GALAVERNA
“Wagdans”
(AMS Records)
Commento
di Andrea Pintelli
C’è del nuovo in casa AMS
Records (distribuzione BTF), o meglio, essendoci spesso e volentieri del
bello, voglio portarvi a conoscenza e analizzare “Wagdans”, il secondo disco dei Galaverna:
recita il comunicato stampa dello scorso maggio: <<…gruppo nato nel
2014 a Verona grazie all’iniziativa del cantante e chitarrista Valerio “Willy”
Goattin. I ragazzi esordirono l’anno successivo con una gemma ispirata
alle sonorità progressive-folk nordeuropee intitolata “Dodsdans” (La danza della
morte), un concept album che esalta il fascino di una natura pura e
incontaminata ma al tempo stesso crudele e letale per gli esseri viventi che le
si volessero avvicinare. “Wagdans” (La danza del fauno), composto in periodo di
lockdown da Valerio e registrato da una line-up per metà completamente
rinnovata, è seguito naturale del precedente album, le cui battute finali
raccontavano di un pianeta ormai inospitale, completamente ricoperto di
ghiaccio. Questo album celebra invece un ritorno alla vita, accompagnando con
le proprie sonorità acustiche e bucoliche l’immaginaria danza pagana del Green
Man, mentre rende nuovamente floride le terre un tempo inospitali del nostro
pianeta.>>
La band è passata dal nord Europa
alla Gran Bretagna, siccome sono evidenti (ma ben calibrati) i rimandi al folk
della terra d’Albione. Ho letto che secondo alcuni giornalisti i Galaverna si
sarebbero ispirati a Fairport Convention (forse periodo “Nine”) e Steeleye Span;
credo, invece, che la loro ricerca si sia spinta ben più in là dei soliti tre
nomi del folk rock inglese (metteteci nel terzetto, ovviamente, anche i giganti
Pentangle). Echi di Fuchsia, Mellow Candle (seppur irlandesi), Spirogyra, Trees
e Fresh Maggots spuntano qua e là nei solchi di “Wagdans”; sono pepite da
raccogliere e collezionare, in quanto fuse al prog sopraffino (per tecnica e
intenti) di cui sono capaci questi ragazzi veneti, ma bellamente internazionali
come rendez-vous di idee melodiche. Quindi non si parla di un lavoro
psych-folk, ma piuttosto prog-folk, e comunque rivisto, aumentato, amplificato
rispetto agli anni ’70, poiché siamo negli anni ’20 del nuovo millennio, per
cui i nostri portano in grembo tante altre influenze, che ne hanno forgiato la
loro idea musicale. È bene mettere in chiaro che qui non si copia nulla, ma si
inventa, si crea (certo prendendo spunto) e ad alti livelli.
Il disco si apre con “Under the
Seas” e si è trasportati fin da subito in un rigoglioso giardino (delle
delizie?). Chitarra poetica e violino sognante, a supportare voci gentili. Il
successivo intreccio di corde lascia il posto a una cavalcata ben supportata
dalla batteria mai troppo invadente. “Wagdans” è più offuscata,
maggiormente riflessiva, quasi nebbiosa. Il luogo è un non-luogo, lo stacco a
metà pezzo lo raffigura fortemente: ciò che era discesa diventa pianura, umida,
verdissima, puntellata da atmosfere d’altri tempi, anche se siamo al di fuori
del tempo. Forse, oltre ad esso. Davvero una meravigliosa canzone. “Ganymede”,
dolce e affascinante, è un andirivieni di incastri sonori, voci che, come porte,
si aprono e si chiudono alla disponibilità della luce. Un soave vortice di
soffice e idilliaca poetica moderna. “The Loss of the Sun”, dinamica e
avvincente, ha nel coinvolgente refrain il suo punto di forza. Messo come in
loop, ipnotizza cercando di parlare all’anima. Un plauso alle scelte armoniche
degli archi, che, combinate al cantato all’unisono, portano altrove. “The
Darkest Reign”, con un’ouverture classicheggiante, ammalia e seduce come
una danzatrice del ventre. Le percussioni donano quei sapori orientali che
entrano dentro per non andarsene più, ma anzi accrescono con l’incalzante
incedere del ritmo. “Metempsychosis” vola con la grazia di un falco e la
leggerezza di un aquilone; imperniata sulle mille acustiche delle chitarre
disinvolte e sicure, a braccetto all’amalgama vocale di forte impatto emotivo,
pensa e vive delicata e leggiadra. Degna chiusura di qualcosa che comunque sia
non finirà mai. Quel qualcosa, i Galaverna, l’hanno chiamato “Wagdans”.
La domanda è: perché dischi simili
sono rarità?
Abbracci diffusi.
Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)
1 Under the Seas 5:44
2 Wagdans 7:44
3 Ganymede
5:31
4 The Lossof the Sun 6:28
5 The Darkest Reign 6:40
6
Metempsychosis 7:50
Line-up:
Valerio
“Willy” Goattin: vocals, guitars, percussion, harmonium
Simone
Marchioretti: drums and percussion
Simone
Rodriguez: violin and backing vocals
Stefano
Masotto: bass, backing vocals
Davide
Corlevich: guitars, backing vocals
Lorenzo Boninsegna: viola
Chiara
Paganini: flute
Nessun commento:
Posta un commento