giovedì 22 settembre 2016

Una giornata "Marillion" raccontata con la passione del fan... Roberto Attanasio


Marillion…. ancora una volta mi hanno regalato delle emozioni grandissime, a cominciare dal viaggio verso Verona in compagnia dei miei amici Stefania Fiaschi, Claudio Mazzillo, Alberto Aquilini e Veronique Clemence, questi ultimi appena conosciuti.
L’appuntamento era a Tigella Bella, trattoria carina sulle sponde dell’Adige, per il pranzo organizzato dal fan club Web Italy, e successivamente per l’incontro con la band.
Arriviamo a Verona verso le 11.30, in leggero ritardo per causa mia, che ho raggiunto i miei amici a Cavenago oltre le 9.30 a causa dell’intenso traffico al casello della tangenziale (2 km!) è un po’ anche per la mia testardaggine di non usare il navigatore… nonostante fossi partito da Torino  molto prima  per evitare di fare aspettare i miei amici..
Davanti al locale si sono formati i primi gruppi di fan: comincio a scaldarmi il cuore nel vedere i baci gli abbracci;  quello che mi ha colpito di più  e che molti si ricordavano di me, mentre io  non  riuscivo a ricordare tutti, e quindi ero imbarazzatissimo, ma solamente sentirti dire che tu sei quello dei Goblin mi faceva capire che chissà quante volte e in quanti altri concerti ci eravamo incontrati, e ho capito quanto li avrò stressati, ma è un piacere immenso essere riconosciuti per quello che fai e per la tua passione.
Sono circa le 12.30 ed entriamo a prendere posto, il locale è molto carino e sono sicuro che non morirò di fame, perché i tipi di piatti che serviranno sono il mio pranzo ideale:  tigelle, gnocco fritto, salumi, formaggi e un buon bicchiere di vino.
Arrivano altri amici, quando vengo praticamente catturato da Daniela Pedricelli,  moglie, di Davide Costa ideatore del fan club, che mi dice che il mio posto è nella sala superiore; appena varco la stanza sulla destra mi si presentano i tre quinti dei Marillion: al tavolo mancavano soltanto Mark Kelly e Ian Mosley, e io ero seduto quasi di fronte a loro,  insieme ad altri fan. In quel momento mi sono sentito male, perché il mio pensiero e il cuore era rivolto ai miei amici che avevo abbandonato di sotto, e la mia vera paura era quella di averli traditi, ma il fan club mi rassicura dicendomi che ero stato scelto e che mi avevano fatto una sorpresa inaspettata.


Certo, non mi era mai capitato di pranzare ad un metro dai Marillion, e l’occasione era unica,  fortunatamente ho amici che hanno capito la situazione, anzi erano felici per me e questo mi ha fatto stare meglio e ho potuto godermi la giornata .
Al mio tavolo si sono aggiunti Andrea Tramonte, che già conoscevo per scambi di materiale vario, e un’altra coppia simpaticissima, mentre di fronte vi era Manuela Milanese; tolto l’imbarazzo ho potuto rilassarmi e cominciare a mangiare e bere un buon vinello fresco veneto, parlare di musica con tante persone, con cordialità e semplicità: mi sentivo davvero bene, sapevo che questa famiglia marillica era speciale e lo avevo già provato in altre occasioni.
Verso le 14 è cominciata la sezione di foto e autografi, mi sono avvicinato alla band - nel frattempo anche Mosley e Kelly erano arrivati - e ho potuto stringere le mani ad ognuno di loro: Trewavas, Hogart e Rothery; ho fatto circa tre foto e poi sono andato via lasciando spazio agli altri, gli autografi li avevo fatti fare la volta scorsa a Milano.
Mi riunisco agli amici del viaggio e decidiamo di fare un giro in centro per Verona: per me era la prima volta in questa città ed ero curioso di vederla approfittando anche della bellissima giornata. In compagnia di Dominique e Alberto ci avviamo verso il centro mentre Stefy e Claudio decidono di andare a casa di Sesto Empirico e Titti per riposarsi un pochino.


