martedì 1 marzo 2016

Guignol - “ABILE LABILE”, di Stefano Caviglia


Guignol

“ABILE LABILE”

Come detto nella presentazione/descrizione di Adduce, in questo lavoro dei Guignol, ci vengono presentati vari esempi, varie modalità di come si può condurre, impostare la propria vita a seconda dei propri vissuti, delle paure, delle sofferenze e delle gioie (non molte ) che incrociano la vita dell’essere umano figlio della nostra epoca.
E’ Interessante la sottolineatura dei concetti di resistenza e resilienza, che per affrontare, combattere e vincere la sofferenza sono entrambe necessarie essendo “sorella” una dell’altra.
Ma la resilienza si può considerare una sorta di evoluzione della resistenza
La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita, di ricostruirsi cercando di cogliere le opportunità positive che la vita può offrire anche fase di sofferenza, senza alienare la propria identità.
Ad ogni presentazione dell’ IO della protagonista di ogni  vicenda vi è un “sostegno musicale” di sicuro impatto sonoro che sembra ritagliato quasi perfettamente sul profilo del protagonista stesso.
Pierfrancesco Adduce è accompagnato da tre musicisti di sicuro spessore: Raffaele Renne alle chitarre, Paolo Libutti al basso, Enrico Berton alla batteria.



Proprio nella prima traccia “ L’angolo”, ballata con lontani echi latini,  troviamo un esempio di estrema resistenza  alla sofferenza  forse, per evitare il gesto estremo.
Un angolo dove il protagonista è totalmente ripiegato su stesso.
Ma la voce di Pierfrancesco sembra quella di uno che non si vuol piegare e infatti basta poco tempo per entrare nel territorio della ribellione dell’uomo, solo apparentemente sconfitto apparentemente debole trasformato.
Basta ascoltare la seconda traccia, “L’uomo senza qualità”?  Non si direbbe proprio.
Energia, capacità di soffrire, capacità di sperare, capacità di pensare ad un rivincita nel pieno di una tempesta di sofferenza, quindi un porsi in modo “resiliente”,  non sono grandi qualità, o forse stiamo assistendo al prologo di una vicenda simile al film “Un giorno di ordinaria follia” ?  quindi un desiderio di ribellione cieca, forse fine a se stessa ?
Pierfrancesco ghigna, i personaggi dei Guignol hanno la faccia tosta di guardare tutti dritti negli occhi con aria di sfida, irriverenti, irriducibili le parole più che dette sono volutamente scandite in “grassetto” ed il suono della band si fa pieno, il basso insistente l’atmosfera forse cupa lascia presagire un seguito…
Ritroviamo sonorità simili in “Piccolo Demone”.
Le frasi sono taglienti, il sarcasmo e l’ironia anche feroce , la fanno da padrone.
Dal punto di vista musicale, anche se l’etichettature sono sempre pericolose si potrebbe definire una canzone tipicamente rock, considerata la presenza di una chitarra sapientemente grintosa ed “acida” ed ottimo lavoro della sezione ritmica.
Qui come successivamente in “Rifugio dei peccatori” si parla della vita  dell’ordinario, forse  il desiderio mai sopito di avere un “colpo d’ali” che possa allontanarci, magari per un momento, dalla mediocrità dal grigiore di una vita “comoda” e senza sussulti senza coraggio e senza paura. Fanno comparsa non solo come “tappeto” delle tastiere tipiche della musica “prog”.
Si sente del rock vero e proprio nella bellissima “Salvatore tuttofare”, che affronta come nella precedente “Polvere rossa e labbra nere” il tema del lavoro.
La costrizione e l’esasperazione alle quali è costretto un uomo, per cosa ?  per compiacere il proprio “capo”? Per disperazione ? Forse.
Certo che il rischio di vedersi rubare la propria identità, il proprio “IO” ed il “SE” più profondo che forse il povero Salvatore non sa e non ha mai saputo di possedere, anche a causa di questa non consapevolezza porteranno Salvatore verso il non ritorno.
Ivano, che non detta le regole del gioco che crede nella sua “potenza” che crede di vivere di potenza e magari di prepotenza, non è forse l’altra faccia di Salvatore? Anch’egli una pedina di un gioco molto più grosso di lui, anche se forse non è destinato ad una sorte drammatica e tragica come quella di Salvatore.
Il brano è musicalmente molto “intrigante” con il solito stile cantato-parlato di Adduce e la band che  si muove sapientemente  in un atmosfera che sa molto di blues con l’intervento di un ottimo sax di stampo jazzistico.
Si sente ancora blues nel “Il merlo” scritta da Piero Ciampi interpretata nel loro stile dai Guignol   che probabilmente vuole essere un omaggio al cantautore livornese.
“Luci e sirene” è una commovente ballata in cui Pierfrancesco e la band si lascia andare ad una  narrazione di molti  e molte  storie viste e vissute in quel quartiere che forse anche nonostante il trascorrere del tempo non è poi cambiato molto.
Anche qui si cerca di resistere alla noia alle consuetudini alla “normalità” di quei luoghi, che si ritrovano nella bellissima e struggente “ Il cielo su Milano” .
Si avverte un senso di amarezza, legato ad una realtà triste e banale come sono le “stelle sugli alberi di natale” o “l’azzurro nelle stanze dei bambini”.
E’ una ballata malinconica breve ma intensa dove l’arpeggio di chitarra e il violino di Francesca Musnicki e non solo loro descrivono musicalmente lo stato d’animo di chi parla.
Che  spera che arrivi il vento a scatenare un tumulto fuori e dentro!!
Ma a Milano il vento soffia raramente così come i tumulti delle coscienze, e Adduce, amaramente, molto amaramente è costretto a prenderne atto.
Questo “quadro” che ha tutte le tonalità del grigio e pochi colori vivi, chiude questo lavoro dei  
 “ABILE LABILE”  che con indubbio talento sarcasmo, ironia, amarezza e forse speranza ci regalano undici storie diverse, storie di persone, tutte legate ed unite da un unico fil rouge.
Storie di vite di donne di uomini verrebbe da pensare a undici scatti fotografici.
Ma è bello pensare che tutti queste undici persone possano trovare la forza di ribellarsi come è nel temperamento di Adduce e dei  Giugnol e possano vincere la staticità della fotografia o del quadro e muoversi FINALMENTE, per iniziare il percorso che permetterà loro di ritrovare tutto, umanità, dignità, diritti, gioia e finalmente L’AMORE, che purtroppo fin’ora è loro mancato.
Sì!  Queste canzoni parlano anche d’amore che tutti i personaggi di queste undici storie come tutte le altre donne e tutti gli altri uomini hanno il diritto di riconquistare, anche con la ribellione e tumulti soprattutto dentro di se.
Si può essere labili ma nonostante questo si può essere ABILISSIMI!


Crediti
Pier Adduce: voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra noise, slide, armonica, molla
Raffaele Renne: chitarra elettrica, chitarra acustica
Paolo Libutti: basso
Ennrico Berton: batteria

Giovanni Calella: chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra noise, basso, percussioni, synth, synth string, piano, organo, cori
Guido Rolando Giubbonsky: sax
Francesca Musnicki: violino
Prodotto, mixato e masterizzato da Giovanni Calella al Diabolicus Studio di Milano


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