Le righe a seguire sono il racconto
di una giornata di gloria, di musica, e di grandi soddisfazioni.
Non è per scrivere un articolo su
gli Unreal
City - giovani ragazzi a cui voglio
bene e che stimo - che ho chiesto a Emanuele
Tarasconi, uno dei fondatori della band, di raccontare l’andamento di una domenica
anomala, trascorsa in Canada, su di un palco sorprendentemente “amico”.
Nello spazio di tre giorni gli U.C. hanno toccato il cielo con un
dito, passando dal FIM di Genova al Terra Incognita Progfest, in Canada, precedendo la band di Fabio Zuffanti. Da perdere la testa, se si pensa alla ridotta
esperienza e la giovane età.
Ed è proprio Zuffanti che poco
tempo fa aveva duramente criticato certi comportamenti “nostrani”, legati alle
affluenze e al modo anomalo di vivere la musica. Difficile non essere
d’accordo.
Ciò che ha stupito gli Unreal -
code per gli autografi, standing ovation, riconoscimento immediato dei brani
- è quello che mi pare sia capitato
qualche anno fa a Il Tempio delle Clessidre, in occasione di un concerto
in Corea del Sud: luoghi lontani in cui si pensa di non essere conosciuti,
salvo poi realizzare che fuori dai nostri confini si è quasi delle star, seppur
di nicchia.
Gli Unreal City non sono i Beatles, e la loro strada è solo agli inizi,
ma è evidente che il talento c’è e l’impegno anche, come pure uno spiccato
senso manageriale, tendenza in grado di fare la differenza nel mondo della
musica.
E’ stata dura trovare date
italiane, perché ognuno coltiva il proprio orticello, c’è diffidenza verso ciò
che non si conosce, e la meritocrazia è un’utopia.
Meglio rivolgersi al mercato
straniero allora, spazio in cui un gruppo di talento, anche se giovane, può
trovare la dimensione che merita.
Il filmato a seguire è testimone di
una buona performance, e del riconoscimento finale, che è poi la più grande
gratificazione possibile.
Ma esiste una via di mezzo?
Perché occorre esportare il nostro
Prog, quando non è super conosciuto?
Non è musica per tutti, questo è
certo, ma esiste un folto pubblico, in tutto il mondo, capace di alimentare il
movimento.
Ho colto l’occasione degli Unreal
per dare lo start ad una possibile argomentazione, ma il ragionamento vale per
tutti, perché ho bene in mente cosa accade alle nostre band quando vanno in
giro per il mondo.
Discussione sterile, lo so, ma i
fatti oggettivi non vanno nascosti solo perché diventati consuetudine. E la
speranza che qualcosa cambi rimane viva.
Questo il racconto, ancora carico
di emozione…
Allora, fondamentalmente è successo
questo. Noi arriviamo in teatro verso le 15:00 del pomeriggio, montiamo il
banchetto e fin da subito abbiamo una notevole coda per gli autografi e per
magliette, cd e gadget vari. La gente è arrivata prima ancora che noi avessimo
potuto esporre i prezzi. Quindi un sacco di autografi, un sacco di fotografie,
moltissimo affetto. Molta gente si era portata il CD da casa per gli autografi.
Sinceramente nessuno di noi si immaginava un benvenuto simile. Michel Bilodeau,
l’organizzatore, ci presenta, e appena accenna ad un gruppo giovane proveniente
dall’Italia il pubblico comincia a rumoreggiare: quando dice il nostro nome c’è
una vera e propria ovazione. Entriamo, iniziamo con una piccola improvvisazione
di pianoforte che termina nel tema iniziale di “Dell’Innocenza Perduta” (il
primo brano del disco). Appena riconoscono il tema, altro applausone e qualche
urlo. Molta gente fa video e foto e soprattutto le prime file seguono in modo
molto concitato l’intero concerto. Fra il pubblico c’erano i (bravissimi)
ragazzi dei Sonus Umbra, che si
erano esibiti prima di noi, e i Glass
Hammer, che, ci diranno dopo, erano tornati dall’hotel dopo essersi esibiti
la sera prima apposta per vedere il nostro concerto. La scaletta che facciamo
segue pedissequamente l’ordine delle canzoni del disco fino alla fine. Non
scherzo se dico che praticamente ad ogni canzone c’è stata una standing ovation
(anche dai vari video che sono stati fatti si dovrebbe vedere). Parecchi anche
gli applausi a scena aperta, come sul tema di pianoforte di “Dove la Luce è più
Intensa” e sull’assolo di chitarra di Ecate. Dopo Ecate (quindi prima della
suite finale) suoniamo due canzoni presenti sul prossimo disco, “Il Paese del
tramonto” e “La meccanica dell’ombra”. Sul finale di queste due c’è una vera e
propria ovazione. Alcuni fan con cui ci incontreremo dopo ci hanno detto che
sono stati i loro brani preferiti e che prima del concerto speravano tanto che
portassimo alcune canzoni nuove. Usciamo e, dopo un lungo lungo applauso
rientriamo per l’encore finale, cioè la suite del primo disco, “Horror Vacui”,
che facciamo durare un po’ di più rispetto al disco. Quando finisce altra
standing ovation e usciamo. Ci cambiamo e torniamo nella hall dove è allestito
il banchetto, e appena ci facciamo vedere si crea una calca per gli autografi.
Altra (forse maggiore di prima) coda al banchetto. Federico, il nostro
batterista, firma e regala le sue bacchette ad un paio di ragazzi che gliele
hanno chieste e Francesca regala il suo plettro ad un fan che accompagnava il
figlio al concerto. Dopo un’altra mezz’oretta di foto, autografi, magliette ed
altro, si spengono le luci e il pubblico è richiamato dentro per il concerto di
Zuffanti. Da quando siamo tornati ci
saranno arrivati 30-40 messaggi fra facebook e mail di gente che si complimenta
per lo spettacolo e gente che vuole vederci in festival come il Crescendo, il
Prog sud e il Baja.
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