domenica 30 giugno 2024

Roommates al Musicology di Albenga per un Acoustic showcase. Di Alberto Sgarlato

 


 Roommates

Acoustic showcase at Musicology, Albenga, 29 giugno 2024 

di Alberto Sgarlato

 

Alle 18 più o meno in punto di un umido e afoso 29 giugno, il Musicology Record Store di via Torlaro nel centro storico di Albenga ha ospitato un live acustico dei Roommates.

Il quartetto, proveniente dall’estremo Ponente della provincia di Imperia e attivo ormai dal 2012, è formato dai chitarristi Davide Brezzo e Danilo Bergamo, dal bassista e cantante Marco Oreggia (per l’occasione, in questo set acustico, solo in veste di cantante) e dal batterista Alessio Spallarossa. In questa circostanza, il “team” ha potuto anche contare sulla presenza del fido Claudio al mixer e della fotografa ufficiale Alice.

L’evento è stato organizzato secondo la formula dello “showcase”, cioè alternando le esecuzioni di brani live a un’intervista condotta da Alberto Calandriello (detto il Cala), blogger e figura estremamente attiva nella scena culturale (non soltanto musicale) ligure.

Le domande del Cala, che ben conosce la storia della band, hanno consentito al pubblico di “vivere” letteralmente il percorso dalla nascita della formazione fino alla realizzazione di tre album in studio: dall’esordio “Fake”, al successivo “Roots”, fino all’attuale “Outside”, uscito proprio il 22 giugno 2024, più uno dal vivo.

E attraverso l’intervista emerge, di fatto, la piena continuità stilistica e di contenuti tra questi ultimi due lavori: se “Roots”, infatti, era profonda introspezione, un “guardarsi dentro”, un capire noi stessi con tutti i nostri sbagli, “Outside” diventa consapevolezza e osservazione del mondo che ci circonda.

Proprio da “Outside” la band ha presentato in questa occasione parecchio materiale, con alcune “golosità” inaspettate che risultavano del tutto inedite in sede live.

Lo showcase è stato aperto con “The sheep and the dog”, una “favola amara”, come la band stessa la definisce. In realtà una metafora orwelliana di tante preoccupanti derive della società in cui viviamo. Questa traccia era già uscita molto prima dell’album, inserita nella compilation del Pistoia Blues Festival. The Roommates hanno solcato quel palco prestigioso nel 2022, condividendo l’evento con La III Classe, band di country/bluegrass che sovente collabora con Joe Bastianich, e con dei giganti assoluti come i Gov’t Mule di Warren Haynes (già negli Allman Brothers Band e nei Dead, ex-Grateful Dead), nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Questo ha dato spunto al Cala per “stuzzicare” Marco Oreggia, regalando al pubblico una gustosa aneddotica sulle emozioni che si vivono dietro le quinte dei festival di rilievo internazionale.

Ed è anche proprio attraverso questi festival che The Roommates hanno saputo intrecciare una rete di contatti che ha portato alle collaborazioni di altissimo livello che contraddistinguono il nuovo “Outside”. Qualche nome? La produzione di Pietro Foresti (che vanta lavori per componenti di Guns N’ Roses e Korn) e la partecipazione di strumentisti del calibro di Nick Oliveri (Queens of the Stone Age e Kyuss) e Diego Cavallotti (Lacuna Coil). Interessante e coraggiosa la scelta di non divulgare questo nuovo “Outside” sulle consuete piattaforme di streaming ma di vendere (a un prezzo tra l’altro popolarissimo) un’unica confezione che comprende il 33 giri in vinile, il CD e un codice per scaricare le tracce in formato “liquido”.

Marco Oreggia, a nome della band, ha raccontato come tutti i musicisti siano pienamente coinvolti nel processo creativo e come the Roommates siano in realtà ben più che semplici “compagni di stanza” (traduzione letterale del nome), ma una vera e propria famiglia, come tale con le sue inevitabili litigate, soprattutto durante il processo creativo, ma con una forte coesione negli obiettivi comuni. A tal proposito è interessante constatare come musicisti che provengono da background differenti e con gusti musicali estremamente vari, riescano alla fine a dar vita a una propria cifra stilistica assolutamente personale e definita. E alla fine diventa arduo anche catalogarli: loro si definiscono “Sotto il grande cappello del rock” (“Nel senso che non facciamo né classica, né jazz, né blues, né pop”, precisa Oreggia) e, all’interno di esso, potrebbero rientrare in quel variegato calderone che è il panorama “Alternative”.

