lunedì 5 luglio 2021

AMBIGRAM-“Ambigram”, di Mario Eugenio Cominotti

AMBIGRAM-“Ambigram”

Ma.Ra.Cash Records

Ascoltando “Ambigram”: cronaca del mio ascolto di questo primo album della band.

Di Mario Eugenio Cominotti


Anche per questo primo lavoro dei neo-nati Ambigram, che si presenta come gruppo formatosi dall’unione di musicisti di altissimo livello della scena musicale in tempi di pandemia ad eventi live bloccati, ho scelto il mio tipicamente personale approccio consistente innanzitutto in un primo ascolto dell'album, anche ripetuto ma brano per brano, cercando però di acquisire almeno inizialmente meno informazioni possibili, in modo tale da evitare qualsiasi pre-condizionamento e per non togliermi il gusto della sorpresa, se non della meraviglia nei casi migliori, salvo poi raccogliere più informazioni a tempo debito e spesso sorprendermi ulteriormente … Un po' come quando da giovane intraprendevo un viaggio e la voglia della scoperta e dell'avventura prevalevano sopra ogni cosa ...

Questo degli Ambigram è dichiaratamente un lungo e tortuoso viaggio per mare attraverso la rivisitazione dei suoi miti, in contrapposizione alla cruda attuale realtà urbana e il primo brano, Mediterranean Tale, di chiara matrice Progressive prevalentemente “Classic” è costellato da innumerevoli cambi di scenario ritmico e sonoro, ne costituisce quasi una vera e propria “Overture”.

Il brano apre in piena bonaccia, tra armonie ed arpeggi di chitarra e pianoforte che introducono la voce solista, da subito in primo piano, facendoci salpare accompagnati da melodie dal sapore già dal primo ascolto di Classico senza tempo, tra i colori acquarellati tipici dell'immaginario musicale mediterraneo ben consolidato … ma presto alla bonaccia si sostituisce una forte brezza, i ritmi accelerano e incalzano in continua evoluzione, dando spazio agli accenti preziosi ed ai colori prima della chitarra acustica e quindi dell'organo hammond... Il viaggio ha inizio ed alla chitarra acustica subentra liricamente quella elettrica … i cambi di scena continuano ad alternarsi in successione, come ad evocare una storia ancora tutta da raccontare, mentre il brano si conclude nel ritorno del tema iniziale sulle note fluide del pianoforte.

Inizia il secondo brano, Cerberus, fatico non poco a regolare il volume, tanto il livello audio è minimo, ma dopo 35 secondi, annunciato da un folgorante stacco di batteria, esplode un potentissimo riff palesemente crimsoniano, evidente manifesto e omaggio a chi il Prog lo ha maestosamente inventato: perfino il livello audibile, al limite dell'impercettibile, non può non richiamare l'introduzione di 21st Century Schizoid Man, primo brano del primo album del Re Cremisi, Culto Assoluto e Immortale quanto tuttora oggetto di Remix per clip pubblicitari intrisi di rozza e muscolare eleganza kistch distopico/elitaria per masse pronte a correre verso la scogliera del nulla… ma il riff incalza per meno di 30 secondi e improvvisamente cambia ancora tutto – … questi cambi repentini saranno uno dei tratti stilistici degli Ambigram per tutto lo scorrere di questo loro primo eccellente lavoro – la ritmica “heavy” si evolve e trasforma completamente diventando quasi saltellante, anche se sempre potentemente incalzante quanto inquietante; qui lo stile è davvero originalissimo e se mai devo proprio richiamare qualcosa dalla mia debole memoria questa mi suggerisce l'atmosfera limpidamente oscura dei primi lavori dei miei amatissimi Atomic Rooster.

Sopra la ritmica emerge subito nuovamente la forte voce di Francesco Rapaccioli, dal timbro e dallo stile personalissimo e potentemente espressiva anche nei registri più alti, mentre i cori che si alternano nelle parti vocali sono belli e potenti. Il passaggio del testimone è quindi presto affidato al bell'assolo di chitarra elettrica di Beppe Lombardo, dallo stile qui caratterizzato da un impatto ritmico immediato e da un piacevolissimo fraseggio arricchito da tante sfumature timbriche realizzate anche grazie ad un uso magistrale del pedale wha wha.

