giovedì 23 novembre 2023

Falistra - “Di limpide tempeste” (2023), commento di Alberto Sgarlato

 


Falistra - “Di limpide tempeste” (2023) 

My Kingdom Music

di Alberto Sgarlato


Due soli musicisti, che si firmano Ada e Onanet, e che si alternano alle voci e a tutti gli strumenti utilizzati, spaziando dal folk, all’elettronica, alla sperimentazione, fino all’ambient, propongono l’album Di limpide tempeste”.

Queste sono le coordinate del progetto Falistra.

E, immediatamente, la memoria vola alle due più grandi formazioni britanniche mossesi all’interno di questi perimetri: gli immensi Dead Can Dance di Lisa Gerrard e Brendan Perry e i magici Cocteau Twins di Elizabeth Fraser e Robin Guthrie. Il tutto, ovviamente, senza trascurare Leithana e Deraclamo, il duo italo-francese che già a fine anni ‘80 diede vita agli Ordo Equitum Solis.

Ma, come diciamo sempre, in musica i paragoni sono spiacevoli e ben poco significativi, servono puramente a dare un’idea di massima al lettore che poi diventerà ascoltatore. Infatti, i Falista hanno una loro cifra stilistica ben definita e del tutto personale, che soltanto a tratti sfiora il ricordo delle band “in duo” summenzionate. Infatti, Ada e Onanet, in un viaggio senza confini, portano la loro musica spesso verso le impalpabilità del Brian Eno più ambient, quello ad esempio di “Music for Airports”, o quello in duo con Harold Budd (“The plateaux of mirrors”). E ancora Ada e Onanet accarezzano il folk di Loreena McKennitt e le suggestioni elettroniche-world music di Enya, arrivano quasi a far percepire, in modo del tutto remoto, tendenze musicali che spaziano dal dark, alla vaporwave fino all’hypnagonic pop.

Musica da ascoltare rigorosamente in cuffia, nel silenzio, quella dei Falista; preferibilmente al buio, per non avere distrazioni, per coglierne ogni eterea e inafferrabile sfumatura come se si osservasse un volo di farfalle.


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Lilium” inizia con il ronzio dei “drones” che sembrano violoncelli campionati e trattati, sui quali rimbombano tocchi di strumenti a corde pesantemente riverberati, fino all’arrivo del flauto, vero protagonista. Delicati arpeggiatori appena sussurrati chiudono il tutto.

Dissoltonel vento e nel silenzio” è la prima traccia cantata che incontriamo. E la voce di Ada è quasi sola nelle prime strofe, per poi vedere l’arrivo del flauto, della chitarra, delle percussioni e, stratificazione dopo stratificazione, il canto a due voci con Onanet. Finché, esattamente come tutto era “cresciuto”, così torna a rarefarsi verso il finale.

Un cuore pieno di limpide tempeste” è affidato a pochissimi tocchi di una tastiera, forse un pianoforte molto trattato, forse un sintetizzatore, che dipana pochi accordi sui quali arrivano i fiati e la voce femminile. 

Alla deriva nel gorgo” vede un interessante uso di pad elettronici che sibilano in sottofondo, dietro allo schema voce-fiati-strumenti arpeggiati.

In un sepolcro di foglie marcite” è uno dei brani nei quali emerge la vena più “dark” del duo, un brano capace di generare sentimenti molto intensi, una traccia cupa e dolorosa.

Evocazione”, con i suoi timbri cupi e ricorrenti, è invece uno dei brani più “marziali”, quasi occhieggiante a certe atmosfere industrial/decadenti dei Coil o degli In the nursery. Una traccia che svela una volta di più l’eclettismo stilistico di questo duo.

Il sentiero tra gli asfodeli” rompe completamente gli schemi delle due tracce precedenti, riportando l’ascoltatore, con le sue melodie vocali e le sue armonizzazioni, al folk più tradizionale. Musica antica, seppur innovata, dopo il primo minuto, da un sapiente e morigerato uso dell’elettronica e, ancora una volta, degli effetti che spazializzano il tutto.

Contemplando il viaggio delle nubi” è nuovamente una delle tracce più intrise di malinconia, complice anche un timbro elettronico che sembra evocare un clarinetto basso o fagotto. Ma in realtà, nella ricerca e sperimentazione timbrica del duo, diventa a un certo punto difficile discernere che cosa è acustico, che cosa è elettronico analogico, che cosa è digitale… I suoni pesantemente effettati, come in un “flusso di coscienza”, si fondono e impastano tra loro generando un unicum dal forte effetto ipnotico.

Nel ceruleo abbraccio del cielo (a Ida G.) è, come recita il titolo, il ricordo di una persona che non c’è più. E vi è qualcosa di mistico, di ieratico, in questa celebrazione così carica di dolore.

L’album si chiude con “Nenia”, brano strumentale nel quale suggestioni compositori a cavallo tra ‘800 e ‘900 (un Satie, un Ravel, un Debussy) si fondono con il minimalismo e la ambient.







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