In quel di Fiorano,
piccolo borgo incastonato tra le colline modenesi, si è conclusa la
tradizionale sagra di maggio con un ottimo recital dei redivivi New Trolls.
I maestri Vittorio
De Scalzi e Nico Di Palo,
coadiuvati da tra giovanissimi strumentisti molto disinvolti anche sulle
armonie vocali, hanno dato vita ad un eccellente recital antologico che, oltre
all’esecuzione integrale del celeberrimo primo Concerto Grosso, e del bizzarro pastiche vocale Le Roi Soleil dal sequel, ha scorrazzato
lungo un repertorio ultraquarantennale, tra classici del beat (Visioni, Davanti agli occhi miei),
estratti dalle loro sette (!) incursioni sanremesi (si sono riascoltate con
piacere la caustica Faccia di Cane su
liriche di De André e la struggente Letti,
tra le ultime creazioni di Umberto Bindi), e ancora Signore, io sono Irish da quel Senza
orario e senza bandiera che rappresenta uno dei primi concept album della
musica italiana.
Non sono mancati ripescaggi più easy listening, ma
altrettanto piacevoli quali i singoli, estratti dai loro album degli anni ‘80 e
‘90, Quelli come noi, Che idea e la mogoliana America Ok, oltre a un paio di storiche
cover (Poster di Baglioni divenuta
etereo esercizio polifonico, ed una accorata Il Cielo, di Zero).
Poi naturalmente l’apoteosi finale con
l’amata-odiata-imprescindibile torch song, Quella
Carezza della Sera da quell’Aldebaran
di cui precedentemente era stata resa una vibrante versione della title track.
Il momento “pelle d’oca” per la maggior parte dei
nostalgici presenti è stato però l’esecuzione di quel gioiello di lirismo
melodico e raffinatezza interpretativa che è Una Miniera, non a caso replicata a furor di popolo tra i bis.
Questa, in sintesi, la scaletta di un concerto che non
ha deluso le aspettative di un pubblico numeroso, attento ed affezionato (va
ricordato che i Trolls furono la prima band italiana per cui si costituì un fan
club) e che, pur lambendo pericolosamente la sensazione agiografica da evento
celebrativo di vecchie glorie, ha lasciato spesso spazio al divertimento ed
alla spontaneità in virtù di un interplay tra i due veterani ed il trio di
giovani collaboratori che ha saputo rinverdire una brillante antologia di
quelli che, lungi dallo status di polverosi souvenir, sono ormai standard,
pietre angolari della canzone patria.
La collaudata verve ligure di De Scalzi, sapiente
anfitrione, ha fatto il resto, donando alla serata un tono colloquiale, come
fosse una riunione tra vecchi amici, dal tenore quasi familiare.
A risentirci dunque Vittorio e Nico, con la recondita
speranza che la diaspora degli altri membri storici di questa gloriosa
formazione possa prima o poi ricomporsi per regalarci un nuovo, prezioso
tassello della vostra sfolgorante collezione musicale.
Lasciatemi sognare che gli ottimi Belleno, Belloni e
D’Adamo si ricongiungano, prima o poi, a questi due splendidi musicisti per
lasciare ancora una volta, come avrebbe detto monsieur Trenet, “la chance aux chansons”!
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