lunedì 29 gennaio 2018

MARYGOLD -”ONE LIGHT YEAR” , di Evandro Piantelli


MARYGOLD -”ONE LIGHT YEAR” (2017 ANDROMEDA RELIX)
di Evandro Piantelli

I Marygold sono una band di rock progressivo e vengono da Verona. Il nucleo storico è attivo fin dal 1994, quando col nome di Wildfire proponevano cover dei Marillion (periodo Fish), ma dal 2015 la band ha cominciato a suonare brani di nuova composizione e, con nuovi innesti, ha iniziato una  strada diversa, pubblicando nello stresso anno il CD “The guns of Marygold”. Contemporaneamente il quintetto ha dato impulso all'attività live, partecipando anche a numerosi festival in compagnia di gruppi italiani prestigiosi (Balletto di bronzo, Osanna e Banco del Mutuo Soccorso, solo per citare i più conosciuti). Dopo qualche anno di rallentamento dell'attività la band, con la formazione attuale di Guido Cavalleri – voce e flauto, Massimo Basaglia – chitarre, Marco Pasquetto – batteria e Alberto Molesini – basso (che però ha lascito la band alla fine delle sessions di registrazione ed è stato sostituito da Marco Adami, tornato dopo qualche anno di assenza), ha dato alla luce nel 2017 il nuovo lavoro intitolato One light year, un disco di prog, cantato in inglese
Si comincia con “Ants in the sand”, un pezzo che racconta la brulicante vita all'interno di in un formicaio, tragicamente conclusa dall'allagamento ad opera dell'uomo. Il pezzo è sorretto soprattutto dalle tastiere, mentre gli interventi della chitarra elettrica sono più limitati. A metà del pezzo alla voce di Guido Cavalleri si affianca quella dell'ospite Irene Tamassia, conferendo al brano una certa dolcezza. Bello l'assolo di chitarra che conclude il pezzo.
Si prosegue con “15 Years”, canzone sulle difficoltà adolescenziali, caratterizzata dai numerosi cambi di tempo e da un bel lavoro di chitarra nella parte centrale. Nel finale emergono atmosfere Marillion, forse bagaglio del passato di cover band.



“Spherax H20” è il brano più lungo del disco (12'28”) e ci racconta di astronavi e di scenari post-apocalittici (il testo si basa su un racconto dello scrittore Wanderlei Danielsky). Piacevole la parte centrale prevalentemente strumentale dove dialogano le tastiere e le chitarre ed interviene il flauto, in quello che, a mio parere, è il brano più centrato del disco, dove c'è anche il migliore equilibrio tra voce e strumenti.
“Travel notes in Bretagne” è un pezzo velato di una certa malinconia che ci descrive la bellezza della regione francese, mentre i successivo“Without stalagmite” è l'unico brano (dal vago sapore Camel) interamente strumentale del disco.
“Pain” è un  pezzo molto gradevole, con le tastiere sempre in primo piano, che ci racconta di un uomo che porta su di sé una maledizione. Conclude il disco“Lord of time”, dal testo che ricorda le saghe nordiche (“I see him sitting on a marble throne ..”). E' un brano che si differenzia dal resto dell'album perché più orientato sul versante metal-prog, con la chitarra in particolare evidenza, ma con un ritorno delle tastiere nella parte finale.
Il giudizio complessivo sul “One light year” è positivo, perché i pezzi sono gradevoli e dimostrano una certa personalità, anche se ci sono molti richiami al neo prog inglese degli anni '80. Vorrei fare però un paio di osservazioni. Per prima cosa, mi sembra che lo spazio occupato dalla parte cantata  a volte sia un po' eccessivo, poiché siamo di fronte a brani piuttosto lunghi che possono risultare appesantiti. Inoltre, e lo dico senza pretesa di dare giudizi tecnici di cui non ho le competenze, la voce del cantante non mi entusiasma. Detto questo, lo ribadisco, si tratta di un lavoro interessante, che si ascolta piacevolmente, con testi molto curati e sicuramente non banali, complessivamente ben realizzato all'Opal Arts Studio di Verona, con la sapiente regia di Fabio Serra. Sono sicuro che lavorando un pò di lima i prossimi lavori dei Marygold saranno ancora più interessanti.


Formazione:

Guido Cavalleri: voice and flute
Massimo Basaglia: guitar
Marco Pasquetto: drums
Stefano Bigarelli: keyboards
Marco Adami: bass




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