giovedì 29 dicembre 2016

The Watch live al Club Il Giardino, di Marco Pessina


The Watch live al Club Il Giardino - Lugagnano (VR) 28/12/2016
Di Marco Pessina

Sta diventando un appuntamento fisso di fine d'anno, come sta diventando consuetudine il fatto che non ci sia un posto libero quando al Club sono di scena i THE WATCH.

Questo appuntamento di metà settimana ha offerto al pubblico in sala un concerto dove la band milanese ha "pescato" nel meglio del repertorio GENESIS dal 1970 al 1974. Dopo un anno di tour europeo, hanno finito al meglio nel locale di Lugagnano. Il concerto inizia alle 21,45 con un brano tra i migliori della loro produzione, DAMAGE MODE, da VACUUM del 2004, così tanto per ricordare, a chi ancora non li conoscesse, che hanno un ricco repertorio di propria produzione. E gli applausi scrosciano. Le riprodotte note introduttive del mellotron ci catapultano direttamente ad una delle hit storiche della band londinese: WATCHER OF THE SKIES, finita la quale si capisce già lo spessore che avrà la serata. Salto indietro nel tempo al 1970 con le rarefatte melodie della dodici corde, che ci introducono a STAGNATION da TRESPASS. Questi brani rappresentano per intero quello che fu lo spirito della band londinese di quegli anni, immergendoci nelle atmosfere del "cottage" di Mc PHAIL, dove tutto ebbe inizio. Il tempo di sistemare un piccolo inconveniente tecnico e via sulle ossessive note di THE KNIFE, dallo stesso album. L'ambiente comincia a scaldarsi a dovere. La formazione ormai collaudata dei THE WATCH prevede SIMONE ROSSETTI (voce e flauto), fondatore e unico superstite della band dalla prima ora; GIORGIO GABRIEL (chitarre), VALERIO DE VITTORIO ( tastiere e voce addizionale), MARCO FABBRI ( batteria) e MATTIA ROSSETTI (bassi, chitarre acustiche e voce addizionale), figlio di SIMONE. Il concerto prosegue con un altro brano eseguito alla perfezione: FOUNTAIN OF SALMACIS da NURSERY CRIME. Inutile dire che l'amalgama del quintetto milanese é pressoché perfetta. Applausi meritati e via con  la classica introduzione di piano della celeberrima FIRTH OF FIFTH. Brano che assieme alla successiva THE CINEMA SHOW, consacrò definitivamente i GENESIS nel firmamento dei grandi del rock progressive, con quel SELLING ENGLAND BY THE POUND, che vendette milioni di copie. A questo punto c'é una pausa di una decina di minuti, accompagnata da applausi e acclamazioni convinte da parte del numeroso e attento pubblico presente. Al ritorno in scena ci tuffiamo nel controverso (allora), THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY del 1974, che di fatto sancì la rottura di GABRIEL con il resto della band e fece da spartiacque alla successiva produzione dei GENESIS. Quindi in successione: THE CHAMBER OF 32 DOORS, IN THE CAGE, CARPET CRAWLERS (con qualcuno in sala che accenna al canto) e IT. Il religioso silenzio durante le esecuzioni, contrasta bene con l'ovazione finale. Ovazione che ci sarà subito dopo, quando ROSSETTI annuncerà l'ultimo brano in programma, che a questo punto non poteva essere che THE MUSICAL BOX. Un lunghissimo applauso accompagna l'uscita dal palco del quintetto milanese, ma sappiamo che sarà per poco. Subito dopo infatti, ROSSETTI annuncia THE FISHERMAN, uno dei primi brani scritti dai THE WATCH. La sorpresa tuttavia c'é a metà brano, quando viene attaccata la parte finale di SUPPER'S READY e precisamente da APOCALYPSE IN 8/9, che col suo crescendo rossiniano ci porta, questa volta si, alla fine del concerto. Tutti in piedi ad applaudire la band per l'ultimo saluto finale e per un prossimo arrivederci. Ringraziamenti doverosi per un'altra bella serata.


mercoledì 28 dicembre 2016

JULIUS PAOLO LAZZERI – GOTHIC POWER, di Evandro Piantelli


JULIUS PAOLO LAZZERI – GOTHIC POWER  (2015)
di Evandro Piantelli

Il tastierista Julius Paolo Lazzeri è attivo fin dagli anni '70 e da molti anni è membro della band aretina dei Three Monks, con la quale ha realizzato alcuni lavori, all'insegna dello stile “Neo-gothic”.
Il tema Neo-gothic è il leitmotiv anche di questo suo album solista del 2015, dove Lazzeri, senza la presenza di altri musicisti, ha suonato tutti gli strumenti (Organo, Sintetizzatore, Clavicembalo ed Epic Drums). In effetti tutti i brani sono caratterizzati da un suono cupo, che ci riporta ad antiche cattedrali teutoniche e costituisce il marchio di fabbrica del musicista toscano.
Il disco di apre con il brano “Gothic Power” che, nella fase iniziale, assale l'ascoltatore con una cavalcata (che definire veemente è forse riduttivo) di organi e sintetizzatori, per proseguire poi in modo più ragionato e riprendere vigore verso il finale. Il brano ricorda a tratti le composizioni per organo di J.S. Bach, ma con una forza di esecuzione decisamente superiore.
Il pezzo seguente, “St. Bavo” ricalca lo schema del precedente ma, se possibile, è ancora più cupo e gotico. Non vi nascondo che l'ascolto di questi due brani richiede un certo impegno.
Si prosegue con “La vecchia torre”, una composizione dalle atmosfere liquide e sognanti. Qui il musicista toscano abbandona per un attimo le maniere forti e ci conduce su sentieri più tranquilli.
Le atmosfere cupe e gotiche ritornano prepotentemente con “Stralsund”, pezzo che ricalca abbastanza i due brani iniziali.
Un discorso a parte merita la successiva “V.D.G.G.”, che il musicista toscano dedica ad un tastierista che ha fatto la storia del rock progressivo col suo personalissimo sound: Hugh Banton. Il brano è in realtà una rivisitazione in chiave gotica (naturalmente) della celeberrima “Theme One”, brano scritto originariamente dal musicista e produttore George Martin negli anni sessanta, ma diventato cavallo di battaglia della band di Peter Hammill. Il risultato è curioso, ma per niente spiacevole.
Il CD prosegue con “Mysterious dark lady”, titolo più che mai azzeccato per un brano dalle atmosfere romantiche, dove (forse unico caso) non compare il gothic organ.
Con “Laon” e con la conclusiva  “The sacred fire” torniamo alle atmosfere gotiche con l'organo che domina la scena.
Alla fine dell'ascolto “Gothic Power” appare un lavoro con luci ed ombre. Il musicista toscano è sicuramente un virtuoso e le sue composizioni sono tutto fuorché banali. Tuttavia l'ascolto del disco è decisamente impegnativo e, alla lunga, emerge una certa ripetitività.




