giovedì 31 agosto 2023

Riccardo Storti rispolvera una sua intervista a Riccardo Zappa, relativa all'album "Trasparenze"

 



Intervista a Riccardo Zappa intorno a "Trasparenze"

Di Riccardo Storti


Nella primavera del 2020 stavo lavorando ad alcune schede discografiche relative al 1980 per quello che sarebbe diventato un volume dedicato a quell'anno; mi riferisco a 80 x 100, curato da Paolo Carnelli e giunto alle stampe lo scorso giugno. Tra i lavori proposti, anche Trasparenze, di Riccardo Zappa, un LP da riscoprire e da fare conoscere per bellezza estetica ma anche per complessità strutturale e ricchezza di dettagli.

Proprio perché volevo capirne di più, in fase di revisioni (quindi intorno a dicembre 2020), decisi di contattare il compositore lombardo per rivolgergli alcune domande puntuali circa quello che mi stavo chiedendo da 40 anni. Sì, perché io conosco Trasparenze da quando fu pubblicato e lo adocchiai nella collezione di una cara amica d'infanzia (Antonella Fasce) che, colpita dalla mia curiosità, non esitò a donarmi il vinile.

Peccato che poi la scheda non sia stata pubblicata: ho compensato riportando la mia analisi sul mio blog; a questo punto mi sono chiesto se non fosse anche il caso di divulgare l'intervista (di cui l'interessato fu messo al corrente già nel 2020) e di proporla alla redazione di Mat2020. Buona lettura.

Qual è la genesi dell'album e come si differenzia rispetto ai precedenti?

Trasparenze è, cronologicamente, il mio terzo album, preceduto da Celestion e Chatka. Di questi, il primo è un tipico album d' esordio, dove capisci se il tuo linguaggio può essere, o meno, compreso dalla gente; mentre il secondo ha avuto una genesi più complessa e ragionata. Trasparenze, dunque, è l'opera delle conferme e delle grandi aspettative; segna il passaggio editoriale dalla piccola ed “alternativa” (oggi si direbbe “indie”) Divergo a DDD/RCA. Il contratto prevedeva la realizzazione di ben cinque album in cinque anni. Qualsiasi autore, con una simile prospettiva, concepisce le cose assai più serenamente.

La chitarra a 12 corde prevale e viene usata anche come strumento solista: come si inquadra questo passaggio rispetto alla 6 corde?

Vidi una Ovation 12 corde nella vetrina di Milanfisa; e qui bisogna contestualizzare: mentre oggi tutti i chitarristi possono dibattere compiutamente di qualsiasi strumento esistente, in quegli anni era un miracolo poter avere fra le mani un microfono professionale, un amplificatore o una chitarra veramente innovativa. Come in altre innumerevoli occasioni della mia avventura musicale, acquistai quella 12 corde confidando che la sorte avrebbe portato qualcosa di positivo.

Come arriva il cameo di Venditti?

In quel periodo Antonello stava al castello di Carimate sia per impiegarne gli studi di registrazione, ma anche per viverci a tempo pieno. Dunque, ci conoscemmo perché un giorno venne dove io stavo lavorando, e, assai simpaticamente, fu lui a propormi di intervenire vocalmente; cosa che accettai di volata.

Cosa ricordi delle session in studio al Castello di Carimate? Come è stato lavorare con i musicisti? Calloni, Tempera, Clark, Preti e Pellegrini...

Il Castello di Carimate era un luogo incantato: una sera arrivò Lucio Dalla, che seguì, seduto in poltrona, le registrazioni di 56 misure inedite gustandosi un bicchiere di Bourbon. Ed ancora: è capitato che stessi riflettendo su quale potesse essere lo strumento più adatto a portare il tema finale di Trasparenze, quando dalla vetrata della regia, che dava sul cortile del castello, vidi entrare un tir rosso con la grande scritta bianca Pooh. Loro, infatti, stavano lavorando nello studio attiguo al mio.

La prima cosa che venne scaricata erano delle campane tubolari, e sono proprio quelle che si sentono nella mia traccia, già che, molto gentilmente, Stefano D' Orazio acconsentì che mi fossero messe a disposizione. Se oggi è prassi comune realizzare i progetti discografici tramite lo scambio a distanza di files, in quel periodo era normale, viceversa, un'interazione profonda fra tutti quanti noialtri musicisti.

Da dove nasce l'idea di utilizzare anche sonorità elettroniche, regalate non solo dai sintetizzatori analogici, ma anche da certi effetti utilizzati per le chitarre?

È un'idea che parte da lontano, cioè da quando compresi, sin da Celestion, che avrei dovuto assolutamente cambiare il suono della mia chitarra classica. Quindi, se impiego un determinato effetto, è perché cerco di accompagnare l' ascoltatore verso atmosfere mai sentite prima.

Trasparenze: il tema iniziale ha un'ispirazione rinascimentale?

Sì, ma non solo; ho avuto il piacere di essere riuscito a sviluppare un attraversamento di diversi stili musicali. Ma ciò non basta. Credo che quel brano contenga una serie di sequenze, di intervalli di tono, che, ancora oggi, permangono assai efficaci e presenti negli ascoltatori. Gli autori non sanno bene cosa sia a scatenare questo prodigio, altrimenti si potrebbe replicare sempre tale formula.

Ascoltando brani come Synthesis e Datsun Blues, ti chiedo: quanto c'è di rock in questo disco?

I miei album sono sempre a rischio di apparire disomogenei per l'alternarsi di una proposizione classica, subito seguita da un'altra decisamente rock, ed un'altra ancora, folk. Se si è in grado di gestire diversi stili musicali, bene sia il proporli senza paura. Una scelta che condivido con molti colleghi autori consiste nel non ascoltare troppa musica altrui. Ciò consente di evitare, anche inconsciamente, di impiegare spunti compositivi sfacciatamente rispondenti ad altri.

56 misure inedite: sembra quasi un preludio tardo-rinascimentale per strumento a tastiera (un clavicordo) o per liuto.

Sì, è un tipico brano che può prendere vita solo impiegando una 12 corde, Dopo di che, meglio ancora se sia ugualmente godibile suonato da una classica, da un'arpa o da un pianoforte.

Archipelagos Aegeon: contatti con la musica popolare-folk mediterranea?

Certo, ho sempre avvertito molte affinità con la musica strumentale greca e turca, forse perché è caratterizzata dall'impiego della doppia corda.


Così diversa... Eppure...: fingerpicking didattico?

Lo dice il titolo: trattasi di una sonata unica nell' intera mia produzione. Questo brano è oggetto di studio per i principianti, dato che non presenta particolari difficoltà d' esecuzione.

