mercoledì 31 gennaio 2018

Un anno fa ci lasciava John Wetton...


E’ già passato un anno (31 gennaio 2017) dalla perdita di John Wetton!
Per non dimenticare!

Wazza


Pete Sinfield: accadeva nel gennaio del 1972...


Nel gennaio 1972 Pete Sinfield lascia i King Crimson dopo il Tour negli USA per "disaccordi artistici" con Robert Fripp, ormai leader indiscusso della band: e pensare che fu lo stesso Sinfield a dare il nome "King Crimson" al gruppo!
Oltre che dei testi si occupava delle luci sul palco, suonicchiava e faceva da "consigliere".
La leggenda narra che Fripp fece pagare il fatto che la prima moglie di Sinfield, Stephanie Ruben, diceva che i King Crimson di "In The Court.." erano la band di Ian Mc Donald... permaloso il ragazzo!
Di tutto un Pop…
Wazza


martedì 30 gennaio 2018

Il compleanno di Phil Collins


"Era lultima cosa che volevo, ma quando Peter ci ha lasciato non riuscivamo a trovare un altro cantante e così la band mi ha convinto a farlo. Non cera davvero unaltra opzione ed io ho estratto la pagliuzza corta. Mi sono sempre chiesto come sarebbe andata se Peter non se ne fosse andato ed io fossi rimasto a suonare la batteria.
(Phil Collins)

Compie gli anni oggi, 30 gennaio, Phil Collins, batterista, cantante, polistrumentista, attore… colui che riuscì a far diventare una band di "collegiali" in uno dei gruppi più famosi al mondo… i Genesis.
Formidabile la sua carriera da solista: ha venduto più di 150 milioni di copie in tutto il mondo!


Da sempre considerato uno dei migliori batteristi al mondo. Nonostante gli acciacchi dovuti ad una recente malattia, Phil ancora stupisce il pubblico con i suoi concerti!
Happy Birthday Phil!
Wazza

Los Angeles, CA, USA.
Genesis- January 24, 1975



lunedì 29 gennaio 2018

MARYGOLD -”ONE LIGHT YEAR” , di Evandro Piantelli


MARYGOLD -”ONE LIGHT YEAR” (2017 ANDROMEDA RELIX)
di Evandro Piantelli

I Marygold sono una band di rock progressivo e vengono da Verona. Il nucleo storico è attivo fin dal 1994, quando col nome di Wildfire proponevano cover dei Marillion (periodo Fish), ma dal 2015 la band ha cominciato a suonare brani di nuova composizione e, con nuovi innesti, ha iniziato una  strada diversa, pubblicando nello stresso anno il CD “The guns of Marygold”. Contemporaneamente il quintetto ha dato impulso all'attività live, partecipando anche a numerosi festival in compagnia di gruppi italiani prestigiosi (Balletto di bronzo, Osanna e Banco del Mutuo Soccorso, solo per citare i più conosciuti). Dopo qualche anno di rallentamento dell'attività la band, con la formazione attuale di Guido Cavalleri – voce e flauto, Massimo Basaglia – chitarre, Marco Pasquetto – batteria e Alberto Molesini – basso (che però ha lascito la band alla fine delle sessions di registrazione ed è stato sostituito da Marco Adami, tornato dopo qualche anno di assenza), ha dato alla luce nel 2017 il nuovo lavoro intitolato One light year, un disco di prog, cantato in inglese
Si comincia con “Ants in the sand”, un pezzo che racconta la brulicante vita all'interno di in un formicaio, tragicamente conclusa dall'allagamento ad opera dell'uomo. Il pezzo è sorretto soprattutto dalle tastiere, mentre gli interventi della chitarra elettrica sono più limitati. A metà del pezzo alla voce di Guido Cavalleri si affianca quella dell'ospite Irene Tamassia, conferendo al brano una certa dolcezza. Bello l'assolo di chitarra che conclude il pezzo.
Si prosegue con “15 Years”, canzone sulle difficoltà adolescenziali, caratterizzata dai numerosi cambi di tempo e da un bel lavoro di chitarra nella parte centrale. Nel finale emergono atmosfere Marillion, forse bagaglio del passato di cover band.