martedì 27 dicembre 2016

Il compleanno di Gianni Nocenzi


Hello,
compie gli anni oggi, 27 dicembre, "brother" Gianni Nocenzi. A 20 anni era "l'altra mano" del Banco del Mutuo Soccorso. Sceglie un percorso di ricerca, avanguardia, studi. Incide due album avanti "anni luce" rispetto allo standard discografico degli anni 80/90, "Empusa" e "Soft songs".  Dopo 23 anni di silenzio voluto è tornato con un grande album di piano-solo, "Miniature", considerato a ragione una delle più importanti e "inattese" sorprese del 2016. Uno dei pochi "geni" del panorama musicale. Ha avuto l'unico torto di essere nato in Italia, paese dove si "contrabbanda" un libro di Bruno Vespa come evento culturale.
Avanti così brother Gianni… raggio di sole in questo grigiore musicale!
Buon compleanno!
Wazza  

Franco Vassia su Gianni Nocenzi

LE MINIATURE DI GIANNI NOCENZI
Nei codici miniati che vediamo dentro a lettere enormi
ci sono ricami, disegni.
Ma, se non ti avvicini,
non li vedrai mai per quello che realmente sono
e cioè delle vere e proprie opere d'arte
Nel mondo della musica ci sono concerti e concerti, dove nessuno è uguale a un altro. Dipende dalla voglia di suonare, dallo stato di grazia dei musicisti, dal coinvolgimento emotivo, dal tasso di adrenalina. Ci sono concerti che possiamo definire comuni, dove lartista si limita a eseguire il suo spartito in modo professionale e didattico ma che, pur con tutto il suo perfezionismo e la sua cascata di note raffinate ed eleganti, non riesce quasi mai a oltrepassare la soglia del palco e superare un alto muro di freddezza. Poi ci sono gli altri, quelli dove, dopo aver smesso i panni della rock star, è il musicista stesso a diventare suono, strumento. E a diventare sangue, nervi scoperti e sudore. Se Jimi Hendrix, alla fine del concerto usava un fiammifero per bruciare la sua chitarra, la sera del 23 settembre - a Candia, nel Canavese - Gianni Nocenzi ha metaforicamente incendiato un intero pianoforte a coda, versandoci sopra fusti pieni di benzina, di energia fisica e di forza mentale.
Co-fondatore insieme al fratello Vittorio del Banco del Mutuo Soccorso, Gianni Nocenzi mancava da ventitre anni dalla scena musicale, dopo tredici dischi e centinaia e centinaia di concerti. Mancavano la sua umanità, la sua eleganza, la sua intelligenza e il suo pianismo classico col quale, insieme a quello più tagliente del fratello Vittorio, aveva scritto le pagine più belle della nostra musica e della nostra giovinezza.
Uscito dal gruppo nel lontano 1983, erano dovuti trascorrere ben cinque anni prima di dare alla luce
Empusa (1988) e, altri cinque, per Soft Songs (1993), due album che, oltre che rendere omaggio al suo lirismo pianistico e ai suoi maestri (Chopin, Bartok, Schoenberg, Strauss, Stockhausen) miscelavano sapientemente elettronica, melodia, jazz, minimalismo e progressive. Album che, al tempo, avevano il peso di un pesante masso lanciato nello stagno declinante della musica italiana. 
Una lunghissima parentesi - spesa nello studio e nella ricerca sulla creazione dei suoni e sulla produzione dellaudio - e, infine, Miniature, lennesimo capolavoro: Nei codici miniati che vediamo dentro a lettere enormi - racconta - ci sono ricami, disegni. Ma, se non ti avvicini, non li vedrai mai per quello che realmente sono e cioè delle vere e proprie opere darte. Sei inediti di solo piano che si raggomitolano, che diventano acqua di fonte e brace incandescente, dolore atroce e amore infinito. Brani che toccano i codici della vita e della morte, si trasformano in mappa sulla quale appuntare messaggi di miele per Francesco e per Rodolfo, balsamo per curare la malattia del fratello Vittorio. E soprattutto la sua. E Miniature è stata la colonna sonora portante del “Concerto per Graziella”, giunto questanno alla decima edizione. Mentre le sublimi note di Cammino di pietra, Terra Nova, Ritorni, Farfalle e Engelhart si elevavano nella volta della piccola chiesetta millenaria, dai gorghi del tempo emergevano anche quelle di 750.000 anni fa, lamore, di Metamorfosi, brani che, nelle dita di Gianni, diventavano acqua e pietra, si gonfiavano di vento e si trasformavano in grandine. Il gran finale, con Ninnananna di Cosmo, legata con doppio filo a Traccia 2, ha incantato il numeroso e attento pubblico e raggiunto uno dei momenti più alti, più toccanti e coinvolgenti dellintera rassegna.


lunedì 26 dicembre 2016

MARKS OF TIME – IL VIDEOCLIP dei Mechanical Butterfly


MARKS OF TIME – IL VIDEOCLIP
I Mechanical Butterfly in collaborazione con STeamUP sono lieti di annunciare l’uscita
ufficiale del videoclip Marks Of Time.