Hai qualche aneddoto da legare a questo disco?

Curiosamente, una delle domande che Gerry Scotti ha presentato in uno dei suoi giochi a quiz è stata: "Suonava Trasparenze". Che la risposta fosse “Riccardo Zappa”, e che il concorrente avesse risposto giustamente, può stabilire che si tratta di un album di nicchia fin che si vuole, ma forte di alcuni contenuti fruibili da tutti, come, appunto, il brano citato qualche riga sopra (Così diversa...eppure...)





lunedì 28 agosto 2023

La musica di Nick Drake attraverso la proposta di Alessandro Pizzin/ALIENO deBOOTES

 


A proposito della musica di Nick Drake

Alessandro Pizzin (a fine articolo un sunto della sua bio) lo ha scoperto nel 1972 e non si più allontanato, incrociando con lui esperienze musicali testimoniate da alcuni video a seguire…

 

Nel 1990 con il WIND PROJECT




Nel novembre del 2005 con uno spettacolo da lui scritto e diretto, LE COSE DIETRO AL SOLE- realizzato all'epoca in compagnia di Claudio Valente, Marian Trapassi, Simone Chivilò, Nicola Gomirato, Franco Moruzzi, Ruggero Lazzari, Alessandro Caraffa e Tiziano Valente - che a causa di problemi organizzativi non è riuscito poi a trovare occasioni per ulteriori repliche.

Si trattava di un racconto della vita di Nick Drake attraverso la testimonianza di un suo amico giornalista (impersonato dall'attore Ruggero lazzari) che in mezzo al pubblico raccontava la sua esperienza alternandosi con una band di otto elementi che sul palco eseguivano alcuni brani del repertorio di Nick (da Pizzin arrangiati ed elaborati). 


NICK'S MEDLEY




PINK MOON

https://youtu.be/NNS0BN9zxT8


BEEN SMOKING TOO LONG

https://youtu.be/RlP-k2I-HPo


RIVER MAN

https://youtu.be/lmOo--ZIKpM


CLOTHES OF SAND

https://youtu.be/1LuznYZMy5c


TOW THE LINE

https://youtu.be/go32jFXvsh8


NORTHERN SKY

https://youtu.be/PSxWh49HC7U

 

Qualche testimonianza fotografica

 

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/2005-11-25.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_2.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_3.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_4.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_5.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_6.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_7.htm

http://www.musicacontinua.com/2005-2006/foto-2005-11-25_8.htm

 

Alessandro Pizzin/ALIENO deBOOTES

Nato nel 1959 in terraferma veneziana da genitori italiani e mezzi austriaci, Alessandro Pizzin ha sempre avuto uno stretto rapporto con la musica grazie alla passione condivisa tra genitori e fratelli - essi stessi musicisti a vari livelli.

Fin dalle sue prime significative esperienze musicali, la sua curiosità verso le possibili frontiere del suono è stata la luce guida del suo approccio all'arte del suono.

Il suo percorso di ricerca si è sempre evoluto nella consapevolezza delle infinite combinazioni nelle quali suoni e rumori possono essere organizzati per creare musica creativa nuova e in continua evoluzione. Da qui la sua autodefinizione di "fonico".

A partire dai primi anni Ottanta con la sua band pop sperimentale RUINS ha registrato vari album, esibendosi spesso in gallerie d'arte utilizzate per eventi multimediali.

Da allora è stato anche membro fondatore di altri progetti, come HEX, HAKKAH, GRAMPUS, WIND PROJECT e, più recentemente, THE BOOTES TRIO."

Dalla seconda metà degli anni '90 in poi si dedica al lavoro di produttore indipendente, che varia tra tutti i generi musicali, dal pop alla musica sperimentale, continuando nell'ottica di collaborare con terzi, mettendo al servizio la sua competenza per offrire creatività e quindi delle opportunità per musicisti altrettanto interessati e curiosi.

Ad oggi, sotto il suo soprannome Alieno DeBootes, si concentra principalmente sul recupero di materiale d'archivio e contemporaneamente si dedica alla registrazione di nuove composizioni per evidenziare il suo passato e presentare la dimensione creativa personale.





domenica 27 agosto 2023

JOHN GREAVES / ANNIE BARBAZZA - “EARTHLY POWERS”- Commento di Andrea Pintelli


 

 JOHN GREAVES / ANNIE BARBAZZA

“EARTHLY POWERS”

Commento di Andrea Pintelli


01/09/2023: segnatevi questa data, perché sarà l’uscita di uno splendido disco a nome John Greaves e Annie Barbazza. Sinceramente credo che non abbiano bisogno di presentazioni, essendo il primo una colonna della Musica con la “M” maiuscola e la seconda una delle migliori espressioni delle nuove leve a livello mondiale. Intitolato “Earthly Powers”, e pubblicato dalla benemerita Dark Companion Records di Max Marchini, raccoglie una manciata di canzoni che i due hanno eseguito durante il loro tour europeo. John e Annie si sono recentemente esibiti (5 agosto 2023) a Piacenza, in uno straordinario concerto/evento in compagnia di alcuni amici rispondenti ai nomi di Jakko Jakszyk, Mel Collins, Régïs Boulard, Laurent Valero. Di certo non gli ultimi arrivati. Ecco le dichiarazioni dei due artisti e del loro produttore Max Marchini che vi serviranno a capire l’impostazione di questo importante lavoro:

“Questo album è composto solo da registrazioni dal vivo: niente sovraincisioni, niente trucchi. Annie e John sono in tournée in tutta Italia e Europa con una tracklist in continua evoluzione, solitamente decisa all'ultimo minuto prima di salire sul palco. Esso raccoglie alcune delle canzoni, per lo più scritte da John, che costituiscono il nucleo principale dei loro spettacoli. A volte eseguono parte del repertorio di Annie, come Moonchild o Epitaph di Greg Lake mentre si esibiva al Rock In Opposition Festival a Lione nel maggio 2019. A volte eseguono Working Class Hero di John Lennon, a volte anche alcune canzoni di David Bowie, e molto spesso Sea Song di Robert Wyatt che qui abbiamo omesso perché inclusa nel primo album di John Greaves per la Dark Companion Records, intitolato semplicemente “Piacenza”, dove Annie recita al piano e alla voce in quel capolavoro, registrando la loro prima esibizione insieme nel lontano 2014. John è un grande amico di Robert Wyatt e hanno collaborato molte volte insieme. Con Annie Barbazza e The North Sea Radio Orchestra hanno registrato e ha suonato Rock Bottom come risultato dell'acclamato album “Folly Bololey”, per la nostra etichetta. Per me è una tale gioia sentirli e vederli esibirsi insieme. C'è una profonda intesa tra Annie e John; lei conosce la musica di John fin dalla tenera età: abbastanza raro per una ragazza di 16 anni entrare in un negozio di dischi e comprare un disco in vinile, soprattutto se è “Leg End” degli Henry Cow. Quindi è stato naturale e istintivo per me presentare John ad Annie e lo straordinario risultato è quello che ascolterete in questo album sincero, registrato in quattro sedi, tutte diverse le une dalle altre, ma condividendo il comune denominatore che il proprietario è una persona meravigliosa.”