In tutto questo processo creativo, Oreggia ha anche spiegato come oggi il traguardo del live rappresenti soltanto una piccola percentuale del percorso di una band, fatto di composizione, pianificazione, divulgazione e comunicazione.

Talvolta, purtroppo, le famiglie devono anche stare lontane per un po’ di tempo: e così The Roommates hanno parlato del progetto online “Room 120”, realizzato durante il lockdown imposto dalla pandemia. 120 sono i secondi (cioè due minuti) di soglia d’attenzione che un utente medio dedica a ciò che osserva e ascolta su internet. Per cui, in quei giorni difficili, la missione della band era questa: raccontare in “pillole” della durata di 120 secondi ciascuna una storia ogni volta diversa, facendo ascoltare canzoni e descrivendo progetti, pensieri, sogni.

Lo showcase albenganese si è concluso con “la cover che non ti aspetti”: una rilettura in pieno stile Roommates di “Hang up” di Madonna, contenuta anche nel nuovo album.

Per concludere, merita un plauso l’organizzatore e curatore dell’evento, Matteo Pelissero, titolare di Musicology Record Store. Non solo il suo impegno nel vivacizzare la scena musicale locale è ormai cosa nota ma, coraggio nel coraggio, ha “osato” piazzare questo showcase proprio in concomitanza con la partita dell’Italia agli ottavi di finale degli Europei di calcio.

E a giudicare dal negozio di dischi tutto pieno si può azzardare a dire, usando proprio una metafora calcistica, che “Cultura musicale batte intrattenimento sportivo 1-0”.

Ma mentre i tifosi della nazionale tornavano a casa dai vari bar dotati di maxischermo tutti tristi e con le pive nel sacco, rabbuiati dall’eliminazione degli azzurri dalla competizione europea, gli amanti della buona musica uscivano da Musicology Record Store col sorriso sulle labbra, dopo avere assistito a una bella intervista e a un bell’acoustic set.







Daniele Mammarella-"Wild Universe"-Commento di Luca Paoli

 


Daniele Mammarella – Wild Universe (Music Force, 2024)

Di Luca Paoli


La musica acustica di matrice folk anglosassone ha sempre avuto molta presa su di me sin dagli anni ’60 e ’70, con chitarristi come Bert Jansch, John Fahey fino ad arrivare a Tommy Emmanuel.

Mi fa molto piacere constatare che anche in Italia abbiamo chi si dedica al mondo folk inglese ed americano … mi sto riferendo a Daniele Mammarella, chitarrista dotato di una gran tecnica col fingerpicking e ottimo compositore che mette il suo sapere in funzione della musica con cuore ed amore per la stessa, e offre all’ascoltatore un viaggio musicale che, anche quando è più complesso, si lascia ascoltare più che piacevolmente anche da chi non è frequentatore del genere, e questa è la carta vincente di Mammarella.

Da un po’ di giorni gira nel mio lettore il suo ultimo lavoro (il terzo da solista) “Wild Universe”, che segna un passo avanti rispetto ai pur più che ottimi album che l’hanno preceduto, per qualità compositiva e varietà della proposta.

Dopo un lungo periodo di apprendistato, che ha incluso esibizioni con artisti del calibro di Dodi Battaglia, Gianni Morandi, Cisco Bellotti e i Modena City Ramblers, Mammarella è riuscito a guadagnarsi la stima di un vasto pubblico internazionale. La sua chitarra ha conquistato i cuori di molti appassionati in diversi paesi, esibendosi in ambienti prestigiosi e collaborando con illustri colleghi.

I dodici brani che compongono la scaletta del disco rappresentano un viaggio, non solo musicale ma anche culturale, nell’America rurale, tanto che sfido chiunque ascoltando i brani ad occhi chiusi, ad accorgersi che l’artista è italiano.



La novità che si incontra, da subito, ascoltando la prima traccia “Wake Up (Early In The Morning)" è che è cantata e anche molto bene e che, fin da subito, evidenzia il tratto internazionale del lavoro.

Molto belle anche “Silent Fieldse “The Meadow dal sapore irlandese con la presenza del violino di Mario Sehtl nella prima.

Daniele Mammarella non vuole strafare e si dedica con amore alla musica che più ama facendocela amare anche a noi e con “Moonlight West”, brano dai toni crepuscolari che ben evidenzia le doti chitarristiche del Nostro.

Ho apprezzato molto anche la seguente “Sky River” che vede anche una seconda chitarra suonata da Reins Jaunais.