Dal brano più rappresentativo del nostro ultimo album, “The Irresistible Gravity”, abbiamo deciso di trarre il nostro primo videoclip: un viaggio davvero particolare ed emozionante per tutti noi durato quasi un anno, ma che finalmente viene alla luce grazie alla visione, alle energie ed al lavoro di tante persone che fino in fondo hanno creduto in questo ambizioso progetto il quale, per le sue caratteristiche, può essere tranquillamente definito un vero e proprio cortometraggio musicale.
“Marks Of Time” racconta tre storie di Nascita, di Perdita, di Morte, di Paura e Coraggio, di Conflitto e Accettazione, attraverso le quali diventa possibile toccare con mano l’instabilità e caducità della condizione umana, nella quale tutti ci ritroviamo legati da angosce e gioie più simili di quanto crediamo, che inevitabilmente viene segnata dal tempo che scorre e dalla vita stessa che segue il suo percorso senza far distinzione di età, sesso, luoghi, epoche, momenti… Ma anche i più disparati cammini alla fine giungono ad un bivio di fronte al quale solo a noi tocca la scelta: soccombere o rinascere.
È con questo messaggio, che permea suoni, testo ed immagini, che vogliamo festeggiare i nostri dieci anni di attività musicale.

***
Mechanical Butterfly è una band progressive rock nata nel 2006 ad Acireale.
Avviato come un progetto strumentale, da cui nasce il primo EP omonimo, il gruppo decide successivamente di ampliare le proprie prospettive avvalendosi di una voce capace di amalgamarsi ad uno stile musicale che fin da subito manifesta la sua indole sperimentale, spaziando dal rock al prog, dall’ambient fino al metal. Si giunge così ad una formazione di sei componenti che si mette subito in gioco con un nuovo EP nel 2008. Nel 2013, dopo l’alternarsi di diversi membri all’interno del suo organico ormai stabilizzatosi in cinque elementi, la band registra il suo primo full-length. Autoprodotto, “The Irresistibile Gravity” esce ufficialmente nel giugno 2015 per una distribuzione mondiale targata Ma.Ra.Cash Records. L'album riscuote parecchio successo nella scena underground nazionale ma soprattutto estera. “Marks Of Time”, il brano su cui è stato costruito il loro primo videoclip, è estratto da quest’ultimo. La formazione attuale è composta da: Alessio Oranges alle chitarre, Laura Basile alle tastiere e synth, Francesca Pulvirenti alla voce e liriche, Emanuele Maita al basso, Gioele Gentile alla batteria.
STeamUP, un collettivo di creativi dediti alla produzione di video, grafica e photoshooting, ha collaborato con la Band Mechanical Butterfly occupandosi di tutta la fase creativa del videoclip “Marks Of Time”: dalla pre-produzione (soggetto, sceneggiatura, scenografia, costumi...) alle riprese e alla post-produzione (montaggio, effetti speciali).
Diretto da Riccardo Tropea con Direzione della Fotografia di Dario Baldini.

Catania, 21/12/2016


MARKS OF TIME – descrizione del videoclip

Tre sono i protagonisti di “Marks Of Time”.
Tre personalità diverse che portano con sé storie diverse. Storie di nascita, vita e morte.
Tre storie che hanno luogo in tempi e spazi differenti congiunte da una figura danzante che accompagnerà i personaggi nel loro ordinario quanto straordinario percorso. Ciascun passo della ballerina rappresenta un attimo di vita trascorsa. Ed è così che lei crea e scandisce il tempo, con una danza che non conosce né inizio né fine. Con lei scivoliamo inizialmente in un vecchio bunker impolverato dove nacque un bambino straordinario. Un rifugio per lui tanto confortevole e familiare, come il grembo di una madre. Lì rinchiuso, il piccolo protagonista vivrà solo per circa un decennio, sostentandosi con le riserve di cibo lasciategli da genitori ormai scomparsi. Con lui una grande passione, un grande amico: il suo supereroe preferito, impresso in una videocassetta ormai usurata dalle mille visioni. Ed è proprio grazie al suo idolo che il piccolo trova il coraggio di uscire. Dovrà così ad affrontare un mondo che non conosce e di cui ha paura, destreggiandosi inevitabilmente con i cambiamenti che portano alla Nascita e, dunque, alla nuova vita. Quand’ecco che la ballerina in un vortice di passi ci trascina in un’altra dimensione. Siamo al cospetto di un guerriero che fronteggia la grande perdita di una persona cara. Questo profondo cambiamento originerà nel protagonista dubbi e incertezze che si manifestano sotto forma di visioni. Tutte le sue più grandi paure si materializzano infine nelle sembianze di una feroce Creatura: essa rappresenta il peso delle responsabilità a cui ci sottopone l’esistenza. Ed è così che, con l’aiuto di una Sciamana, avrà inizio la grande lotta di un uomo per la Vita. Rapidamente, con un balzo, ci ritroviamo in un altro luogo e tempo ancora. Avvolti da un forte odore di canfora scorgiamo un laborioso tassidermista. Il protagonista lavora instancabilmente con dedizione e zelo, tanto da perdere di vista ciò che più gli sta a cuore. Troppo tardi, infatti, si accorge che la sua compagna è gravemente ammalata e neanche le cure mediche ormai potranno più salvarla. Il tassidermista, sopraffatto dal dolore e dall’angoscia, non accetta la perdita dell’amata e con un’espediente decide di provare a raggirare la Morte.


