giovedì 28 agosto 2025

La Janara - Le Donne Magiche (BWR-2025), commento di Luca Paoli

 

 


Streghe, carne e rinascita: il ritorno viscerale de La Janara

Di Luca Paoli

 

Ci sono dischi che ti aggrediscono, e dischi che ti seducono. Le Donne Magiche fa entrambe le cose. Ti prende per mano con dolcezza arcana, poi ti scaraventa nel cuore di un bosco antico, tra riti pagani e passioni terrene, tra ossessioni e carne viva.

La Janara torna con un album che non è solo un'evoluzione rispetto a Tenebra, ma un vero e proprio nuovo capitolo espressivo. Se il disco precedente era dominato dall’ombra – il dolore, l’oppressione, la stregoneria come rivalsa – qui il tema è la rinascita. Sempre streghe, sempre donne, ma questa volta vitali, sensuali, rigeneranti. Madri, amanti, Circi irpine.

Il disco è pubblicato da Black Widow Records, storica etichetta genovese che da sempre sostiene con coraggio e coerenza le voci più libere, creative e fuori dagli schemi della scena rock e metal italiana. Una realtà che merita rispetto e attenzione, perché continua a credere nella musica che ha qualcosa da dire, e che non ha paura di farlo.

A dare corpo e anima a Le Donne Magiche è una formazione ormai solida e affiatata. La voce di Raffaella Càngero si conferma magnetica, capace di passare dalla carezza al graffio, sempre più personale e incisiva nell’interpretazione. Le musiche e i testi portano la firma di Nicola Vitale, chitarrista e mente creativa del gruppo, qui anche alla voce nel brano conclusivo Domens. Completano l’ensemble Rocco Cantelmo al basso, Giovanni Costabile alle tastiere e Antonio Laurano alla batteria: un organismo compatto, vivo, che suona in piena sintonia.

Il disco si arricchisce anche della presenza di due ospiti speciali: Simone Pennucci, alle chitarre elettriche e ai synth in La Notte è Buia, e Ricky Dal Pane (Witchwood), alle percussioni e ai cori in Mò che Viene Agosto, entrambi perfettamente integrati nello spirito visionario del lavoro.

La band irpina fonde con sorprendente coerenza l’energia dell’heavy metal, la teatralità del folk mediterraneo e la profondità del cantautorato. Ma è il suono d’insieme, ora più maturo e coeso, a fare davvero la differenza. Non più un progetto che ruota intorno alla sola voce femminile, ma una vera band che respira e pulsa all’unisono. E si sente.

Brani come Serpe, Piangeranno i Demoni e Inverno (quest’ultimo, il più lungo mai scritto dalla band) mostrano una scrittura articolata, che passa con disinvoltura da atmosfere sabbathiane a passaggi dal respiro quasi prog, con un’attenzione ai dettagli che rivela la lunga gestazione del progetto. L’influenza del doom rimane, ma si apre a nuove sfumature, come in Bruceremo, che è insieme preghiera e condanna, fiamma e cenere.

Non mancano momenti di puro folklore reinterpretato in chiave oscura: Le Castagne Non Cadono Più e Mò che Viene Agosto portano con sé l’eco di un sud ancestrale, dove il dialetto irrompe con naturalezza, senza forzature né folclorismi. L’uso della lingua popolare non è effetto scenico, ma gesto politico e culturale. La janara, ancora una volta, è il tramite tra mondi.

In tutto questo, Le Donne Magiche riesce anche a toccare corde emotive profonde: la dedica finale in Domens a Domenico Carrara, con lo stesso Vitale alla voce, chiude il disco con un tono intimamente personale, che apre spiragli futuri sulla direzione artistica del gruppo.

In questo periodo in Italia stanno nascendo sempre più gruppi con una voce femminile al centro e un suono intenso e profondo. La Janara si distingue come una delle realtà più autentiche e personali. Non seguono le mode, ma restano fedeli alla loro visione. E questo si percepisce in ogni brano.

Le Donne Magiche è un disco che non si limita a suonare bene: vive. E ti costringe a farci i conti. Anche quando fa male. Anche quando accende qualcosa che credevi sopito.

 

 ASCOLTO DELL'ALBUM



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