“Spherax H20” è il brano più lungo del disco (12'28”) e ci racconta di astronavi e di scenari post-apocalittici (il testo si basa su un racconto dello scrittore Wanderlei Danielsky). Piacevole la parte centrale prevalentemente strumentale dove dialogano le tastiere e le chitarre ed interviene il flauto, in quello che, a mio parere, è il brano più centrato del disco, dove c'è anche il migliore equilibrio tra voce e strumenti.
“Travel notes in Bretagne” è un pezzo velato di una certa malinconia che ci descrive la bellezza della regione francese, mentre i successivo“Without stalagmite” è l'unico brano (dal vago sapore Camel) interamente strumentale del disco.
“Pain” è un  pezzo molto gradevole, con le tastiere sempre in primo piano, che ci racconta di un uomo che porta su di sé una maledizione. Conclude il disco“Lord of time”, dal testo che ricorda le saghe nordiche (“I see him sitting on a marble throne ..”). E' un brano che si differenzia dal resto dell'album perché più orientato sul versante metal-prog, con la chitarra in particolare evidenza, ma con un ritorno delle tastiere nella parte finale.
Il giudizio complessivo sul “One light year” è positivo, perché i pezzi sono gradevoli e dimostrano una certa personalità, anche se ci sono molti richiami al neo prog inglese degli anni '80. Vorrei fare però un paio di osservazioni. Per prima cosa, mi sembra che lo spazio occupato dalla parte cantata  a volte sia un po' eccessivo, poiché siamo di fronte a brani piuttosto lunghi che possono risultare appesantiti. Inoltre, e lo dico senza pretesa di dare giudizi tecnici di cui non ho le competenze, la voce del cantante non mi entusiasma. Detto questo, lo ribadisco, si tratta di un lavoro interessante, che si ascolta piacevolmente, con testi molto curati e sicuramente non banali, complessivamente ben realizzato all'Opal Arts Studio di Verona, con la sapiente regia di Fabio Serra. Sono sicuro che lavorando un pò di lima i prossimi lavori dei Marygold saranno ancora più interessanti.


Formazione:

Guido Cavalleri: voice and flute
Massimo Basaglia: guitar
Marco Pasquetto: drums
Stefano Bigarelli: keyboards
Marco Adami: bass




domenica 28 gennaio 2018

Controcanzonissima: gennaio 1972


Si svolgeva il 28 gennaio 1972 la seconda edizione di "Controcanzonissima", manifestazione musicale inventata dall'editore di Ciao 2001Saverio Rotondi,  preceduta da un "referendum" in cui i lettori avevano la possibilità di votare i partecipanti.
Vinsero The Trip, Delirium, Osanna, Le Orme, New Trolls, Premiata Forneria Marconi, Claudio Rocchi, Francesco Guccini: si esibirono al Piper di Roma, in un concerto durato 9 ore!
Di tutto un Pop!

Wazza
Referendum

Da un "ricordo" di Claudio Rocchi

Nel pomeriggio, lì attorno al Piper di via Tagliamento, in giro con Gabriele Di Bartolo a fare foto. Una di quelle finirà nella terza di copertina di Volo Magico n. 2/La Norma del Cielo.
Quel giorno mi sono fatto un copricapo alla pirata, mezza bandana, mezzo turbante.
Vesto un giacchettino a fiori su maglietta e pantaloni di velluto cangiante dorato.

La parte tecnica appare subito problematica: con l'dea che amplificare una chitarra acustica è una sciocchezza rispetto al fare i suoni ai gruppi, per me non c'è soundcheck e purtroppo sarebbe invece stato necessario. Quando salgo sul palco, presentato da Eddie Ponti, ci metto un secondo a capire dai fischi assordanti dell'impianto che non ci siamo. Amplificare l'acustico è davvero la cosa più difficile e per eludere i feedbacks, e il tecnico non trova di meglio che abbassare i microfoni all'inverosimile, togliermeli dalle spie e non farmi e non fare sentire NULLA. A nessuno.