giovedì 22 dicembre 2016

Assenze e Presenze


”La memoria e colei che ci permette di rivedere il passato,
capire il presente ed intuire il futuro

Giordano Bruno.

In alcuni periodi certe "assenze" sono più dure da accettare, specialmente per la famiglia, per chi gli ha voluto bene...
Ti mancano i punti di riferimento, buchi neri nell'anima, rimane quello che ti hanno insegnato.
Buon Natale agli "ingenui" che, come me, pensano che il Banco non sia solo un gruppo musicale.
Aldo


Gli auguri di Wazza


Questo brano è sempre presente nelle mie personali compilation di canzoni di Natale...
Quest'anno avrà un sapore diverso, malinconico, ma continueremo a "credere in Babbo Natale"
Serene feste a tutti.. .un abbraccio a quelli che "eroicamente" rispondono ancora alle mail
Wazza



I Believe in Father Christmas

They said there'll be snow at Christmas
They said there'll be peace on earth
But instead it just kept on raining
A veil of tears for the virgin birth
I remember one Christmas morning
A winter's light and a distant choir
And the peal of a bell and that Christmas tree smell
And their eyes full of tinsel and fire
 They sold me a dream of Christmas 
They sold me a silent night 
And they told me a fairy story 
'Till I believed in the Israelite 
And I believed in father Christmas 
And I looked to the sky with excited eyes 
'Till I woke with a yawn in the first light of dawn 
And I saw him and through his disguise



mercoledì 21 dicembre 2016

Pensiero per Francesco, di Wazza


21 Dicembre  (pensiero per Francesco)


" Se mi vedi cadere, esprimi un desiderio..."
(anonimo)

Ci sarai sempre… Buon viaggio Capitano
WK

(Ricordo di Renzo Sicco - Assemblea Teatro)
Sono atterrato e ho acceso il cellulare che come impazzito ha iniziato a scampanellare. Erano decine di sms di amici che tutti mi segnalavano la stessa notizia. Francesco Di Giacomo è morto in un incidente stradale. Mi si è gelato il sangue e fatto il vuoto attorno. Ho dovuto sedermi allattesa bagagli e quando mi sono ripreso solo la mia valigia continuava a girare sul nastro. Dovevo incontrarlo due settimane fa quando a Roma sono stato ospite di Vittorio Nocenzi a Genzano poi un cambio di programma non ci ha fatto incontrare. Ci siamo conosciuti nel 1980 un pomeriggio attorno alle 16 al palasport di Torino e la sera facevamo già spettacolo insieme.
Noi eravamo fans del Banco da anni ed era stato Guido Ruffa la nostra testa dariete che qualche giorno prima era andato al concerto di Milano per contattarli e proporgli quella nostra strampalata idea di realizzare uno spettacolo su trampoli dentro il loro concerto.
Era tornato entusiasta da quel positivo incontro perché
i ragazzi del Banco erano interessati a parlarne e lappuntamento per discuterne sarebbe stato alcuni giorni dopo proprio al palazzetto dello sport a Torino dove era programmato il tour di Capolinea, il loro album del momento.
Quando ci siamo visti non cè stata discussione ma soltanto una domanda, Dove sono i trampoli?, e linvito a provare subito la sera stessa. Altri sarebbero caduti nel panico ma io, Paolo, Marina, Giorgio, Guido non ci pensammo un istante e la sera fu il delirio. Il palasport era traboccante di oltre 6.000 spettatori e dentro quella calca incredibile iniziò quella nostra stramba e unica esperienza nella storia del rock italiano di costruire uno show capace di unire rock e teatro. In Inghilterra lo avevano fatto David Bowie e Lindsay Kemp ma in Italia nessuno.
Ne parlavo proprio con Vittorio a Roma raccontandogli come i Muse nel loro ultimo tour abbiano inserito tre tasselli teatrali giocati, ovviamente con ben altri mezzi a disposizione di quelli di nostra disponibilità allora, ma assolutamente complementari a quel pensiero che però accadeva 34 anni fa.
In quel contesto è nata la nostra conoscenza, collaborazione e interminabile amicizia con Gianni e Vittorio Nocenzi, Pierluigi Calderoni, Rodolfo Maltese, Gianni Colaiacomo, Karl Potter e naturalmente Francesco Di Giacomo.
Lintelligenza, lironia, la duttilità di Francesco lo hanno visto collaborare poi in diversi progetti teatrali di Assemblea, pazzi come sempre. Su tutti “”Imagine”, uno spettacolo dedicato a John Lennon e realizzato dentro la Miniera Paola a Prali un chilometro e mezzo sotto terra. Terra di minatori come la sua Sardegna e questo lo rendeva felice. Come felice era ogni volta che poteva ospitarmi a Roma nel caseggiato popolare dove, tra il rito del caffè al bar sullangolo o dei giri nei negozi vicini, la cosa che lo rendeva più orgoglioso erano i momenti di grande promiscuità che si creavano in cucina tra me e la sua piccola anziana mamma, straordinaria cuoca che mi insegnava trucchi e segreti della grande arte culinaria.
La sua voce, incredibile, mi resta nelle orecchie nel suo ultimo concerto che ho visto come spettatore due anni fa ad Asti, potente e perfetta più di sempre e, ascoltandolo, mi pareva impossibile. Mi resta il suo sorriso arguto e complice di tanti momenti insieme nella vita e sulla scena insieme e mi manca al momento il coraggio di riascoltare un cd del Banco Del Mutuo Soccorso ma è una promessa, ci proverò.
Grande, eterno, Francesco



martedì 20 dicembre 2016

CHILDHOOD'S DREAM live al Club Il Giardino, di Marco


CHILDHOOD'S DREAM live al Club Il Giardino - Lugagnano (VR) 17/12/2016
Di MarcoPessina