Max Marchini. Piacenza, luglio 2023


“Io e Annie lavoriamo insieme da alcuni anni ormai. Il suo approccio istintivo alle mie canzoni corrisponde al mio bisogno di ridefinirle costantemente. Ne abbiamo registrata parecchia di roba insieme e ho avuto il piacere di partecipare al suo bell’album da solista "Vive". Sono entusiasta di sentirla fare suo quello che un tempo era il dominio di Dagmar Krause e Lisa Herman. Ecco cosa facciamo dal vivo, comprese alcune rispettose (spero) cover dei grandi. Spero vi potrà piacere…”

John Greaves. Parigi, luglio 2023.


“Ho sognato di incontrare John da quando mi è stata presentata la sua musica. Avendo poi avuto l'opportunità di diventare amici e fare musica insieme, nel corso degli anni mi ha cambiato la vita. Ammiro molto John, amo la sua poetica e gli sarò per sempre grata per aver dipinto i sogni dai colori vivaci di una bambina. Questo album raccoglie alcune delle nostre ultime esibizioni dal vivo in duo. Benvenuti allo spettacolo.”

Annie Barbazza. Torino, luglio 2023.


Il disco si apre con God Song dei Matching Mole, band post Soft Machine per Robert Wyatt (co-autore del pezzo insieme a Phil Miller), che Greaves affronta da solo accompagnandosi al pianoforte. Interpretazione sentita ed esecuzione da manuale. Bad Alchemy, dal repertorio degli Henry Cow, vede l’ingresso in scena di Annie, ed è subito magia. L’apparentamento all’unisono delle due voci sorprende, anche perché stiamo parlando di musica avente partiture particolarmente complicate. Un grande applauso. Twenty-two Proverbs proviene da “Kew-Rhône”, album del 1977 ad opera di John Greaves, Peter Blegvad e Lisa Herman; la lunga scia delle emozioni è di grande spessore, come la tecnica che i musicisti dimostrano confermandosi passaggio dopo passaggio. Kew-Rhône, dall’omonimo album anzidetto, trova nella voce di Annie un oggettivo surplus e il brano ne guadagna. Ascoltatela attentamente e capirete il perché: la ragazza vola e fa volare. Swelling Valley, dal repertorio più recente di Greaves, di per sé maggiormente melodica rispetto alle precedenti, travolge per la sua dolcezza temperata, con John a condurre i giochi. Rintocchi di beltà che lasciano il segno. The Song proviene, come la precedente, da “Smell of a Friend” del 1988 dei The Lodge, band di cui faceva parte anche Blegvad. Poesia pura, impressionante per resa. How Beautiful You Are, uno dei capisaldi della vasta discografia del nostro, viene qui affrontata con profondità e delicatezza. John a farne da apripista, Annie a rinsaldarne l’incanto. Splendore immenso. Chapeau! Walking On Eggshells, presente in “Piacenza” album del 2015, offre una visione aggiuntiva della poliedrica capacità compositiva di Greaves, capace di arrivare a picchi di suggestione di raro splendore. Dead Poets è commovente fin dal primo rintocco di piano. Non esistono in essa emozioni positive comprimarie: sono tutte protagoniste. Di non comune gioia per l’anima. The Price We Pay ha armonia da vendere, qui elevata dalla soave voce di Annie, capace, sicura e sempre più matura. Non si può non elogiarla: è un fiore che ad ogni ascolto rivela colori nuovi e vividi. Summer On Ice ha carattere e forza, musicalmente netta e decisa. Ancora una volta con le voci a farci raggiungere vette emozionali spesso sconosciute. The Green Fuse riporta ad atmosfere maggiormente rilassate, ma dove il ritmo rallenta, l’eccitazione avanza con trepidante vigore. To Make You Feel My Love del maestro (di tutti) Bob Dylan, chitarra e piano, è una cover fenomenale. Da lacrima. Canzone meravigliosa di per sè, viene qui ulteriormente abbellita da fascino e virtù. In Hell’s Despite, scritta dal solo Peter Blegvad, ha tratti d’invocazione, quasi una preghiera profana. La gradevolezza che i due regalano è amabile e fortemente piacevole. Una carezza in musica. Avalanche del geniale Leonard Cohen è la seconda cover di questo disco, ed è affrontata con rispetto e ispirazione. Elegiaca. Earthly Powers ha tratti di maggiore disincanto e relax rispetto alle altre tracce. Posta al punto giusto della scaletta, la arricchisce per diversità a tinte tenui. Un florilegio di sorrisi. Potente, appunto. In Te, prima song tratta dal già ricco catalogo di Annie, è un caldo e caloroso abbraccio, una dedica al bene supremo che personalmente non trova paragoni con altri autori. Fa innamorare fin dal primo ascolto, come fosse un’estensione della volontà di rimanere gravidi di affetto. È in quei momenti che si può tutto. Lotus Flower, piano e voce di Annie in solo, ferma il tempo. Quasi non è più necessario il respiro, perché si è rapiti in maniera completa dalla meraviglia che lei ha in sé e che ci dona. Immensa. Time, ultima canzone di quest’opera, chiude il sipario con suprema bellezza. Voce di John e armonium indiano di ms. Barbazza. Minimale e prodigiosa.

I dischi dovrebbero essere tutti così: sinceri, nobili (in senso positivo), luccicanti, in modo da lasciare e rilasciare felicità anche ad ascolto concluso. Imperdibile. Abbracci diffusi.