 Premiata Forneria Marconi (Piper 28 gennaio 1972)


In fondo certi ragazzotti romani nel pubblico, cui non può fregare meno di me e dei miei problemi tecnici, continuano a vociferare prepotentemente. Accenno qualcosa di improvvisato che erroneamente sui crediti del CD n.5 della collezione (ROCCHI/OSANNA) verrà identificato come "La tua prima luna", e mi fermo. Tento di guadagnare il silenzio in sala senza successo. Parte del pubblico è con me e solidarizza "contro" i vocianti là in fondo. Non ce n'è; come mi è capitato non poche volte in quegli anni lascio il palco dopo avere salutato: «Ci vediamo nella prossima vita» - chiudo.

Osanna (Piper 28 gennaio 1972)

Nell'ufficio della produzione tentano di convincermi a tornare. Non torno. Ho capito bene che non è possibile. Microfoni semi spenti e coatti vocianti non possono stare insieme. Qualcuno informa male il presentatore e trionfalmente Eddie annuncia il mio ritorno in scena. I miei amici esultano e battono le mani felici. Là in fondo fischiano e rumoreggiano. Se mai avessi avuto dubbi me li tolgo in un attimo. Non torno.

The Trip (Piper 28 gennaio 1972)

A questo punto entra in scena l'ottimo Tito Schipa Jr (Orfeo 9) che fa un'accorata arringa in mio favore. Sembra un processo e lui è il mio difensore. Il pubblico si divide, come spesso accadeva, e cominciano battibecchi diretti in sala tra le fazioni. Carlo Silvestro entra in ufficio di corsa e mi dice che sta scoppiando un casino. Franz della Premiata sorride e mi conforta. Elio d'Anna è già truccato come facevano on stage gli Osanna e si preoccupa solo del suo make-up. Guccini è un padre per me: mi rassicura nella sua lingua e mi offre del vino.

 Manifesto Ciao 2001

Fuori Eddie non mi ha perdonato l'equivoco e, tentando di stimolarmi, quasi mi provoca dicendo che sto piangendo dietro al palco. Sono solo determinato a non tornare. Ora, anche grazie a lui, persino di più. E dire che era un anno che il pubblico di Ciao 2001 votava gli artisti ogni settimana in batterie ad eliminazione diretta. Che questi otto vincitori, me compreso, aspettavano con eccitazione di esibirsi nell'arena del gotha della giovane musica italiana contemporanea. Avevo eliminato persino Battisti!
That's it. E' andata così.



 Tagliando per lo sconto di "500" lire !






sabato 27 gennaio 2018

David Zard R.I.P.


Amato, odiato, elogiato, contestato, ma… se non fosse stato per lui i grandi del rock non li avremmo mai visti in Italia.
Ha lavorato, anche, con il Banco del Mutuo Soccorso, tre le altre le tournèe di..."di Terra" e "La Carovana del Mediterraneo".
Rip David Zard