Una serata di buona musica con la collaborazione di vari amici viene bene se ci sono tutti gli ingredienti, e non c'é dubbio che quella di sabato 17 dicembre sia riuscita in tutti i sensi. Erano di scena al Club i CHILDHOOD'S DREAM, per una serata tutta dedicata ai MARILLION, un progetto nato qualche tempo fa da alcuni musicisti della zona. FRANCO ZAMPIERI (voce e tastiere addizionali), MASSIMO PIUBELLI (chitarra elettrica), LORENZO MANFRO (basso), ANTONIO ZUFFOLATO (tastiere) e ALESSANDRO ZARDINI (batteria), con l'aggiunta di quello che ormai viene  considerato il "sesto elemento), quel ANDREA BASSATO (violino), che suonò in passato qualche anno con LE ORME. Per non farsi mancare nulla, durante la serata del GIARDINO, ci sono state altre presenze eccellenti che si sono avvicendate sul proscenio in vari momenti, come quella del funambolico chitarrista DAVID CREMONI, già con i MOONGARDEN di CRISTIANO ROVERSI. Del percussionista SBIBU e del vocalist GUILLERMO GONZALES. La risposta del pubblico in termini di presenze può considerarsi buona, ma quando c'é la qualità ormai non é più una novità per il locale. E' già da brividi l'entrata in scena con THE KING OF THE SUNSET TOWN, a cui viene attaccata BERLIN e gli applausi scrosciano, con ZAMPIERI che si cala perfettamente nella parte di HOGARTH. Buona la voce e la tenuta per tutto il concerto. FUGAZI e CHELSEA MONDAY, ci riportano al periodo FISH, con CREMONI sugli scudi. L'atmosfera, già calda, aumenta semmai ce ne fosse bisogno. Dopo l'intro di ZUFFOLATO, abbiamo il piacere di ascoltare KAYLEIGH a cui viene attaccata LAVENDER. Buona la ritmica della coppia MANFRO/ZARDINI con un PIUBELLI preciso. Dopo THE PARTY, si passa poi a cose più recenti e allora via con WAITING TO HAPPEN e HOLLOW MAN, con BASSATO che entra in scena col suo violino. La prima parte, molto applaudita, si conclude con AFRAID OF SUNLIGHT e KING. Una decina di minuti di pausa e si ritorna con un intro di ZAMPIERI, cui segue ESSENCE. Gira tutto alla perfezione o quasi per la soddisfazione di chi ascolta e dei musicisti stessi! Senza soluzione di continuità lasciando poco spazio alle chiacchiere, ascoltiamo la bella A COLLECTION, che venne scartata all'epoca da HOLIDAYS IN EDEN restando fondamentalmente un lato b e EASTER, con il bel assolo di violino di BASSATO. Applausi scroscianti meritati! RUNAWAY dà il via ad una triade di brani tratti da BRAVE, con l'omonima canzone che avrà nel mezzo la partecipazione di SBIBU e di GONZALES con i suoi vocalizzi particolari e si concluderà con GREAT ESCAPE ancora con BASSATO e con la non di certo facile parte vocale di ZAMPIERI. Un ultimo brano ci attende, ma si tratta della lunghissima STRANGE ENGINE, pezzo articolato nelle sue innumerevoli fasi, che dà il titolo all'omonimo album del 1997. Applausi scroscianti ci dicono che siamo giunti alla fine di una bella serata; tuttavia senza tante manfrine di uscita dal palco, ci sarà una chicca tenuta come bis, che vedrà la partecipazioni di tutti i musicisti, quella IN THE COURT OF CRIMSON KING, che viene giustamente dedicata a GREG LAKE recentemente scomparso. E' davvero finita, bravi tutti per un'altra gradevole serata al Club!


lunedì 19 dicembre 2016

E.S.C. - Emily Sporting Club, di Andrea Zappaterra


E.S.C. - Emily Sporting Club

Di Andrea Zappaterra

Dissacrante e dissacratorio, ironico e conturbante, accattivante e trasgressivo, questo in quattro parole il bel lavoro di Emily Sporting Club.
Un ottimo Pop/Rock/NewWave elettronico con sfumature Prog che fa da contorno ai testi delle canzoni, 9 brani - Postoristoro, Emily Sporting Club, Piedi inversi, Boy, Del lavoro, Hangover, 2Mars, Autobahn, Più di così (non se ne può) - da ascoltare attentamente, carichi di energia  e di ritmo nonché di effetti elettronici e ottimi arrangiamenti.

Ma c’è di più:
Comunicazione a 360°, un concerto live, electro live set e allestimento teatrale con la regia di Gabriele Tesauri , uno spettacolo multimediale e polimediale unico: la band è immersa in una video-proiezione; attori e performer interagiscono spostando il punto di vista e la prospettiva del "messaggio" per non relegare chi segue lo spettacolo ad un ruolo passivo.

