martedì 15 novembre 2022

GALAVERNA - “Wagdans” - Commento di Andrea Pintelli


GALAVERNA
“Wagdans”

(AMS Records)

Commento di Andrea Pintelli

 

C’è del nuovo in casa AMS Records (distribuzione BTF), o meglio, essendoci spesso e volentieri del bello, voglio portarvi a conoscenza e analizzare “Wagdans”, il secondo disco dei Galaverna: recita il comunicato stampa dello scorso maggio: <<…gruppo nato nel 2014 a Verona grazie all’iniziativa del cantante e chitarrista Valerio “Willy” Goattin. I ragazzi esordirono l’anno successivo con una gemma ispirata alle sonorità progressive-folk nordeuropee intitolata “Dodsdans” (La danza della morte), un concept album che esalta il fascino di una natura pura e incontaminata ma al tempo stesso crudele e letale per gli esseri viventi che le si volessero avvicinare. “Wagdans” (La danza del fauno), composto in periodo di lockdown da Valerio e registrato da una line-up per metà completamente rinnovata, è seguito naturale del precedente album, le cui battute finali raccontavano di un pianeta ormai inospitale, completamente ricoperto di ghiaccio. Questo album celebra invece un ritorno alla vita, accompagnando con le proprie sonorità acustiche e bucoliche l’immaginaria danza pagana del Green Man, mentre rende nuovamente floride le terre un tempo inospitali del nostro pianeta.>>

 

La band è passata dal nord Europa alla Gran Bretagna, siccome sono evidenti (ma ben calibrati) i rimandi al folk della terra d’Albione. Ho letto che secondo alcuni giornalisti i Galaverna si sarebbero ispirati a Fairport Convention (forse periodo “Nine”) e Steeleye Span; credo, invece, che la loro ricerca si sia spinta ben più in là dei soliti tre nomi del folk rock inglese (metteteci nel terzetto, ovviamente, anche i giganti Pentangle). Echi di Fuchsia, Mellow Candle (seppur irlandesi), Spirogyra, Trees e Fresh Maggots spuntano qua e là nei solchi di “Wagdans”; sono pepite da raccogliere e collezionare, in quanto fuse al prog sopraffino (per tecnica e intenti) di cui sono capaci questi ragazzi veneti, ma bellamente internazionali come rendez-vous di idee melodiche. Quindi non si parla di un lavoro psych-folk, ma piuttosto prog-folk, e comunque rivisto, aumentato, amplificato rispetto agli anni ’70, poiché siamo negli anni ’20 del nuovo millennio, per cui i nostri portano in grembo tante altre influenze, che ne hanno forgiato la loro idea musicale. È bene mettere in chiaro che qui non si copia nulla, ma si inventa, si crea (certo prendendo spunto) e ad alti livelli.

 

Il disco si apre con “Under the Seas” e si è trasportati fin da subito in un rigoglioso giardino (delle delizie?). Chitarra poetica e violino sognante, a supportare voci gentili. Il successivo intreccio di corde lascia il posto a una cavalcata ben supportata dalla batteria mai troppo invadente. “Wagdans” è più offuscata, maggiormente riflessiva, quasi nebbiosa. Il luogo è un non-luogo, lo stacco a metà pezzo lo raffigura fortemente: ciò che era discesa diventa pianura, umida, verdissima, puntellata da atmosfere d’altri tempi, anche se siamo al di fuori del tempo. Forse, oltre ad esso. Davvero una meravigliosa canzone. “Ganymede”, dolce e affascinante, è un andirivieni di incastri sonori, voci che, come porte, si aprono e si chiudono alla disponibilità della luce. Un soave vortice di soffice e idilliaca poetica moderna. “The Loss of the Sun”, dinamica e avvincente, ha nel coinvolgente refrain il suo punto di forza. Messo come in loop, ipnotizza cercando di parlare all’anima. Un plauso alle scelte armoniche degli archi, che, combinate al cantato all’unisono, portano altrove. “The Darkest Reign”, con un’ouverture classicheggiante, ammalia e seduce come una danzatrice del ventre. Le percussioni donano quei sapori orientali che entrano dentro per non andarsene più, ma anzi accrescono con l’incalzante incedere del ritmo. “Metempsychosis” vola con la grazia di un falco e la leggerezza di un aquilone; imperniata sulle mille acustiche delle chitarre disinvolte e sicure, a braccetto all’amalgama vocale di forte impatto emotivo, pensa e vive delicata e leggiadra. Degna chiusura di qualcosa che comunque sia non finirà mai. Quel qualcosa, i Galaverna, l’hanno chiamato “Wagdans”.

La domanda è: perché dischi simili sono rarità?

Abbracci diffusi.


Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

1 Under the Seas 5:44

Wagdans 7:44

3 Ganymede 5:31

4 The Lossof the Sun 6:28

5 The Darkest Reign 6:40

6 Metempsychosis 7:50


Line-up:

Valerio “Willy” Goattin: vocals, guitars, percussion, harmonium

Simone Marchioretti: drums and percussion

Simone Rodriguez: violin and backing vocals

Stefano Masotto: bass, backing vocals

Davide Corlevich: guitars, backing vocals

Lorenzo Boninsegna: viola

Chiara Paganini: flute




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