Concluderei questo mio viaggio all’interno di Wild Universe con un altro brano di assoluto livello quale è “Windy pt.2” dal mood brioso e molto piacevole.

Allora, non solo per orecchie abituate a virtuosismi ma anche a chi ama ascoltare musica di qualità.

Bravo Daniele Mammarella, spero di vederti dal vivo e aspetto con curiosità il tuo prossimo disco.




venerdì 28 giugno 2024

Zita Ensemble – “Zita Ensemble”, di Alberto Sgarlato



Zita Ensemble – “Zita Ensemble” (2024) 

di Alberto Sgarlato

 

Per chi ama le più evolute ed avanguardistiche frontiere del jazz-rock, Zita Ensemble è un nome ben noto e molto apprezzato. La loro carriera, seppur con qualche stop, qualche ripartenza e qualche progetto parallelo nel mezzo (come è normalissimo che sia nel variegato mondo della musica), dura ormai da vent’anni esatti. Ovvero da quel 2004, anno della loro formazione, fino a questo 2024 che vede l’ensemble consegnare alle stampe questo album omonimo formato da otto tracce.

“Musica strumentale post-moderna” potrebbe essere un termine bellissimo e onnicomprensivo per descrivere gli universi sonori di questa formazione, nei quali convergono il jazz-rock, il post-rock, il math-rock e suggestioni “cinematiche” da colonna sonora.

La opener “The wind” vede arpeggi di chitarra ridotti all’essenziale, dal suono pulito, appena riverberato, danzare leggeri su una sezione ritmica mixata in modo presente, che si snoda con la velocità tipica di generi come il drum’n’bass e con deliziosi accenti degli splash che fanno capolino qui e là, fino a un crescendo con un rullante turbinante.

Atlantico” si regge su un roccioso giro di basso che fa persino venire in mente certi brani dei Soft Machine (periodo “Seven”) o del Perigeo, sul quale ancora chitarre ora minimali, ora dal sapore “desertico” e drumming fantasioso costruiscono le loro trame sonore.

Black summer” ha un’introduzione che potrebbe persino far pensare all’Hendrix di “Little Wing” o all’Howe di “Roundabout”. Quando la band entra al completo si respira quasi un clima da “blues fusion del III Millennio” (pur non essendo, in realtà, affatto un blues nella struttura; semmai nel “mood”).

Accenti dispari introducono “Dance Tape”, brano che trova il suo punto di forza nelle stratificazioni dei vari temi, rapidamente cangianti, che ciclicamente ritornano.

Us” profuma di esotico, di Bossa Nova. Ma come avevamo detto per “Black Summer”, se quel brano tecnicamente non è un blues, questo di fatto non è una bossa nova. Ed è proprio da questi dettagli che si coglie la sottile intelligenza compositiva della band, capace di far “respirare” all’ascoltatore certi climi, certe atmosfere, certe suggestioni, ma facendo in realtà tutt’altro. Difficile da spiegare, più facile da capire ascoltando.

Amigos” è forse la traccia più assimilabile al classico concetto di ballad, per la sottile malinconia e per quel senso di struggimento che la pervade.

 “Musica per immagini”, si diceva all’inizio. Qui le note lasciano che ogni ascoltatore viva, chiudendo gli occhi, il suo “film personale”. E nei minuti conclusivi sembra quasi di scorgere remoti echi king-crimsoniani.

Lipstick”, dopo i languori della traccia precedente, torna a giocare con il groove in modo poderoso. Math-funk-jazz ai massimi livelli per un brano che svela tutta l’energia di cui è capace questa band.

Si conclude con “Sunday”… Quel raffinato lavoro di bacchette sul bordo del rullante che sorregge tutti gli intarsi tra chitarra e basso è qualcosa di delizioso. Ascoltare per credere. Siamo di fronte a un’altra traccia che, dietro al groove intelligente e raffinato, nasconde una vena di malinconia. Come forse un po’ tutto l’album.

Concludendo: un’opera in cui la perizia tecnica degli strumentisti, di altissimo livello, è messa sempre al servizio di una scrittura intelligente, raffinata, senza sterili prove muscolari o gratuite ostentazioni ma, al contrario, alla costante ricerca di un “mood” elegante e ricercato.