Wazza


Un pò di storia…
Aveva 75 anni. Per primo organizzò, fin dagli anni Settanta, i concerti negli stadi italiani: da Frank Zappa ai Rolling Stones, da Madonna a Michael Jackson.
David Zard era un visionario. No, non uno di quelli tra droghe e psichedelie, nemmeno di quelli presi dal fuoco sacro e mistico. No, Davide era un visionario molto pragmatico, ma pur sempre visionario. Perché nella sua visione cera, c’è sempre stata, fino allultimo, lidea del futuro.
Il futuro, per Davide, era dietro langolo, anche quando in realtà era lontanissimo, come nei primi anni Settanta, quando iniziò a organizzare concerti in Italia. Non era come oggi, chi non cera non può credere quale fosse il livello di caos, di violenza, di tensione ai concerti in Italia, con gli autoriduttori sempre pronti a sfondare i cancelli, i servizi dordine a cercare di contenere i danni e la polizia, quando arrivava, a caricare tutti, chi aveva il biglietto e chi no. Ma lui era sempre lì, appassionato fino alleccesso, pronto a litigare e discutere con chi sfondava i cancelli, ma anche pronto a migliorare le cose, a spingere per avere strutture più adatte a ospitare la musica dal vivo, pronto anche a prendersi cura degli artisti, oltre che del pubblico.
 Davide, assieme a Franco Mamone e Francesco Sanavio, è stato tra i pionieri del mercato della musica dal vivo nel nostro paese, anzi potremmo dire che se lera inventato dal nulla, seguendo gli esempi inglesi ed americani, portando nei palasport, nei teatri, negli stadi, tutti i più grandi artisti del rock e del pop. E subendo, soprattutto quaranta anni fa, le critiche di chi pensava a lui come a uno squalo” della musica, interessato solo al soldi e non allarte. Non era così, non era soltanto così. Che fosse interessato a fare soldi era ovvio e naturale, che il suo fosse un business gli era chiaro fin dallinizio, anche quando il business non cera e lui provava ad inventarlo.
Aveva una visione dellindustria dei concerti che conteneva, come abbiamo appena scritto, la parola industria. Ma era anche un enorme appassionato di musica, conosceva artisti, generi, tendenze, si informava, era attento e nulla sfuggiva al suo radar. Non tutto gli andò bene, come ovvio in un mestiere dove lalea resta molto elevata, ma gran parte delle sue visioni si confermarono come giuste con il tempo. Davide aveva fiuto, sia per gli artisti sia per il pubblico, conosceva e riusciva a vedere il talento anche nei gruppi e nei solisti più giovani, e li ha sostenuti volentieri, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta.
Con alcuni artisti italiani - Branduardi, Nannini, Cocciante - è stato molto più che un manager, mentre davvero interminabile è lelenco degli artisti che ha portato a esibirsi in Italia, grandi stelle internazionali come Madonna, Michael Jackson, astri del rock come Dylan e i Rolling Stone,s ma anche i Genesis, i Traffic, Santana, Lou Reed, citando a casaccio. Già, Lou Reed, nel 1975: un tour devastato dagli incidenti che ebbero il loro culmine a Roma, al Palasport, con le cariche e i lacrimogeni di polizia e carabinieri allinterno della struttura. Era il segnale della fine, che arrivò di lì a poco, con le molotov sul palco di Santana, della prima grande stagione di concerti in Italia. Davide però non si diede per vinto e continuò a cercare di trovare una strada, ragionevole e sana.
Negli anni Ottanta e Novanta ancora concerti, tanti, sempre più grandi e belli, sia italiani (come il megaconcerto di Baglioni allo stadio Olimpico di Roma) che internazionali. Poi la nuova visionee lapertura al mondo del musical contemporaneo, dove ha firmato il più grande successo di tutti, quello di Notre-Dame de Paris,  ma anche molte altre produzioni, come Tosca: amore disperato di Lucio Dalla.  Notre-Dame de Paris è stato un successo sotto ogni punto di vista e il merito, oltre che di Cocciante come ovvio, è proprio di Zard che non solo ha creduto nellartista e nelle sue idee, ma gli ha dato i mezzi per realizzarle, fino al punto di costruire delle strutture apposta per permettere la realizzazione degli show.
Sposato con Patrizia Tomasich, padre di Clemente che è il suo erede sotto ogni punto di vista e già lavora con successo nello show business, Davide Zard era burbero e simpatico, affettuoso e tagliente, difficile e morbido, aquila e colomba. Un meraviglioso cumulo di contraddizioni dal quale emergevano la sua personalità, le sue fortissime convinzioni, il suo amore per la musica. Sì, Davide Zard ha fatto per la musica italiana, per lo spettacolo italiano, molto di più di quel che si immagina. E sarà, giustamente, ricordato per questo.

