21 Ottobre
"Coi capelli
sciolti al vento
io dirigo il tempo
il mio tempo
là negli spazi dove
morte non ha domini
dove l'amore varca i
confini..."
Ci sarai sempre, buon viaggio Capitano…
Wazza
Ricordo di Filippo
Marcheggiani
Un vestito
semplice. Filippo Marcheggiani racconta Francesco Di Giacomo
Filippo Marcheggiani, chitarrista del Banco del Mutuo
Soccorso dal 1994, ci racconta il poeta e la persona che Francesco Di Giacomo
era. Gli chiedo di iniziare la nostra chiacchierata su Francesco con qualche
aneddoto, sapendo che ne conosce moltissimi, e Filippo mi racconta un episodio
avvenuto lo scorso anno, durante le prove per l’ultima tournée estiva del
Banco: “Mi ricordo una cosa che Francesco
mi ha detto durante il primo giorno di prove: «mi sa che ti devo dire una cosa
che in vent’anni che suoniamo insieme non ti ho mai detto, che sei proprio un gran
chitarrista». Francesco
era così. Questo per far capire che, al di là del peso del leader, dell’artista,
della persona che si può sempre far
cadere dall’alto, lui aveva comunque una grande
umanità.
L’uomo, il poeta
Filippo continua a parlare. “Gli aneddoti su Francesco sono molto particolari; una volta avemmo un
problema a una macchina a Torino, lui fece una telefonata all’ACI e si arrabbiò con il tipo dell’ACI che non capiva il suo nome, ma in
un modo che non si può raccontare, facendo uno spelling un pò particolare del suo nome,
utilizzando delle parole abbastanza forti! È stata una scena di una comicità tale che siamo rimasti senza fiato dal ridere”.
Francesco Di Giacomo era un antidivo: c’era una coerenza incredibile tra l’artista, che aveva avuto un successo
nazionale e internazionale non da poco, e l’uomo amante di una vita semplice, trascorsa a Zagarolo insieme alla sua
compagna di vita: “Lui stava lì a Zagarolo, conosceva tutto il paese, era una persona che faceva una
vita normale, gli piaceva fare una vita normale. Magari gli sarà costato qualcosa in termini di
notorietà, di successo nel senso di numeri, ma gli ha permesso di vivere una vita
il più possibile appagante e completa”.
La forte carica umana del personaggio si rifletteva
sicuramente nel rapporto quasi paterno che aveva con i membri giovani del
Banco, lo stesso Filippo Marcheggiani veniva spesso apostrofato affettuosamente
da Francesco come «er fijo scemo che non
ho mai avuto». Questa caratteristica era percepibile anche nel rapporto con
i suoi ammiratori, sempre molto diretto: “Aveva
un carisma incredibile, ma non era un divo, non lo voleva essere: l’affetto dei fan ha sempre premiato questo approccio che, d’altra parte, è una caratteristica di tutti i membri
del Banco”.
“Non sempre il successo fine a se
stesso è il vero successo. Il successo è fatto anche di altre componenti. Mi
viene da citare una canzone del Banco, scritta da Francesco, che dice «c’è chi ti grida in mezzo al traffico e grida forte che bella
musica che fai», un’immagine fantastica che a noi è capitata spesso”.
Questa disponibilità a stare tra le persone, oltre alla qualità della musica, ha fatto del Banco un gruppo dal successo
duraturo e intergenerazionale: “Vedevamo gente di sessant’anni, miei coetanei, e ragazzetti minorenni che venivano, sentivano il
Banco e lo vivevano con la stessa passione e lo stesso trasporto”. Basti pensare che la pagina
Facebook dedicata al Banco è curata da un ragazzo neanche ventenne.
Il rapporto diretto con le persone era una componente
essenziale della creatività di Francesco Di Giacomo, che sapeva catturare le
emozioni in un modo unico ed arrivare al cuore attraverso i suoi testi: “Toccava le corde della vita e dell’umanità e lo faceva con una grande poeticità e una grande immediatezza. L’esempio più fulgido di questa cosa è Darwin, il disco più importante del Banco, che è un concept album sull’evoluzione dell’uomo: i testi di quel disco li può apprezzare una persona che non ha né
una cultura specifica sull’argomento, né una cultura generale così elevata; un testo come 750.000 anni fa l’amore, una storia d’amore tra un primate che guarda un altro primate donna che beve in un
pozzo con il suo branco, è una storia in cui percepisci tutto l’amore e la paura del confronto con l’amata. Lui entrava nell’emozione e la descriveva con grande
talento”.
Francesco e il Banco,
il Banco senza Francesco
Francesco Di Giacomo è entrato nel gruppo alcuni anni dopo
che Vittorio Nocenzi lo ebbe fondato, presentato dal batterista storico della
band, Pierluigi Calderoni. Anche in questo caso, la storia è del tutto
singolare: “Vittorio (Nocenzi, NdR) disse che ci voleva un frontman bello, uno di
quelli proprio belli, al che Calderoni un giorno si presentò con Francesco, che
arrivò con la sua stazza, la salopette di jeans, mangiando pane e formaggio!
Poi però Vittorio fu ammaliato dalla grande voce, dalla grande personalità”. Un artista dall’immagine non convenzionale, che
componeva e si esibiva non per vanità, ma soprattutto per lanciare un messaggio
in maniera poetica e di forte impatto, anche quando si trattava di un contenuto
indigesto.
