“ABILE LABILE”
Come detto nella presentazione/descrizione
di Adduce, in questo lavoro dei Guignol, ci vengono presentati vari esempi, varie
modalità di come si può condurre, impostare la propria vita a seconda dei
propri vissuti, delle paure, delle sofferenze e delle gioie (non molte ) che
incrociano la vita dell’essere umano figlio della nostra epoca.
E’ Interessante la sottolineatura dei concetti
di resistenza e resilienza, che per affrontare, combattere e vincere la
sofferenza sono entrambe necessarie essendo “sorella” una dell’altra.
Ma la resilienza si
può considerare una sorta di evoluzione della resistenza
La resilienza è la capacità di far fronte in maniera
positiva a eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita,
di ricostruirsi cercando di cogliere le opportunità positive che la vita può
offrire anche fase di sofferenza, senza alienare la propria identità.
Ad ogni presentazione dell’ IO della protagonista di ogni vicenda vi è un “sostegno musicale” di sicuro
impatto sonoro che sembra ritagliato quasi perfettamente sul profilo del
protagonista stesso.
Pierfrancesco Adduce è accompagnato da tre musicisti di sicuro spessore: Raffaele Renne alle chitarre, Paolo Libutti al basso, Enrico Berton alla batteria.
Proprio nella prima traccia “ L’angolo”, ballata con lontani echi
latini, troviamo un esempio di estrema
resistenza alla sofferenza forse, per evitare il gesto estremo.
Un angolo dove il protagonista è totalmente
ripiegato su stesso.
Ma la voce di Pierfrancesco sembra quella
di uno che non si vuol piegare e infatti basta poco tempo per entrare nel
territorio della ribellione dell’uomo, solo apparentemente sconfitto
apparentemente debole trasformato.
Basta ascoltare la seconda traccia, “L’uomo senza qualità”? Non si direbbe proprio.
Energia, capacità di soffrire, capacità di
sperare, capacità di pensare ad un rivincita nel pieno di una tempesta di
sofferenza, quindi un porsi in modo “resiliente”, non sono grandi qualità, o forse stiamo
assistendo al prologo di una vicenda simile al film “Un giorno di ordinaria
follia” ? quindi un desiderio di
ribellione cieca, forse fine a se stessa ?
Pierfrancesco ghigna, i personaggi dei
Guignol hanno la faccia tosta di guardare tutti dritti negli occhi con aria di
sfida, irriverenti, irriducibili le parole più che dette sono volutamente
scandite in “grassetto” ed il suono della band si fa pieno, il basso insistente
l’atmosfera forse cupa lascia presagire un seguito…
Ritroviamo sonorità simili in “Piccolo Demone”.
Le frasi sono taglienti, il sarcasmo e
l’ironia anche feroce , la fanno da padrone.
Dal punto di vista musicale, anche se
l’etichettature sono sempre pericolose si potrebbe definire una canzone
tipicamente rock, considerata la presenza di una chitarra sapientemente
grintosa ed “acida” ed ottimo lavoro della sezione ritmica.
Qui come successivamente in “Rifugio dei peccatori” si parla della
vita dell’ordinario, forse il desiderio mai sopito di avere un “colpo
d’ali” che possa allontanarci, magari per un momento, dalla mediocrità dal
grigiore di una vita “comoda” e senza sussulti senza coraggio e senza paura.
Fanno comparsa non solo come “tappeto” delle tastiere tipiche della musica
“prog”.
Si sente del rock vero e proprio nella
bellissima “Salvatore tuttofare”, che
affronta come nella precedente “Polvere
rossa e labbra nere” il tema del lavoro.
La costrizione e l’esasperazione alle quali
è costretto un uomo, per cosa ? per
compiacere il proprio “capo”? Per disperazione ? Forse.
Certo che il rischio di vedersi rubare la
propria identità, il proprio “IO” ed il “SE” più profondo che forse il povero
Salvatore non sa e non ha mai saputo di possedere, anche a causa di questa non
consapevolezza porteranno Salvatore verso il non ritorno.
Ivano, che non detta le regole del gioco
che crede nella sua “potenza” che crede di vivere di potenza e magari di
prepotenza, non è forse l’altra faccia di Salvatore? Anch’egli una pedina di un
gioco molto più grosso di lui, anche se forse non è destinato ad una sorte
drammatica e tragica come quella di Salvatore.
Il brano è musicalmente molto “intrigante”
con il solito stile cantato-parlato di Adduce e la band che si muove sapientemente in un atmosfera che sa molto di blues con l’intervento
di un ottimo sax di stampo jazzistico.
Si sente ancora blues nel “Il merlo” scritta da Piero Ciampi
interpretata nel loro stile dai Guignol
che probabilmente vuole essere un omaggio al cantautore livornese.
“Luci e sirene” è una commovente ballata in
cui Pierfrancesco e la band si lascia andare ad una narrazione di molti e molte
storie viste e vissute in quel quartiere che forse anche nonostante il
trascorrere del tempo non è poi cambiato molto.
Anche qui si cerca di resistere alla noia
alle consuetudini alla “normalità” di quei luoghi, che si ritrovano nella
bellissima e struggente “ Il cielo su
Milano” .
Si avverte un senso di amarezza, legato ad
una realtà triste e banale come sono le “stelle sugli alberi di natale” o
“l’azzurro nelle stanze dei bambini”.
E’ una ballata malinconica breve ma intensa
dove l’arpeggio di chitarra e il violino di Francesca Musnicki e non solo loro
descrivono musicalmente lo stato d’animo di chi parla.
Che spera che arrivi il vento a scatenare un
tumulto fuori e dentro!!
Ma a Milano il vento soffia raramente così
come i tumulti delle coscienze, e Adduce, amaramente, molto amaramente è
costretto a prenderne atto.
Questo “quadro” che ha tutte le tonalità
del grigio e pochi colori vivi, chiude questo lavoro dei
“ABILE LABILE”
che con indubbio talento sarcasmo,
ironia, amarezza e forse speranza ci regalano undici storie diverse, storie di
persone, tutte legate ed unite da un unico fil rouge.
Storie di vite di donne di uomini verrebbe
da pensare a undici scatti fotografici.
Ma è bello pensare che tutti queste undici
persone possano trovare la forza di ribellarsi come è nel temperamento di
Adduce e dei Giugnol e possano vincere
la staticità della fotografia o del quadro e muoversi FINALMENTE, per iniziare
il percorso che permetterà loro di ritrovare tutto, umanità, dignità, diritti, gioia
e finalmente L’AMORE, che purtroppo fin’ora è loro mancato.
Sì!
Queste canzoni parlano anche d’amore che tutti i personaggi di queste
undici storie come tutte le altre donne e tutti gli altri uomini hanno il
diritto di riconquistare, anche con la ribellione e tumulti soprattutto dentro
di se.
Si può essere labili ma nonostante questo
si può essere ABILISSIMI!
Crediti
Pier Adduce: voce,
chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra noise, slide, armonica, molla
Raffaele Renne:
chitarra elettrica, chitarra acustica
Paolo Libutti:
basso
Ennrico Berton:
batteria
Giovanni Calella:
chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra noise, basso, percussioni,
synth, synth string, piano, organo, cori
Guido Rolando
Giubbonsky: sax
Francesca Musnicki:
violino
Prodotto, mixato e masterizzato da Giovanni
Calella al Diabolicus Studio di Milano
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Contatti
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