1975 l'anno "zero" del rock in Italia… iniziano le contestazioni…


Ricordando Luigi Tenco


Il 27 gennaio 1967 ci lasciava Luigi Tenco, fascinoso, anticonformista, ombroso, ironico e pieno di creatività, capace di sfidare la morale con canzoni che facevano pensare.
A distanza di 50 anni ancora riesce a toccare le corde della malinconia.
Per non dimenticare...
Wazza
Quando attraverserà
L'ultimo vecchio ponte
Ai suicidi dirà
Baciandoli alla fronte
Venite in Paradiso
Là dove vado anch'io
Perché non c'è l'inferno
Nel mondo del buon Dio...

F. De Andrè



Il compleanno di Nick Mason

  
Compie gli anni oggi, 27 gennaio, Nick Mason, batterista dei Pink Floyd.
Dal 1965 è l'unico membro sempre presente nella band!
Come è successo per Ringo Starr e Charlie Watts, anche Mason è stato oggetto di critiche (sopratutto da batteristi falliti...), tese ad affermare la sua mediocrità come musicista: giù il cappello davanti ad un signor percussionista, ma anche compositore, produttore discografico, pilota automobilistico e scrittore.

Mason, che è stato continuamente il collegamento tra  Gilmour e Waters, e ha sempre creduto in una possibile reunion dei Pink Floyd, ma dopo la scomparsa di Richard Wright, nel 2008, ha affermato che ormai purtroppo questa reunion non era più possibile.
Happy Birthday Nick!
Wazza


 Spesso "collante" fra Waters e Gilmour



mercoledì 24 gennaio 2018

Wild Turkey & Black Sabbath: accadeva nel gennaio del 1972


Wild Turkey & Black Sabbath 
Un Tour stupefacente!

Il chitarrista Tony Iommi si è raccontato in un'intervista al Guardian nella quale ha rivelato che la band, nel 1972, spese ben 75mila dollari per la cocaina: "Eravamo giovani e facevamo quello che fanno i giovani. Non ci controllavamo. Mi facevo di coca ogni volta che potevo, ma anche di altre cose che non riesco neanche a ricordare".

 La formazione dei Wild Turkey 1972

Nel gennaio del 1972 i Wild Turkey di Glenn Cornick vanno in tour con i Black Sabbath.
Il gruppo dell'ex bassista dei Jethro Tull aprirà per due mesi i loro concerti.

Il Tour partì il 24 gennaio da Birmingham, città natale dei Black Sabbath, per poi concludersi il 31 marzo a Charleston (USA)
… di tutto un Pop.
Wazza



 A rare & desirable original Black Sabbath / Wild Turkey Birmingham Town Hall concert flyer for Tuesday 25th January 1972


martedì 23 gennaio 2018

GLAD TREE – Ostinatoblu, di Max Rock Polis



ARTICOLO GIA' COMPARSO NEL NUMERO DI DICEMBRE DI MAT2020

GLAD TREE – Ostinatoblu
Di Max Rock Polis

Il nome dei Glad Tree, letteralmente “albero felice”, sulle prime può far riflettere sul fatto che questo CD “Ostinatoblu” sia suonato in prevalenza con strumenti acustici e quindi quale miglior modo c'è per fare contenta la natura di suonare senza elettricità? È una domanda che viene buona per Marcello Capra, Mario Bruno e Lanfranco Costanza, gli uomini dietro a questo loro secondo lavoro di dieci tracce edito dalla M. P. & Records.

Ci hanno spiegato: ““Albero felice” perché l'albero è un essere saggio che affonda le sue radici nella terra, da dove ricava linfa vitale, poi si apre al cielo con il tronco e i rami. Resiste alle intemperie, cambia aspetto nelle varie stagioni, produce foglie e frutti, ospita altri esseri viventi e contribuisce a migliorare la vita del pianeta.”