Sia che voi ascoltatori siate culturalmente “figli” del prog-rock e del jazz-rock degli anni ‘70, o della new-wave e del minimal degli anni ‘80, o del post-rock degli anni ‘90 o dell’eclettico mondo chillout, drum’n’bass, trip-hop dei primi 2000, qui troverete un gran lavoro di composizione capace di unire almeno quattro generazioni diverse.







mercoledì 26 giugno 2024

ANNIE BARBAZZA -"Annie’s Playlist 3 the streaming concerts", di Andrea Pintelli


ANNIE BARBAZZA
Annie’s Playlist 3-
the streaming concerts


“Annie’s Playlist, e di conseguenza le testimonianze discografiche, qui giunte al terzo appuntamento, nascono da un invito che, ormai più di dieci anni fa, mi rivolse Greg Lake, con lo scopo di affinare la mia tecnica vocale, il mio modo di suonare e la pronuncia inglese. “Agli inizi della mia carriera” - mi diceva Greg Lake - “con gruppi come gli Unit 4 e gli Shy Limbs suonavamo cover: è un esercizio che qualsiasi musicista professionista ha nel suo background”. Naturalmente i consigli tuonati da Greg non lasciavano molto spazio ai “se” e ai “ma”. Col tempo, l’occasione di condividere con il mio pubblico e i miei amici le canzoni che hanno segnato la mia vita è diventato un piacere, non più un esercizio. Sono canzoni che hanno lasciato non solo un segno indelebile nella mia anima, ma mi danno la forza, lo stimolo, l’orgoglio di sentirmi parte di un’accolita di estimatori di qualcosa di più grande non solo di noi, ma forse degli autori stessi. Con umiltà e devozione, eccomi a proporvi il terzo volume, con l’aggiunta di qualcosa di mio.”

Direttamente dalle parole della stupendamente brava Annie Barbazza, ecco l’introduzione al suo terzo volume della serie “Annie’s Playlist”. Come al solito prodotto dalla Dark Companion Records di Max Marchini, è uscito lo scorso maggio questo generoso, notevole, coloratissimo lavoro dell’artista piacentina che sta pian piano conquistando il pubblico europeo grazie al suo innegabile talento. La sua crescita professionale, nel tempo, è andata incrementandosi tramite illustri collaborazioni con musicisti di fama mondiale (sia in studio, sia live), nonché per meriti ottenuti durante i suoi illuminati concerti, nonché grazie al suo “Vive”, disco incredibilmente meraviglioso (da me commentato alla sua uscita nel Febbraio 2020), ristampato poco tempo fa. A tal proposito Max Marchini spiega meglio questa situazione: “La fortunata serie “Annie’s Playlist”, da sempre un best seller ai concerti, qui giunta al terzo appuntamento è stata concepita da Greg Lake quando, a partire dal 2012, scoprì il talento di Annie Barbazza e al quale si dedicò. Una specie di compito delle vacanze che iniziò con Lake che “commissionava” ad Annie di registrare un certo brano, da lui stesso scelto - suonando tutti gli strumenti - per poi spedirglielo sottoponendolo ai suoi famosi severissimi giudizi e, successivamente, ai paterni insegnamenti e consigli. Visti gli eccellenti risultati di questi esercizi, Greg suggerì infine di costruire degli spettacoli principalmente di cover, per prendere confidenza con la propria voce, cimentarsi con i tanti strumenti che Annie suonava già. In effetti, come sempre, i consigli di Greg Lake si rivelarono vincenti: nel 2015 Annie pubblicò la prima raccolta “Annie’s Playlist” (nome suggerito sempre da Lake), alla quale fece seguito nel 2017 “Annie’s Playlist 2”, entrambi pubblicati dalla nostra Unifaun Productions e che vedevano, così come gli spettacoli del tempo, la Barbazza accompagnata da Lorenzo “Trek” Trecordi alla seconda chitarra e flauto. È interessante osservare come vi sia una sorta di evoluzione artistica in questi album, tutti rigorosamente registrati live, oltre che una rappresentazione dei gusti eclettici di Annie che dal rock progressivo, si muovono verso il folk, la psichedelia, gli adorati Beatles, ma già arrivano a Captain Beefheart e ai Residents. Questo terzo volume vede rappresentato l’enorme salto compiuto dalla giovane musicista in questi ultimi anni, i quali l’hanno catapultata verso le vette dell’avant/prog internazionale: l’uscita nel 2020 del suo primo album solista, “Vive” (nel quale hanno partecipato amici come Daniel Lanois, Fred Frith, Lino Capra Vaccina, Paolo Tofani, Greg Lake, John Greaves, Olivier Mellano, Michael Tanner e altri ancora), la collaborazione stabile come