 

Tracklist: 

01. God Song (Wyatt/Miller) 2:46 John Greaves solo 

02. Bad Alchemy (Greaves/Blegvad) 3:04 

03. Twenty-two Proverbs (Greaves/Blegvad) 3:37 

04. Kew-Rhône (Greaves/Blegvad) 5:17 

05. Swelling Valley (Greaves/Blegvad) 3:19 

06. The Song (Greaves/Blegvad) 5:06 

07. How Beautiful You Are (Greaves/Blegvad) 3:44 

08. Walking On Eggshells (Greaves) 3:31 

09. Dead Poets (Greaves) 3:43 

10. The Price We Pay (Greaves) 2:50 

11. Summer On Ice (Greaves) 3:01 

12 The Green Fuse (Greaves/Thomas) 4:53 

13. To Make You Feel My Love (Dylan) 3:15 

14. In Hell’s Despite (Blegvad) 3:31 

15. Avalanche (Cohen) 4:20 

16. Earthly Powers (Greaves) 4:55 

17. In Te (Greaves/Marchini/Barbazza) 5:20 

18. Lotus Flower (Barbazza) 2:37 Annie Barbazza solo 

19. Time (Greaves) 2:31


John Greaves: vocals, piano

Annie Barbazza: vocals, acoustic guitar, piano on 18, indian harmonium on 19.  

Prodotto da Max Marchini.

 

Tracce 1-7 registrate da Luca Frigo e Alberto Callegari al concerto degli Henry Now a Piacenza, per “Musiche Nuove a Piacenza Festival” il 18 novembre 2022. 

Tracce 8-14 registrate da Simone Sfameli al Curva Minore Festival, Palermo il 28 aprile 2023. 

Tracce 15-17 registrate da Daniele Menegatti al Club il Giardino, Lugagnano (VR) il 9 marzo 2023. 

Tracce 18-19 registrate a una festa privata agli Elfo Studios di Alberto Callegari il 28 settembre 2021.

 

Tutte le tracce sono state mixate e masterizzate da Alberto Callegari pesso l’Elfo Studios tra giugno e luglio 2023.





sabato 26 agosto 2023

È mancato Bernie Marsden, chitarrista inglese che aveva fatto parte della prima formazione degli WHITESNAK


È mancato ieri 25 agosto, all’età di 72 anni, Bernie Marsden, chitarrista e compositore inglese, nato a Buckingham, Inghilterra, il 7 maggio 1951, considerato uno dei più grandi chitarristi rock e blues di tutti i tempi.

Marsden ha iniziato la sua carriera musicale nei primi anni '70, suonando con diverse band, tra cui UFO, Glenn Cornick's Wild Turkey, Cozy Powell's Hammer e Babe Ruth. Nel 1978 ha co-fondato i Whitesnake con David Coverdale, con cui ha registrato i primi cinque album della band e il live album Live In The Heart Of The City. Marsden ha lasciato i Whitesnake nel 1982 per intraprendere una carriera solista, pubblicando diversi album e tour.

Marsden è stato un chitarrista molto influente, e il suo stile ha ispirato molti altri musicisti. È stato anche un abile compositore, e ha scritto o co-scritto molti dei classici dei Whitesnake, tra cui "Fool for Your Loving", "Here I Go Again" e "Still of the Night".

La sua morte ha provocato un grande shock per il mondo della musica, e molti musicisti hanno espresso il loro dolore sui social media.

Ecco alcuni dei tributi che sono stati fatti a Bernie Marsden dopo la sua morte:

"Bernie Marsden era un chitarrista fantastico e un grande amico. Mi mancherà molto." - David Coverdale

"Bernie Marsden era un maestro della chitarra e un vero musicista. La sua musica continuerà a vivere per sempre." - Ritchie Blackmore

"Bernie Marsden era un chitarrista brillante e un grande talento. La sua musica mi ha ispirato per molti anni." - Joe Bonamassa







giovedì 24 agosto 2023

Un ricordo di Charlie Watts che ci lasciava due anni fa

Ricordiamo oggi Charlie Watts, batterista britannico, componente dei Rolling Stones dal 1963 fino alla sua morte avvenuta il 24 agosto 2021, all'età di 80 anni, a causa di un male incurabile.

È considerato uno dei più grandi batteristi di tutti i tempi e ha contribuito a definire il suono degli Stones con il suo stile elegante e raffinato.

Watts nasce a Londra il 2 giugno 1941. Inizia a suonare la batteria da adolescente suonando in vari gruppi jazz e blues prima di unirsi ai Rolling Stones nel 1963.

I Rolling Stones  diventano uno dei gruppi rock più popolari al mondo e Watts  uno dei membri più iconici della band.

Watts era noto per il suo stile di batteria preciso e raffinato. Ha evitato di usare effetti o virtuosismi, concentrandosi invece su un ritmo solido e un suono potente. Il suo stile è stato una parte essenziale del suono della band, e ha contribuito a creare un sound unico che ha influenzato generazioni di musicisti.

Oltre al suo lavoro con i Rolling Stones, Watts ha anche collaborato con altri artisti, tra cui Miles Davis, John Coltrane e Eric Clapton. Ha anche pubblicato un album solista nel 2004, intitolato "A Life in Eleven Pictures".

È stato un'icona della musica rock e la sua influenza si sente ancora oggi.

Watts è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1989.




TRASIMENO PROG FESTIVAL (4° EDIZIONE) 17 – 20 AGOSTO 2023- Commento di Evandro Piantelli e Umberto Montanari

 



TRASIMENO PROG FESTIVAL (4° EDIZIONE) 17 – 20 AGOSTO 2023

Commento di Evandro Piantelli con la collaborazione di Umberto Montanari

 

In questi ultimi anni gli appassionati di progressive rock hanno visto con rammarico una diminuzione dei festival musicali a loro dedicati, così numerosi fino a non molto tempo fa. Tra le manifestazioni sopravvissute c’è il Trasimeno Prog Festival,che quest’anno ha tenuto regolarmente la sua quarta edizione.

Il Festival è organizzato dall’Associazione Trasimeno Prog, che ha come presidente il simpatico Massimo Sordi ed una numerosa schiera di collaboratori, tra i quali mi limiterò a nominare l’instancabile ed onnipresente Alfredo Buonumori (uomo dalla pazienza apparentemente infinita).

Come tutti i festival che si rispettino la manifestazione umbra ha avuto un’anteprima, una ricca rassegna e numerosi eventi collaterali, tutti di estremo interesse. Vediamoli cronologicamente nel dettaglio.

 

ANTEPRIMA DEL FESTIVAL – PERUGIA, 17 AGOSTO

Nella splendida cornice dei Giardini del Frontone di Perugia si è svolta nella giornata di giovedì quello che potremmo chiamare l’Antefestival, un ricco antipasto che prevedeva la presenza di due band interessanti e al quale ha partecipato un pubblico molto attento, composto da alcune centinaia di appassionati. La prima band a salire sul palco è stata quella dei ASTRA ARCANA, un gruppo che finora ha pubblicato un solo EP, ma che sta lavorando alacremente ad un secondo lavoro, per il quale è in corso il crowfunding. Il genere proposto da questi ragazzi spazia tra il neo-prog, lo space rock ed il metal. La performance, seppur disturbata da qualche problema tecnico, è risultata gradita ai presenti ed è servita a “rompere il ghiaccio” e a dare il via ufficialmente al Festival.


