Il blues
arriva anche in edicola, ma senza i Rolling Stones!
di Innocenzo Alfano
Ben vengano le raccolte e le retrospettive sul blues, anche quelle
commercializzate in edicola. Di buona musica, infatti, c’è sempre bisogno, e se
non ci pensano più la radio e la televisione a parlarne e a farcela sentire,
allora i chioschi ai lati delle strade hanno tutta la mia simpatia.
Di recente, su iniziativa della De Agostini Publishing Italia
S.p.A., è apparsa, per l’appunto nelle edicole, una collana di dischi blues 33
giri che si compone di sessanta uscite e che include alcuni tra i maggiori gruppi
e artisti blues e rock-blues, sia bianchi che neri, degli anni ’60, ’70 e ’80.
La prima uscita, cioè il primo long playing, è nientemeno che il classico “A
Hard Road” di John Mayall and the Bluesbreakers, del 1967, un lp famoso soprattutto
per aver fatto conoscere a tutta l’Inghilterra, e poi al mondo intero, il
chitarrista (bianco) Peter Green. A seguire sarà la
volta di B.B. King, Janis Joplin, Muddy Waters, Albert Collins, Canned Heat,
The Allman Brothers Band, Stevie Ray Vaughan, Alexis Korner, Johnny Winter, Ten
Years After, Robert Johnson, Fleetwood Mac, The Blues Brothers ed altri. Effettivamente da non perdere, in
particolare per chi ama questo genere di musica più il suono – e le copertine –
dei dischi in vinile.
Per ora, nel piano dell’opera, parziale e in via di completamento,
non ci sono lp dei Rolling Stones. Strano, verrebbe da dire. Com’è possibile,
infatti, che uno dei più grandi gruppi rock-blues degli anni Sessanta non sia
presente in una collana che si intitola “Blues in vinile: i 33 giri che hanno
fatto la storia”? Questa è la prima domanda, a cui però ne dovrebbe seguire
subito un’altra, e cioè questa: e chi lo dice che i Rolling Stones, negli anni
’60, erano un grande gruppo blues formato da ottimi musicisti? In tutte le
enciclopedie della musica rock, in effetti, c’è scritto così, ma io ho sempre
contestato questa definizione, ritenendola non solo esagerata bensì
completamente falsa. I Rolling Stones, negli anni ’60, suonavano sì blues, ma
ad un livello che definire elementare è, nel loro caso, il massimo che si possa
dire. Prima che il chitarrista Mick Taylor (ex Bluesbreakers) entrasse in
formazione, ossia nel 1969, la band di Jagger e Richards non aveva mai avuto
solisti all’altezza dei vari Eric Clapton, Kim Simmonds, Alvin Lee, Miller
Anderson, Stan Webb, Paul Kossoff, John Moorshead, Michael Bloomfield e dello
stesso Peter Green, tanto per fare qualche nome. John Mayall in persona, nelle
note di copertina di “A Hard Road”, parlando dei giovani chitarristi blues che
ha avuto modo di vedere dal vivo fino a quel momento (gennaio-febbraio 1967),
scrive che, a suo giudizio, i migliori in assoluto sono Jimi Hendrix, Buddy
Guy, Otis Rush, Eric Clapton e Peter Green. Come si vede, Keith Richards ed il
collega Brian Jones non fanno parte della lista, e i Rolling Stones non vengono
mai citati neppure come band.
Se nel piano dell’opera il loro nome non è ancora comparso, nel
fascicolo di 8 pagine allegato al 33 giri di John Mayall gli estensori dei
testi hanno tuttavia trovato il modo di citare i Rolling Stones, come gruppo o
come singoli musicisti del gruppo, ben tre volte: due volte a pagina 3, una a pagina
5. Un po’ troppo, direi, visto che non si parlava di loro e visto, soprattutto,
che il grande blues non era affare per i loro insufficienti mezzi tecnici. Tra
le future uscite ci saranno invece, sicuramente, il primo 33 giri degli
statunitensi Hot Tuna e Lynyrd Skynyrd. La scheda di presentazione dell’album
degli Hot Tuna è però sbagliata, poiché il disco viene definito “l’atto di
nascita, live, del gruppo che ha rivitalizzato con una nuova linfa elettrica il
blues tradizionale”, mentre la musica contenuta tra i solchi di quel vinile è acustica
e, di conseguenza, parecchio tradizionale... In ogni caso resta, per dirla con
lo slogan utilizzato nella campagna pubblicitaria, uno di quei 33 giri blues
che “hanno fatto la storia”. Sui Lynyrd Skynyrd, per concludere, vorrei dire
che inserire il loro primo lp, e quindi anche l’intero gruppo, nelle vicende
del blues mi pare una scelta come minimo forzata: Simple Man, Tuesday’s Gone
e Free Bird sono senza dubbio grandi
brani, ma non di blues.
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