Abbiamo pensato di iniziare frequentando i luoghi e le situazioni di un autore a noi molto caro: Pier Vittorio Tondelli. Lo stesso nome che abbiamo scelto vuol esserne un tributo: Emily Sporting Club. Da qui siamo partiti per scrivere brani che alternassero (o mescolassero) suoni taglienti, crudi, delicati, sognanti, diretti e testi che cercassero di fotografare e raccontare storie e situazioni attuali con qualche incursione e sguardo verso quel periodo, quasi a dimostrare che, a volte, cambiano le situazioni ma non i temi. Anche le sonorità, in alcuni casi, vogliono riecheggiare quel periodo. Ci siamo divertiti a chiamarli <concerti in video-emersione”.

Chi compone E.S.C.:

Elisa Minari - Basso
Nicola Pulvirenti - Voce
Alfredo De Vincentiis - Elettronica; Batteria;
Silvio Valli – Chitarre



La storia degli E.S.C.
Gli E.S.C. sono Nicola Pulvirenti (voce e testi) Silvio Valli (chitarre) Alfredo de Vincentiis (batteria ed elettronica), Elisa Minari (basso) Nicola, Silvio ed Elisa facevano parte del gruppo Akrasia negli anni '90, e tornano a suonare insieme dopo un lungo periodo di separazione musicale. Il proposito è quello di allestire un omaggio alla musica d'autore italiana. Alla batteria viene chiamato Alfredo (già arrangiatore e produttore di vari progetti) con cui Elisa collabora già da alcuni anni. Le esperienze dei singoli musicisti maturate fino a quel momento sono svariate: tra la tanta attività e ingaggi live in giro per l'Italia si contano anche collaborazioni con artisti italiani (tra cui Nomadi, Valeria Rossi, Baccini, Freak Antoni) oltre a diversi album in studio per progetti indipendenti. E' forse proprio tutto il vissuto alle spalle di ciascun componente, dopo anni di musica riprodotta, interpretata, arrangiata e creata, che i quattro abbandonano la strada della cover d'autore per intraprendere un viaggio diverso, personale, conscio e coraggioso.
Il progetto ESC  - parole loro - prende vita da una volontà di riconoscenza e di condivisione, nate da una rilettura di Altri Libertini, il primo romanzo di Pier Vittorio Tondelli. La riconoscenza è per questo scrittore che ha donato alla nostra generazione un immaginario letterario: grazie alle pagine scritte da Pier hanno preso una forma poetica le strade, le musiche e le relazioni che abbiamo vissuto. A tanti anni di distanza Altri Libertini racconta un'età di passaggio, un'età di fuga, un momento di crisi attraverso un linguaggio universale che è quello dell'elettricità del pensiero, che rende questo romanzo più che attuale, forse anche per le nuove crisi che stiamo attraversando.
Nasce così ESC, un Concerto In Video Emersione, per il quale abbiamo realizzato un album ispirato al libro non solo per i testi ma anche per il sound, crudo, o rude come molte volte o sempre è Altri Libertini. Tondelli è inseguito dalla puzza di provincia e ce la fa sentire, ci sta male. Il suo linguaggio è la chiave, e la libertà che ci siamo presi nella composizione dei brani e nella scelta dei suoni, dovrebbe averne lo stesso sapore. Abbiamo mantenuto la forma di 'canzone' , perchè musicalmente arrivasse dritta in faccia, senza essere solamente colonna sonora di un reading.
Il concerto vive su questa onda sonora ed emerge da un flusso video proiettato sul palco, sui musicisti, sui performers. Le immagini diventano così scenografia e presenza, memoria e propulsione.
La volontà di riconoscenza e condivisione ci regala anche il desiderio di coinvolgere amici e personalità che hanno conosciuto Pier Vittorio: saremmo davvero felici di poterli aver con noi sul palco per portare la loro testimonianza.”

"Noi siamo i vinti.
Noi che non sappiamo amare
E viviamo di sogni
E il tempo dell’illusione svanisce
lasciandoci tentennanti nel nostro dolore" (P.V.Tondelli)




venerdì 16 dicembre 2016

Mostra AnimaMundi, di Emiliano Alfonsi: le impressioni di Claudio Milano


Titolo mostra: AnimaMundi
Artista: Emiliano Alfonsi

Location: BANCA FIDEURAM - SAN PAOLO INVEST, via Cicerone 54, Roma
Date: 26 e 27 Novembre 2016
Curatore: Egidio Maria Eleuteri

avete mai chiesto alla menzogna come immagina la verità?
la prima è talmente nitida che può solo figurarla astratta.
(Emiliano Alfonsi)


Un imperativo, arrivare con almeno un’ora dopo l’inaugurazione della mostra, per evitare che un’esperienza importante, possa divenire una festa, certo, benvenuta, ma non tale da godere del mistico effluvio di quanto sapevo, mi sarebbe aspettato e così è stato. Ad accogliermi alla Banca San Paolo, in via Cicerone a Roma, sull’uscio, un nugulo di ragazzi nero vestiti, a dare l’idea di un pubblico “altro” e poi, una signorina gentile all’ingresso, che mi chiede i dati e mi illustra il percorso della mostra, tutt’altro che un dedalo, in realtà. Una breve rampa di scale e la prima opera, ad aprire ad un percorso, che prima ancora di porsi come sensoriale, si è dato come simbolico. In realtà, è l’emozione che poi è prevalsa. “La Rosa Mistica”, primo accesso al mondo di Emiliano Alfonsi e all’esposizione “AnimaMundi”.