Ma la band più attesa in questa serata era IL BACIO DELLA MEDUSA, un gruppo che giocava in casa in quanto tutti i suoi componenti sono della provincia di Perugia e molti dei presenti erano venuti appositamente per ascoltare la loro musica. Tra l’altro la band ha appena pubblicato un nuovo disco dal titolo “Imilla” (un concept dedicato alla figura di Monika Ertl, eroina della rivoluzione boliviana, uccisa nel 1973) uscito il 25 agosto per la AMS Records, e quale migliore occasione per presentarne qualche brano dal vivo? Infatti, la band ha iniziato il concerto con alcuni pezzi tratti da “Seme”, il suo penultimo album in studio, per poi proseguire con pezzi della produzione più vecchia (“Requiem per i condannati a morte”, “Melancolia”) e con addirittura una cover, “Musica ribelle” di Eugenio Finardi, per poi lasciare spazio al nuovo disco, dal quale sono state eseguite “La Dolorida”, “Zio Klaus”, “Dentro Monika qualcosa non va” e “Lo specchio di Hans Ertl”.

Anche le nuove canzoni sono state accolte calorosamente dal pubblico presente. Per la conclusione del concerto è stata scelta “De luxuria, de ludo et de tabernae”, un pezzo che il pubblico ha cantato a gran voce con la band. Poi il gruppo è tornato sul palco per il bis, proponendo “Simplicio”, tratta da “Deus lo vult”, con la quale Il bacio della Medusa (Simone Cecchini – voce e chitarra, Eva Morelli – flauti e sax, Andrea Morelli – chitarra, Diego Petrini – batteria, e Federico Caprai - basso) ha salutato tutti i presenti. Un’anteprima del festival davvero col botto!

 


PRIMA GIORNATA – CASTIGLIONE DEL LAGO, 18 AGOSTO 

Abbiamo parlato di eventi collaterali al Festival. Il primo di questi è stato l’incontro, avvenuto in una bella piazzetta del centro storico di Castiglione con vista sul Lago Trasimeno, con lo scrittore Walter Gatti che, intervistato da Alfredo Buonumori (che ha curato tutti gli incontri con gli autori) ha presentato il libro “Essenza. Vite di Claudio Rocchi”, dedicato al cantautore milanese scomparso nel 2013 (ma una definizione sola non basta per questo straordinario personaggio) protagonista della scena musicale degli anni ’70 del secolo scorso.

Ma il luogo magico in cui il Festival ha trovato la sua sede è la bellissima Rocca medioevale che domina il lago e all’interno della quale si tengono i concerti. Il primo gruppo a salire sul palco è stata la ALDO TAGLIAPIETRA BAND. L’artista veneto, che non ha certo bisogno di presentazioni, dopo essere stato per oltre quarant’anni la “voce” delle ORME, dal 2009 ha intrapreso una interessantissima carriera solista. La serata era dedicata alla celebrazione dei 50 anni dalla pubblicazione del capolavoro “Felona e Sorona”, un album cha ha segnato un’epoca. Ecco la scaletta completa: “Insieme al concerto”, “La porta chiusa” “Felona e Sorona” (eseguita integralmente dopo una breve presentazione da parte di Aldo), “Amico di ieri”, “Gioco di bimba”, “Sguardo verso il cielo”, per concludere con “Collage”.  Aldo Tagliapietra è salito sul palco con la sua chitarra a doppio manico (basso e 12 corde), accompagnato da una band giovane, ma di tutto rispetto: Matteo Ballarin – chitarre, Andrea De Nardi – tastiere, Manuel Smaniotto – batteria e Andrea Ghion - basso. Inutile dire che le emozioni sono state fortissime tra gli spettatori presenti sulle gradinate della Rocca che, tra l’altro, registrava il tutto esaurito, con standing ovation alla fine del concerto.

La pausa per il cambio palco è stata l’occasione per la presentazione del libro di Lelio Camilleri “Il suono del progresso”, nel quale l’autore si sofferma sul ruolo svolto da alcuni gruppi (in particolare Beatles, Caravan e King Crimson) nel genere progressive.

Dopo di che è stata la volta della band genovese LA MASCHERA DI CERA, che nel 2023 ha intrapreso il tour del ventennale (in realtà gli anni sono 21, ma la pandemia ha impedito di rispettare la scadenza), che ha visto i cinque musicisti impegnati in un tour che ha toccato anche diverse città europee (compresa anche la Gran Bretagna). La formazione attuale della Maschera è la seguente: Fabio Zuffanti – basso e voce, Martin Grice – flauto e sax, Andrea Orlando – batteria, Agostino Macor – tastiere e Alessandro Corvaglia – voce e chitarra.

Il concerto è iniziato con l’epica “Fino all’aurora”, per proseguire con “Orpheus” e “La maschera di cera”. Vale la pena ricordare che nel 2012 il gruppo aveva pubblicato un album dal titolo “Le porte del domani” che, nell’idea del gruppo, voleva esssere un’ideale prosecuzione di “Felona e Sorona”. Da questo lavoro al Trasimeno il gruppo ligure ha proposto un corposo estratto. Ma la band ha anche eseguito due brani tratti dall’ultimo album in studio pubblicato e cioè “S.E.I.” del 2020 e precisamente “Il cerchio del comando” e “Vacuo senso”, che hanno concluso degnamente il concerto e anche la serata.



SECONDA GIORNATA – CASTIGLIONE DEL LAGO 19 AGOSTO 

Sabato 19 l’appuntamento pomeridiano era con Fabio Zuffanti, musicista che da qualche anno si è dedicato prevalentemente alla scrittura. Infatti, collabora con “Rolling Stone” e “La Stampa”. Zuffanti, che ha già pubblicato tre libri su Franco Battiato e ne ha in preparazione un quarto, si è soffermato soprattutto sull’opera “La voce del padrone” che costituisce una pietra miliare nella musica pop italiana, illustrando la sua passione per il musicista siciliano e spiegando le ricerche effettuate per scrivere i libri. Alla fine, Zuffanti non si è sottratto alle numerose domande rivoltegli dai presenti sui suoi progetti letterari e musicali.

Il programma musicale di questa giornata era piuttosto corposo.