Molto bella Verona, artistica e strana con palazzi vecchissimi e ridipinti di nuovo uno a fianco all’altro,  bellissima la Piazza delle Erbe e  L’Arena, mentre il balcone di Giulietta mi ha fatto sobbalzare:  molto carino, ma l’arcata di entrata e l’interno del portone che precede il cortile è un indecenza, io non so perché il comune ha concesso tutte queste scritte di innamorati, davvero inguardabile una profanazione all’arte.
In parte anche noi abbiamo profanato la statua di Giulietta, alla quale tutti toccano il seno perché dicono che porti fortuna, io invece ho pensato bene di indossargli una maglietta dei Marillion, e per una volta coprirla, un po’ di pudore e rispetto per questa ragazza, e credo che lei abbia… apprezzato il mio gesto da gentil uomo.
Finito il giro in centro ci avviamo verso il Teatro Romano - per ascoltare un po’ di soundcheck - dove verso le 20 ci riuniamo con Claudio e Stefania, anzi a noi si è aggiunta anche Cristina, che era arrivata nel tardo pomeriggio; pochi minuti dopo possiamo fare ingresso al teatro, e il colpo d’occhio è davvero suggestivo, un luogo perfetto per un concerto. Una volta preso posto ho potuto ammirare la bellezza di questo sito archeologico e fatto un giro intorno: in tutte le posizioni si vedeva perfettamente il palco e quindi tutti potevano assistere allo show indisturbati.
Ci avvertono che si possono fare le foto senza usare il flash e comincio a prepararmi la macchinetta per cercare la luce giusta: mentre si spengono le luci sono le 21 inizia lo show…
Si parte con la bellissima Invisble Man, estratto dall’album Marbles, dove la band entra per prima sul palco mentre Hogart viene proiettato su un video e canta le prime strofe del brano; il sound è perfetto e la band è in gran forma, la voce di Hogart fa tremare il teatro mentre Rothery fa vibrare le corde dei nostri cuori con degli  assoli impeccabili .
Il pubblico è in delirio e i Marillion vengono accolti da un boato assordante alla fine del brano, ma è ancora una piccola parte di quello che sentirà e vivrà poco tempo dopo…
Power è il secondo brano proposto, dal penultimo album Sounds That Can’t Be Made, apprezzata molto più dal vivo che non sul disco, anche se preferivo, o meglio mi aspettavo di ascoltare, a questo punto del concerto, Splintering Heart ( Holidays in Eden ); ma non si può chiedere tutto a una band che ha un repertorio immenso e non sempre è facile scegliere i brani da suonare, ma se devo essere sincero Power  non mi entusiasma troppo ( questione di gusti )
Sul palco si fa buio, e parte la voce di Hogart che introduce la bellissima The Great Escape, con le immagini di Brave sullo schermo, e quando parte il momento più elettrico del brano la band si scatena sul palco in un mare di luci e colori; il pubblico canta a squarciagola, lo show è pazzesco, si sente benissimo, sembra di essere sul divano di casa tua e loro a suonare ad un metro da te,  è impressionante.
Fantastic Place, estratto ancora da Marbles, viene accolta da un boato e da una marea di applausi, eseguita molto bene, nel silenzio totale dell’anfiteatro, quasi a non voler disturbare o togliere la magia: splendida, bellissima, sono momenti straordinari che ognuno di noi dovrebbe vivere.