bassista, vocalist e batterista con Paul Roland, il sodalizio artistico con l’ex Henry Cow John Greaves con il quale si esibisce regolarmente dal vivo, sia in duo (dello scorso anno l’album “Earthly Powers”), che con la nuova band del musicista gallese che comprende, tra gli altri, gli ex King Crimson Mel Collins e Jakko Jakszyk; i diversi concerti in solo, il progetto di grande successo (ancora sotto la produzione di Greg Lake) del duo Moonchild con il pianista Max Repetti, con il quale ripercorre in chiave minimalista e contemporanea i brani più importanti del repertorio di Lake. Inoltre, Annie è entrata a far parte della North Sea Radio Orchestra, con la quale ha registrato l’album “Folly Bololey”, che rivisita il capolavoro “Rock Bottom” di Robert Wyatt (il quale la ha ringraziata e incoraggiata di persona), e del Michael Mantler’s New Songs Ensemble, con cui ha tenuto diversi concerti e ha un album in uscita questa estate. Poi come non citare le collaborazioni con gli Henry Cow, Fred Frith (con cui sta registrando), l’orchestra di percussioni Tempus Fugit, Giorgio “Fico” Piazza e tanto altro ancora. Questo nuovo capitolo rispecchia i nuovi spettacoli di Annie, per i quali ha preferito una dimensione intima, suonando da sola e alternandosi ai vari strumenti e inserendo proprie composizioni. Le registrazioni sono prese da due spettacoli in streaming tenuti da Annie durante il lockdown dallo studio Elfo di Tavernago (PC); altri da uno spettacolo sempre in streaming causa lockdown che ha tenuto Eugenio Finardi dal Teatro Manzoni di Monza, al quale Annie ha partecipato e aperto, appunto, in solo.”  

Les Ruines du Sommeil apre il disco, voce e chitarra, ed è subito grande musica; la propria. Annie ha feeling da vendere, fin da subito l’emozione è veramente tanta mentre la si ascolta. Ti entra dentro per regalare brividi di beltà. E ogni volta è un’esperienza straniante: non ha alcun termine di paragone. Jumbee, targata Paul Roland, fa capire quante capacità d’interprete ha accumulato la nostra artista nel corso del tempo. Vestita di solennità e profondità, la canzone aumenta come non mai. Carezza d’anima. By This River: voce e piano, delicatezza e grandiosità; come scrutare l’infinito e venirne a contatto.  Brian Eno e Hans-Joachim Roedelius ringraziano. Frame By Frame dei King Crimson (of course), apre la strada al ritmo ora più sostenuto, dove Annie si ritrova con apparente disinvoltura. In realtà per arrivare ad un risultato simile, bisogna sentire dentro di sé quel qualcosa che pochi sanno di avere e pochissimi riescono a trovare. A questo “qualcosa” dategli pure il nome che volete, ma sarà sempre sbagliato, siccome, noi ascoltatori, possiamo solo captarlo. E sarebbe già tanto. Children Of The New World, del geniale Daevid Allen, soave e giocosa già di suo, è qui reinterpretata con notevole bravura, in un non facile esercizio partecipativo. Difficile far scendere lacrime trasformandole in sorrisi. Già, molto difficile. Phantoms, della stessa Barbazza, rende chiaro quanto lavoro su sé stessa abbia fatto durante questo tempo, innalzandosi ad autrice di ricca sostanza. Cattura e coccola. June, di nuovo dal suo carnet di composizioni, è fresca come l’aria di questo splendido mese. Soffice come un petalo portato in giro dalla brezza, che arriva fino al cuore di chi la sta vivendo. Sorprendente la ragazza, ogni volta di più. Time Has Told Me, del mai troppo osannato Nick Drake, voce e piano, è commovente e tenera allo stesso tempo. Annie ne fornisce una versione di un’intensità che mette quasi soggezione. Heaven, by Robyn Hitchcock, per chi scrive è una delle più riuscite canzoni degli anni ’80, no doubt. Preziosa e rara, è qui presentata con magia riconducibile all’originale. Sea Song, di quel Robert Wyatt che Annie ama tanto, con pochi rintocchi di piano e parecchia suggestione, è portata ad un livello superiore. Permettetemi di pensarlo e scriverlo. Volo Magico, del compianto Claudio Rocchi, eroe degli anni ’70, è ora stravolta dalla carica emotiva della nostra. Si sta parlando di una delle canzoni simbolo di quel tempo, un tempo che tanti rimpiangono (pur con i vari problemi che ne costellavano la quotidianità): riproporla è già fuori dall’ordinario, renderla così singolare quasi un miracolo. Nebulae, di Annie stessa, viaggia fra l’oggettiva eccellenza e l’inaudito: chi fa Musica simile in Italia nel 2024? Chi ha in sé tutta questa arte per riuscirci? Chi va assolutamente contro le attuali tristissime mode? Purtroppo, solo lei. Onori e meriti, quindi. Lotus Flower, sempre uscita dal suo cilindro, porta in una dimensione parallela, dove il turbamento va a braccetto con la gigantografia della propria passione, che ascoltando questa canzone cresce di secondo in secondo. Anatomy Of Love, portata al successo dal duo Shelleyan Orphan, è densa e abbagliante, per continuità di gioia donata dalla voce di Annie. O meglio, quella voce, la sua voce, è lo strumento musicale che permette alla sua interiorità di arrivare fino a noi: unica. Islands, ancora King Crimson, altro amore di Annie, veleggia impetuosamente come un galeone nell’oceano. La poesia che ne è tratta resta uno degli esempi di maggior presa del repertorio della nostra, assolutamente matura e professionale, la cui estrema bravura è giustamente riconosciuta a livello europeo. In Te, creata da Annie insieme al grande John Greaves ed a Max Marchini, permette ancora di notare e apprezzare le pressoché infinite sfumature della vocalità della Barbazza. Singolare e incantevole canzone. Boĭte A Tisane, by Annie: sublime, affascinante, adorabile. Senz’altro uno dei pezzi migliori di questa raccolta di emozioni in Musica. Ys, chiude in maniera magniloquente il disco, essendo dedicata all’isola scomparsa al largo delle coste bretoni, essendo che Annie è una vera e propria isola che brilla di luce propria, nel bel mezzo di un mare pieni di rifiuti, decadenza e banalità.