La serata è iniziata con una (breve) esibizione del gruppo LA CRUNA DEL LAGO, che ha presentato tre brani tratti dall’utimo CD “Schiere di sudditi” uscito nel 2022. 


Successivamente è salito sul palco GIANNI NOCENZI, storico tastierista del “Banco” che, dopo oltre 20 anni di assenza dai palchi, è tornato ad esibirsi ed ha pubblicato nel 2016 un interessante lavoro dal titolo “Miniature”. L’esibizione per piano solo ha visto l’esecuzione di tre brani dal lavoro solista, di un brano ancora inedito e, “dulcis in fundo” la riproposizione per pianoforte di alcuni brani storici del Banco ed in particolare di “750.000 anni fa … l’amore” che è stata eseguita integralmente. Il pubblico, anche questa sera numeroso, ha seguito l’esibizione di Gianni Nocenzi in religioso silenzio, interrotto da lunghi applausi alla fine di ogni brano. Un concerto davvero emozionante.


Il progetto più ambizioso della serata era l’OMAGGIO A FRANCO BATTIATO, che ha visto tornare sul palco La cruna del lago con l’ORCHESTRA SINFONICA INTERNAZIONALE di oltre cinquanta elementi diretta dal Maestro LEONARDO QUADRINI, affiancate da una nutrita schiera di ospiti, tra i quali ricordiamo (solo per citarne alcuni) Riccardo Croci, Simone Cecchini, Andra Pieroni, Pino Ballarini e Sophya Baccini. L’Orchestra ha eseguito alcuni dei brani più famosi del cantautore siciliano, partendo da “Areknames”, “Sentimento nuevo”, “Mondi lontanissimi”, per arrivare a “La cura”, “Voglio vederti danzare” e “L’era del cinghiale bianco” (che ha concluso il concerto) che venivano cantati di volta in volta dagli ospiti presenti. Abbiamo detto progetto ambizioso che, secondo il mio parere personale, non è riuscito perfettamente, forse per il poco tempo che gli artisti hanno avuto a disposizione per provare le canzoni. Comunque, il pubblico ha dimostrato di gradire questa performance, perché è rimasto numeroso ad applaudire fino alla fine del concerto (avvenuta alle ore 01.20 circa).



TERZA GIORNATA – CASTIGLIONE DEL LAGO 20 AGOSTO

Anche l’ultimo giorno di festival ha visto un’intensa attività sul piano letterario. In primo luogo, l’incontro pomeridiano con la regista e scrittrice M. Deborah Farina che ha presentato il libro “Osannaples-Romanzo rock di un sogno psichedelico”, che segue il bellissimo film uscito due anni fa sulla storia del gruppo napoletano Osanna. In serata, poi, Leonardo Varasano (Assessore alla cultura del Comune di Perugia ed appassionato di musica) ha presentato il suo nuovo libro dal titolo “Nazione pop”.

Il gruppo genovese degli ANCIENT VEIL è stato fondato dai musicisti Edmondo Romano, Alessandro Serri e Fabio Serri nel 1992 (anche se i primi due collaboravano già dal 1985 e nel 1991 come ERIS PLUVIA avevano pubblicato un disco bellissimo dal titolo “Rings of earthly light”). In anni recenti la produzione discografica degli Ancient Veil è decisamente accelerata ed abbiamo visto l’uscita di “I am changing” (2017) e “New” (2018), oltre ad un paio di progetti live, la ripubblicazione (in versione expanded and remixed) di “Rings …” e, fresco di stampa, il nuovo CD “Puer Eternus”, non ancora diponibile nei negozi ma del quale sono state portate alcune copie in anteprima. Nel corso del concerto sono stati eseguiti alcuni brani tratti dal vecchio materiale del gruppo, tra cui la struggente suite “Rings of earthly light” e “You’ll become rain” nonché ben sei pezzi dal nuovo lavoro del gruppo (con la presenza sul palco delle cantanti Simona Fasano e Sophya Baccini).

Hanno suonato sul palco della rocca medioevale: Edmondo Romano – fiati, Alessandro Serri – voce e chitarra, Massimo Palermo - basso, Marco Fuliano - batteria e Luca Scherani (che ha sostituito Fabio Serri impegnato in un progetto teatrale) - tastiere.


Nella prima metà degli anni ’70 il gruppo THE TRIP ha pubblicato quattro album che furono considerati fondamentali nel pop italiano. Due di questi dischi videro la presenza nella band di Furio Chirico, uno dei migliori batteristi italiani. A distanza di cinquant’anni, dopo la morte del fondatore del gruppo Joe Vescovi avvenuta nel 2014, ben due musicisti continuano a tenere alta la bandiera dei Trip; si tratta di Pino “Caronte” Sinnone con la sua band e, appunto, di Furio Chirico, che ha fondato i FURIO CHIRICO’S THE TRIP, con i quali ha pubblicato nel 2022 un disco molto interessante intitolato “Equinox”, in puro stile Trip, dove prog, jazz-rock e psichedelia si uniscono molto bene. Nell’ultima serata del festival la band (Furio Chirico – batteria, Paolo “Silver” Silvestri – tastiere, Giuseppe Lanari - basso e Marco Rostagno - chitarra) ha eseguito integralmente il nuovo lavoro, per poi proporre tutto “Atlantide”, seguito da “Chorale”, “Caronte” e, come bis, “I’m Fury”, che ha concluso a tarda notte il concerto ed il festival.

Alla fine di queste quattro giornate, volendo tirare le somme, il bilancio risulta decisamente positivo. I ragazzi dell’Associazione Trasimeno Prog hanno lavorato alacremente per regalarci un programma di assoluto valore, in una location da favola, premiato dalla presenza di un pubblico numeroso e attento. Ci auguriamo che, nonostante le difficoltà che caratterizzano le manifestazioni di questo tipo, l’anno prossimo possiamo essere di nuovo qui per la quinta edizione.

 

 

lunedì 21 agosto 2023

Francesco Di Giacomo


“Chi è amato non conosce morte, perché l'amore è immortalità, o meglio, è sostanza divina. Chi ama non conosce morte, perché l'amore fa rinascere la vita nella divinità”

 (Emily Dickinson)

21 agosto

Ci sarai sempre

Buon viaggio Capitano

Wazza



 

venerdì 18 agosto 2023

CELESTE – Intervista quadrupla ai membri della band, di Andrea Pintelli

 


CELESTE – Intervista quadrupla ai membri della band

Di Andrea Pintelli

 

I Celeste erano una grande band. “Principe di un Giorno” del 1976 è lì a dimostrarlo, essendo uno dei migliori album di sempre del Progressive italiano. I Celeste sono una grande band. Della formazione originale resta il solo Ciro Perrino, autore sopraffino di tantissimi altri progetti paralleli, come solista o al timone di altri gruppi. Con lui quattro ottimi musicisti a testimoniare la grandezza di questo ensemble. Quindi non semplici gregari, ma responsabili (tanto quanto Perrino) del suono e della buona riuscita di ogni progetto legato al nome Celeste. Ritengo giusto, quindi, dargli la giusta visibilità in quanto dotati di grande talento.