“Francesco era una persona davvero al
di sopra della normalità: un artista straordinario, un comunicatore
straordinario, e un uomo straordinario”, la sua immagine divenne subito l’immagine del gruppo. Oggi molti fan si chiedono cosa ne sarà del Banco; poco dopo la scomparsa è circolato un falso comunicato secondo
il quale la band sarebbe già in cerca di un sostituto. Chiedo a Filippo cosa ne
pensa: ”Il Banco senza Francesco in
questo momento è impensabile. Sicuramente nei prossimi mesi qualcosa succederà, ma è una domanda a cui è molto difficile rispondere. Personalmente, questo dolore mi ha dato una
grande forza, quella di continuare con il mio progetto, Effemme, che Francesco
aveva sposato per affetto quasi paterno”.
“Il mio destino è stato legato al
Banco in varie tappe della mia vita”, mi dice Filippo quando gli domando come è iniziata la sua carriera con
il gruppo: “Mia madre e mio padre mi portarono a vedere il Banco quando ero ancora in
carrozzina, nell’ottobre del ’76… ho avuto l’imprinting! Da adolescente conoscevo i figli di Rodolfo, che all’epoca viveva a Marino. Il Banco era
un modello per noi musicisti marinesi, ci dava fiducia”. Quasi per caso, Filippo entrò in contatto con Vittorio Nocenzi e,
cogliendo al volo l’opportunità di suonare per il gruppo di cui era
un fan appassionato, riuscì a ottenere un’audizione. Dal 1 novembre 1994, il
Banco del Mutuo Soccorso aveva un secondo chitarrista poco più che diciottenne.
Proprio quell’anno uscì Il
13, album che conteneva un pezzo a cui Francesco era molto legato: Tirami una rete.
Fu proprio Francesco a dare a Filippo il soprannome che
ancora porta: “I primi anni viaggiavamo a
ritmi allucinanti, loro erano abituati a rientrare di notte anche dalla
Calabria, piuttosto che dal Veneto. Io poi sono un pessimo compagno di viaggio,
perché di notte in macchina
dormo. Mi ricordo che facemmo questo viaggio di ritorno in piena estate, loro
mi accompagnarono a casa, io li feci entrare con la macchina fino al garage
dove avevo l’ascensore che mi portava fino a casa e dissi «lasciatemi qui che sto ‘na crema». Mi hanno raccontato pochi giorni fa
che lui non disse niente e quando scesi dalla macchina commentò: «mi sa
che questo ragazzo deve capire qualche cosa!». Da lì mi misero questo
soprannome, Er crema, e me lo sono tenuto”.
I lavori al di fuori
del Banco
La carriera di Francesco Di Giacomo è legata
indissolubilmente al Banco del Mutuo Soccorso, ma conta anche molti altri
progetti: dalle tre collaborazioni cinematografiche con Fellini, alle decine di
progetti musicali con altri artisti. Per citare qualche esempio, Angelo
Branduardi, ma anche Eugenio Finardi e Marco Poeta, con i quali ha realizzato
un disco (O Fado) cantato in portoghese, e i Têtes de bois di Andrea Satta,
collaboratore e amico molto stretto di Francesco. Ha anche realizzato delle
collaborazioni con altri membri del Banco al di fuori del contesto del gruppo,
tra cui lo stesso Filippo Marcheggiani: i due hanno scritto un pezzo a quattro
mani che uscirà nel prossimo disco di Effemme.
Tuttavia, di produzioni soliste ce ne sono state poche nei quarant’anni di carriera con il Banco: “Le cose veramente extra-Banco sono le
ultime, realizzate negli ultimi tre o quattro anni insieme a Paolo Sentinelli”. Di recente, si stava dedicando a
progetti di natura differente: “Anche l’artista ha un’evoluzione come uomo, questo ti porta ad un cambiamento”. Stava lavorando con Emergency, che
era presente al funerale per raccogliere le donazioni che volessero essere
fatte per onorare la memoria di Francesco: “Sarà una grande sorpresa per tutti
scoprirlo, Francesco, perché, a parte Cenerentola, questo spettacolo teatrale e
musicale che ha portato in scena l’anno scorso all’Auditorium, non c’è stata una grande diffusione, non ci sono stati dischi, non ci sono state
cose di cui si trova una grossa traccia”.
Cenerentola - La parte mancante, realizzato insieme a Paolo
Sentinelli, era la cosa che lo vestiva meglio in questo momento. In Cenerentola
si ritrova Francesco in tutta la sua dimensione: iconoclasta, paradossale,
ironico, molto attaccato alla visceralità della vita. Lo spettacolo riprende la favola e ne presenta la metà umana e più reale: non la principessa e moglie
appagata, ma la donna normale, invecchiata e imbruttita, che si ribella perché non vuole più essere una favola.
Francesco Di Giacomo ci ha lasciati il 21 febbraio in un
incidente stradale causato da un malore. Ai funerali, laici, svoltisi a Palazzo
Rospigliosi (Zagarolo) il 27 febbraio, è seguita la cremazione. Il giorno dell’incidente aveva scritto una frase
quasi profetica, una grande verità raccontata con l’incredibile
naturalezza che lo contraddistingueva: “La libertà, quando arriverà, avrà un vestito semplice”.