Non lasciatevi sfuggire l’occasione di vivere bene: ascoltando Annie Barbazza molti dei vostri dubbi in merito, spariranno, lasciando spazio alla serenità.

Abbracci diffusi.

 


Tracklist:

01. LES RUINES DU SOMMEIL (Barbazza) 2:38

02. JUMBEE (Roland) 3:59

03. BY THIS RIVER (Eno/Roedelius) 2:56

04. FRAME BY FRAME (Belew/Fripp/Levin/Bruford) 2:36

05. CHILDREN OF THE NEW WORLD (Allen) 3:19

06. PHANTOMS (Barbazza) 1:55

07. JUNE (Barbazza) 3:19

08. TIME HAS TOLD ME (Drake) 4:13

09. HEAVEN (Hitchcock) 4:16

10. SEA SONG (Wyatt) 3:59

11. VOLO MAGICO (Rocchi) 4:00

12. NEBULAE (Barbazza) 1:44

13. LOTUS FLOWER (Barbazza) 2:56

14. ANATOMY OF LOVE (Tayle/Crawley) 4:12

15. ISLANDS (Sinfield/Fripp) 3:29

16. IN TE (Greaves/Marchini/Barbazza) 3:08

17. BOÎTE À TISANE (Barbazza) 3:25

18. YS (Barbazza) 2:27

 

Annie Barbazza: electric and acoustic guitars, piano, indian harmonium and vocals

Recorded, mixed and mastered by Alberto Callegari

Produced by Max Marchini

 

Recorded live, Mixed and Mastered at Elfo Studios by Alberto Callegari 2020-2024, No overdubs.

Volo Magico recorded live in streaming at Teatro Manzoni, Monza on November 15, 2020.

All Photographs by Franz Soprani except album and booklet cover photos by Francesco Renne.

Graphic design by Max Marchini.

© 2024 Dark Companion Records - Ephemerals #6.





martedì 25 giugno 2024

Il compleanno di Agostino Marangolo


Compie gli anni Agostino Marangolo, batterista, nato in una famiglia di musicisti.. anche il fratello Antonio è un famoso sassofonista.

Inizia con i Flea on the Honey, poi gli Etna e fa il "alto di qualità entrando nei Goblin. Importante la sua collaborazione con Pino Daniele.
Turnista richiestissimo, ha suonato con molti artisti, tra cui Antonello Venditti e Angelo Branduardi.