Sounds That Can’t Be Made, è l’ultimo brano proposto dal penultimo album, in attesa del nuovo in arrivo: dal vivo è sempre suggestiva anche se avrei voluto fortemente sentire altri brani  da questo album, come Montreal o The Sky Above The Rain.
Lo show prosegue senza sosta e la band annuncia un nuovo brano estratto dall’album Fear, in questi giorni in uscita: The New Kings, che molti di noi hanno potuto ascoltare in anteprima grazie al brano pubblicato on-line  dalla band, in realtà io l’avevo ascoltata  una volta sola, e quindi al concerto ho potuto apprezzarla molto di più;  solitamente quando esce l’album nuovo preferisco non rovinarmi le sorprese e ascoltarlo più volte tutto di un fiato, fino a quando non mi entra in testa.
Ottimo brano che tutto il pubblico presente ha apprezzato, alzandosi in piedi per un lunghissimo applauso durato per più di due minuti: la band è rimasta impietrita dinnanzi a questo entusiasmo e lusingata ha ringraziato il pubblico con grandi sorrisi.
L’affetto del pubblico ha dato carica maggiore alla band anche se non ne avesse bisogno, ma credo che una delle cose importanti dello show per la band era vedere come il pubblico rispondeva al brano nuovo.
Partono le note di Mad, uno dei brani che preferisco dei Marillion, sempre Brave che rimane secondo me uno dei migliori album dell’era Hogart, ma mentre filmavo la performance, ad un certo punto vengo strattonato da uno della security che mi invita a spegnere la fotocamera e non fare più foto e  video.


Ecco l’unica nota dolente della serata, la security ha rotto le scatole a tutti, quelli che facevano foto o video, uno puntava con la pila la persona che stava facendo la foto, l’altro correva su e giù per il teatro andando a dirgli di smettere.
Capisco il loro lavoro, ma è stato davvero ridicola questa azione, perché all’ingresso ci avevano riferito di non usare il flash  per le foto, ma non di farle o filmare; abbiamo rispettato l’ordine del senza flash, non capisco perché abbiano continuato imperterriti per tutta la sera a romperci le palle.
 Nonostante non abbia mai usato il flash, ammetto di averne fatte troppe, ma stavo facendo delle prove con la macchinetta e non sempre mi  riuscivano bene, evidentemente hanno visto che scattavo troppo e mi hanno ripreso, ma poi ho visto che lo facevano con chiunque  e l’ho trovato davvero disgustoso.
Torniamo a Mad, stupenda, meravigliosa impeccabile, le luci sul palco loro scatenati una goduria infinita! Qui sono scese le lacrime e l’ho cantata a squarciagola, e alzandomi in piedi ad applaudire, mentre quello della security mi puntava come se fossi stato un delinquente pronto ad intervenire se mi fossi azzardato soltanto a prendere la fotocamera in mano.
E’ un momento magico questo, la band ringrazia il pubblico e attacca con Afraid Of Sunlight, altra perla marillica,  tratta dall’anonimo album, ascoltata in piena trans emotiva; ormai non riuscivo più a stare seduto, volevo alzarmi e cantare, ma dovevo rispettare i miei vicini che sembravano al cinema, tutti impietriti, o forse anche loro presi dal sound marillico .
E veniamo al brano che mi ha riportato indietro almeno di 15 anni, Quartz: ricordo che nel 2001 i Marillion vennero a suonare a Codevilla, nella provincia pavese, e il nuovo album, Anoraknophobia mi era appena arrivato a casa, e non avevo fatto in tempo ad ascoltarlo, Quartz dal vivo mi aveva impressionato moltissimo, e questa sera ho risentito quei brividi sulla pelle e potuto rivivere quelle emozioni: il suono straordinario del basso di Pete Trevawas è davvero una cosa fuori dal Mondo !
Come se non bastasse questa sera ho messo proprio quella t-shirt perché è una delle mie preferite,  e come avere i tuoi amici marillici nel cuore, sul petto, addosso a te, e mentre Hogart cantava  si è avvicinato al mio settore, mi sono alzato in piedi e lui con il dito mi ha puntato sorridendo, non so se mi aveva riconosciuto, perché a pranzo gli ero ad un metro, o forse perché ero l’unico fan dei Marillion con quella t-shirt, ed era felice che qualcuno avesse ricordato quell’album.
Tripudio… Il pubblico non ci sta più nella pelle e la gente comincia a sgranchirsi le gambe, qualcuno comincia ad alzarsi in piedi, ma il momento adesso è solenne, le note di King (Afraid of Sunlight ) riporta la serenità e soprattutto tanta commozione, tutti ascoltiamo la musica salutando gli artisti che scorrono nel video, che ci hanno lasciato, ma che sono sempre nei nostri cuori e che mai dimenticheremo, un tributo della band a David Bowie, Prince, Keith Emerson, gli ultimi che ci hanno lasciati per tutti gli altri hanno parlato le immagini. Davvero struggente e suggestiva. King è un gran bel pezzo nulla da dire e dal vivo ti prende ancora di più .
Ma le lacrime continuano a scendere imperterrite sulle note di Neverland, un’altra perla di Marbles, dove i nostri occhi si trasformano in biglie come la copertina del disco, perché rimaniamo imbambolati, completamente catturati dalla musica e Hogart lascia cantare gran parte del brano al pubblico, e la band che ci accompagna soddisfatta. Splendida anche questa, da accapponare la pelle.
I Marillion lasciano il palco per concedersi una breve pausa lasciando il pubblico al buio, in attesa che le 2000 voci, le 4000 mani e il battito dei piedi, richiamino la band sul palco, e i Marillion non si fanno attendere troppo, e qui si scatena l’inferno: le luci sul pubblico sono un mare di braccia alzate e una parola sola viene scandita a gran voce: Marillion, Marillion, Marillion; la band  assorbe tutto l’affetto e l’amore del pubblico in un enorme e unico abbraccio, ed ecco che parte il trio di Misplaced Childhood, con Kayleigh, dove Steve Hogart scende dal palco per correre su e giù tra gli scalini del teatro romano, per stringere le mani al pubblico, mentre la security completamente sorpresa non sa più dove andare; il cantante cambia spesso direzione facendoli praticamente impazzire… divertito dal siparietto ritorna sul palco per chiamare all’assolo Steve Rothery! Mamma mia che roba ragazzi, io oramai non ci sono più, canto salto sono completamente in estasi e non so arriverò a casa ancora con la voce, ma poco importa quello che sto vivendo è un emozione impagabile !
Mark Kelly introduce Lavender, e tutto il pubblico lascia andare via il cuore, duemila cuori marillici innamorati: la commozione è contagiosa, qui c’è una famiglia di generazione intera a cantare, genitori e figli stretti, fidanzati, o soltanto amici che vogliono condividere momenti di emozione indescrivibili.