Sono già scivolati con grande e piacevole scorrevolezza oltre cinque minuti ma questo secondo brano non è ancora concluso ed improvvisamente tutto cambia di nuovo: una evocativa e solitaria voce di oboe sfuma in lontananza - … echi distanti che raccontano di una storia antica… Prince Rupert ? … scoprirò poi che di un reale e bellissimo oboe si tratta, suonato con perizia degna delle partiture di Debussy da Camillo Mozzoni, Ospite in questo ed in un successivo brano – concludendo così questo secondo brano dell'album degli Ambigram, lavoro che si conferma come annunciato magnificamente mostruoso … e con molte teste … diciamo almeno tre … Cerberus!

A questo punto prima di proseguire finalmente mi decido e interrompo l'ascolto per lanciare un ulteriore sguardo sempre rapidissimo ma più approfondito alle note di copertina ed al pdf del comunicato stampa di Ma.Ra.Cash RECORDS ( ! … l'Amico Massimo Orlandini ! ), venendo letteralmente sommerso da innumerevoli e piacevolissime sorprese, a partire dallo scoprire che il primo brano, Mediterranean Tale, è stato coprodotto dagli Ambigram addirittura insieme ad un amatissimo gigante gentile della Musica come Greg Lake, tra i più grandi Artisti Prog – King Crimson, EL&P … - e purtroppo scomparso nel dicembre 2016 che gli Ambigram ringraziano in particolar modo “Ovunque sia ora, per il supporto e l'aiuto nello sviluppo del progetto nel corso degli anni”.

Tante le collaborazioni e tutte di grande pregio, tra le quali per me spiccano alcune altre “vecchie conoscenze”, come la bravissima e simpaticissima Annie Barbazza, ospite qui e già anche con noi della JTBTB per un paio di brani nel concerto celebrativo del cinquantesimo anniversario del primo live dei Jethro Tull sul gran palco del Teatro Guanella di Milano nel 2018.

Nella Line up degli Ambigram ritrovo Max Marchini, impeccabile colonna portante ritmica della band al basso, insieme a Gigi Cavalli Cocchi alla batteria ed alle percussioni. Tra i collaboratori fondamentale il ruolo di Max Repetti, presente in tutti i brani con i molti interventi sempre estremamente calibrati e perfettamente funzionali al contesto musicale e del progetto. 

La più emozionante delle collaborazioni, con la partecipazione in due brani, come vedremo meglio più avanti, è per me quella del mio chitarrista italiano preferito, soprattutto per classe e genialità: sto parlando nientemeno che dell'insuperabile Paolo Tofani, lo storico chitarrista degli Area International POPular Group, che per me resta ancora una delle più grandi Band di musica totale e creativa in assoluto.

Con Pig Tree attacco al fulmicotone con la chitarra elettrica che infiamma un riff dal sapore metal tra staccati e armonici “a manetta”, prontamente però “domata” dal brusco e imperioso ingresso del potente cantato, con cambi di scena e tempo e continui “botta e risposta” con “i ragazzi – e le ragazze - del coro”. Quando poi emerge il “Solo” caratterizzato dal bel fraseggio ritmico e dalle timbriche “sporche” dell'organo Hammond distorto, per la mia gioia finiamo dalle parti delle sonorità tipiche dei miei carissimi Quatermass, tra incursioni di pterodattili in volo tra pareti gigantesche di cristallo … ma la chitarra non concede tregua e irrompe nuovamente concludendo il fantasmagorico sipario strumentale con uno spettacolare assolo tra suoni fuzz/phaser … apertura psichedelica e ripresa per il cantato tra continui colpi di scena, con la chitarra sempre protagonista … grande sviluppo per questo bel pezzo che si conclude trovando finalmente pace nell'apertura finale con il suono limpido e scintillante di un fluido pianoforte.

Con Sailing Home si torna in mare aperto, questa volta alla ricerca della rotta verso casa ... apre ancora un bell'arpeggio di chitarra sopra un prezioso gioco di piatti dal suono cristallino che introducono e assecondano cantato e cori, il pizzicato ritmico alternato ad accordi lunghi che accompagna la voce qui non può non farmi tornare in mente stilisticamente il miglior Sanders con i Police e perchè no, con i bei lavori successivi in duo nientemeno che con Robert Fripp … il brano prosegue non senza qualche richiamo esplicito al lato oscuro della luna e con i cori aperti e gli spettacolari vocalizzi solisti dell'Ospite Paola Folli le atmosfere immortalate dai Pink Floyd vengono ancora evocate in maniera più evidente, dando l'abbrivio alle vele verso la strada del ritorno (e con un brano dal titolo come Sailing home non poteva andare diversamente...) e ad un nuovo assolo di chitarra elettrica, questa volta in duetto lirico e sognante con la voce di Paola sul ritorno dei cori iniziali, fino al magico suono della chitarra che chiude il brano con un inaspettato e bellissimo accordo dissonante … oltre la tonalità …

