L & F – “Lost and Found” (2023)
di
Alberto Sgarlato
Dietro l’originale pseudonimo di L & F (abbreviazione di Lost and Found,
il nome tecnico che nei paesi anglosassoni si dà all’ufficio oggetti smarriti)
si cela in realtà Andrea Bisaccia:
artista cresciuto con una solida e sincera gavetta “come una volta” con le
cover band su e giù per i locali e i pub della Riviera Ligure e con un
viscerale amore per tutto ciò che è stato il rock degli anni ‘90, in particolar
modo per il grunge.
In questo suo album, intitolato
appunto “Lost and Found” (in
questo caso però scritto per esteso) e pubblicato il 10 ottobre 2023 su tutte
le principali piattaforme digitali, l’artista (ligure d’origine ma da anni
ormai trasferitosi in Toscana) ha composto tutte le tracce, ha cantato e ha
suonato tutti gli strumenti, avvalendosi di collaboratori esterni soltanto per
le parti di batteria e per il mastering finale dell’album.
L’uscita del disco (anche se,
nell’era dello streaming, parlare ancora di “disco” può risultare anacronistico),
è stata preceduta dal singolo di lancio “Supertechnologies”, una
traccia in cui soprattutto le melodie del cantato e l’uso dei bending “urlati”
della chitarra richiamano immediatamente all’epoca d’oro dei Nirvana.
Fatte tutte queste premesse, però
è giunto il momento di mettere in chiaro due punti fondamentali. Il primo è che
questo non è affatto un disco derivativo: la cifra autoriale di Bisaccia è
perfettamente a fuoco e la sua scrittura è carica di tensione, intensa, matura
e personale. Il secondo aspetto è che non si tratta di un lavoro immediatamente
ascrivibile a un genere o un filone, seppur concepito sotto il brillare della
stella del grunge. Bisaccia, infatti, non ha alcun timore ad osare e a
sperimentare nel corso delle otto tracce che costituiscono l’opera. E lo
dimostra ad esempio già a partire dalla seconda traccia “Thoughts and clouds”
dove, pur partendo da un assunto grunge, l’incedere si fa più granitico,
marziale, quasi al confine con certo psych-stoner di nomi come Kyuss e Queens
of the Stone Age. Queste atmosfere lente e “desertiche” si fanno ancora più
accentuate negli oltre 5 minuti di “Dogs without leash”, uno dei picchi
dell’intera opera, dove il contrapporsi di chitarre, ora arpeggiate e più
pulite, ora dalle note lunghe e sofferenti, ora volontariamente e apertamente
dissonanti, genera sensazioni ipnotiche degne dei migliori Jane’s Addiction.
Dopo tante dilatazioni
spaziotemporali a riportarci con i piedi per terra ci pensa la malinconica ed
intimista “Coffee on the table”, molto toccante nelle sue atmosfere.
Bisaccia imbraccia la chitarra
acustica per la prima volta in tutto l’album con “Lost in you”. Pulisce i suoni
e, di riflesso, “pulisce” anche il suo cantato, che rispetto alle
interpretazioni precedenti, più graffiate, si fa qui delicato e quasi
sussurrato. Minimi tocchi di percussioni impreziosiscono il tutto. L’aggiunta
di momenti che sembrano ad ogni istante lanciare un crescendo ma sfumano subito
contribuisce ad accentuare il pathos di questa traccia, fatta di continui picchi
emozionali. Altro momento di commovente intensità in un lavoro tutto giocato su
ottimi livelli.
Ma la quiete è destinata a
svanire: immediatamente si crea una brusca contrapposizione con “Kickboxing
man”. La partenza di questo brano è forse la più aspra, nelle sue cupe
distorsioni, dell’intero lavoro; ma le sorprese sono date dalla cangiante
varietà dell’interpretazione cantata (più nasale nelle strofe, più rabbiosa nei
bridge) e di conseguenza del grado di distorsione degli arpeggi che
accompagnano la voce. In meno di 4 minuti le variazioni psichedeliche, anche
nelle aperture strumentali, si susseguono senza sosta.
Il rock energico, diretto,
ipnotico maggiormente caro a Bisaccia lo ritroviamo verso il finale con “Then
you are”; a mettere la parola “fine” al tutto ci pensano i due minuti
abbondanti di “Good night”, altra ballad psichedelica in equilibrio sul filo
tra malinconia e sperimentazione.
Concludendo: un gran lavoro, che farà felici tutti coloro che ricordano con nostalgia un determinato decennio, quello degli anni ‘90, ma che sarà capace di conquistare tutti gli appassionati del buon rock grazie ad un songwriting ispirato e sempre godibile.
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