Ma non è finita il disco continua a girare e la puntina continua a suonare, la band non si ferma più e conclude l’omaggio a Misplaced Childood con Heart of Lothian, dove il pubblico ormai non sta più al suo posto e ha già raggiunto il palco; sullo schermo durante la performance sono state proiettate le immagini delle copertine dei relativi singoli, vedere quel dolce ragazzino innamorato… rivedere quella copertina nonostante siano passati più di 30 anni fa sempre un certo effetto, soprattutto per me che sono nato Marillico con quel disco e che da quel momento non ho più smesso di seguirli .
Nuova pausa dello show per concludersi con altri splendidi estratti dall‘album The Strange Engine, si parte con la dolcissima Estonia che la band ha voluto dedicare alle vittime e alle famiglie colpite dal terremoto nel centro Italia; sotto il palco vedo le mie amiche Stefania e Cristina, comprensibilmente emozionate e commosse, è un vero spettacolo vederle, sono completamente prese dalla musica e come se cI fossero loro sole e i Marillion e tutto intorno nessuno.


Lo show si conclude con il brano omonimo dell’album The Strange Engine, bellissima come sempre, un capolavoro assoluto, dove ogni membro della band può tirare fuori tutta la sua creatività e io, completamente trasportato dal loro sound, avrei voluto che non finisse mai, troppo bello questo brano, un concerto meraviglioso .

E’ stata una giornata memorabile per me, continuo a dire che in questa famiglia marillica mi trovo benissimo, l’amore che c’è per questa band, l’amicizia che c’è tra di noi, tutti siamo lì per una cosa sola, da qualsiasi parte dell’Europa, condividere la passione per la musica è una cosa meravigliosa, è come se il mondo si fermasse in quell’istante.


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