Questo carattere proiettato decisamente verso la natura ben si accoppia con lo spirito dell'album, con le sue sonorità acustiche, sospese tra Blues, Jazz, Rock e anche un poco Progressive. In effetti è molto difficile inquadrare un lavoro come questo, se non impossibile circoscriverlo in qualcosa di noto. Sono passati più di 45 anni da quando Marcello e Bruno suonavano assieme nei Procession, storico gruppo Prog torinese, dal loro stupendo album “Frontiere”, forse qualcosa di più si può intuire ascoltando qualche loro opera solista tipo “Ritmica-mente” di Marcello, ma sicuramente la cosa migliore è immergersi nell'ascolto di “Ostinatoblu”.

Se la quasi-title trackOstinato” parte dolce col flauto di Lanfranco, a cui poi si aggiungono il corno di Mario e la chitarra elettrica di Marcello, lo stesso non si può dire della più incalzante “Hardog” dove si alternano chitarra, flauto e corno sotto un tappeto ritmico elettrificato. Nella terza, “Dog Blues” si ritorna all'acustico ma in chiave completamente differente, sotto le immediate inconfondibili dodici battute, come infatti ben esplicita il titolo: un blues in piena regola.

Potremo andare avanti a descrivere e commentare tutte le canzoni per rendere conto dell'eclettismo del lavoro dei Glad Tree: non ce n'è una che richiami o che somigli a un'altra.

Per sentire la voce di Lanfranco bisogna aspettare il quarto brano “Mystery train”, dove la sua armonica la fa da padrona al posto della chitarra elettrica dell'originale, caratterizzando il brano come meglio non potremo immaginare: cosa c'è infatti di meglio di un'armonica a bocca per riecheggiare il fischio di una locomotiva a vapore?
Tra l'altro questa è riconoscibilmente una cover di uno standard del blues, inciso nel 1953 da Junior Parker per la storica Sun. Anche “Waiting for the right time”, unico altro pezzo cantato dove fa pure capolino un organo Hammond suonato da Mario, è una cover del 1969 di John Mayall, dove il sassofono è sostituito dagli ispirati vocalizzi di Lanfranco.

C'è ancora spazio per un paio di veloci tirate acustiche, per un pezzo di atmosfera dove regna indiscusso il corno, e si è pronti per la sorpresa finale. Anche senza aver letto il libretto con i titoli dei brani, chi ha un po' di familiarità col Progressive è impossibile che non riconosca quelle note di flauto. Jethro Tull? Sì e no, in quanto non vorrei offendere nessuno nel ricordare che anche quella è un arrangiamento della bachiana “Bouréè” in mi minore. Come in Bach ci sono solo due strumenti, qui flauto e corno (e non liuto), come nei Jethro chi fa la melodia è appunto il flauto, ma la versione dei Glad Tree è una rilettura decisamente più attinente all'originale di Johann Sebastian.

Alla fine del disco risulta vera l'impressione che se ne ha all'inizio: ad affiancare il nome “Ostinatoblu”, la parola “blues” che ricorre in ben quattro titoli e la bella cover blu, qui non abbiamo solo dell'ottimo Blues mescolato a influenze classiche, Jazz ed anche a echi Prog. Qui ci sono dieci pezzi unici, diversi l'uno dall'altro, semplici ma lo stesso raffinati ed eleganti. Qualcosa che potrebbe tranquillamente accompagnarci come sottofondo in un'attività lavorativa, una conversazione o anche in un momento di relax.

A proposito, unica è pure la copertina dell'album: un dipinto di Lanfranco, come per il loro precedente lavoro “Onda Luminosa”, nota di colore che meriterebbe come minino la grandezza di un LP. 
Chi pensa che il Blues sia tutto uguale, “il solito giro”, può ricredersi e apprendere molto da questa ultima opera dei Glad Tree.



