Nando Bonini – “Back
to the blues” (2024)
Videoradio Channel Edizioni Musicali
di Alberto Sgarlato
Per gli appassionati di musica italiana, Nando Bonini è uno di quei nomi che hanno fatto la
storia. Innanzitutto, dire Nando Bonini significa dire Vasco Rossi. Con il
celeberrimo cantautore di Zocca, infatti, il chitarrista ha avuto un
lunghissimo sodalizio, dal vivo per buona parte degli anni ‘90 ma soprattutto
in studio, anche in periodi più recenti.
E non è tutto: la pennata inconfondibile e
carica di groove di Nando Bonini, la sua voce calda, i suoi cori caratterizzati
da una grande versatilità sono parte integrante di tantissime produzioni della
cosiddetta “italo-disco”, in quei gloriosi anni ‘80 e ‘90 nei quali la musica
ballabile italiana dominava le piste delle discoteche e i posti alti delle
classifiche un po’ in tutto il pianeta.
Tuttavia, la vita privata di Nando Bonini non
è certo stata meno movimentata e intensa di quella vissuta sui palchi o negli
studi di registrazione. Da tempo, infatti, questo artista ha scelto di
abbracciare l’Ordine Francescano Secolare: si tratta di uno dei tre Ordini
della Grande Famiglia Francescana che segue la lettura del Vangelo secondo il
Santo di Assisi. Questo Cammino di Fede intrapreso ricopre un ruolo
fondamentale nel ricco catalogo solista (poco meno di una ventina di titoli) di
Nando Bonini, che proietta nei testi delle sue opere un forte messaggio
religioso.
Tuttavia, con una svolta inaspettata, in
questo suo nuovo album “Back to the blues”,
il chitarrista decide di tornare a uno dei suoi primi amori (insieme all’altra
sua grande passione, il rockabilly con il quale iniziò nelle sue band da
ragazzo).
Ebbene sì: il titolo svela già tutto. Ci
troviamo di fronte a un album di sincero, ruvido, schietto, “sporco” e
sanguigno blues, con riff di chitarra che spesso e volentieri sfociano
nell’hard rock, con un organo Hammond ben presente e che “ringhia” al punto
giusto, concedendosi anche svisate più in primo piano quando servono, e con una
ritmica pulsante che conferisce al disco quello che poi, in realtà, è un
requisito fondamentale del genere, cioè “il tiro”.
Il blues può avere mille sfumature: può
dilatarsi in trame ipnotiche e intricate fino a sfociare nei “viaggi cosmici”
della psichedelia; può articolarsi in vere e proprie suite di rock progressivo,
come quelle che amavano costruire i Colosseum; può elaborare le sue
armonizzazioni fino a flirtare con il jazz o persino con certi ritmi “latin”.
Ecco, no. Qui non troverete niente di tutto
questo: qui troverete delle vere e pure canzoni blues dai 3 ai 5 minuti l’una,
senza fronzoli inutili e con la cassa che “galoppa” in 4/4. Alcune magari più
soft, lente e intimiste, come “It’s time to pray”, come “How
long in the sky will the sun still shine on me” (una ballad tra Led
Zeppelin e Deep Purple), altre con la giusta dose di cowbell che scandisce la
“cavalcata”, come la title-track (che ammicca quasi a certo AOR di classe dei
Foreigner o dei Blue Oyster Cult), alcune addirittura durissime (come la opener
“Don’t be so fool” o la cupa e maestosa “The big train
tomorrow”), fino ad arrivare al classico più classico della conclusiva
“Winter blues”.
Insomma: blues, what else?
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