lunedì 1 dicembre 2014

Le (amare) riflessioni di Paolo Siani


Stavo sfogliando una rivista di tecniche di registrazione inglese alla quale sono abbonato da tempo e la sensazione è stata ancora una volta di averla già letta; sembra che tutti gli ingegneri di questo piccolo mondo si siano messi d’accordo per progettare strumenti e software che invece di stimolare la creatività artistica, con la scusa di democraticizzare la musica, invece mettano a disposizione strumenti che la musica la fanno da sé.
E’ appena uscita una tastiera che si collega al web attraverso un ampio display a colori per ‘scaricare’ tutti gli strumenti del mondo, ovviamente campionati con una qualità eccezionale; la riflessione per me immediata… invece di  cercare un pianista col quale fare musica me lo scarico dal web: scelgo modello marca suono… tutto e via.
E’ diventato standard mondiale, un software che intona tutto in maniera eccezionale e con estrema facilità: posso intonare modulare o togliere modulazione, cambiare volume e lunghezza di ogni singola nota cantata da mia zia Abelarda e trasformarla in una cantante da Grammy.
Un batterista può permettersi di suonare dei pezzi di gomma (pads) e scegliere successivamente non solo i suoni, ma anche il batterista di fama mondiale che gli piace, oltre che mettere a tempo ogni ‘fill’ automaticamente con la pressione di una paio di tasti sul computer.
Anche i chitarristi hanno a disposizione amplificatori di tutti i tipi, piccoli, grandi, a valvole o no… quali microfoni di ripresa usare, la loro posizione rispetto all’ampli e alla stanza e via così.
Qualsiasi appassionato può al giorno d’oggi buttare giù un provino e farlo suonare come se fosse stato inciso da virtuosi musicisti negli studi di Abbey Road.
Se a prima vista tutto questo può sembrare una manna caduta dal cielo, in realtà sta abituando i giovani (e non solo) a servirsi di questi mezzi affascinanti e potentissimi per accorciare la via verso il successo, come se far buona musica fosse ne più ne meno come giocare ad un qualsiasi altro videogioco, come se per fare il pittore e disegnare un’opera d’arte, bastasse Photoshop.

Non voglio fare l’eterno brontolone, ma qualcuno dovrà cominciare a ribadire che solo dietro un impegno costante si può sperare di ottenere dei risultati che possano essere definiti come ‘opere d’arte’; che suonare uno strumento (bene), cantare (bene), fare musica (buona), è esercizio non semplice e non frutto di improvvisazione e passatempo; non sostengo neanche che solo lo studio e la tecnica possono rivelare un talento, ma non può essere che prendere una Stratocaster (virtuale), collegarla ad un Marshall (virtuale) e ad una serie di pedali che riproducano il suono preciso di Jimmy Page (virtuale) possa bastare per sentirsi un chitarrista di calibro internazionale!



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