Happy Birthday Agostino!
Wazza

      
Le sue partecipazioni discografiche

·         1976: Roller dei Goblin

·         1976: Mattanza dei Napoli Centrale

·         1977: Suspiria dei Goblin

·         1978: Giorgio di Johnny Dorelli

·         1978: Zombi dei Goblin

·         1979: Pino Daniele di Pino Daniele

·         1979: Buona domenica di Antonello Venditti

·         1979: Maida Vale di Stradaperta

·         1980: Nero a metà di Pino Daniele

·         1980: Sulla terra sulla luna di Teresa De Sio

·         1981: Uh, mammà! di Mimmo Cavallo

·         1981: Difetti e virtù di Don Backy

·         1982: Amico che voli di Eduardo De Crescenzo

·         1983: De Crescenzo di Eduardo De Crescenzo

·         1984: Colore/Belle le tue labbra di Luca Barbarossa (45 giri)

·         1984: Musicante di Pino Daniele

·         1984: Sció live di Pino Daniele

·         1985: Features di Mike Francis

·         1986: Quando si vuole bene di Riccardo Cocciante

·         1986: Mike Francis di Mike Francis

·         1987: Zero di Renato Zero

·         1988: Schizzechea with Love di Pino Daniele

·         1988: Rettoressa di Donatella Rettore

·         1988: Flashes of Life di Mike Francis

·         1988: Una città tra le mani di Nino Buonocore

·         1990: Il ladro di Angelo Branduardi

·         1992: Il dorso della balena di Bruno Lauzi

·         1992: Teatrino meccanico di Riccardo Fogli

·         1993: Un po' di più di Nino Buonocore

·         1993: Cantautori di Anna Oxa

·         1995: Le ragazze fanno grandi sogni di Edoardo Bennato

·         2000: Quando la mia vita cambierà di Gigi D'Alessio

·         2003: La cura del tempo di Niccolò Fabi

·         2004: L'attesa di Bungaro

·         2005: Back to the Goblin dei Goblin

·         2006: Novo Mesto di Niccolò Fabi

·         2007: Controvento di Roberto Tardito

·         2011: Retrospettiva di Roberto Tardito

·         2013: Tutta n'ata storia - Vai mo' - Live in Napoli di Pino Daniele


Con i Goblin


Agostino Marangolo, Pino e Rino Zurzolo in pausa durante il “Musicante Tour’84”

venerdì 21 giugno 2024

Compie gli anni Don Airey


Compie gli anni Donald (Don) Airey, compositore e tastierista, uno dei più ricercati e ispirati nell'hard e heavy metal.

A fasi alterne per due anni ha fatto parte dei Jethro Tull, facendo il "Crest of Knave Tour" del 1987.

Con i Jethro Tull nel1987

(Estratto da un’intervista a Don Airey)

E invece con i Jethro Tull nella seconda metà degli anni ’80? Come sei entrato in contatto con Ian Anderson?

Andai da loro per un’audizione, visto che in quel periodo stavano cercando un tastierista: iniziai subito a suonare e Ian Anderson mi fermò dicendomi: “Fantastico! Adesso suoniamo anche qualcosa di Don Airey!” e cosi diventai un membro della band. Fu un gran bel provino quello, oltretutto ho incontrato di recente Anderson, e siamo in buoni rapporti. Ritengo sia un autentico genio, ma al contempo un uomo strano!

 Deep Purple

Piccolo elenco degli artisti con cui ha suonato

Black Sabbath, Jethro Tull, Ozzy Osbourne, Rainbow, Whitesnake, Judas Priest, Thin Lizzy, Gary Moore, Fastway, Andrew Lloyd Webber, Cozy Powell, Graham Bonnet, Brian May, UFO, Helix, Bernie Marsden, Colosseum, Babe Ruth, Anthem, Colin Blunstom, Michael Schenker Group, Tigertailz, Jagged Edge, Perfect Crime, Slave Raider, Sinner, Phenomena, Jim Rafferty, Strife, Barbara Thompson, Alaska, Royal Philharmonic Orchestra, Ten,Deep Purple.

Happy Birthday Don!
Wazza






martedì 18 giugno 2024

THE IKAN METHOD – “PERFECT TYRANNY”-Commento di Evandro Piantelli

 

THE IKAN METHOD – “PERFECT TYRANNY” (2023)

Di Evandro Piantelli


Nel 2020, in pieno periodo COVID, è uscito “Blue Sun”, il disco d’esordio del gruppo The Ikan Method, un lavoro originale ed interessante, che non è passato inosservato tra gli addetti ai lavori.

