla ridotta esperienza e la giovane età.
Ed è proprio Zuffanti che poco tempo fa aveva duramente criticato certi comportamenti “nostrani”, legati alle affluenze e al modo anomalo di vivere la musica. Difficile non essere d’accordo.
Ciò che ha stupito gli Unreal - code per gli autografi, standing ovation, riconoscimento immediato dei brani -  è quello che mi pare sia capitato qualche anno fa a Il Tempio delle Clessidre, in occasione di un concerto in Corea del Sud: luoghi lontani in cui si pensa di non essere conosciuti, salvo poi realizzare che fuori dai nostri confini si è quasi delle star, seppur di nicchia.
Gli Unreal City non sono i Beatles, e la loro strada è solo agli inizi, ma è evidente che il talento c’è e l’impegno anche, come pure uno spiccato senso manageriale, tendenza in grado di fare la differenza nel mondo della musica.
E’ stata dura trovare date italiane, perché ognuno coltiva il proprio orticello, c’è diffidenza verso ciò che non si conosce, e la meritocrazia è un’utopia.
Meglio rivolgersi al mercato straniero allora, spazio in cui un gruppo di talento, anche se giovane, può trovare la dimensione che merita.
Il filmato a seguire è testimone di una buona performance, e del riconoscimento finale, che è poi la più grande gratificazione possibile.
Ma esiste una via di mezzo?
Perché occorre esportare il nostro Prog, quando non è super conosciuto?
Non è musica per tutti, questo è certo, ma esiste un folto pubblico, in tutto il mondo, capace di alimentare il movimento.
Ho colto l’occasione degli Unreal per dare lo start ad una possibile argomentazione, ma il ragionamento vale per tutti, perché ho bene in mente cosa accade alle nostre band quando vanno in giro per il mondo.
Discussione sterile, lo so, ma i fatti oggettivi non vanno nascosti solo perché diventati consuetudine. E la speranza che qualcosa cambi rimane viva.
Questo il racconto, ancora carico di emozione…


Allora, fondamentalmente è successo questo. Noi arriviamo in teatro verso le 15:00 del pomeriggio, montiamo il banchetto e fin da subito abbiamo una notevole coda per gli autografi e per magliette, cd e gadget vari. La gente è arrivata prima ancora che noi avessimo potuto esporre i prezzi. Quindi un sacco di autografi, un sacco di fotografie, moltissimo affetto. Molta gente si era portata il CD da casa per gli autografi. Sinceramente nessuno di noi si immaginava un benvenuto simile. Michel Bilodeau, l’organizzatore, ci presenta, e appena accenna ad un gruppo giovane proveniente dall’Italia il pubblico comincia a rumoreggiare: quando dice il nostro nome c’è una vera e propria ovazione. Entriamo, iniziamo con una piccola improvvisazione di pianoforte che termina nel tema iniziale di “Dell’Innocenza Perduta” (il primo brano del disco). Appena riconoscono il tema, altro applausone e qualche urlo. Molta gente fa video e foto e soprattutto le prime file seguono in modo molto concitato l’intero concerto. Fra il pubblico c’erano i (bravissimi) ragazzi dei Sonus Umbra, che si erano esibiti prima di noi, e i Glass Hammer, che, ci diranno dopo, erano tornati dall’hotel dopo essersi esibiti la sera prima apposta per vedere il nostro concerto. La scaletta che facciamo segue pedissequamente l’ordine delle canzoni del disco fino alla fine. Non scherzo se dico che praticamente ad ogni canzone c’è stata una standing ovation (anche dai vari video che sono stati fatti si dovrebbe vedere). Parecchi anche gli applausi a scena aperta, come sul tema di pianoforte di “Dove la Luce è più Intensa” e sull’assolo di chitarra di Ecate. Dopo Ecate (quindi prima della suite finale) suoniamo due canzoni presenti sul prossimo disco, “Il Paese del tramonto” e “La meccanica dell’ombra”. Sul finale di queste due c’è una vera e propria ovazione. Alcuni fan con cui ci incontreremo dopo ci hanno detto che sono stati i loro brani preferiti e che prima del concerto speravano tanto che portassimo alcune canzoni nuove. Usciamo e, dopo un lungo lungo applauso rientriamo per l’encore finale, cioè la suite del primo disco, “Horror Vacui”, che facciamo durare un po’ di più rispetto al disco. Quando finisce altra standing ovation e usciamo. Ci cambiamo e torniamo nella hall dove è allestito il banchetto, e appena ci facciamo vedere si crea una calca per gli autografi. Altra (forse maggiore di prima) coda al banchetto. Federico, il nostro batterista, firma e regala le sue bacchette ad un paio di ragazzi che gliele hanno chieste e Francesca regala il suo plettro ad un fan che accompagnava il figlio al concerto. Dopo un’altra mezz’oretta di foto, autografi, magliette ed altro, si spengono le luci e il pubblico è richiamato dentro per il concerto di Zuffanti. Da quando siamo tornati ci saranno arrivati 30-40 messaggi fra facebook e mail di gente che si complimenta per lo spettacolo e gente che vuole vederci in festival come il Crescendo, il Prog sud e il Baja.


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