lunedì 3 giugno 2024

Nando Bonini – “Back to the blues”, di Alberto Sgarlato

 


Nando Bonini – “Back to the blues” (2024) 

Videoradio Channel Edizioni Musicali

di Alberto Sgarlato


Per gli appassionati di musica italiana, Nando Bonini è uno di quei nomi che hanno fatto la storia. Innanzitutto, dire Nando Bonini significa dire Vasco Rossi. Con il celeberrimo cantautore di Zocca, infatti, il chitarrista ha avuto un lunghissimo sodalizio, dal vivo per buona parte degli anni ‘90 ma soprattutto in studio, anche in periodi più recenti.

E non è tutto: la pennata inconfondibile e carica di groove di Nando Bonini, la sua voce calda, i suoi cori caratterizzati da una grande versatilità sono parte integrante di tantissime produzioni della cosiddetta “italo-disco”, in quei gloriosi anni ‘80 e ‘90 nei quali la musica ballabile italiana dominava le piste delle discoteche e i posti alti delle classifiche un po’ in tutto il pianeta.

Tuttavia, la vita privata di Nando Bonini non è certo stata meno movimentata e intensa di quella vissuta sui palchi o negli studi di registrazione. Da tempo, infatti, questo artista ha scelto di abbracciare l’Ordine Francescano Secolare: si tratta di uno dei tre Ordini della Grande Famiglia Francescana che segue la lettura del Vangelo secondo il Santo di Assisi. Questo Cammino di Fede intrapreso ricopre un ruolo fondamentale nel ricco catalogo solista (poco meno di una ventina di titoli) di Nando Bonini, che proietta nei testi delle sue opere un forte messaggio religioso.

Tuttavia, con una svolta inaspettata, in questo suo nuovo album “Back to the blues”, il chitarrista decide di tornare a uno dei suoi primi amori (insieme all’altra sua grande passione, il rockabilly con il quale iniziò nelle sue band da ragazzo).

Ebbene sì: il titolo svela già tutto. Ci troviamo di fronte a un album di sincero, ruvido, schietto, “sporco” e sanguigno blues, con riff di chitarra che spesso e volentieri sfociano nell’hard rock, con un organo Hammond ben presente e che “ringhia” al punto giusto, concedendosi anche svisate più in primo piano quando servono, e con una ritmica pulsante che conferisce al disco quello che poi, in realtà, è un requisito fondamentale del genere, cioè “il tiro”.

Il blues può avere mille sfumature: può dilatarsi in trame ipnotiche e intricate fino a sfociare nei “viaggi cosmici” della psichedelia; può articolarsi in vere e proprie suite di rock progressivo, come quelle che amavano costruire i Colosseum; può elaborare le sue armonizzazioni fino a flirtare con il jazz o persino con certi ritmi “latin”.

Ecco, no. Qui non troverete niente di tutto questo: qui troverete delle vere e pure canzoni blues dai 3 ai 5 minuti l’una, senza fronzoli inutili e con la cassa che “galoppa” in 4/4. Alcune magari più soft, lente e intimiste, come “It’s time to pray”, come “How long in the sky will the sun still shine on me” (una ballad tra Led Zeppelin e Deep Purple), altre con la giusta dose di cowbell che scandisce la “cavalcata”, come la title-track (che ammicca quasi a certo AOR di classe dei Foreigner o dei Blue Oyster Cult), alcune addirittura durissime (come la opener “Don’t be so fool” o la cupa e maestosa “The big train tomorrow”), fino ad arrivare al classico più classico della conclusiva “Winter blues”.

Insomma: blues, what else?




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