mercoledì 10 agosto 2022

Nel ricordo di Jerry Garcia


Ci lasciava il 9 agosto 1995 Jerry Garcia, cantante chitarrista, fondatore dei “mitici” Greateful Dead, band di punta della West Coast americana.

Per non dimenticare...
Wazza


Il 9 agosto del 1995, in quel di Lagunitas-Forest Knolls in California, moriva Jerry Garcia, uno dei chitarristi più importanti della storia del rock e fondatore dei Grateful Dead.

Forse oggi sono in pochi a ricordarsi del musicista di Oakland, eppure per dare l’idea di quanto la sua opera fosse fondamentale, basterebbe sapere che quel giorno il sindaco di San Francisco volle che la bandiera americana rimanesse a mezz’asta e che fu addirittura Bill Clinton a ricordarlo.

Anche la data che il destino scelse per prendersi Jerry Garcia è, a suo modo, simbolica. Il 9 agosto fu infatti anche il giorno – nel 1969 – dell’evento che aprì una profonda crepa nella Summer of love californiana, la strage di Cielo Drive a opera della Family di Charles Manson. È una data, quindi, che unisce due famiglie che più lontane non potrebbero essere: i Deadhead, i fan dei Grateful Dead, dediti al lato più libero e pacifico di quella breve età di pace e sperimentazione di fine anni ’60 e la Family di Manson, violenta espressione della stessa epoca (ARTICOLO)

Jerome John Garcia è figlio di un immigrato spagnolo, a sua volta musicista jazz – tanto da battezzarlo Jerome in onore di Jerome Kern – e di un’infermiera statunitense. L’infanzia è costellata da gravi traversie; prima Jerry perde un dito in un incidente, poi il padre annega mentre è a pesca. A 15 anni è l’incontro con la musica a salvarlo; prima il piano, poi una fisarmonica che subito baratta con una chitarra: è il colpo di fulmine che cambia la sua vita e la storia del rock.

Sono giorni di grande cambiamento e creatività, la California è il centro del passaggio tra Beat Generation e l’Era dell’Acquario. Jerry fa lega con Robert Hunter, poeta lisergico, e inizia a proporre la sua musica. Incontra i Mother McCree’sUptown Jug Champions e ne diviene chitarrista. In quella band militano Bob Weir e Ron McKernan, futuri compagni nei Grateful Dead. Ispirato in parte dai Beatles, in parte dall’esperienza come Merry Prankster, Garcia propone di trasformare il gruppo di bluegrass in una rock band: nascono i Warlocks.

Jerry è noto per essere, appunto, un Merry Prankster, ovvero un seguace di Ken Kesey e dei suoi acid test. Kesey è l’autore di Qualcuno volò sul nido del cuculo e ideale trait d’union tra poesia beat e cultura lisergica. A La Honda, nella sua villa dove sono di casa personaggi come Neal Cassady, Allen Ginsberg e Timothy Leary, si tengono feste psichedeliche a base di LSD. Aprire la mente e superare i limiti umani a scopo creativo e di conoscenza, sono gli obiettivi. La colonna sonora ce la mettono i Warlock che di lì a poco diventeranno i Grateful Dead. Il cambio di nome fu dovuto alla precedente esistenza di un’altra band omonima che cambierà nome a sua volta e, in modo opposto, rivoluzionerà il rock: i futuri Velvet Underground.

Jerry Garcia è l’antitesi dello stereotipo della rockstar; paffuto e tutt’altro che attraente, indossa spessi occhiali e non ha ansie da leader. Anzi, i Grateful Dead sono aperti alle collaborazioni, tengono concerti a ripetizione, anche più di uno al giorno e in strada. Per Jerry la psichedelia è stile di vita; gli acidi servono a far volare la sua ispirazione e i leggendari live, opposti alle prestazioni in studio che per anni rimarranno sotto le attese, sono occasioni di inventare un modo nuovo di suonare la chitarra, completamente libero dalle regole e dai tempi del rock’n’roll.

Jerry Garcia diventa il Captain Trip di Haight Hashbury, il quartiere psichedelico di San Francisco dove hanno luogo gli Human Be In, occasioni estemporanee dove tutti possono dare il proprio contributo artistico: musica, poesia e performance in totale libertà. San Francisco diventa la capitale del nascente rock psichedelico, guidata dal triangolo costituito dai Dead, i Jefferson Airlplane – più schierati politicamente – e dai Quicksilver Messenger Service, i più anarchici. È una stagione brevissima e intensa.

Non c’è spazio qui per rievocare la carriera dei Grateful Dead, ci limitiamo a consigliare il manifesto dell’era psichedelica, Live/Dead e i loro cavalli di battaglia, le dilatate versioni di St. Stephen e Dark Star e la seminale Viola Lee Blues, veri pezzi di storia e testimonianze di un periodo irripetibile.

L’estate dell’amore però finisce subito, aperta e chiusa da due festival storici: Monterey nel ’67 e Woodstock due anni dopo. Jerry e i Grateful Dead sono sfortunati protagonisti di ambedue le occasioni. A Monterey si esibiscono dopo Jimi Hendrix, rimanendo schiacciati dalla sua personalità; a Woodstock il loro live coincide con la tempesta di tuoni e fulmini che si abbatte sulla valle. A un certo punto Jerry, colpito da una scossa, sviene sul palco. È il peggior concerto della loro carriera, tanto che non finirà in nessuna delle testimonianze ufficiali.

Negli anni ’70 cambia tutto. Jerry ha imparato da autodidatta a suonare la lap steel guitar; è diventato un virtuoso. Come per molte band psichedeliche il suono dei Grateful Dead si sposta verso il country rock, di cui sono tra i fondatori. Arrivano i primi successi commerciali e il biasimo dei fan della prima ora; effettivamente da Workingman’s Dead pare di sentire un altro gruppo. Garcia avvia anche una dignitosa carriera solista.

Anche il suo chitarrismo ne risente, il suo stile diventa molto più regolarizzato nei canoni country. Se cercate sul web, la parola che troverete più spesso associata alla chitarra di Jerry sarà liquida; come la società teorizzata da Baumann, la sei corde di Garcia è sempre in trasformazione, a seconda dell’ispirazione e del feeling del momento e in balia delle tante influenze, dal jazz al blues, passando per il country. Influenze che però, almeno fino al ’69, non riescono a ingabbiare il chitarrista in un genere; anzi, contribuisce a crearne uno, quello psichedelico. Più che per la grande tecnica è forse proprio l’innovazione che spinge Rolling Stone a inserirlo al tredicesimo posto tra i chitarristi rock di ogni epoca.

Ma quello che non cambia è l’uomo. Grande esempio di coerenza e meno di scelte di vita, Jerry continua a sperimentare droghe sordo a ogni tentativo di farlo disintossicare, fino al buco nero dell’eroina negli anni ’80. Ha scelto come vivere e nessuno può dissuaderlo; continua così a suonare le sue amate chitarre, a demolire record di concerti – si contano a migliaia – e a fare lo stesso con la sua salute.

Quando il 9 agosto del 1995 la morte lo coglie nel sonno si trova al Serenity Knolls, un centro riabilitativo. È pronto a pagare il conto che le sue scelte gli impongono, alla fine di quello che è stato un lungo e strano viaggio.

Come titolava la raccolta dei Grateful Dead, What A Long Strange Trip It’s Been.

 Andrea la Rovere - Onda Musicale

Grateful Dead e Bob Dylan nel 1987




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