giovedì 26 dicembre 2013

Il comune senso del rumore, di Paolo Siani


RUMORE "denominazione generica di qualsiasi fenomeno acustico dovuto a vibrazioni irregolari, che produce una sensazione sgradevole." (Garzanti);
Partendo da questa dotta definizione, vorrei far notare come nell’immaginario collettivo, lentamente, si sia imposto il senso comune che il rumore sia quello generato dalla musica giovanile; gli esempi sono infiniti. Se una squadra di operai alle 7.30 di mattina comincia ad usare macchine da scavo, martelli pneumatici e quant’altro, la gente non ha niente da dire… lavorano e quindi è normale che ciò avvenga; se dei ragazzi si mettono a suonare in strada (avendone anche le autorizzazioni di legge) alle 17.00 del pomeriggio, è sicuro che nel giro di pochi minuti arriverà una pattuglia della Polizia Locale chiamata ad intervenire da qualche solerte cittadino per disturbo della quiete pubblica. Ora se è plausibile che la musica dei ragazzi di cui sopra possa non essere gradita a chiunque, rimane il fatto che la musica NON è rumore in nessun caso come è altrettanto indiscutibile che un martello pneumatico, con i suoi picchi intorno ai 130 db, sia danno alla salute.
Purtroppo la realtà quotidiana ha fatto sì che nei centri urbani un ragazzo che decida di suonare e cantare in strada è solo causa di disturbo per molti (soprattutto anziani) per cui se riesce ad evitare insulti o ancor peggio qualche spintone per farlo smettere, deve ritenersi fortunato; se qualcuno alle otto di mattina (avendo finito il turno di lavoro notturno) telefona alla Polizia Municipale lamentando che il cantiere sotto casa fa un frastuono terribile (oltreché una polvere micidiale) è molto facile che venga compatito e trattato come un fuori di testa.
Un motore che romba in piena notte è il rumore della città, la musica che un musicista suona a basso volume in pieno giorno è rumore, un fastidio intollerabile.
Sono tante le cose che la nostra società ha lentamente ma inesorabilmente distorto, ma quella della impossibilità di far musica liberamente senza rischiare il linciaggio è una piaga che i media prima o poi dovrebbero mettere in evidenza. I nostri centri cittadini sono diventati degli acquari dove ci si muove in silenzio e ad orari stabiliti. Quei signori che hanno deciso di comprar casa in centro e che usano la sede di antichi negozi di vicinato o di botteghe artigiane come garage, stanno condizionando giorno per giorno il tessuto sociale che dovrebbe proprio costituire l’essenza di una città per essere definita tale; gli amministratori sembrano accogliere le istanze di queste persone (privilegiate) senza grandi sbattimenti e i nostri giovani sono sempre più confinati, emarginati ma soprattutto privati delle loro legittima colonna sonora.

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