mercoledì 17 maggio 2023

Motus Laevus – “Sifr”, di Alberto Sgarlato

 


Motus Laevus – “Sifr”

(Felmay Records, 2023) 

di Alberto Sgarlato


Il nome di Edmondo Romano è molto conosciuto in vari ambienti musicali in tutta la Liguria. Nel circuito del rock progressivo è stato tra i fondatori di due band tra le più importanti della “rinascita” del genere in Italia a fine anni ‘80, gli Eris Pluvia e gli Ancient Veil; inoltre ha collaborato con svariati artisti (tra cui Fabio Zuffanti in diversi progetti, primo fra tutti Hostsonaten). Nell’ambito del cantautorato ha spesso affiancato il compianto Vittorio De Scalzi, in duo o in un contesto di band. Grande collezionista di strumenti a fiato provenienti da tutto il mondo, spesso Romano tiene degli avvincenti “showcase” di etnomusicologia nei quali illustra alcuni pezzi della sua collezione, ne illustra le origini, la tecnica e il funzionamento ed esegue alcune musiche legate alle tradizioni alle quali questi strumenti appartengono. Infine, sotto le festività natalizie, non è raro incontrarlo in abiti tradizionali in giro per i “caruggi” degli antichi borghi liguri a tenere alta la nobile tradizione degli zampognari.

In questo nuovo progetto, denominato Motus Laevus, potremmo dire di essere nuovamente nel territorio dell’etnomusicologia, anche se questa etichetta è decisamente limitante e tra poco scopriremo perché.

La formazione si struttura come un trio; oltre al già citato Edmondo Romano (al sax soprano, clarinetti, chalumeau e fluier), troviamo la pianista, tastierista e cantante Tina Omerzo, che ha alle sue spalle una solidissima formazione accademica fatta di musica classica, contemporanea e le più ardite forme di avanguardia, sperimentazione e ricerca sonora; e infine, con un parco strumenti impressionante, Luca Falomi; questo artista ha esperienza nel jazz, nella musica afro-cubana, nella musica mediorientale, nel cantautorato e, tra le varie tracce di questo disco, si destreggia tra chitarre acustiche, elettriche, classica, a 12 corde, chitarra baritono e basso acustico.

Etnomusicologia, dunque, dicevamo. Sì e no, in quanto la tracklist dell’album comprende due soli brani popolari della tradizione macedone, intitolati Brala Jana Kapini e Jovano Jovanke. Completa il trittico di titoli non originali Longa Nihavend, del compositore turco Kemani Kevser Hanim (molto rivisitata). Tutto il restante materiale del disco è firmato dai tre strumentisti in combinazioni differenti, talvolta da uno di loro da solo, talvolta a quattro mani da due componenti su tre. La formazione, infine, è completata da due ospiti: Max Trabucco alla batteria e percussioni e Alessandro Turchet al contrabbasso.

Facciamo ora una breve riflessione sul titolo: “Sifr” in arabo significa “Zero”, o “vuoto”. Per estensione, gli antichi romani da Sifr mutuarono la loro parola “Zephirum”, un vento che nasce da una forma di energia quasi impalpabile, appunto un nulla, un vuoto, e cresce fino a farsi sentire. E da “Sifr” deriva anche la parola italiana “Cifra”: ecco, di nuovo un qualcosa che parte da zero ma diventa tangibile, che cresce fino a infinito.

E tutto quanto appena detto descrive perfettamente le coordinate dei nostri Motus Laevus: un sound che in maniera delicata, gentile, eterea, quasi impalpabile, cresce attimo dopo attimo, nota dopo nota, entra nel cuore dell’ascoltatore brano dopo brano. E in esso confluisce un tutto: c’è il jazz, il canto popolare, la tradizione balcanica, un tocco fusion, l’approccio accademico, una spruzzata di prog.

Anche questo loro secondo album, come il precedente intitolato “Y”, vede la produzione di due grandi artisti, compositori, arrangiatori e produttori, conosciuti nel mondo soprattutto per il loro importante lavoro nel mondo delle colonne sonore: Pivio e Aldo De Scalzi.

Trovare delle coordinate per descrivere la musica a parole spesso è difficile. Nel caso dei Motus Laevus è praticamente impossibile, visto lo sconfinato background musicale dei tre artisti in questione, che fanno confluire nell’amalgama generale tutte le loro influenze e il loro vissuto con gusto, sapienza ed elegante sobrietà.

Tutt’al più si possono lanciare qui e là degli indizi di massima, del tipo “se vi è piaciuto x, potreste apprezzare anche y”. 

E allora, pur ricordando che certi paragoni vanno raccolti col beneficio del dubbio, diciamo che se avete amato il jazz etnico degli Oregon guidati da Ralph Towner, se vi siete commossi per le melodie balcaniche di Jean-Marc Zelwer, al limite se vi siete lasciati suggestionare dalla etno-fusion dei primissimi Shadowfax (ma senza quella preponderante componente elettronica) potreste trovare nel sound dei Motus Laevus quello che fa per voi. Sottolineando ancora una volta che non si tratta di similitudini ma di un semplice “mood”, molto remoto, nel concepire la musica senza confini.


Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

1. Longa nihavend (Kemani Kevser Hanim)

2. Brala Jana kapini (Tradizionale macedone)

3. La tredicesima ora (Luca Falomi)

4. Misel vode (Tina Omerzo

5. Kucuk kus (Edmondo Romano)

6. Fondaco (Luca Falomi)

7. Taksim (Edmondo Romano, Tina Omerzo)

8. Jovano Jovanke (Tradizionale macedone)

Formazione:

Tina Omerzo: voce, pianoforte, tastiere

Edmondo Romano: sax soprano, clarinetti, chalumeau, fluier

Luca Falomi: chitarra acustica, classica, baritono, 12 corde, elettrica, basso acustico

Ospiti

Max Trabucco: batteria, percussioni

Alessandro Turchet: contrabbasso





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