venerdì 7 settembre 2018

Claudio Bellato Trio feat Mario Arcari in concerto: recensione di Andrea Baroni


Claudio Bellato Trio feat Mario Arcari – Genova
Recensione tratta da “TRACCE DI JAZZ” (Andrea Baroni)
E’ sacrilegio suonare “Blue in Green” con oboe, chitarra acustica, basso elettrico e batteria? Claudio Bellato, Mario Arcari, Rudy Cervetto e Federico Fugassa pensano di no, e con una rilettura innervata di una sottile corrente ritmica del classico di Miles Davis hanno aperto il concerto di sabato 10 marzo a Genova, nuova tappa dell’edizione 2018 del Festival “Suoni, parole, ritmi dal mondo”, a cura di Jazz Lighthouse.
Nessuna obiezione anche da parte della platea, entrata da subito in sintonia con una musica che dal jazz attinge più l’attitudine al dialogo... e la voglia di libertà espressiva, che la stretta sintassi filologica.
Per il trio di Claudio Bellato, chitarrista savonese concertista e didatta con un ricco bagaglio di esperienze e collaborazioni, membro del quartetto Officina Acoustica e dell’Ethnia Project, si trattava del debutto live, e la presenza dell’illustre ospite Mario Arcari, musicista
senza confini per definizione, ha arricchito e rafforzato l’identità di un gruppo in grado di viaggiare, in musica, nel tempo e nello spazio, senza badare alle frontiere che solo sulla carta separano il flamenco dal rock o la musica dell’isola di Reunion dal tango.
L’oboe di Arcari ha attraversato quaranta anni di musica in Italia e nel mondo, spaziando dalle esperienze del Gruppo Folk internazionale con Moni Ovadia ai “Six Mobiles”, di Roberto Ottaviano, dal “Pipetett” di Franz Koglemann con Paul Bley, Steve Lacy, Ran Blake, alle “conduction” di Butch Morris fino alle esperienze di ambito contemporaneo negli ensemble “Sentieri Selvaggi”, e “Parma Jazz Frontiere”.
Ha lasciato inoltre un’impronta indelebile, con i suoi strumenti a fiato etnici, in alcuni capolavori della musica italiana firmati da Ivano
Fossati e Fabrizio De Andrè, ed alcuni passaggi di “Creuza de ma” o di “Anime Salve” che tutti abbiamo nella memoria sono proprio opera sua.
L’oboe di Arcari sembra avere assimilato tutto questo vissuto, ed oggi suona come una sintesi fra il jazz, interpretato con grande partecipazione emotiva in un classico come “Nature Boy”, la musica popolare, che anima le suggestioni mediterranee delle composizioni di Bellato, ed un’idea di musica creativa davvero senza confini, resa palpabile dall’omaggio agli Oregon di Paul Winter, un altro che come Arcari ha portato lo strumento fuori dai confini della musica classica.
Bellato conferma doti compositive di sicuro spessore, una tecnica da virtuoso alla chitarra acustica che usa alternando agevolmente parti ritmiche ed armoniche, ed una decisa personalità come leader di un trio che, con le percussioni creative di Cervetto ed il basso “pastorizzato” del giovane Fugassa, avrà molto dire nello sviluppo del proprio percorso.

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