Ve li presento: sono Mauro Vero, chitarre acustiche ed elettriche; Francesco Bertone, basso; Marco Moro, flauti e sassofoni; Enzo Cioffi, batteria.

Costoro sono stati tutti presenti nei seguenti dischi: “Il Risveglio del Principe” (2019), “Il Principe del Regno Perduto” (2021), “Celeste with Celestial Symphony Orchestra” (2023). Attualmente stanno lavorando al quinto capitolo della band e quarto del nuovo corso, in uscita ad aprile/maggio 2024. Inoltre, in occasione del cinquantennale di uscita di “Principe di un Giorno” (2026), faranno uscire un doppio vinile con, sul primo disco, la riproposta di come avrebbe dovuto essere realizzato inizialmente con una voce femminile e cantato in lingua inglese, e, sul secondo disco, gli stessi brani ma completamente risuonati e reinterpretati, come percezione attuale di quell’esordio.

A loro la parola.

Parlaci dei tuoi primi passi compiuti nel mondo della musica.

MV - Iniziai a suonare la chitarra a 9 anni grazie alla mia capacità naturale del canto. Sono passato dalle canzoni di musica leggera, alla musica da ballo, fino ad arrivare alla musica classica (diplomato di chitarra classica nel 1990 a Cuneo) passando dal rock, pop e blues. Mi sento un musicista che ama la musica in tutte le sue sfaccettature, venendo spesso considerato molto versatile.

FB - Ho iniziato come chitarrista, e lo sono stato dai 9 ai 15 anni in esclusiva, siccome non immaginavo altri strumenti per me. Poi sono stato rapito del basso elettrico e poco dopo dal contrabbasso, che ho voluto studiare seguendo il percorso proposto dal Conservatorio classico.

MM - Ho cominciato a studiare musica grazie alla professoressa di Educazione musicale alle medie.

EC - Tutto ha inizio intorno ai sei anni di età. Seguivo mio padre in casa, suonatore di fisarmonica e banjo, percuotendo, con cucchiai o altro, la custodia della fisarmonica. Con l’acquisto di una batteria vera, Hollywood Meazzi, intorno ai 12 anni è iniziata la mia carriera musicale che di fatto ancora oggi, a 61 anni, è nel suo pieno sviluppo, della serie non si finisce mai di imparare. A 14 anni mi sono iscritto a una scuola civica di indirizzo classico di Sanremo, per poi orientarmi principalmente su vari generi: rock, pop, e infine jazz. Ho conseguito il diploma in batteria nel prestigioso C.P.M. di Milano. Musicalmente ho avuto l’enorme fortuna di essere inserito in maniera professionale in moltissimi contesti e generi musicali in giro per tutta l’Italia e diversi paesi europei. Tutto questo mi ha consentito di approfondire vari linguaggi e come affrontarli al meglio, garantendomi una sufficiente dose di conoscenza utilissima in ambito lavorativo. Da tempo il mio interesse è prevalentemente indirizzato verso il jazz, la world music, la musica per grandi orchestre sia jazz che classiche, e tanti altri contesti in cui la creatività gioca un ruolo fondamentale. Tra tutti questi la musica di Ciro ha una sua collocazione di prim’ordine.

Tu fai parte dei Celeste, con cui hai inciso gli ultimi tre album: cosa rappresenta per te, globalmente, questa esperienza?

MV - L’esperienza Celeste è stata un nuovo capitolo della mia vita musicale. Suonare con le parti scritte e partecipare attivamente a questo progetto fatto di Musica con la M maiuscola con un repertorio originale e diverso da tutto quello che ho suonato nella mia vita, rappresenta una continuazione nell’esplorare cosa ci può infondere la conoscenza delle 7 note.

FB - Celeste è una situazione Prog, pensata e realizzata da Ciro Perrino, e questo è per lo strumentista una sfida molteplice: bisogna aderire allo stile, soddisfare il più possibile le richieste di chi ha architettato le strutture (Ciro), vincere le difficoltà tecniche e anche trovare lo spazio per lasciare unimpronta personale.

MM - È un'esperienza e un arricchimento musicale grazie a uno dei maestri del Prog a livello mondiale.

EC - Aver suonato negli ultimi tre album di Celeste rappresenta tantissime cose. La prima, e per alcuni versi più importante, è quella di aver rincontrato musicalmente Ciro dopo molti anni. La nostra frequentazione personale non si è mai interrotta in questi lunghi anni, ma collaborazioni musicali tra noi due era da molto tempo che non ne capitavano. Le mie prime registrazioni le ho realizzate nel suo studio all’età di 14 anni. La mia prima tourneè all’estero (Spagna, Barcellona), è avvenuta con lui e la sua Fiat 127. Quindi Ciro ha sempre rappresentato in me un riferimento importante sia a livello di amicizia sia a livello artistico, collaborare con lui, a distanza di tanti anni, è stato molto significativo per me.  Inoltre, il privilegio e la gratitudine per la possibilità datami nell’offrire il mio contributo al progetto Celeste. 

Ora, nel dettaglio, spiegaci le differenze fra “Il Risveglio del Principe”, “Il Principe del Regno Perduto” e “Celeste with Celestial Symphony Orchestra”.

MV - Per ciò che riguarda gli strumenti usati da me, ovvero le chitarre acustiche e classiche, in tutti e tre i dischi dimostra che c’è un forte legame in tutta la produzione. E il mio ruolo spesso di tipo melodico, misto all’aspetto armonico, ne è un esempio. Certamente nell’ultimo lavoro l’apporto della sezione di archi ha dato un ulteriore impulso di novità sommate a due voci (maschile e femminile) molto particolari e perfettamente inserite nel contesto.

FB - I primi due li considero conseguenti, molto omogenei tra di loro, anche se brano dopo brano si è andati in una direzione via via più libera per il mio strumento, si è pensato e realizzato sempre di più un basso che canta. Lultimo lavoro, con lorchestra sinfonica, non nega questa direzione, ma la arricchisce con unisoni che legano il mio strumento (Fender Precision) ai bassi dellorchestra (Celli, Bassi, Fiati gravi) e il vestitoper le idee di Ciro è più che mai sontuoso.