Nonostante le gravi difficoltà del momento, la band è riuscita anche a portare in concerto il debut album ed il sottoscritto ha avuto la fortuna di vedere dal vivo The Ikan Method nel bellissimo Parco di Villa Serra a S. Olcese, nell’immediato entroterra di Genova.

Chi ha letto le mie recensioni ricorderà che ero stato piacevolmente impressionato dalla ricchezza e solidità del disco, nonché dalla bravura dei musicisti nel proporlo dal vivo.

Quattro anni dopo, la band (che si muove tra Liguria e Piemonte) torna sul luogo del delitto con un nuovo disco dal titolo “Perfect Tyranny” con il quale conferma le buone premesse dell’album di esordio e, anzi, fa anche qualche passo avanti. Ma andiamo per ordine.

Luca Grosso è un musicista che, nel suo lungo curriculum, vanta numerose collaborazioni con artisti italiani ed internazionali. Ricordiamo solo alcuni nomi: i Beggar’s Farm (la più importante tribute band italiana del Jethro Tull), Vincenzo Ricca (col suo interessante progetto “The Rome Pro(g)ject”, che vede la presenza di grandi nomi del prog internazionale), i savonesi Nathan, la Marcello Chiaraluce Band e i Narrow Pass. Luca è un batterista, compositore e produttore di prima qualità e nel nuovo episodio di The Ikan Project si circonda di un pugno di altrettanto validi musicisti: Giulio Smeragliuolo-chitarre, Davide Garbarino-voce, Fabio Zunino-basso e Andrea Protopapa- tastiere. Ci sono anche due ospiti che partecipano ad un brano ciascuno: Piergiorgio Abba alle tastiere e Giacomo Grosso al flauto.

Per gli amanti delle classificazioni, vorrei dire fin da subito che questo disco (che è cantato interamente in inglese) si inserisce a pieno titolo nel filone del prog-metal, con chitarre e tastiere che si dividono gli spazi, con un equilibrio che raramente ho trovato in altri lavori. La voce si impone senza esitazioni, abbinata ad un intelligente uso dei cori, che ricorda (senza banali imitazioni) alcuni capiscuola del passato, come Uriah Heep e Queen. “Perfect Tyranny” contiene dieci pezzi di media lunghezza, tutti di ottimo valore. Alcuni brani mi hanno colpito in modo particolare.  

Enemy Within – dove il pianoforte introduce il pezzo e dopo poco entra la chitarra con un suono potente e avvolgente. Siamo sicuramente dalle parti del neo prog (IQ, Pallas, Arena, ecc.) ma qui le atmosfere dark prevalgono e, nonostante le tastiere ricamino trame fantasiose, è la chitarra a farla da padrone, con momenti che ricordano anche gli statunitensi Dream Theater. Un opener di ottimo livello.

1984 – È un pezzo interamente strumentale con trame ariose, questa volta più orientato verso il progressive rock, con le tastiere che riportano ai Genesis del periodo 1979/80. Personalmente è il pezzo che ho gradito di più di questo lavoro.

Perfect Tyranny – Il brano che dà il titolo all’album è anche il più lungo (11’ e 22”), e inizia col basso con inserimento di chitarre e voce e con numerosi ed interessanti cambi di tempo che sorprendono piacevolmente l’ascoltatore.

Anche The Flood, con intro acustico e successivo sviluppo del brano e con un ottimo assolo di chitarra elettrica nel finale è un pezzo notevole.

Ma in generale possiamo dire che l’intero disco si presenta come un lavoro molto interessante, che si ascolta piacevolmente e rivela una certa originalità, cosa che oggi appare decisamente non scontata.

Spero che, come avvenuto per l’album d’esordio, Luca Grosso e i suoi sodali decidano di portare on stage anche “Perfect Tyranny”. In tal caso, se avrete la possibilità di andarli a vedere, vi consiglio caldamente di non farveli scappare.


Track List (cliccare sul titolo per ascoltare)

1. ENEMY WITHIN 7.29

2. DIFFERENT WORLDS 6.40

3. 1984 7.37

4. NOTHING 7.27

5. PERFECT TYRANNY 11.22 - i) fear ii) control iii) anxiety iv) blind hate v) in chains

6. HERO FOR A DAY 4.04

7. TELL ME THE TRUTH 5.23

8. THE FLOOD 5.09

9. JUST A MATTER OF TIME 6.15

10. SOUL DAMAGE 3.08

 

WEBSITES:

https://www.theikanmethod.com/

https://www.facebook.com/theikanmethod

https://theikanmethod.bandcamp.com/

 

CONTACTS:

info@theikanmethod.com