Anima Mundi

Simbolo della “ricerca della bellezza nell’equilibrio”, mi dirà l’artista, di quelli, che poi dirò, raramente “veri”. Più tardi, quella rosa mi sarei ritrovato ad osservarla, con sorpresa, tatuata sul suo collo, simbolo che è anche aspirazione alla perfezione, equivalenza dell’imperituro valore del fiore di Loto nelle culture orientali;“condizione di purezza e santità, alla quale l’uomo giungerà, dopo che avrà lavorato e purificato il proprio sangue dal desiderio, quando sarà diventato casto e puro”, nella visione dei Rosacroce; generazione, fecondità e purezza, eletta simbolo della "Devozione Mistica”; Amore Virtuoso e dunque, della Carità Pietistica di Maria (per quanto, l’artista riconosca fascinazione ma non devozione nei riguardi del Cristianesimo);"Conoscenza Segreta", per gli Egizi. Quant’altro si potrebbe spendere appresso a questo simbolo, tale da assumere il valore di archetipo sempiterno, è nelle pieghe di cosa mi si presenterà di lì a poco. Ma intanto è un’opera… una sovrapposizione geometrica e materica, di incastri ordinati di legni ricoperti da garze e gesso, sul quale i pigmenti di tempera, si stendono in maniera materica, con pennellate, assai corpose, cosa che nessuno degli altri lavori esposti presenterà. Carnale, direi, a dispetto di qualsiasi attribuzione di valori mistici o esoterici, ch’essi siano, pregressi. Qualcosa che raccoglie e che non è escluso, possa richiamare a sé, senza ritorno. E qui, subito emerge un aspetto importante del lavoro dell’artista. La sua pittura è richiesta di attenzione nei minimi dettagli, sempre che si sia disposti ad accoglierla. 

Giustizia

Tra il pubblico, sono sommerso da un vociare che parla di reami, tempi perduti, purezza cavalleresca. Sorrido, mentre inforco carta e penna. Di contro, sin da subito, la mia percezione mi ha condotto ad un mondo strettamente contemporaneo dove l’icona non ha tempo, ma la sua manifestazione diventa pagano inno alla vita. Certo, il fascino dell’antico non manca. La scelta di reggere ogni dipinto su cavalletti con all’estremità superiore quello che pare un simbolo araldico (scoprirò più tardi che il valore del cavalletto esula dalla funzione di mero sostegno, facendo parte anch’esso di un ciclo di opere, un progetto partito dalla dimensione dell’ostensorio e della sua dimensione rituale) ne è esempio, ma è solo fascinazione autentica per la bellezza, estranea ad ogni tempo, ma non ad ogni logica. C’è chiarezza assoluta nel percorso che mi si dipana e non c’è tempo che regga. Potrei parlare anche della cura artigianale, che accompagna ogni tratto dell’esposizione, come a dire che nella riscoperta di un fare artigiano, c’è affermazione dell’essenza dei valori autentici. Una rampa di scale a sinistra e poi, pochi gradini, per accedere al piccolo spazio espositivo dov’è la quasi totalità dell’esposizione. Forse uno spazio angusto, perché si avverte il desiderio di vederle espandere nello spazio queste opere, per quanto, nella maggioranza dei casi, di piccole dimensioni. Il primo ciclo, è dedicato alle Virtù. Il mio sguardo è immediatamente attratto dalla “Fortezza”, eccezionale, nella capacità di penetrare con lo sguardo di chi è ritratto (ogni opera, eccetto che una, di cui parlerò più avanti, ha un modello che è associato non casualmente all’opera e che è trasfigurato, come nella ricerca del suo più profondo “essere”), interrogando le coscienze di chi osserva. Lo sfondo scuro contrasta la bellezza eburnea del viso, come quasi tutti quelli rappresentati, dal fascino misogino. Ciò che differenzia quest’opera da molte altre, è la centralità dello sguardo. Alfonsi, fa sua forza, nella raffigurazione di volti che ammiccano di traverso, come a voler cogliere “la testata d’angolo che diviene pietra e asse portante” e questa cosa inquieta, ma è invenzione fortemente caratterizzante, che sfalda la fissità iconica in qualcosa di fotografico, anzi post-fotografico, in quanto capace davvero di rapire lo spirito di chi è immortalato, di chi guarda, osserva, s’interroga. Ma qui non ci sono risposte (il che non esclude affatto certezze, di chi espone, in merito a luce, ombra, vero, falso, positivo, negativo) ed è questo il fulcro di quanto mi si (im)pone davanti. Ci sono larghi margini in queste opere, pari a un costante divenire nella mente e nello spirito e l’arte è questo, ciò che lascia abbastanza porte aperte per non definire il presente entro gabbie, anche perché, quello che chiamiamo presente è già passato e solo il futuro ha importanza e qui, di divenire ce n’è a sufficienza per dedicare ore della propria vita alla pura contemplazione, che nel frattempo scava e scava, senza sosta, nel proprio subconscio. Ogni parola successiva, alla descrizione di “Fortezza”, può essere affiancata a quello che, dal mio, soggettivo, punto di vista, è il capolavoro assoluto della mostra: “Deceptio/Inganno”.

