giovedì 21 novembre 2013

Marcello Capra racconta: Bob Bonastre


MAT 2020 ha chiesto a Marcello Capra di parlare del suo strumento, la chitarra, raccontando aspetti che hanno a che fare -  anche -  con la tecnica pura, e quindi non accessibili a tutti. Tra virtuosismo, talento e”scuola” c’è sempre di mezzo l’anima, ed è proprio questa che Marcello cercherà di evidenziare, tra un’accordatura aperta e un fingerpcking. E speriamo che sia questa la prima di numerose puntate.

Raccolgo il tuo invito a descrivere con le mie parole musicisti che apprezzo, in special modo quelli che suonano il mio strumento, nel presente o nel passato, quando si parla di arte musicale, il tempo non esiste…
Parlero’ questa sera di Bob Bonastre: grandi  le emozioni che ho provato nell’ascoltarlo in una convention ADGPA  a Conegliano Veneto nel 2011.
Già nel corso del sondcheck mi sono accorto che era un artista fuori dagli schemi convenzionali, una chitarra classica a spalla mancante, un plettro infilato nel pollice destro, capotasto mobile molto utilizzato, tocco morbido con colpi di plettro intensi a sottolineare cambi ritmici, sinistra con uso frequente di barre’ piccoli e grandi,  volto
ispirato dal suo mondo interiore, una voce strumento con una estensione notevole, fino al falsetto incisivo e potente. Nel finale della serata abbiamo suonato, insieme a lui e ad altri partecipanti, Creuza de Ma, abbozzata nel pomeriggio; nel suo set serale, Bob ha suonato anche insieme ad Alberto Grollo, amabile “padrone di casa” essendo residente a Conegliano,  direttore artistico insieme a Marino Vignali della Convention, dove sono ospite ogni tanto dal 1999. Non ricordo i pezzi, ma ricordo benissimo che Bonastre ha cantato un brano dei Led Zeppelin,  trasformandolo con vocalizzi eccezionali, creando un’atmosfera struggente, che ha commosso tanti, oltre il sottoscritto.
La sua musica e’ una alchimia di contaminazioni world, si sente una radice africana specie nell’uso della voce, ma anche tanto Mediterraneo, malinconia, calore, rapimento e dolcezza… penso che quando un musicista riesce a creare una SUA rappresentazione, riesce a toccare corde profonde dell’Anima, riesce a creare un silenzio partecipativo, senz ammiccamenti, solo con l’energia dei suoi strumenti,  CHAPEAU!

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