Glad Tree - Ostinatoblu
01 - Ostinato
02 - Hardog
03 - Dog blues
04 - Mystery train
05 - Flowers blues
06 - Waiting for the right time
07 - Sarnano blues
08 - Giamaica blues
09 - Canone
10 - Bourrée


lunedì 22 gennaio 2018

Racconti sottoBanco…


Racconti sottoBanco…

Durante tour di "Urgentissimo", il 22 gennaio 1981 il Banco del Mutuo Soccorso viene invitato dalla FGCI di Vigevano ad inaugurare la stagione dei concerti al Palazzetto dello sport in Via Carducci. Grande risalto sui giornali e 1500 persone presenti.
Da leggere a seguire l'estratto dell'articolo di Daniele Ferracin, all'epoca uno degli organizzatori dell'evento..
Wazza

Giovedì 29 gennaio 1981 ore 21.00
Vigevano, Palazzetto dello Sport
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
Il «Banco» collauda il Palasport.
Prezzo d'ingresso è fissato in £. 4.000.

La prevendita dei biglietti si effettua presso la sede di Radio Informatore, piazza Ducale 19 e del PCI, corso Novara 61.

Banco del Mutuo Soccorso   Articoli tratti da "L'Informatore Vigevanese"

Debutto, nella veste di «spazio-concerti», del Palazzetto dello Sport di via Carducci. A collaudarlo è stato il «Banco», il popolare gruppo rock italiano  da dieci anni sulla breccia ed ora in cerca di rilancio con l'ultimo LP «Urgentissimo» cui è stata abbinata una maxi tournée invernale di 40 concerti.
La tappa di Vigevano è stata organizzata dalla Federazione giovanile comunista che - dopo non poche peripezie - è riuscita a mettere le mani sul palasport.
Le cose - tutto sommato - sono andate in maniera soddisfacente: millecinquecento persone (una cifra così così), pubblico di giovani e giovanissimi entusiasti e disciplinatissimi. Alcuni problemi erano largamente previsti alla vigilia, in primo luogo l'acustica, decisamente infelice, con tutti quegli echi e rimbombi a rendere precaria la qualità dell'ascolto.
Il concerto ha superato di slancio queste difficoltà: i sette giovanottoni del «Banco» stanno affrontando questa tournée con grande impegno, entusiasmo e spirito professionale, si pensi che hanno passato la notte di giovedì a riascoltare la registrazione in vista dell'esibizione di Milano. Nonostante i due lustri di attività, c'è nel gruppo la convinzione di potere ancora dire qualcosa. «Il panorama oggi è talmente desolante e basso -  spiega Francesco Di Giacomo, il simpatico e barbuto 'ciccione' - che lo spazio per noi potrebbe essere tutto quello possibile"Urgentissimo" non è che un momento: c'è la volontà e la voglia di riuscire a fare ancora più musica   e diversa possibilmente».
Sia pure con qualche riluttanza per gli schemi fissi… «Le vie da poter percorrere sono tante:   è chiaro che non si può saltabeccare di qua e di là, ma non ci si può limitare al genere, noi l'abbiamo sempre rifiutato - dice ancora Di Giacomo - il Banco resta ancorato al filone del rock mediterraneo e non a caso - unico gruppo italiano  insieme alla PFM - si  meritato i galloni della citazione della più autorevole enciclopedia del rock inglese.
E come spesso accade a queste formazioni nella loro «maturità», i sette del «Banco» hanno imboccato con «Urgentissimo» una strada più «piana». «È il nostro decimo LP, ma non è una ricorrenza - spiega ancora Di Giacomo -. Per noi è un modo di proporci più diretto e, perché no, più consumabile, più commerciale. Spesso si ha paura di questa parola, che non significa solo bassa qualità».
Gli applausi del pubblico della «Carducci» dimostrano che tutto sommato il discorso funziona. E che non fatica a fare giustizia di tanto rock «demente» dell'ultima ora e di tanta insulsa disco music.