Deceptio-Inganno

Qui, l’idea iconica sublima in una contemporaneità surreale. Le sottili pennellate del viso raffigurato, superano i limiti della tempera “a corpo” e si rapportano ad un fare divisionista che dona luce. In perfetto contrasto, i quattro visi esangui, organizzati attorno all’immagine centrale, che scruta con altera lateralità di sguardo, sembrano essere fantasmi, dei “memento mori” in chiave strettamente contemporanea, quasi un rimando alle maschere funerarie micenee. Un cuore con le sue arterie, sembra invadere come a possedere, l’austerità del volto e a fianco, la manifestazione delle piume di un pavone, segno di timore, quanto di nobiltà (ma tanti sono i valori, ognuno significante, che soggettivamente, ognuno potrebbe cogliere) e un camaleonte. Davvero, una di quelle opere che a scandagliarla, non basterebbero ore, per rapirne l’essenza, quanto ne si è ammaliati, ma il tempo è breve e devo, mio malgrado (sinceramente il mio sguardo non si è mai distaccato da questa meraviglia), volgere oltre. C’è ad accogliermi, con altrettanto calore, la bellezza di “Anima Mundi –NihilHic Servit”, grazia per eccellenza, che incanta tra ori, simbologie religiose ed alchemiche. Altro capolavoro assoluto è “Veritas”, dove l’austerità del ritratto, sinceramente incantevole, è nella capacità di trasformare la maturità, d’età, in profonda bellezza. Toni pastellati, rassicuranti, fermi, si sposano a ad un impianto di volumi su tavola a più strati, che generano sottili ombre, risonanze/sonanze, di una purezza immacolata. Piano, mentre, l’artista mi riconosce, salutandomi con un tocco sulla spalla e uno sguardo, per nulla casuale, mi verrebbe da dire perché, di traverso, mi avvicino al ciclo degli arcangeli.“Raphael” è pura eleganza...

Raphael

“Michael”, stordente, incastonato nella più preziosa delle rose mistiche, arabesco tentacolare, che si espande nello spazio, dove l’idea di cornice diventa, forse, ancora più importante dell’immagine, a chiedere attenzione, appresso allo sguardo caritatevole e denso di purezza dell’effigie immortalata e poi “Gabriel”... 

Gabriel

Come prima detto, i visi di Alfonsi, soprattutto quando ritratti di profilo e questo ne è chiara testimonianza, scrutano lo spettatore, scarnificandolo. Un’ esperienza mistica autentica, di quelle che non lasciano vuoti pneumatici nella coscienza, tolgono fiato e raggelano per il tempo che a loro si vuole dedicare, come alla partecipazione di una richiesta di autentico amore, che qui, eccezion fatta per la prima opera in mostra, non ha nulla di carnale, trascende. L’unica, vera, icona del lotto, nel senso più tradizionale del termine, è la “Mater Misericordiae” (e qui mi ricollego a quanto detto prima, in merito all’assenza di un “ritratto” vero e proprio), che riporta anche certe austerità bidimensionali bizantine, in particolare nella raffigurazione del Bambin Gesù. Su un piccolo piedistallo, come incastonato in una pietra, la raffigurazione di Papa Giovanni XXIII, “In Buona Luce”, piccolo gioiello, bontà di spirito, da cui traspare quella “curiosità mistica nei riguardi del Cristianesimo”, di cui, Alfonsi, dice.Il tempo per rivolgere domanda al modello di “Deceptio”, curiosamente amico di una quantità impressionante di conoscenti, “come ci si sente ad essere raffigurato come l’inganno?”, risposta mai avuta, nell’affastellarsi di curiosità altre e a cui, poi, l’artista darà risposta: “l’inganno nel suo manifestarsi è più sincero dell’aura che appartiene alla sincerità” e…come  non dargli ragione? 

Volto Deceptio

Una breve intervista segue, inframmezzata da domande e curiosità che giungono da altre voci. Alfonsi è persona di un’umanità grande e insondabile, tra chiari e scuri, ma di una socievolezza rara, pari alla sua immediata reattività, sintomo di intelligenza viva e apertura curiosa quanto brillante, a quanto gli vien detto. A vederlo in foto sembra un gigante e lo è, nel carisma che trasmette. Dice, come, chi lo sostiene nella presentazione del suo percorso, che un artista è sempre solo, ma in questo contesto, io vedo e percepisco, tante persone a lui profondamente vicine, portatrici di stima e profondo affetto, ma come non dargli ragione? Non c’è mai vuoto che possa essere colmato, quando si ha tanto, anche troppo, da dire e dare. Si discorre della diffidenza nei riguardi della critica, parlando di Adorno e Argan (e della necessità di una sintesi più manifesta nella scrittura di quest’ultimo), dell’urgenza di vita come forma d’arte in sé e al mio dire, “si, la tua, oggi, è avanguardia”, ricevo un sorriso diffidente e sincero, come a dire “vuoi definirmi quando in realtà non c’è nulla di autenticamente definibile nel mio percorso?”; del legame tra il valore dell’icona e dell’archetipo junghiano; di come i dipinti possano essere “pagine” scritte, ma in costante movimento; del sacro margine che può legare arte e artigianato, senza sminuire né l’uno, né l’altro concetto (in un’epoca dove tutto si consuma, qui l’invito ad una dimensione “altra”, dove il tempo non conta, invita anzi a denudarsi completamente d’ogni sovrastruttura e lasciare il resto fuori); poi…il tempo invece, non basta più e mi pento di essere arrivato così tardi. Avrei preferito la folla, alla possibilità di discorrere più a lungo. Ci sono incontri che ribaltano le prospettive. Mi allontano, sazio, forse saturo, da una banca, come questa fosse diventata per me un sacrario, io, più vivo e pieno, di domande e visioni. Ad ognuno, auguro, la possibilità di una simile esperienza, perché le persone, come quello che generano, non possono essere sostituibili, come il regime di pensiero che viviamo porta a credere. Autentico stupore. Grazie, Emiliano Alfonsi.

                                                           Emiliano Alfonsi