MM – “Celeste with Celestial Symphony Orchestra” è un lavoro più sinfonico; nei primi due album c'è un lavoro più specifico sui suoni, dove io ho inserito anche i flauti dolci che sono proprio di Ciro.

EC - Posso principalmente elencare quelle che sento io essere le differenze fra gli ultimi tre lavori riferite al mio strumento. Ne “Il Risveglio Del Principe” c’era, dal mio punto di vista, la necessità di entrare in punta di piedi con la batteria in quanto strumento mai previsto precedentemente. Rendere quindi le sonorità ed ambientazioni caratteristiche di Celeste non “disturbate” ma altresì implementate ed innovate. Ne “Il Principe Del Regno Perduto” abbiamo condiviso con Ciro la necessità di una maggior libertà espressiva che si concretizzasse con una batteria più libera, più suonata anche con accenni jazz. Lavoro ulteriormente progredito con “Celeste With Celestial Sympony Orchestra”, in cui questo concetto di libertà espressiva, in pieno ambito Progressive, si integrasse perfettamente con l’orchestra presente in questo nuovo capitolo di Celeste.

Parliamo del processo di realizzazione dei brani: il tuo contributo in cosa consiste?

MV - Le parti scritte determinano una impostazione quasi obbligatoria, ma il mio apporto, come quello di tutti noi, è la ricerca di ottenere un’interpretazione che si sposi perfettamente con il progetto e devo dire che, in maniera molto naturale, siamo riusciti ad ottenere questo risultato che si può ascoltare nei vari capitoli del progetto. Ho usato chitarre acustiche e classiche usando talvolta il plettro e a volte la tecnica classica e questo mi ha permesso di ritornare alle origini del mio studio chitarristico.

FB - Ciro ci parla dei brani quando sono ancora in forma embrionale, lui è molto veloce nellabbozzare idee, produce molto. Io ed Enzo Cioffi cerchiamo di collegare alla Terra una Musica molto aerea, leggera e cerchiamo di filtrare le proposte di Ciro in chiave forse più rock. Così io ogni tanto chiedo a Ciro di lasciarmi mettere qualche tonica al basso per dare più robustezza alla mia parte.

MM - Le parti sono quasi interamente scritte da Ciro, a volte vi sono spazi improvvisativi sia col flauto che col sax dove si concorda con lui se deve essere più o meno un'improvvisazione jazzistica.

EC - Il mio contributo consiste espressamente nel personalizzare le parti di batteria pensate da Ciro (tra l’altro anch’esso batterista), e renderle compiute al suo processo creativo. Ritengo che Ciro abbia idee ottime e molto chiare a riguardo, sa cosa volere da batteria e percussioni nei suoi lavori e quindi cerco di essere fedele a quanto da lui concepito. Il mio processo infine di personalizzazione, conoscendo ormai ciò che desidera ed i limiti entro cui agire, fa si che il lavoro risulti essere quello auspicato.

Chi è per te Ciro Perrino e quale valore ha lavorare insieme a uno massimi esponenti del progressive italiano (e non solo)?

MV - Sapere di avere a Sanremo un musicista, compositore come Ciro è stato per me una gradevolissima sorpresa. La sua tessitura musicale delle composizioni porta ogni strumento a diventare molto spesso melodico e l’intreccio delle voci crea un effetto davvero sorprendente. Studiando le parti capita di non aver un’esatta collocazione ma, nel momento dell’ensemble, arriva la sorpresa, ovvero rendersi conto che tutto fila perfettamente sia dal punto di vista melodico che armonico e ritmico. Grazie a Ciro il mio nome ha fatto il giro del mondo su molte piattaforme e recensioni, e questo è un ulteriore successo personale! Ho ringraziato più volte Ciro per l’opportunità che mi ha dato.

FB - Ciro è molto fantasioso e allo stesso tempo molto preciso, sa bene quale risultato vuole ottenere. Credo sia un requisito fondamentale per stare così tanti anni sulle scene. A questo rigore lui unisce una profonda umanità ed empatia con tutti gli strumentisti, immagino sia il modo giusto di scambiarsi non solo opinioni tecniche ma anche feedback di altro tipo, che poi inevitabilmente confluiscono tutti nella sua Musica, ed è un grande esempio.

MM - È un grande onore lavorare col maestro Perrino, è un arricchimento musicale e culturale, e umanamente è una persona meravigliosa.

EC - Ciro è principalmente un amico a cui sono legato da quasi cinquant’anni. Quindi in questo legame ritengo ci sia già molto. Suonare con lui e per lui, oltre una ulteriore valorizzazione del nostro legame, è un grande onore e privilegio in virtù di quanto lui rappresenti nell’ambito dell’intero Progressive italiano e non solo.

Cosa ti dà la Musica e cosa dai tu a lei?

MV - La Musica è tutta la mia vita, mi ha dato lavoro, quindi un certo benessere interiore e, non posso esimermi dal pensare anche all’apporto economico. Amo cantare e suonare la chitarra e ringrazio i miei genitori che mi hanno permesso di intraprendere questa strada e credo che nel momento in cui mi presento su un palco regalo, senza peccare di presunzione, momenti di assoluta comunicazione con il pubblico. Inoltre, proprio grazie alla Musica, mi sento un uomo libero e come chi ama il proprio lavoro anche assolutamente soddisfatto di tutto ciò che ho fatto e che farò, anche grazie al progetto Celeste che continua con altri piccoli e grandi camei!

FB - Personalmente sono impegnato tutto lanno in un caleidoscopio di stili che mi costringe ad essere flessibile e sempre mentalmente impegnato. Credo che la cosa faccia bene alla mia Musica, non solo quella che scrivo e ogni tanto pubblico, ma parlo proprio di un approccio da strumentista che cerco di mantenere uguale applicandolo a musiche molto diverse fra loro. La fantasia del jazz può, in piccola parte, arricchire il rock. La cultura del metronomo, tipica del pop, può far del bene sia al jazz che alla classica. La ricerca del suono, tipica del mondo classico, è spendibile ovunque. Così io provo a portare sempre con me queste esperienze.

MM - La musica mi dà molto, direi che mi accompagna tutto il giorno, anche quando non suono e non l’ascolto. Il mio contributo alla musica è minimale e anzi spero di non rovinare troppo un'arte così meravigliosa.

EC – Beh, è scontato dire che la musica mi dà tutto, la mia esistenza stessa ritengo, di conseguenza cerco al meglio di contraccambiare.