Imaginary Daughter inizia con la voce che intona quella che inizialmente appare come una tipica Ballad senza tempo, introdotta da un ipnotico arpeggio di chitarra elettrica “a la Belew ...”, ma la prima delle sorprese arriva già con l'ingresso della batteria e del micidiale e incisivo basso “stones & bones” (era il nome di un preset della mia vecchia unità Proteus e questo timbro di Max me lo ha richiamato subito) che annuncia la subitanea e decisiva svolta del brano, lasciando alle spalle il sapore della ballata per annichilirci con un incalzante riff sul quale si scatenano voce solista e  cori - Annie Barbazza e Marco Rancati – che concludono questo sfolgorante intervento con una grande apertura ritmica e vocale ricca di armonizzazioni di pregio. Ma il bello deve ancora venire… su quella che appare come una “reprise” della ballad entra ancora con decisione la chitarra elettrica di Beppe con un assolo da brivido, tra armonici e tripudio di corde che fischiano con classe e gusto e Wha Wha degni dei migliori Uriah Heep – proprio loro … e per me restano quelli di Salisbury … - Stile classico e originalissimo allo stesso tempo quello di Beppe, bei suoni e vera grande espressività e feeling. Il brano prosegue e si conclude tra una ricchezza di dettagli ed emozioni che invitano a ripetuti riascolti con il piacere di sempre nuove scoperte.

L'Absynthe è forse il pezzo dell'album che preferisco, insieme al precedente ed a Cerberus. L'inizio mi ricorda (quasi un vero omaggio/cameo, anche se in chiave chitarristica anziché tastieristica) quello della meravigliosa Valentyne Suite dei migliori Colossem con Dave Greenslade all'Hammond, ma è giusto solamente una raffinata e rapidissima citazione per introdurre questo sesto bel brano dell'album, ancora solidamente condotto da voce e chitarra e come il resto dell'album registrato e mixato alla perfezione. Emerge a metà del brano il fulminante Assolo dell'Ospite Alieno, il grande Paolo Tofani, ben sostenuto dalla forte e puntualmente chirurgica ritmica di basso e batteria. Dopo un paio di stacchi inattesi quanto pregevoli irrompe improvviso un coro a canone/cappella degno dei migliori Gentle Giant. Il brano è un vero e proprio racconto per suoni e colori e prosegue tra continui sviluppi, concludendosi con un pianoforte lontano che sfuma nel finale.

Patchwork è un'altra perla sorprendente. L'inizio è nuovamente affidato alla chitarra acustica sulla quale torna l'oboe di Camillo Mozzoni con una semplice e preziosa introduzione al cantato per un brano fluido e altamente godibile, realizzato con una grande cura di suoni ed atmosfere. Dopo il ritorno dell'oboe con un fraseggio squisito e una reprise vocale il brano si sublima nel grande finale con il secondo visionario assolo di chitarra elettrica di Paolo Tofani, chiuso da una limpida scala discendente dell'oboe.

Pearls Before Swines conclude questo eccellente primo lavoro degli Ambigram richiamandomi ancora una volta con grande classe e virtuosismo sonorità e ritmiche care al Re Cremisi, anche se in questo caso il riferimento è decisamente più vicino alle formazioni più recenti (gli album in studio da THRAK in avanti per intenderci) e lo stile ed il sound degli Ambigram, per quanto spesso squisitamente amanti delle grandi citazioni, è già sempre ben caratterizzato e definito. Anche in questo brano non mancano le più eccitanti scorribande soliste della chitarra elettrica di Beppe – questa per me è una delle poche band attuali nelle quali l'attesa dell'immancabile assolo del chitarrista crea fortissime aspettative anziché preoccupare... – e il brano conclude l'album con un gran finalone dal sapore hard blues degno di uno spettacolare e sudatissimo live, che spero di poter presto apprezzare con questa pirotecnica formazione degli Ambigram.

Tutti i brani sono stati composti da Annie Barbazza, Gigi Cavalli Cocchi, Beppe Lombardo e Max Marchini.

L'album è stato registrato da Alberto Callegari @ Elfo Studios, missato da Alberto Callegari e Francesco Rapaccioli @ Elfo Studios, masterizzato da Tommy Bianchi @ White Sound Mastering, pubblicato da Poggeidon Edizioni Musicali.

Il CD è stato pubblicato nell'Aprile 2021 ed è distribuito da Ma.Ra.Cash Records www.maracash.com

Buon ascolto e… riascolto.




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